Alle Amministrazione pubbliche  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto legislativo n. 165/2001 
Premessa. 
  A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 183 del 2010,  c.d.
collegato lavoro, sono pervenute varie segnalazioni di situazioni  di
contenzioso connesse all'applicazione della norma contenuta nell'art.
16 della legge n. 183 del 2010, che, in via transitoria, ha  previsto
la possibilita' per le  pubbliche  amministrazioni  di  sottoporre  a
nuova valutazione le situazioni di  trasformazione  del  rapporto  di
lavoro da tempo pieno a tempo parziale gia' realizzatesi alla data di
entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008,  convertito,  in
legge n. 133 del 2008, nel rispetto  di  principi  di  correttezza  e
buona  fede.  Nelle   denunce   si   evidenziano   casi   di   errata
interpretazione della norma con un pregiudizio  nei  confronti  delle
lavoratrici donne, spesso  impegnate  nella  cura  dei  figli  e  dei
famigliari bisognosi di assistenza. 
  La  problematica  e'  stata  oggetto  di  alcune  riunioni  con  il
Dipartimento  delle  pari  opportunita'  e  il  Dipartimento  per  le
politiche della famiglia, durante le quali si e'  discusso  circa  le
iniziative piu' idonee per far si' che  l'applicazione  della  norma,
ispirata ad  un'esigenza  di  razionalizzazione  nell'utilizzo  delle
risorse, avvenisse effettivamente nel rispetto di principi  di  buona
fede e correttezza. In questo contesto, nonostante - come si vedra' -
il termine per l'esercizio del potere di revisione sia ormai decorso,
si e' ritenuto comunque  opportuno  fornire  delle  indicazioni  alle
amministrazioni, al fine di orientarle nella gestione del contenzioso
e  nella  definizione  dei  rapporti  ancora  non  esauriti,  tenendo
presente che le norme di legge (art. 7, comma 6, decreto  legislativo
n. 165 del 2001; art. 12-bis decreto legislativo n. 61 del 2000; art.
6 legge n. 170 del 2010) e le clausole dei contratti  collettivi  che
disciplinano la materia accordano  particolari  forme  di  tutela  ai
lavoratori in riferimento alla cura  dei  figli  o  a  situazioni  di
disagio personale o famigliare. 
  Si coglie poi  l'occasione  per  dare  indirizzi  sull'applicazione
della disciplina a regime, con  particolare  riferimento  al  momento
della trasformazione, considerato che con quest'ultimo decreto  legge
e' stata riformata la  normativa  sulla  concessione  del  part-time,
modificando  la  posizione  del   dipendente   richiedente   rispetto
all'amministrazione   datore   di   lavoro.   Peraltro,    richiamare
l'attenzione su queste tematiche pare  assolutamente  appropriato  in
una stagione in cui il Governo e  le  Parti  sociali,  sottoscrivendo
un'apposita  intesa   (Azioni   a   sostegno   delle   politiche   di
conciliazione tra famiglia e lavoro del 7 marzo 2011),  hanno  deciso
di avviare un lavoro di approfondimento  finalizzato  ad  individuare
soluzioni strumentali alla conciliazione tra vita lavorativa  e  vita
famigliare,   condividendo   il   valore   di    una    flessibilita'
family-friendly come elemento organizzativo positivo. 
1. Le innovazioni in materia di part-time introdotte  con  l'art.  73
del decreto-legge n. 112 del 2008 e con l'art. 16 della legge n.  183
del 2010. 
  Come accennato, con l'art. 73 del decreto-legge n.  112  del  2008,
convertito, in legge n. 133 del 2008, e' stato modificato  il  regime
giuridico relativo alla trasformazione del rapporto da tempo pieno  a
part-time, con una novella all'art. 1, comma 58, della legge  n.  662
del 1996. Inoltre, sempre con il  medesimo  provvedimento,  e'  stato
modificato  il  comma  59  del  citato  articolo,   incidendo   sulla
destinazione finanziaria dei risparmi derivanti dalla  trasformazione
dei rapporti. 
