MINISTERO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

PROVVEDIMENTO 5 agosto 1999 

  Atto di  indirizzo a carattere  generale in materia  di adeguamento
degli  statuti  delle fondazioni  alle  disposizioni  della legge  23
dicembre 1998, n.  461, e del decreto legislativo 17  maggio 1999, n.
153.
(GU n.186 del 10-8-1999)

                IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO
                  E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
  VISTA la legge di delega 23 dicembre 1998, n. 461 ;
  VISTO il decreto legislativo 17 maggio 1999, n.  153,  relativo  al
riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti
di  cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre
1990,  n.  356  e  alla  disciplina  fiscale  delle   operazioni   di
ristrutturazione  bancaria,  in  attuazione  della  legge 23 dicembre
1998, n. 461;
  VISTO  in  particolare,  l'art.  28,  c.1,  del  predetto   decreto
legislativo n. 153 del 1999, in base al quale "le fondazioni adeguano
gli  statuti alle disposizioni del presente decreto entro centottanta
giorni dalla data della entrata in vigore del decreto stesso"  e  "il
periodo  di  tempo  intercorrente  tra tale data e quella nella quale
l'Autorita' di vigilanza provvede, in sede di prima applicazione  del
presente  decreto,  ad  emanare  gli atti necessari per l'adeguamento
degli statuti ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera e), non  e'
considerato ai fini del calcolo del termine dei centottanta giorni";
  VISTO  il  richiamato  articolo  10,  comma 1, lettera e), il quale
attribuisce all'Autorita' di  vigilanza,  sentite  le  organizzazione
rappresentative  delle  fondazioni,  il  potere  di  emanare  atti di
indirizzo  a  carattere  generale  nelle  materie  riguardanti,   fra
l'altro, l'adeguamento statutario di cui al predetto articolo 28;
  CONSIDERATO  che  il  decreto  legislativo 17 maggio 1999, n.153 e'
entrato in vigore il 1  giugno  1999  e  che  il  presente  atto  di
indirizzo,  ai  sensi dell'articolo 28, comma 1, del predetto decreto
legislativo n.153 del  1999,  deve  essere  emanato  nel  termine  di
sessanta  giorni  da  tale  data,  coincidente con il 15 agosto 1999,
trascorso  il  quale  le  fondazioni   possono   comunque   procedere
all'adozione degli statuti.
  SENTITA,  ai  sensi  del  citato  articolo  10,  c.1,  lettera  e),
l'Associazione  fra  le  Casse  di   risparmio      italiane,   quale
organizzazione rappresentativa delle fondazioni;
                                EMANA
                    il seguente atto di indirizzo
* * *
                         AVVERTENZE GENERALI
  Il  presente  atto  di indirizzo contiene le indicazioni necessarie
per l'adeguamento degli statuti delle  fondazioni  alle  disposizioni
della  legge  23  dicembre  1998  (di seguito: legge di delega) e del
decreto legislativo 17  maggio  1999,  n.  153  (di  seguito:  d.lgs.
n.153),  da  intendersi  quale  esplicitazione di massima dei criteri
generali  ai  quali  l'autorita'  di  vigilanza   si   atterra'   nel
l'approvazione degli statuti medesimi.
  Il  termine  per  l'adeguamento  degli  statuti  (art. 28, c.1, del
d.lgs.   n. 153), e' di 180  giorni  dalla  data  di  emanazione  del
presente atto.
  Le  fondazioni  trasmettono  gli statuti all'Autorita' di vigilanza
entro 10  giorni  dalla  loro  adozione,  ai  fini  dell'approvazione
prevista dall'art. 10, c. 3, lettera c), del d.lgs. n. 153.
  Gli  statuti si adeguano in ogni caso alle disposizioni della legge
di delega e del d.lgs. n. 153, a prescindere dall'espresso richiamo o
dalla ripetizione del loro contenuto nel presente atto.
  Le espressioni e i termini adoperati hanno il significato  indicato
nelle  "Definizioni"  di  cui  all'art.  1  del d.lgs. n. 153, con la
seguente integrazione:
  a) "ordinamento di settore": l'insieme delle disposizioni contenute
nella legge di  delega  23  dicembre  1998,  n.  461  e  nel  decreto
legislativo 17 maggio 1999, n. 153.
  Le   abbreviazioni   "art.",   "lett.",   "c."   e  "cit."  stanno,
rispettivamente, per "articolo"  "lettera" , "comma" e "citato".
                                * * *
1. NATURA E SCOPI DELLE FONDAZIONI
  L'art. 2 del d.lgs. n. 153 prevede che le fondazioni  sono  persone
giuridiche   private   senza  fine  di  lucro  e  possono  perseguire
esclusivamente scopi  di  utilita'  sociale  e  di  promozione  dello
sviluppo economico, secondo quanto previsto nei rispettivi statuti.
  E'  necessario pertanto che lo statuto individui i settori ai quali
ciascuna fondazione indirizza la propria attivita'. Fra  questi  deve
essere incluso almeno uno dei settori rilevanti (ricerca scientifica,
istruzione,  arte,  conservazione  e  valorizzazione dei beni e delle
attivita' culturali e dei beni ambientali, sanita' e assistenza  alle
categorie sociali deboli).
