Alle direzioni regionali del lavoro
                                  Alle   direzioni   provinciali  del
                                  lavoro
                                  Alla  regione Siciliana assessorato
                                  lavoro   -  Ufficio  regionale  del
                                  lavoro - Ispettorato del lavoro
                                  Alla  provincia autonoma di Bolzano
                                  - Assessorato lavoro
                                  Alla provincia autonoma di Trento -
                                  Assessorato lavoro
                                  All'I.N.P.S. - Direzione generale
                                  All'I.N.A.I.L. - Direzione generale
                                  Alla Direzione generale AA.GG. R.U.
                                  A.I. - Divisione VII
                                  Al SECIN

  L'art.  10 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, ha novellato l'art.
3  del  decreto-legge  23 marzo  1993,  n. 71, convertito dalla legge
20 marzo  1993,  n.  151,  stabilendo  che «Per le imprese artigiane,
commerciali  e  del  turismo  rientranti  nella sfera di applicazione
degli   accordi   e   contratti  collettivi  nazionali,  regionali  e
territoriali  o aziendali, laddove sottoscritti, il riconoscimento di
benefici   normativi  e  contributivi  e'  subordinato  all'integrale
rispetto   degli   accordi   e   contratti  citati,  stipulati  dalle
organizzazioni  sindacali  dei  datori  di  lavoro  e  dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale».
  Viste  le  dense  implicazioni  della  novella, e data la rilevanza
della  materia,  si  ritiene  necessario  fornire alcune disposizioni
interpretative dell'articolo richiamato.
Campo di applicazione dell'art. 3 del decreto-legge 23 marzo 1993, n.
71, nuovo testo.
  La  novella di cui all'art. 10 della legge 14 febbraio 2003, n. 30,
estende  il  campo  di  applicazione  dell'art.  3  del decreto-legge
22 marzo  1993, n. 71, rendendolo norma di applicazione generalizzata
a  ogni  tipologia  di incentivo normativo e contributivo, presente o
futuro,  oltre  che  precetto di portata assorbente rispetto ad altre
disposizioni  di  contenuto  analogo.  In questo senso, per i settori
dell'artigianato,  del  commercio e del turismo, la disciplina di cui
all'art.  10  della  legge  14 febbraio  2003, n. 30, assorbe percio'
anche  l'art.  36  della  legge  20 maggio  1970,  n.  300,  che pure
subordina,   ma  con  formulazione  meno  stringente  e  dettagliata,
l'applicazione  di  incentivi  e  benefici  pubblici  al rispetto dei
contratti collettivi di lavoro della categoria o della zona.
  Cio',  in  primo  luogo, in quanto la nuova formula dell'art. 3 del
decreto-legge  22 marzo  1993,  n.  71, non opera piu' un riferimento
testuale ai benefici di cui agli articoli 1 e 2 del medesimo decreto,
in   materia   di   sgravi   contributivi   per   il   Mezzogiorno  e
fiscalizzazione  degli  oneri sociali che, tra l'altro, non sono piu'
operanti  oramai  da  alcuni  anni,  in  quanto  non  reiterati dalla
legislazione successiva.
  Depone  poi  in  questo  senso  anche la lettera dell'art. 10 nuovo
testo,   che  subordina,  con  riferimento  alle  imprese  artigiane,
commerciali  e  del  turismo  rientranti  nella sfera di applicazione
degli  accordi  e  contratti  nazionali,  regionali  e territoriali o
aziendali,  la'  dove  sottoscritti,  il  generico  riconoscimento di
benefici  normativi  e  contributivi,  all'integrale  rispetto  degli
accordi e contratti citati.

Il   problema  dell'integrale  rispetto  degli  accordi  e  contratti
collettivi   ai   fini   del   godimento  dei  benefici  normativi  e
contributivi.