  In sintesi, le novita' apportate con il decreto-legge  n.  112  del
2008 riguardano i seguenti aspetti: 
    e' stato eliminato  ogni  automatismo  nella  trasformazione  del
rapporto,   che   attualmente   e'   subordinato   alla   valutazione
discrezionale dell'amministrazione interessata; 
    e' stata soppressa la mera possibilita' per l'amministrazione  di
differire la trasformazione del rapporto sino al termine dei sei mesi
nel caso di grave pregiudizio alla funzionalita' dell'amministrazione
stessa; 
    e' stata contestualmente introdotta la possibilita' di  rigettare
l'istanza di trasformazione del rapporto  presentata  dal  dipendente
nel  caso  di  sussistenza  di  un  pregiudizio  alla   funzionalita'
dell'amministrazione; 
    e' stata innovata la destinazione dei  risparmi  derivanti  dalle
trasformazioni, prevedendo che una quota sino  al  70%  degli  stessi
possa   essere   destinata   interamente   all'incentivazione   della
mobilita',  secondo  le  modalita'  ed   i   criteri   stabiliti   in
contrattazione collettiva, per le amministrazioni che  dimostrino  di
aver proceduto ad attivare piani di mobilita' e di  riallocazione  di
personale da una sede all'altra. 
  L'art. 16 della legge n. 183 del 2010 (c.d.  collegato  lavoro)  ha
introdotto  in  via  transitoria   un   potere   speciale   in   capo
all'amministrazione, prevedendo la facolta' di assoggettare  a  nuova
valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale gia' realizzatesi alla data  di  entrata
in vigore del decreto-legge n. 112 del  2008.  In  base  alla  norma,
questa  speciale  facolta'  poteva   essere   esercitata   entro   un
determinato lasso di tempo e, cioe', entro centottanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della legge (24 novembre 2010), scaduti  il
23 maggio 2011. Si riporta per comodita' il testo della disposizione: 
  «1. In sede di prima  applicazione  delle  disposizioni  introdotte
dall'art. 73 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  6  agosto   2008,   n.   133,   le
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,  comma  2,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,  entro
centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore  della  presente
legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono
sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di  concessione  della
trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale
gia' adottati prima della  data  di  entrata  in  vigore  del  citato
decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 133 del 2008.». 
  Entrambi gli interventi normativi sono  motivati  dagli  stringenti
vincoli finanziari, che difficilmente  consentono  di  soddisfare  il
fabbisogno   professionale   attraverso   le   ordinarie   forme   di
reclutamento e che, pertanto, impongono una valutazione  sul  miglior
utilizzo delle risorse interne all'amministrazione. La situazione  di
crisi  economica  che  l'Italia,  assieme   ad   altri   Paesi,   sta
attraversando ha richiesto uno sforzo particolare ai  lavoratori  del
settore pubblico, come si comprende dalle  misure  restrittive  e  di
contenimento contenute nella manovra finanziaria approvata lo  scorso
anno (decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, in legge n.  122  del
2010), che, tra le altre cose, ha stabilito la cristallizzazione  dei
trattamenti economici e  delle  progressioni  economiche,  il  blocco
della contrattazione collettiva e la decurtazione delle  retribuzioni
piu' elevate (art. 9). In quest'ottica si pone,  in  particolare,  la
scelta normativa  di  prevedere  in  via  eccezionale  un  potere  di
revisione  unilaterale  del  rapporto  di  lavoro  da   parte   delle
amministrazioni. Gli interventi normativi si collocano poi nel quadro
piu' generale di valorizzazione e potenziamento dei poteri  datoriali
del dirigente e della  sua  maggiore  responsabilizzazione,  principi
che, come noto, hanno ispirato le piu' recenti riforme in materia  di
lavoro pubblico (decreto legislativo n. 150 del 2009). 