  L'ordinamento  di settore fissa, al riguardo, il contenuto minimale
dell'obbligo (almeno  uno  dei  settori  rilevanti)  e  non  esclude,
pertanto,  che  lo  statuto  possa  prevedere  che  l'attivita' della
fondazione si estenda a  piu'  settori  fra  quelli  indicati  o,  in
ipotesi,  alla  totalita'  dei  settori  stessi.  Tuttavia,  se  tale
possibilita' puo' ritenersi formalmente consentita, e'  da  osservare
che,   in   concreto,  la  scelta  dei  settori  di  intervento  deve
ragionevolmente rispondere ad un criterio di adeguatezza,  nel  senso
che essa non puo' prescindere da una valutazione di "fattibilita" che
assicuri  la migliore utilizzazione delle risorse e l'efficacia degli
interventi (art. 3, c, 4, del d.lgs. n. 153). E'  evidente,  infatti,
che  una  eccessiva  dispersione  delle  risorse in un gran numero di
iniziative  difficilmente  potrebbe  ritenersi  conforme  ai  criteri
anzidetti. Il che, naturalmente involge anche la considerazione delle
dimensioni  patrimoniali, finanziarie e territoriali della fondazione
interessata. Altri elementi che possono venire in  evidenza  sono  le
previsioni  contenute  nelle attuali norme statutarie e la tradizione
che caratterizza la presenza di ciascuna fondazione  nella  comunita'
in cui opera, ferma  restando la piena autonomia delle fondazioni nel
modificare  gli  statuti  anche  direzione  diverse ed innovative, in
relazioni ai nuovi bisogni della societa'.
  Al di fuori dei settori  rilevanti,  l'individuazione  degli  altri
eventuali ambiti di attivita' della fondazione puo' essere effettuata
dallo  statuto  con  riferimento  a grandi aree o settori omogenei di
intervento, rapportabili a concreti obiettivi di utilita'  sociale  o
di promozione dello sviluppo economico.
  Nell'ambito degli scopi delle fondazioni gli statuti sono tenuti ad
"assicurare"  il rispetto delle disposizioni di cui all'art. 15 della
legge 11 agosto 1991, n. 266 (art. 3, c. 3 del d.lgs.  n.153),  cioe'
il   sostegno  delle  organizzazioni  di  volontariato,  nei  termini
previsti dalla disposizione predetta.
2. MODALITA' DI  PERSEGUIMENTO DEGLI  SCOPI STATUTARI
  Premesso  che  le fondazioni possono operare con tutte le modalita'
consentite dalla loro natura di persone giuridiche private senza fine
di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e  gestionale,  e'  da
osservare   che   la   scelta   delle   predette   modalita'  non  e'
necessariamente rimessa alla sede statutaria, apparendo legittimo che
gli statuti si limitino a prevedere il procedimento per  l'emanazione
di  regolamenti  interni,  con  cui  disciplinare,  accanto  ad altri
profili (es. gestione del patrimonio, organizzazione  interna)  anche
le modalita' di perseguimento degli scopi statutari.
  In  relazione  a  tali  regolamenti  e'  necessario  inserire negli
statuti le indicazioni volte a vincolarne il  contenuto  al  puntuale
rispetto  di  quanto  previsto  dall'art.  3, c. 4, del d.lgs. n. 153
(disciplina delle modalita' di  individuazione  e  di  selezione  dei
progetti  e  delle iniziative da finanziare, allo scopo di assicurare
la trasparenza dell'attivita', la motivazione delle scelte e la  piu'
ampia  possibilita'  di  tutela  degli  interessi  contemplati  negli
statuti,  nonche'  la  migliore   utilizzazione   delle   risorse   e
l'efficacia degli interventi).
  Nei  settori  rilevanti  individuati  dallo  statuto  le fondazioni
possono esercitare anche attivita' di impresa (impresa  strumentale),
purche' la stessa operi in via esclusiva per la diretta realizzazione
degli scopi perseguiti dalla fondazione nei settori medesimi. In tale
tipo  di  imprese, qualora non esercitate direttamente, la fondazione
puo' detenere partecipazioni di controllo.
  L'istituzione di imprese strumentali va inserita dallo statuto  fra
le  competenze  dell'organo di indirizzo della fondazione. In materia
di imprese strumentali e' opportuno che lo statuto richiami, in  caso
di istituzione, l'osservanza delle prescrizioni di cui all'art. 9, c.
3, del d.lgs. n. 153, aggiungendo eventualmente le altre disposizioni
ritenute   opportune   o  necessarie.  Nell'esercizio  dell'autonomia
statutaria lo statuto potrebbe, in via di ipotesi, optare  anche  per
il divieto di istituire imprese strumentali. Il che, peraltro, sembra
poco  opportuno,  perche'  cristallizzerebbe nello statuto una scelta
che potrebbe nel tempo essere riconsiderata  in  base  alle  concrete
esigenze operative della fondazione.
  Oltre  che  nei  settori rilevanti le fondazioni possono operare in
altri settori di utilita' sociale, a  condizione  che  si  tratti  di
attivita'  non  lucrativa  e che l'attivita' stessa non sia svolta in
forma di impresa. A tal fine lo statuto puo' individuare,  come  gia'
accennato, grandi aree o settori omogenei di intervento, rapportabili
a  concreti  obiettivi  di  utilita'  sociale  o  di promozione dello
sviluppo economico. Lo  statuto,  nella  sua  autonomia,  puo'  anche
stabilire,  o al limite vietare, per determinati settori, particolari
forme e modalita' di intervento.
  E' opportuno, per  completezza,  che  gli  statuti  ribadiscano  il
divieto  per  le  fondazioni  di  esercitare funzioni creditizie e di
attuare le forme di intervento previste nell'art. 3, c. 2, dei d.lgs.
n.153, con le eccezioni ivi indicate.