  La   locuzione  «integrale  rispetto  degli  accordi  e  contratti»
(contenuta  nel  nuovo  testo  dell'art. 3 del decreto-legge 22 marzo
1993,  n.  71,  in  luogo  della  originaria  espressione  «integrale
rispetto degli istituti economici e normativi stabiliti dai contratti
collettivi  di  lavoro»)  subordina  il  riconoscimento  dei benefici
economici e contributivi alla integrale applicazione della sola parte
economica  e  normativa  degli  accordi e contratti collettivi, e non
anche  della parte obbligatoria di questi ultimi. Se intesa nel senso
di   imporre   l'applicazione  anche  della  parte  obbligatoria  del
contratto collettivo - tra cui, in particolare, l'obbligo di adesione
agli enti bilaterali - la disposizione di cui all'art. 10 della legge
14 febbraio 2003, n. 30, risulterebbe infatti in palese contrasto con
i  principi  costituzionali  di  liberta'  sindacale,  e  di liberta'
sindacale  negativa  in particolare (di cui all'art. 39 Cost.), oltre
che con i principi di diritto comunitario della concorrenza.
  Anche  anteriormente  alla  novella  di cui all'art. 10 della legge
14 febbraio   2003,   n.   30,   erano   insorti   alcuni   contrasti
interpretativi sulla riferibilita' del precetto di cui all'art. 3 del
decreto-legge  22 marzo  1993,  n.  71, alla sola parte normativa del
contratto  collettivo,  ovvero  anche  alla  c.d. parte obbligatoria,
quantomeno  in  relazione  a quelle clausole dei contratti collettivi
che  impongono  l'iscrizione  e  la  relativa contribuzione agli enti
bilaterali.  La  questione in quell'occasione era stata risolta dalla
giurisprudenza di Cassazione, la quale aveva ritenuto che le clausole
prevedenti  l'adesione  ai  suddetti  enti  non rientrano ne' tra gli
istituti  di  parte economica ne' tra gli istituti di parte normativa
della  contrattazione  collettiva  di  riferimento,  dovendo, invece,
considerarsi  come  clausole  contrattuali  meramente «obbligatorie»,
destinate come tali a impegnare esclusivamente le parti contraenti.
  Tale  interpretazione  deve  ancora  oggi  ritenersi vincolante, in
quanto,  tra  le  molteplici  letture della lettera della legge, deve
senza dubbio ritenersi vincolante quella coerente con i principi e le
disposizioni costituzionali in materia di liberta' sindacale.

Il problema del contratto collettivo applicabile.

  Anche  l'espressione  accordi  e  contratti  collettivi  nazionali,
regionali e territoriali o aziendali, «stipulati dalle organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative  sul piano nazionale» deve essere letta alla luce dei
principi  di  liberta' e pluralismo sindacale contemplati nella Carta
costituzionale.   L'accesso   ai   benefici   potra'  percio'  essere
condizionato  unicamente  alla  applicazione  di  uno  dei  contratti
collettivi  che,  in  un  determinato  settore  produttivo  o  ambito
territoriale,  e'  stato  stipulato  da  organizzazioni sindacali dei
datori   di   lavoro   e   dei   lavoratori   comparativamente   piu'
rappresentative sul piano nazionale.

Classificazione delle imprese.

  Quanto  alla  individuazione dell'ambito di applicazione soggettiva
dei  benefici,  mentre  il  decreto-legge  22 marzo  1993,  n. 71, si
riferiva  unicamente  alla  nozione  di  impresa  artigiana,  che  e'
espressamente definita dal legislatore, la nuova formulazione estende
il  raggio di applicazione della norma alle imprese commerciali e del
turismo,  rispetto  alle  quali,  invece,  non e' sempre presente una
definizione  legale  di  portata  generale.  La  conseguenza  e'  che
l'ambito di applicazione dei benefici previsti dalla nuova disciplina
potrebbe  risultare  integralmente  rimesso  agli accordi e contratti
collettivi e, dunque, ad atti di autonomia negoziale privata.
  Secondo  un  costante  insegnamento  della  Cassazione,  pero',  la
classificazione  delle  imprese ai fini previdenziali e assistenziali
ovvero  ai  fini  del  godimento  di incentivi, della fiscalizzazione
degli  oneri  sociali  o  della  ammissione  alla  cassa integrazione
guadagni   deve   avvenire   alla  stregua  di  criteri  oggettivi  e
predeterminati  che  non  lascino  spazio  a scelte discrezionali o a
processi  di  autodeterminazione normativa: in questi casi, pertanto,
per  determinare  l'ambito di operativita' dei benefici concessi alle
imprese  commerciali  e  del turismo occorrera' fare riferimento alle
disposizioni  di  cui  all'art.  2195  del codice civile e, comunque,
tener   conto   della  natura  dell'attivita'  effettivamente  svolta
dall'impresa.
  Naturalmente,  l'inquadramento ai fini previdenziali ovvero ai fini
del  godimento  di determinati benefici connessi alla fiscalizzazione
degli oneri sociali non puo' essere ritenuto vincolante per il datore
di lavoro, nel senso di imporgli l'applicazione di una contrattazione
collettiva   corrispondente  alla  stessa  attivita'  considerata  ai
suddetti  fini:  l'applicazione  dei  contratti collettivi, in questa
prospettiva,  costituisce  quindi  nient'altro  che  un  onere per il
datore  di  lavoro,  al  fine  di poter fruire dei benefici economici
previsti dalla legge.
    Roma, 15 gennaio 2004
                                                  Il Ministro: Maroni