2. La domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale e le valutazioni discrezionali dell'amministrazione. 
  Come accennato in premessa, interessa in  questa  sede  focalizzare
l'attenzione sul momento della trasformazione del rapporto  da  tempo
pieno a tempo parziale e, in particolare, sui  presupposti  oggettivi
ed i limiti della  discrezionalita'  dell'amministrazione  datore  di
lavoro in sede di valutazione della domanda del dipendente.  In  base
alla  norma  vigente,  a  fronte   di   un'istanza   del   lavoratore
interessato, l'amministrazione non ha un obbligo di accoglimento, ne'
la  trasformazione  avviene  in  maniera  automatica.   Infatti,   la
disposizione prevede che la  trasformazione  «puo'»  essere  concessa
entro sessanta giorni  dalla  domanda.  La  legge  fa  riferimento  a
particolari condizioni ostative alla  trasformazione,  essendo  state
tipizzate ex  ante  le  cause  che  precludono  l'accoglimento  della
domanda. Pertanto,  in  presenza  del  posto  nel  contingente  e  in
mancanza  di  tali   condizioni   preclusive   (che   riguardano   il
perseguimento dell'interesse istituzionale e  il  buon  funzionamento
dell'amministrazione) il  dipendente  e'  titolare  di  un  interesse
tutelato  alla  trasformazione  del  rapporto,  ferma   restando   la
valutazione  da   parte   dell'amministrazione   relativamente   alla
congruita' del regime orario  e  alla  collocazione  temporale  della
prestazione lavorativa proposti. 
  La    valutazione    dell'istanza,    una    volta     verificatane
l'accoglibilita' dal punto di vista soggettivo e  la  presenza  delle
altre condizioni di ammissibilita', si basa su tre elementi: 
    1) la  capienza  dei  contingenti  fissati  dalla  contrattazione
collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione organica; 
    2) l'oggetto dell'attivita', di lavoro  autonomo  o  subordinato,
che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione del
rapporto; in particolare,  lo  svolgimento  dell'attivita'  non  deve
comportare una situazione di conflitto  di  interessi  rispetto  alla
specifica  attivita'  di  servizio  svolta  dal   dipendente   e   la
trasformazione non e' comunque concessa quando l'attivita' lavorativa
di lavoro subordinato debba intercorre con altra  amministrazione  (a
meno  che  non  si  tratti  di  dipendente  di  ente  locale  per  lo
svolgimento di prestazione in favore di altro ente locale); 
    3) l'impatto organizzativo della trasformazione, che puo'  essere
negata  quando  dall'accoglimento   della   stessa   deriverebbe   un
pregiudizio alla  funzionalita'  dell'amministrazione,  in  relazione
alle  mansioni  e  alla   posizione   organizzativa   ricoperta   dal
dipendente. 
  La  valutazione  circa  la  sussistenza  dei  presupposti  per   la
concessione o delle condizioni ostative, come  pure  quella  relativa
alla collocazione temporale della prestazione proposta dal dipendente
e alla decorrenza della trasformazione, non puo' che essere svolta in
concreto,  in  base  alle  circostanze   fattuali   particolari   che
l'amministrazione e' tenuta ad analizzare. In caso di esito  negativo
della valutazione, le scelte  effettuate  devono  risultare  evidenti
dalla motivazione  del  diniego,  per  permettere  al  dipendente  di
conoscere le ragioni dell'atto, di ripresentare nuova istanza  se  lo
desidera e, se  del  caso,  consentire  l'attivazione  del  controllo
giudiziale. In proposito, anche per limitare il rischio  di  pronunce
giudiziali sfavorevoli all'amministrazione, si raccomanda di adottare
una motivazione puntuale,  evitando  l'uso  di  clausole  generali  o
formule  generiche  che  non   sono   utili   allo   scopo.   Qualora
l'amministrazione ritenesse accoglibile la domanda del dipendente  ma
con diverse modalita' rispetto  a  quelle  prospettate,  al  fine  di
perfezionare  l'accordo,  sarebbe  comunque  necessaria   una   nuova
manifestazione del consenso da parte del lavoratore interessato. 