  In materia di modalita' di perseguimento degli scopi  statutari  si
segnala  l'opportunita' che l'attivita istituzionale delle fondazioni
sia ispirata ad un criterio di programmazione pluriennale, sulla base
di un documento deliberato dall'organo di indirizzo e riferito ad  un
congruo  periodo  di  tempo, nel quale siano individuate, in rapporto
alla  gestione e utilizzazione del patrimonio, le strategie generali,
gli obiettivi da perseguire nel periodo considerato  e  le  linee,  i
programmi,   le   priorita'   e   gli  strumenti  di  intervento.  La
programmazione pluriennale dell'attivita',  alla  quale  gli  statuti
possono  fare  riferimento  anche  in termini generali (demandando ai
regolamenti  interni  la  disciplina  di  dettaglio)  e'   funzionale
all'esigenza  di assicurare la migliore utilizzazione delle risorse e
l'efficacia degli interventi (art. 3, c. 4, del d.lgs.  n.  153),  il
rispetto  del principio di economicita' della gestione (art. 3, c. 1,
del d.lgs. n.153) e l'osservanza di criteri  prudenziali  di  rischio
preordinati  a conservare il valore del patrimonio e ad ottenerne una
redditivita' adeguata (art. 5, c. 1, del d.lgs. n.153).
3. AMBITO DI OPERATIVITA' DELLE FONDAZIONI
  L'ordinamento di settore prevede che lo statuto  possa  indirizzare
l'attivita' della fondazione a specifici ambiti territoriali.
  Cio'  puo'  essere  realizzato,  secondo  la scelta statutaria, sia
attraverso la delimitazione in via esclusiva dell'operativita'  della
fondazione    ad    un    determinato    territorio,   sia   mediante
l'individuazione   del   territorio   come   riferimento   prevalente
dell'attivita'   della   fondazione,   senza   che  cio'  escluda  la
possibilita' di operare al di fuori di tale  ambito.  In  entrambi  i
casi,  si  ritiene  che  la  delimitazione  possa  essere agevolmente
individuata, in linea di massima, con riferimento  al  territorio  al
quale si estendono le competenze di determinati enti locali (regioni,
comuni,  province,  comunita'  montane,  ecc.);  tuttavia,  non e' da
escludere che, in base  a  particolari  tradizioni  locali  ovvero  a
motivate   scelte  statutarie,  da  ritenersi  del  tutto  legittime,
l'ambito  territoriale  al  quale  lo  statuto  intende   indirizzare
l'attivita'  della  fondazione  sia  determinato  in  base  ad  altri
criteri, aventi comunque il requisito della certezza applicativa.
  Lo statuto puo' anche non disporre alcun tipo di delimitazione  (la
limitazione  dell'attivita'  della fondazione ad uno specifico ambito
territoriale e' una facolta' accordata dall'ordinamento di  settore).
In  tale ipotesi l'operativita' della fondazione si intende di regola
estesa all'ambito nazionale, salva diversa indicazione dello  statuto
(a  titolo  di  esempio,  si  potrebbe  immaginare la possibilita' di
iniziative per gli italiani  all'estero,  ovvero  interventi  atti  a
favorire la conoscenza reciproca della cultura e dell'arte di regioni
transfrontaliere).  In  ogni  caso,  l'operativita'  anche all'estero
della  fondazione  deve  trovare  riscontro   in   una   disposizione
statutaria.
4. ORGANI DELLA FONDAZIONE
  L'ordinamento  di  settore  fa obbligo alle fondazioni di prevedere
nello statuto distinti  organi  per  l'esercizio  delle  funzioni  di
indirizzo, di amministrazione e di controllo.
  Tale tipo di organizzazione, delineata dall'art. 4, c. 1, lett. a),
del d.lgs. n.153, costituisce non solo il modulo organizzativo minimo
inderogabile  che ogni fondazione deve prevedere nel proprio statuto,
ma anche il criterio direttivo al quale  deve  ispirarsi  l'eventuale
ulteriore  articolazione  organizzativa delle fondazioni (ad esempio:
comitati scientifici, nuclei tecnici di valutazione), nel senso che i
compiti dei vari organi devono essere distribuiti nell'ambito di  una
corretta  e nitida distinzione tra funzioni e poteri di indirizzo, di
amministrazione e di controllo.
  Gli   statuti,   inoltre,   devono  assicurare  il  rispetto  della
disposizione di cui all'art. 5, e. 2, del d.lgs. n. 153, secondo cui,
qualora la gestione del patrimonio non sia  affidata  a  intermediari
esterni,  essa  deve  essere  svolta  da  strutture interne diverse e
separate, sul piano organizzativo, da quelle che  svolgono  le  altre
attivita' della fondazione.
  4. 1 Fondazioni di origine associativa
  La  disposizione dell'art. 1, c. 1, lett. a) dei d.lgs. n. 153, che
fa obbligo alle fondazioni di prevedere nello statuto distinti organi
per l'esercizio delle funzioni di indirizzo, di amministrazione e  di
controllo,  ha valenza generale e si applica anche alle fondazioni di
origine associativa, come espressamente stabilito dall'art. 4, c.  1,
lett.  d),  del  d.lgs.  n.  153.  In  particolare, anche presso tali
fondazioni e' fatto obbligo di costituire l'organo di indirizzo,  con
i  compiti  previsti dall'art.4, c. 1, lett. b), del citato d.lgs. n.
153.
  Per le fondazioni di  cui  sopra,  gli  statuti  possono  prevedere
l'abolizione    o    il   mantenimento   dell'assemblea   dei   soci,
disciplinandone la composizione e le modalita' di designazione  e  di
nomina,  anche in maniera diversa da quella attuale. In aderenza allo
sfavore manifestato dall'ordinamento  di  settore  verso  il  sistema
delle cooptazioni negli organi collegiali delle fondazioni, specie se
a  tempo  indeterminato,  si  rappresenta  l'esigenza che gli statuti
limitino nelle assemblee dei soci la quota  dei  componenti  nominati
per cooptazione e, comunque, eliminino eventuali forme di cooptazione
"a  vita"  tuttora esistenti, prevedendo disposizioni transitorie per
gli attuali componenti.