  La verifica della capienza del contingente ha carattere oggettivo e
va compiuta  in  concreto  con  riferimento  al  momento  in  cui  la
trasformazione  dovrebbe  aver  luogo  in  base  alla   domanda   del
dipendente. Nel caso in cui il numero delle domande risulti eccedente
rispetto ai posti di contingente, la valutazione sull'accoglimento va
operata tenendo conto congiuntamente dell'interesse al  funzionamento
dell'amministrazione, che non deve essere pregiudicato in relazione a
quanto detto nel precedente punto 3, e della  particolare  situazione
del dipendente, il quale, ricorrendo  determinate  circostanze,  puo'
essere titolare di un interesse protetto, di un titolo di  precedenza
o di un vero e proprio diritto alla trasformazione del  rapporto.  In
proposito, si rammenta che l'art. 7, comma 6, del decreto legislativo
n. 165 del 2001 stabilisce  il  principio  generale  secondo  cui  le
amministrazioni «individuano criteri certi di priorita'  nell'impiego
flessibile del personale, purche'  compatibile  con  l'organizzazione
degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in  situazioni  di
svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti  impegnati
in attivita' di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991,  n.
266.». 
  Questa disposizione,  che  e'  stata  ripresa  dai  vari  CCNL,  in
sostanza stabilisce due regole: 
    a)  alcuni  dipendenti,  in  considerazione   della   particolare
situazione  in  cui  si  trovano,  hanno  un  titolo   di   priorita'
nell'accesso alle varie  forme  di  flessibilita'  (dell'orario,  del
rapporto) che l'amministrazione decide di attuare compatibilmente con
l'organizzazione degli uffici e del lavoro; 
    b)  i  criteri  di  priorita'  debbono  essere   «certi»,   ossia
predeterminati in modo chiaro e resi conoscibili, in modo da  evitare
scelte arbitrarie o comunque non imparziali. 
  Pertanto,  le  amministrazioni,  nel  rispetto   delle   forme   di
partecipazione sindacale, debbono stabilire  in  maniera  generale  i
criteri di priorita' e la graduazione tra gli stessi,  tenendo  conto
delle  previsioni  legali  e  di  contrattazione   collettiva,   che,
intervenendo specificamente in riferimento a determinate fattispecie,
hanno accordato rilevanza a particolari situazioni in cui il  disagio
personale o famigliare e' maggiore. 
  Le fattispecie che radicano un diritto o un  titolo  di  precedenza
nella trasformazione del rapporto sono previste nell'art. 12-bis  del
decreto legislativo n. 61 del 2000, come modificato dall'art. 1 della
legge n. 247 del 2007. In particolare, il comma 1 di questo  articolo
stabilisce che hanno  diritto  alla  trasformazione  del  rapporto  i
lavoratori del settore  pubblico  e  di  quello  privato  affetti  da
patologie oncologiche per  i  quali  residui  una  ridotta  capacita'
lavorativa, anche a  causa  di  terapie  salvavita,  accertata  dalla
competente  commissione  medica.  Tali  lavoratori  hanno  poi  anche
diritto alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale
a tempo pieno a seguito della richiesta. Il comma 2  ed  il  comma  3
disciplinano i titoli di precedenza  nella  trasformazione  a  favore
dei: 
    1) lavoratori il cui coniuge, figli o genitori siano  affetti  da
patologie oncologiche; 
    2) lavoratori che assistono una persona convivente con  totale  e
permanente inabilita' lavorativa, che abbia connotazione di  gravita'
ai sensi dell'art. 3, comma 3, della  legge  n.  104  del  1992,  con
riconoscimento  di  un'invalidita'  pari  al  100%  e  necessita'  di
assistenza continua in quanto non  in  grado  di  compiere  gli  atti
quotidiani della vita; 
    3) lavoratori con  figli  conviventi  di  eta'  non  superiore  a
tredici anni; 
    4) lavoratori con figli  conviventi  in  situazione  di  handicap
grave. 
  La disciplina contenuta nel citato art. 12-bis, in quanto fonte  di
pari  rango  successiva,  ha  determinato   l'abrogazione   implicita
dell'art. 1, comma 64, della legge n. 662 del 1996,  che  individuava
delle cause di precedenza nella trasformazione del rapporto. 
  Altra situazione meritevole di tutela e' poi quella dei  famigliari
di studenti che presentano la sindrome  DSA  (Disturbi  specifici  di
apprendimento). Questa sindrome, che si  riferisce  alle  ipotesi  di
dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, e'  stata  oggetto
di un recente intervento normativo con la legge n. 170 del 2010,  con
il quale sono state previste apposite misure di sostegno e all'art. 6
e' stato stabilito che «I famigliari fino al primo grado di  studenti
del primo ciclo dell'istruzione  con  DSA  impegnati  nell'assistenza
alle attivita' scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari
di  lavoro  flessibili.».  La  norma  fa  poi  rinvio  ai   contratti
collettivi per la disciplina delle modalita' di esercizio del diritto
e, pertanto, la concreta attuazione del diritto e'  subordinata  alla
regolamentazione  da  parte  dei  contratti  stessi.   Comunque,   la
posizione di questi dipendenti deve essere considerata come assistita
sin da subito da  una  tutela  particolare  e,  quindi,  deve  essere
valutata nell'ambito di quanto gia' previsto dal citato art. 7, comma
6, del decreto legislativo n. 165 del 2001  e  dai  CCNL  vigenti  in
ordine alla flessibilita' dell'orario. 
  Come detto, il grado  di  tutela  accordato  dall'ordinamento  alla
varie situazioni  e'  differenziato.  Nel  caso  di  titolarita'  del
diritto  alla  trasformazione  (lavoratori   affetti   da   patologie
oncologiche con ridotta capacita'  lavorativa),  una  volta  ricevuta
l'istanza dell'interessato,  l'amministrazione  non  puo'  negare  la
trasformazione  del  rapporto,  trovandosi  in  una   situazione   di
soggezione; pertanto, la determinazione di trasformazione deve essere
presa entro il termine stabilito dal citato  art.  1,  comma  58,  e,
cioe', entro sessanta giorni dalla domanda. Nel caso  di  titolarita'
di un diritto di precedenza, la domanda dell'interessato deve  essere
valutata con priorita'  rispetto  a  quella  degli  altri  dipendenti
concorrenti. 
  In  considerazione  delle  limitazioni  alla   trasformazione   del
rapporto di lavoro derivanti dal contingente percentuale e al fine di
assicurare al part-time la funzione, oltre che di  flessibilita',  di
strumento di conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare,  si
raccomanda di inserire  nell'ambito  dei  contratti  individuali  una
clausola con cui si stabilisce che le parti si  impegnano,  trascorso
un certo periodo di tempo (da individuare di volta in volta a seconda
delle circostanze) ad incontrarsi, per rivalutare la  situazione,  in
considerazione delle esigenze di funzionamento  dell'amministrazione,
delle esigenze personali del lavoratore  in  part-time  e  di  quelle
degli altri lavoratori, che  nel  frattempo  possono  essere  mutate.
Questo per consentire al maggior numero possibile  di  dipendenti  la
possibilita' di richiedere la trasformazione del proprio rapporto  di
lavoro in presenza di obiettive esigenze legate ai primi anni di vita
dei figli ovvero per la cura di genitori e/o altri famigliari,  cosi'
come e' previsto  anche  nell'intesa  tra  Governo  e  parti  sociali
sottoscritta il 7 marzo 2011 citata in premessa. 
  In ordine all'impatto organizzativo, la relativa  valutazione  deve
essere operata analizzando le varie opzioni gestionali possibili,  ad
esempio, verificando la possibilita' di spostare le risorse tra  piu'
servizi in modo da venire incontro alle esigenze dei dipendenti senza
sacrificare  l'interesse  al  buon  andamento   dell'amministrazione.