  Circa le funzioni che possono essere riconosciute nel nuovo assetto
alle assemblee dei soci (qualora mantenute in vita dai nuovi statuti)
e' da ribadire che esse non possono svolgere in alcun modo compiti di
organo di indirizzo. L'unica disposizione espressa,  in  materia,  e'
quella  dell'art.  4, c. 1, lett. d), del d.lgs. n. 153, in base alla
quale  lo  statuto  puo'  attribuire  alle  assemblee  il  potere  di
designare una quota "non maggioritaria" dei componenti dell'organo di
indirizzo.   Ulteriori compiti possono essere previsti dallo statuto,
purche' non si sovrappongano ne'  interferiscano  operativamente  con
quelli  degli  altri  organi. In particolare, per le assemblee appare
opportuno delineare un nuovo specifico ruolo, che  consenta  di  dare
voce  e  continuita'  alla  rappresentanza  degli  interessi  storici
originari della fondazione, nel contesto delle funzioni previste  dal
nuovo  ordinamento  (in tale prospettiva si segnalano, come possibili
compiti delle assemblee dei soci,  quelli  propri  dei  collegi,  dei
probiviri,  ovvero di garanzia dell'osservanza del codice etico della
fondazione, di istanza  di  tutela  dei  soggetti  destinatari  degli
interventi, ecc.).
  L'art.  4,  sopra  richiamato,  stabilisce  che i soggetti nominati
nell'organo di indirizzo per designazione  dell'assemblea  dei  soci,
unitamente  a  quelli eventualmente nominati per cooptazione ai sensi
dello stesso art. 4, c. 5, del d.lgs. n. 153, non possono superare la
meta' del totale dei componenti l'organo  di  indirizzo.  Qualora  lo
statuto  intendesse,  appunto,  riservare  all'organo di indirizzo la
predetta facolta' di nomina per cooptazione di una quota  dei  propri
componenti,   potrebbe  rivelarsi  utile,  in  via  transitoria,  per
consentire  sin  dall'inizio  l'integrale  costituzione  dell'organo,
attribuire all'assemblea dei soci, in prima applicazione, la facolta'
di  designare  anche  la  quota  attribuita  a  regime  all'organo di
indirizzo.
  Al fine di  assicurare,  anche  dal  punto  di  vista  dell'assetto
preventivo   dei   rapporti  tra  organi  della  fondazione,  formali
condizioni di indipendenza nello svolgimento dei rispettivi compiti e
di  assoluta  trasparenza  delle  decisioni  (a   prescindere   dalle
situazioni   concrete   che  potrebbero  eventualmente  dar  luogo  a
conflitti di interesse), si ritiene necessario affermare un principio
di incompatibilita' fra la qualita' di componente dell'assemblea  dei
soci   e   quella   di   componente   dell'organo  di  indirizzo,  di
amministrazione e di  controllo  della  fondazione,  nonche'  con  la
carica di direttore generale della fondazione.
  Pertanto, nei casi in cui lo statuto attribuisca alle assemblee dei
soci  il  potere di designare una quota dei componenti dell'organo di
indirizzo e l'assemblea designi a tale scopo  propri  membri,  questi
ultimi decadono dall'assemblea con l'accettazione della nomina presso
l'organo  di  indirizzo.  Lo  stesso e' a dirsi qualora un componente
dell'assemblea dei soci sia nominato, dai competenti organi  previsti
dallo  statuto,  nell'organo  di amministrazione o di controllo della
fondazione.
  4.2 Organo di indirizzo
  4.2.1. L'organo di indirizzo ha i compiti previsti dell'art. 4,  c,
l,  lett.   b), d. lgs. n.153. Altri eventuali compiti che lo statuto
intendesse assegnare a tale organo devono mantenersi  nell'ambito  di
una corretta distinzione tra funzioni di indirizzo, amministrazione e
controllo,  evitando ogni commistione o sovrapposizione di ruoli, che
sarebbe in contrasto con quanto disposto dall'ordinamento di settore.
  4.2.2. Il numero dei componenti dell'organo di indirizzo e' rimesso
dall'ordinamento di settore alla libera scelta statutaria, sulla base
del criterio direttivo secondo cui esso deve essere fissato  in  modo
da  assicurare  l'efficace  esercizio  dei  relativi  compiti. Non si
ritiene in questa sede di fornire  indicazioni  numeriche  di  soglie
minime  e massime, sembrando che il problema debba essere valutato in
concreto, tenuto conto delle dimensioni  patrimoniali  della  singola
fondazione  e  del  suo  ambito  di  operativita',  riferita  sia  al
territorio sia ai settori di intervento. In sostanza, si ribadisce la
necessita' di seguire in materia un criterio di adeguatezza, al  fine
di   evitare  che  una  composizione  eccessivamente  ridotta  o,  al
contrario,  inutilmente  pletorica,  possa  pregiudicare   l'efficace
esercizio   dell'azione  di  indirizzo,  dell'attivita'  deliberativa
rimessa allo stesso organo e dell'azione di controllo  sull'attivita'
degli amministratori.
  4.2.3.  Per  la composizione dell'organo di indirizzo l'ordinamento
settoriale   fornisce   indicazioni   di   massima   sufficientemente
articolate, lasciando alla libera scelta statutaria la determinazione
concreta   delle  modalita'  di  designazione  dei  componenti  e  di
determinazione dei soggetti chiamati a  partecipare  alla  formazione
dell'organo.
  In  linea generale gli statuti possono procedere all'individuazione
delle istituzioni, degli enti locali territoriali e degli altri enti,
organismi e associazioni chiamati a designare, anche con  criteri  di
rotazione, i componenti dell'organo di indirizzo, avuto riguardo alle
zone ove le singole fondazioni svolgono una parte significativa della
loro attivita'.
  Occorre sottolineare che tutte le designazioni debbono essere fatte
nell'interesse della fondazione.