Inoltre, la valutazione va fatta attraverso  una  seria  ponderazione
degli  interessi  in  gioco:  da  un   lato   l'interesse   al   buon
funzionamento  dell'amministrazione,   dall'altro   l'interesse   del
dipendente ad organizzare la propria  vita  personale  nella  maniera
ritenuta piu' soddisfacente per le esigenze famigliari o di cura, per
le aspirazioni professionali o semplicemente nel modo  che  considera
piu' gradevole. Vale naturalmente quanto gia' detto  sopra  circa  la
meritevolezza  di  tutela  di  certi  interessi.  In  proposito,   le
amministrazioni debbono considerare con  particolare  attenzione  non
solo la posizione di quei dipendenti ai quali le norme  accordano  un
diritto alla trasformazione, ma anche quella di quei  dipendenti  che
possono vantare un titolo di precedenza. Infatti, l'interesse di  cui
questi ultimi sono portatori  e'  comunque  meritevole  di  tutela  a
prescindere dalla presenza  di  concorrenti  sullo  stesso  posto  di
contingente. 
  Per  quanto  riguarda  le  situazioni  di  possibile  conflitto  di
interesse,  la  relativa  valutazione  va  svolta  al  momento  della
trasformazione  e,  successivamente,  durante  tutto  il  corso   del
rapporto. In proposito,  la  norma  prevede  che  «il  dipendente  e'
tenuto,   inoltre,   a    comunicare,    entro    quindici    giorni,
all'amministrazione  nella   quale   presta   servizio,   l'eventuale
successivo inizio o la variazione  dell'attivita'  lavorativa.».  Nel
merito, si rammenta che il comma 58-bis dell'art. 1 della  menzionata
legge n. 662 del 1996, perseguendo la trasparenza e  l'imparzialita',
pone  un  principio  di   predeterminazione   delle   situazioni   di
incompatibilita', stabilendo che  le  amministrazioni  provvedono  ad
indicare le attivita'  che,  in  ragione  della  interferenza  con  i
compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con
rapporto di lavoro a tempo parziale con  prestazione  lavorativa  non
superiore al 50% di quella a  tempo  pieno.  Per  le  amministrazioni
centrali tale predeterminazione  avviene  con  decreto  del  Ministro
competente, di concerto con  il  Ministro  della  funzione  pubblica.
Inoltre, si richiama per analogia e senza valore di  esaustivita'  la
disciplina  contenuta  nel  comma  5  dell'art.  23-bis  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001, che pone  una  preclusione  legale  alla
concessione  dell'aspettativa  per  lo  svolgimento  di  attivita'  o
incarichi presso soggetti privati o pubblici quando: 
  «a) il personale, nei due  anni  precedenti,  e'  stato  addetto  a
funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo  periodo  di
tempo,  ha  stipulato  contratti  o  formulato  pareri  o  avvisi  su
contratti o concesso autorizzazioni a favore  di  soggetti  presso  i
quali intende svolgere l'attivita'. Ove l'attivita'  che  si  intende
svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al  caso
in  cui  le  predette  attivita'  istituzionali  abbiano  interessato
imprese  che,  anche  indirettamente,  la  controllano  o   ne   sono
controllate, ai sensi dell'art. 2359 del codice civile; 
  b) il personale intende svolgere attivita' in organismi  e  imprese
private che, per la loro natura o la  loro  attivita',  in  relazione
alle funzioni precedentemente esercitate, possa  cagionare  nocumento
all'immagine  dell'amministrazione  o   comprometterne   il   normale
funzionamento o l'imparzialita'.». 
  Il successivo comma 6 del  medesimo  articolo,  poi,  per  maggiore
cautela,  rispetto  all'attivita'   da   svolgere   al   rientro   in
amministrazione stabilisce che «Il dirigente non puo', nei successivi
due  anni,  ricoprire  incarichi  che  comportino  l'esercizio  delle
funzioni individuate alla lettera a) del comma 5.». 
  Si segnala che per quanto riguarda l'applicazione  della  normativa
nei confronti delle autonomie  territoriali,  l'art.  39,  comma  27,
della  legge  n.  449  del  1997  stabilisce  che:  «Le  disposizioni
dell'art. 1, commi 58 e 59, della legge n. 23 dicembre 1996, n.  662,
in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale,  si  applicano  al
personale dipendente delle regioni e degli enti  locali  finche'  non
diversamente disposto da ciascun ente con  proprio  atto  normativo.»
Pertanto,  anche  l'applicazione  del  nuovo  regime  dovra'   essere
vagliata  in  sede  locale  a  seconda  della  situazione   normativa
specifica (sent. della Corte costituzionale 18 maggio 1999, n. 171). 
  3. La fase di «prima attuazione» disciplinata  dall'art.  16  della
legge n. 183 del 2010. 
  Come detto,  la  disposizione  ha  attribuito  un  potere  speciale
all'amministrazione durante la fase di prima attuazione della novella
operata con il citato art. 73 del decreto-legge n. 112 del  2008.  Il
presupposto  per  l'esercizio  del  potere  e'  rappresentato   dalla
valutazione  della  situazione  sottostante  la  trasformazione   del
rapporto, essendosi aperta una fase, limitata nel tempo,  durante  la
quale l'amministrazione ha potuto utilizzare i criteri introdotti con
la nuova norma anche per incidere su situazioni gia' esaurite,  ossia
su  rapporti   di   lavoro   che   erano   gia'   stati   trasformati
automaticamente a seguito dell'istanza del dipendente per effetto del
regime precedente la novella. In  base  alla  norma,  la  valutazione
potrebbe riguardare non solo l'opportunita' di mantenere il  rapporto
a tempo parziale, ma anche le modalita' della collocazione  temporale
della prestazione, che potrebbe risultare piu' conveniente modificare
per non pregiudicare il funzionamento dell'amministrazione.  Ai  fini
della valutazione, valgono le  indicazioni  che  sono  state  fornite
sopra in ordine agli interessi da considerare e alla  gradualita'  di
tutela delle posizioni.  Pertanto,  un  limite  certo  rispetto  alla
«rivalutazione» e' dato dalla ricorrenza  di  quei  casi  in  cui  il
dipendente e' titolare di un diritto  alla  trasformazione;  meritano
poi particolare attenzione le ipotesi che  ricadono  nell'ambito  del
titolo di precedenza e, piu' in generale, i casi in cui il  part-time
sia stato fruito da parte di dipendenti in situazioni  di  svantaggio
personale,  sociale  e  famigliare  o  di  dipendenti  impegnati   in
attivita' di volontariato.  Giova  ancora  una  volta  richiamare  il
contenuto dell'art. 12-bis, dell' art. 6 della legge n. 170 del 2010,
del decreto legislativo n. 61 del 2000  e  le  previsioni  dei  CCNL.
Quindi, nel caso in cui fosse necessario rivedere i part-time gia' in
corso, l'amministrazione dovrebbe far applicazione dei criteri legali
e contrattuali gia' menzionati, preferendo il ripristino del rapporto
a tempo pieno per  quei  lavoratori  la  cui  posizione  non  risulta
assistita (o piu' assistita) da una particolare tutela. 
  La   norma   prevede   un   potere   eccezionale,   che    consente
all'amministrazione di  modificare  unilateralmente  il  rapporto  in
deroga alla  regola  generale  di  determinazione  consensuale  delle
condizioni contrattuali, regola assistita nel caso del  part-time  da
una speciale norma di garanzia  contenuta  nell'art.  5  del  decreto
legislativo n. 61 del 2000, secondo cui il rifiuto di  un  lavoratore
di trasformare il proprio rapporto di  lavoro  a  tempo  parziale  in
rapporto  a  tempo  pieno  non  costituisce  giustificato  motivo  di
licenziamento. L'eccezionalita' della previsione risulta evidente nel
momento  in  cui  si  considera  che  la  normativa  di   derivazione
comunitaria di cui al decreto legislativo n. 61 del 2000  (attuazione
della Direttiva 97/81/CE relativa all'accordo  quadro  sul  lavoro  a
tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES) prevede per
l'ipotesi di modifica unilaterale delle  condizioni  del  rapporto  a
tempo parziale specifiche garanzie in favore del lavoratore  (art.  3
del citato decreto). E pertanto, la «gravosita'» del potere accordato
dalla  legge  richiede  certamente  una  particolare  attenzione  nel
momento del suo esercizio. In base alla  norma,  il  mutamento  delle
condizioni  del  rapporto  di  lavoro  avviene   quindi   a   seguito
dell'adozione  e  comunicazione  di  un  atto  unilaterale  da  parte
dell'amministrazione datore di  lavoro,  non  essendo  necessario  il
consenso del dipendente ai fini del perfezionamento di un  contratto.