  La  designazione  va intesa non come una forma di rappresentanza in
seno   alla   fondazione   degli   interessi   propri   dell'ente   o
dell'associazione   designante   bensi'  quale  strumento  rivolto  a
realizzare  la  confluenza  in  un  unico  organismo  di  esperienze,
capacita'  e professionalita' diverse, con il fine di concorrere alla
migliore realizzazione degli scopi affidati alla fondazione. Cio'  si
desume, oltre che dalla "ratio" del sistema previsto dall'ordinamento
di  settore,  dalla disposizione espressa dell'art.4, c.2, del d.lgs.
n.153, in base alla quale i componenti dell'organo di  indirizzo  non
rappresentano  i  soggetti  esterni  che  li  hanno  nominati  (cioe'
designati ai fini della nomina), ne' ad essi rispondono.
  Le considerazione che precedono hanno importanti implicazioni sulla
configurazione dei potere di designazione, in particolare  sul  grado
di  vincolativita'  che  le  designazioni  vengono  ad  assumere  nei
confronti dell'organo della fondazione  al  quale  e'  attribuito  il
potere di nomina.
  Secondo  una  corretta impostazione logico-giuridica e' da ritenere
che il potere di designazione abbia  carattere  vincolante  (e  possa
tradursi  addirittura in un potere diretto di nomina) nei casi in cui
la persona designata e' chiamata a "rappresentare" l'ente  designante
in  un collegio di composizione di interessi. Nelle predette ipotesi,
infatti, e' evidente che la scelta  del  soggetto  e  la  valutazione
circa  la  sua idoneita' a rappresentare i propri interessi nell'ente
designato non puo' che appartenere al soggetto designante.
  Nell'ordinamento  delle  fondazioni,  invece,   si   verifica   una
situazione  diversa,  nel  senso che gli  enti designatori concorrono
alla formazione dell'organo di indirizzo presso l'ente designato,  ma
le  persone interessate non "rappresentano" i soggetti esterni che le
hanno prescelte ne' ad essi rispondono. Ne deriva  che  il  grado  di
vincolativita' della designazione non puo' che essere inteso in senso
relativo.  Appare  pertanto  ammissibile  la  predeterminazione nello
statuto (ovvero il rinvio  ai  regolamenti  interni  sulla  base  dei
criteri  indicati  nello  statuto)  di  requisiti  anche specifici di
professionalita' per i soggetti designati  (art.2,  c.  1,  lett.  g)
della legge di delega), nonche' la possibilita' di richiedere rose di
candidati. In particolare, e' possibile che lo statuto stabilisca che
ogni  componente,  da  qualsiasi  ente  designato,  debba  essere  in
possesso non solo  dei  requisiti  di  onorabilita'  stabiliti  dallo
statuto  stesso,  ma  anche  di titoli culturali e professionali e di
competenza ed esperienza, anche specifiche, adeguati  ai  compiti  da
svolgere,  in  base  alle  esigenze  operative della fondazione. Tali
requisiti debbono essere ovviamente fissati in  termini  generali  ed
oggettivi,  in  modo  da  evitare  un'indiscriminata discrezionalita'
della fondazione, tale da indurre ad una non ragionevole ed  indebita
restrizione del potere di designazione.
  Quanto  sopra  si desume chiaramente dalla disposizione dell'art.4,
c.  1, lett. c) del d.lgs. n. 153, il quale, nell'individuare le  due
principali  categorie  di  soggetti  chiamate  a comporre l'organo di
indirizzo (rappresentanza del territorio,  con  particolare  riguardo
agli  enti locali, e personalita' scelte al di fuori di tale ambito),
richiede  che  la  rappresentanza  dei  territorio  sia  "adeguata  e
qualificata"  e  che  gli  altri componenti dell'organo, scelti al di
fuori  di  tale  categoria,  debbono  essere  "personalita'  che  per
professionalita',   competenza  ed  esperienza,  in  particolare  nei
settori  cui  e'  rivolta  l'attivita'  della   fondazione,   possano
efficacemente  contribuire  al  perseguimento  dei fini istituzionali
della fondazione".
  Orbene,  nel  comporre  l'organo   di   indirizzo,   il   principio
fondamentale  fissato  dall'ordinamento  di  settore,  oltre  ai  due
predetti criteri attinenti ai soggetti (rappresentanza del territorio
e personalita'), e', quello, di carattere oggettivo,  dell'equilibrio
fra  le diverse componenti, dovendo lo statuto prevedere modalita' di
nomina e di designazione  "dirette  a  consentire  un'equilibrata,  e
comunque  non  maggioritaria, rappresentanza di ciascuno dei soggetti
che partecipano alla formazione dell'organo" (art. 4, c. 1, lett. c),
del d.lgs.   n.153). Occorre  pertanto  prevedere  nello  statuto  un
bilanciamento   generale  fra  le  anzidette  categorie  generali  e,
all'interno di  esse,  un'equilibrata  distribuzione  del  potere  di
designazione  fra  i  diversi soggetti, intendendo per soggetti anche
singole tipologie (istituzionali od associative, e simili).  Al  fine
di  consentire  la  piu' ampia partecipazione, potranno eventualmente
essere previsti, fra piu' soggetti compresi  nella  stessa  tipologia
(esempio  piu'  enti  locali),  opportune  forme  di turnazione nella
designazione dei componenti dell'organo di indirizzo.
  L'insieme delle disposizioni di cui sopra tende sostanzialmente  ad
evitare che un potere di designazione a carattere maggioritario di un
gruppo di soggetti possa determinate il collegamento permanente della
fondazione  con  interessi definiti o con strutture istituzionali, in
violazione dell'autonomia che l'ordinamento di settore riconosce alle
fondazioni,  tenuto  conto  che  il  perseguimento  da  parte   delle
fondazioni  di  scopi  di  utilita'  sociale  e  di  promozione dello
sviluppo economico non puo'  ritenersi  sostitutivo  ma  deve  essere
attuato  "fermi restando compiti e funzioni attribuiti dalla legge ad
altre istituzioni" (art. 2, c.1, lett. a) della legge di delega).