Dato il carattere  di  specialita'  della  disposizione,  l'esercizio
della facolta' e' stato delimitato entro un definito arco  temporale.
Pertanto,  decorso  questo  termine,  secondo  il  regime   generale,
un'eventuale  modifica  del  rapporto  di  lavoro  richiede  comunque
l'accordo tra le parti, salve le ipotesi in cui la  legge  o  i  CCNL
prevedano un  diritto  potestativo  del  lavoratore  alla  successiva
trasformazione del rapporto da tempo parziale  a  tempo  pieno  e  le
situazioni di esercizio del potere unilaterale alle condizioni e  nei
limiti stabiliti dall'art. 3 del decreto legislativo n. 61 citato. 
  L'esercizio della facolta' e' condizionato al rispetto dei principi
di correttezza e buona fede. Nel richiamare  l'attenzione  su  questa
circostanza, si segnala che proprio di recente, in tema di  part-time
nel settore privato, la Corte  di  cassazione  ha  affermato  che  la
decisione di concedere o negare  la  trasformazione  del  rapporto  a
part-time, in presenza di criteri prestabiliti  in  sede  di  accordo
collettivo, non e' piu' discrezionale, bensi' vincolata  ai  predetti
criteri, «ai  quali  il  datore  di  lavoro  deve  conformarsi  nella
regolamentazione  dei  singoli  rapporti,  facendo  applicazione  dei
criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l'esecuzione
del contratto (ex articoli 1175 e 1375 c.c.). Con la conseguenza  che
l'inosservanza dei criteri preferenziali  contrattualmente  stabiliti
legittima il dipendente che si ritenga leso dalla condotta  datoriale
ad agire per il risarcimento del danno, anche in forma specifica, per
ottenere la trasformazione del rapporto in part-time  che  gli  fosse
stata ingiustamente negata sulla base dei descritti criteri, oltre ad
eventuali voci di danno collegate allo stesso illecito.» (Cass.  sez.
lav. 4 maggio 2001, n. 9769). 
  Affinche'  l'amministrazione   possa   compiere   una   valutazione
ponderata, cio' comporta, innanzi tutto, un  contraddittorio  con  il
dipendente interessato, dal quale emerga  l'interesse  dello  stesso.
L'osservanza di tali principi richiede che  l'amministrazione,  prima
di operare la trasformazione del rapporto, debba tener conto non solo
(se nota) della  situazione  che  era  in  origine  alla  base  della
trasformazione, ma anche della situazione che  nel  frattempo  si  e'
consolidata in capo al lavoratore. Nell'operare  la  revoca  Inoltre,
pur non ricorrendo le situazioni  particolari  oggetto  di  specifica
tutela, l'interesse  del  dipendente  al  mantenimento  del  rapporto
part-time  va  tenuto  in   considerazione   anche   verificando   la
fattibilita' di soluzioni alternative alla revoca  dello  stesso,  ad
esempio, valutando la possibilita' di spostamento dei dipendenti  tra
servizi in modo da soddisfare il fabbisogno dell'amministrazione e le
esigenze degli interessati. 
  Infine, il rispetto  dei  principi  di  buona  fede  e  correttezza
richiede che, allorquando sia stata  effettuata  una  valutazione  di
revisione del  rapporto,  venga  comunque  accordato  in  favore  del
dipendente un congruo periodo di tempo prima della trasformazione, in
modo che questi possa intraprendere le  iniziative  piu'  idonee  per
l'organizzazione della vita personale e famigliare. 
    Roma, 30 giugno 2011 
 
                             Il Ministro 
                   per la pubblica amministrazione 
                              Brunetta 
 
 
                             Il Ministro 
                      per le pari opportunita' 
                              Carfagna 
 
 
                         Il Sottosegretario 
                      con delega alla famiglia 
                             Giovanardi 
 

Registrato alla Corte dei conti il 2 settembre 2011 
Ministeri istituzionali -  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,
registro n. 17, foglio n. 228