  Si rammenta per completezza, che alle associazioni  rappresentative
o  di  categoria delle fondazioni non possono essere attribuiti sotto
qualsiasi forma poteri di designazione degli organi della  fondazione
(art. 4, c. 5, del d.lgs. n. 153).
  Per  quanto  riguarda  le  assemblee  dei soci (ove mantenute dagli
statuti),  e'  da  ritenere  che  le  stesse   non   possano   essere
considerate,  ai  fini  dell'eventuale  attribuzione  di un potere di
designazione, come un unico soggetto, sia in considerazione del fatto
che la loro composizione  risulta  essa  stessa  da  un  processo  di
designazione   frazionato,   sia  tenuto  conto  di  quanto  disposto
dall'art. 4, c. 1, lett. d) del d.lgs. n. 153,  il  quale  pone  come
limite  alla designazione la meta' del totale dei componenti l'organo
di  indirizzo,  unitamente  agli  eventuali  soggetti  nominati   per
cooptazione ai sensi dello stesso art. 4, c. 5.
  E'  opportuno che gli statuti prevedano strumenti idonei ad ovviare
ai casi in cui gli enti e gli  organismi  interessati  non  procedano
alle designazioni di propria competenza.
  E'  da  ricordare,  come  specificato in precedenza, che in caso di
delimitazione dell'attivita' della fondazione in modo esclusivo ad un
determinato territorio, ricorre  l'applicazione  di  quanto  previsto
dall'art.  4,  c.  1,  lett.  f),  del  d.lgs.  n. 153 in merito alla
necessaria  presenza  negli organi collegiali della fondazione (nella
specie in quello di indirizzo) di una rappresentanza non inferiore al
cinquanta per cento di persone  residenti  da  almeno  tre  anni  nei
territori   stessi.  Tale  criterio  e'  da  considerarsi  aggiuntivo
rispetto ai criteri gia' illustrati.
  4.2.4. Lo statuto,  con  riferimento  alla  durata  in  carica  dei
componenti  l'organo  di  indirizzo,  e'  tenuto  al  rispetto  della
disposizione in base alla quale essi sono nominati per un periodo  di
tempo delimitato e possono essere confermati per una sola volta (art.
4, c. 1, lett. i), del d.lgs. n. 153).
  La  determinazione della durata della carica e' rimessa alla libera
scelta statutaria,  che  ovviamente  deve  rispondere  a  criteri  di
ragionevolezza  delle  motivazioni  e  di  prudente  e  buona  scelta
organizzativa, nel senso  di  prevedere  una  durata,  opportunamente
diversificata  rispetto a quella degli organi di amministrazione e di
controllo, capace  di  contemperare  l'esigenza  di  una  sufficiente
stabilita'  degli  indirizzi  nei  periodi  ai quali si riferiscono i
programmi di attivita' della fondazione nei settori istituzionali con
quella, egualmente essenziale, del rinnovo periodico delle esperienze
e degli apporti personali dei componenti.
  4.3. Organo di amministrazione
  4.3.1.  L'organo  di  amministrazione  svolge  i  compiti  di   cui
all'articolo  4,  comma  1,  lett.  e),  del d.lgs. n. 153. Anche per
l'organo di amministrazione e' da ribadire che  gli  eventuali  altri
compiti   che  lo  statuto  intendesse  assegnare  devono  mantenersi
nell'ambito di una corretta distinzione tra  funzioni  di  indirizzo,
amministrazione e controllo.
  4.3.2.  La  composizione  dell'organo di amministrazione e' rimessa
alla libera scelta statutaria, che ovviamente deve basarsi su criteri
di ragionevole adeguatezza alle concrete necessita'  operative  della
fondazione,   tenendo  conto  di  parametri  ispirati  a  criteri  di
efficiente organizzazione e di ottimale utilizzazione delle risorse.
  4.3.3.  E'  necessario  che  i  componenti  dell'organo  siano   in
possesso,  oltre che dei requisiti generali di onorabilita' stabiliti
dallo statuto per tutti i componenti degli organi  della  fondazione,
di  specifici  requisiti  di professionalita', adeguati ai compiti da
svolgere.
  Tali requisiti  possono  essere  opportunamente  individuati  dagli
statuti  in  termini  generali,  rimettendone la concreta valutazione
all'organo competente alla nomina (organo di indirizzo).  Si  ritiene
opportuno   che   lo   statuto   preveda   una   procedura   di  tipo
selettivo-comparativo per  l'individuazione  dei  soggetti  idonei  a
svolgere i compiti di amministratore della fondazione.
  4.4 Organo di controllo
  I   compiti   dell'organo   di   controllo  sono  desumibili  dalle
corrispondenti  disposizioni  del  codice  civile.  L'ordinamento  di
settore  stabilisce  che  l'organo di controllo della fondazione deve
essere composto da persone che hanno i  requisiti  professionali  per
l'esercizio  del  controllo  legale  dei  conti.  E' opportuno che lo
statuto riporti, per completezza, la  suddetta  prescrizione  minima.
Qualora  si  intendano richiedere requisiti aggiuntivi, questi devono
essere previsti nello statuto.
  4.5  Requisiti  di  onorabilita'  e  di  professionalita', cause di
incompatibilita', di decadenza e di sospensione
  Gli statuti, a norma dell'art. 4, c. 1, lett. g), del d.lgs. n.153,
debbono fissare requisiti di professionalita' e di onorabilita' per i
componenti degli organi della fondazione, nonche' individuare ipotesi
di incompatibilita', di decadenza e di sospensione per i soggetti che
svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione direzione e controllo
presso le  fondazioni.  Su  tali  materie  la  predetta  disposizione
demanda  in modo specifico all'Autorita' di vigilanza l'emanazione di
indirizzi generali.
  4.5.1. In materia di requisiti di onorabilita' si  ritiene  che  la
specificita'  delle  funzioni delle   fondazioni non consenta di fare
puro e semplice rinvio  alle  disposizioni  gia'  in  vigore  per  il
settore  bancario,  fermo restando che le disposizioni stesse possono
costituire un utile parametro di riferimento per costruire una figura
di onorabilita' da inserire negli  statuti,  aderente  alle  esigenze
particolari   delle   fondazioni,  eventualmente  anche  mediante  la
previsione di requisiti di ordine etico confacenti  allo  svolgimento
delle   specifiche   funzioni   e  alla  tutela  dell'immagine  della
fondazione. Altri utili  riferimenti  possono  rinvenirsi  nel  testo
unico  della  finanza  approvato  con decreto legislativo 24 febbraio
1998, n.  58 (art. 13 ) e nelle relative disposizioni  di  attuazione
(D.M.  11  novembre  1998,  n.  468  (in G.U. 11 gennaio 1999, n. 7),
nonche' nella legislazione  sulle  organizzazioni  non  lucrative  di
utilita'  sociale (ONLUS). Le stesse indicazioni possono valere per i
requisiti  di  professionalita'.  La  determinazione   dei   predetti
requisiti  puo'  essere  anche  articolata in modo diverso per i vari
organi di indirizzo, amministrazione e controllo, tenuto conto  della
diversita' dei compiti affidati a ciascuno di essi.
  4.5.2.  Circa  le  incompatibilita'  appare  opportuno, in linea di
massima, che esse siano fissate reciprocamente fra i  componenti  dei
tre  organi  di  base  delle fondazioni (indirizzo, amministrazione e
controllo), e fra questi e l'organo di direzione. Cio' per assicurare
l'indipendenza  nello  svolgimento  dei  rispettivi  compiti   e   la
trasparenza  delle  decisioni. Nel punto 3. 1. si e' gia' individuata
analoga  incompatibilita'  riferita  ai  componenti  delle  eventuali
assemblee  dei  soci presso le fondazioni di origine associativa, ove
mantenute dagli statuti.
  Sembra necessario tuttavia, al  fine  di  assicurare  l'unitarieta'
operativa  della  fondazione  e  l'univoca  rappresentanza  dell'ente
all'esterno che le funzioni di presidente dell'organo di indirizzo  e
di  presidente  dell'organo  di  amministrazione  siano riunite nella
stessa persona, con  l'avvertenza  che,  per  evitare  situazioni  di
interferenza dovute alla predetta concentrazione in un unico soggetto
delle  due  funzioni, appare necessario che le funzioni di presidente
dell'organo  di  indirizzo  siano  limitate  a  quelle  di   "ordine"
strettamente   necessarie  al  regolare  svolgimento  delle  riunioni
(ordine del giorno, convocazione, direzione della discussione, ecc.).
Naturalmente, la convocazione dell'organo di indirizzo, com'e'  nella
prassi  di  tali  organismi, va prevista, oltre che su iniziativa del
presidente, anche su richiesta di un determinato numero di componenti
ovvero del collegio sindacale.
  Il criterio dell'incompatibilita' reciproca, nei sensi su indicati,
non impedisce, ma anzi rende opportuno, che gli statuti prevedano che
i componenti dell'organo di amministrazione possano  essere  invitati
(ovvero  assistano  in via permanente o con altra formula liberamente
individuata  dallo  statuto)  alle riunioni dell'organo di indirizzo,
senza diritto di voto, al fine di poter contribuire alla  discussione
e  fornire  il  supporto della loro specifica conoscenza dei problemi
della fondazione, soprattutto in sede di definizione dei programmi di
attivita'.
  Accanto alle predette incompatibilita' per cosi' dire "interne" gli
statuti debbono individuare situazioni  di  incompatibilita'  rivolte
all'esterno,  riferite  anche alla carica di direttore generale della
societa' bancaria conferitaria, nel  significato  attribuito  a  tale
locuzione  dall'art.  1 del d. d.lgs. n. 153. Tali situazioni possono
essere individuate dagli statuti con riferimento ad incarichi esterni
il cui svolgimento sia ritenuto  non  compatibile,  in  base  ad  una
verificabile  motivazione, con la qualita' di componente degli organi
della fondazione, ovvero con riferimento alla titolarita' di  cariche
pubbliche,  non  necessariamente  elettive, per le quali sia ritenuta
analoga incompatibilita'.
  Si ricorda che, in base alla prescrizione  dell'art.  4,  c.3,  del
d.lgs.    n.153,  i membri dell'organo di amministrazione non possono
assumere le funzioni di consigliere di amministrazione nella societa'
bancaria conferitaria (nel  significato  che  tale  locuzione  assume
nell'art.1 del d. d.lgs. n.153).
  Le predette incompatibilita' debbono essere individuate in modo che
siano  funzionali  al preciso scopo di assicurare, anche dal punto di
vista dell'assetto preventivo dei rapporti  tra  partecipazione  agli
organi   della  fondazione  e  svolgimento  di  incarichi  esterni  o
titolarita' di cariche pubbliche, condizioni formali e sostanziali di
indipendenza nello svolgimento dei  compiti  dei  vari  organi  e  di
assoluta  trasparenza  delle  decisioni, nonche' di evitare, in senso
oggettivo e soggettivo, situazioni anche  in  astratto  riconducibili
alla figura del conflitto di interessi.
  In  tale contesto, appare del tutto plausibile, ed anzi necessario,
che gli statuti introducano specifiche  ipotesi  di  incompatibilita'
per  i  dipendenti  e  amministratori degli enti e degli organismi al
quali spettano, in  base  alle  disposizioni  statutarie,  poteri  di
designazione dei componenti gli organi della fondazione, da estendere
a  tutti  i soggetti legati ai predetti enti ed organismi da rapporti
di collaborazione anche a tempo determinato.
  Sembra  altresi'  necessario  che  lo  stesso  soggetto  non  possa
ricoprire   cariche   in  piu'  fondazioni,  per  cui  una  specifica
incompatibilita' dovrebbe riguardare coloro che ricoprono funzioni di
indirizzo,  amministrazione  o  controllo  in  altre  fondazioni.  La
predetta    situazione    di   incompatibilita'   trova   motivazione
nell'esigenza  di  evitare  eventuali  interferenze   (o   potenziali
conflitti  di  interessi) nelle determinazioni relative alla gestione
del patrimonio delle fondazioni partecipate.
  E' da ritenere  invece  consentito  che  lo  stesso  ente,  qualora
investito  di  poteri  di  designazione in piu' fondazioni in base ai
rispettivi statuti, possa legittimamente procedere alle  designazioni
stesse,  a  condizione,  appunto,  che  non  sia  designata la stessa
persona.
  Qualora la fondazione abbia  rapporti  organici  e  permanenti  con
organizzazioni dei soggetti destinatari degli interventi e' opportuno
che  gli amministratori delle organizzazioni stesse siano ritenuti in
posizione di incompatibilita' con la  qualita'  di  componente  degli
organi della fondazione.
  In  tema  di  decadenze,  il  principio generale e' che il difetto,
anche  sopravvenuto,  dei  requisiti  per  la  nomina  e  la  mancata
rimozione   delle   situazioni  di  incompatibilita'  determinano  la
decadenza dalla carica.  A tali situazioni di solito si  accompagnano
previsioni  relative  alla  mancata  partecipazione alle riunioni del
rispettivo organo per un certo numero di  sedute  consecutive,  senza
giustificato motivo, ovvero l'omessa comunicazione di un conflitto di
interessi o di una causa di incompatibilita' o di sospensione.
  Occorre  ricordare,  in  proposito,  che  fra  le  disposizioni che
rientrano  nel  contenuto  obbligatorio  degli   statuti   ai   sensi
dell'art.4 del d.lgs. n.153 vi e' la previsione:
       a)che  ciascun  organo  verifica  per  i  propri componenti la
     sussistenza dei requisiti, delle incompatibilita' o delle  cause
     di  sospensione  e  di decadenza ed assume entro trenta giorni i
     conseguenti provvedimenti;
       b)dell'obbligo  per  ciascun  componente  degli  organi  della
     fondazione  di  dare  immediata  comunicazione  delle  cause  di
     decadenza o sospensione e delle cause di incompatibilita' che li
     riguardano. Per i soggetti che svolgono funzioni di direzione si
     ritiene che l'organo destinatario delle segnalazioni, anche  con
     riferimento  ai  possibili  conflitti  di  interesse  di  cui al
     successivo punto 4.6, sia l'organo di amministrazione, al  quale
     pertanto va demandata l'adozione delle misure necessarie.
  Gli   statuti   potrebbero   eventualmente  prevedere  modalita'  e
procedure oggettive per  la  verifica  dei  requisiti  da  parte  dei
competenti organi.
  4.6. Conflitti di interesse
  I  componenti  gli  organi  della  fondazione e coloro che svolgono
funzioni di  direzione  operano,  secondo  i  principi  che  regolano
l'ordinamento di settore (art. 4 del d.lgs. n. 153, in particolare il
c.2), nell'esclusivo interesse della fondazione.
  Nel  caso  in  cui  uno  dei  soggetti di cui sopra si trovi in una
situazione di conflitto con l'interesse della fondazione, lo statuto,
in applicazione del principio di cui all'art.  4  del  d.lgs.  n.153,
deve  prevedere l'obbligo di darne immediata comunicazione all'organo
di appartenenza (ed eventualmente all'organo di  controllo),  nonche'
di  astenersi dal partecipare a deliberazioni in relazione alle quali
possa determinarsi il  predetto  conflitto.  Con  la  permanenza  del
conflitto  di interessi ricorrono poi i presupposti per applicare gli
istituti della sospensione e della decadenza.
  E' opportuno che lo statuto  preveda  le  misure  conseguenti  alla
violazione degli obblighi anzidetti.
  4.7 Compensi
  In materia di compensi ai componenti degli organi della fondazione,
va  tenuta  presente  la  disposizione  dell'art.  8, c.3, del d.lgs.
n.153, che stabilisce il  divieto  (da  ribadire  nello  statuto)  di
distribuire   o  assegnare  quote  di  utili,  di  patrimonio  ovvero
qualsiasi altra forma di utilita'  economiche  agli  associati,  agli
amministratori,  ai  fondatori  e  ai dipendenti, "con esclusione dei
compensi previsti dall'art. 4, c. 1, lett. b)" dei  decreto  medesimo
(cioe'  i  compensi  che l'organo di indirizzo puo' determinare per i
componenti  dell'organo  di  amministrazione  e  di  controllo  della
fondazione).
  In  relazione  alla  disposizione di cui sopra, per quanto riguarda
l'organo di indirizzo, possono ritenersi consentite (fermi i  divieti
stabiliti  nella norma stessa) forme di trattamento economico di tipo
non   "corrispettivo"    bensi'    indennitario,    collegate    alla
partecipazione  ai lavori dei rispettivi organi di appartenenza e che
privilegino  la  partecipazione  effettiva  (gettoni   di   presenza,
rimborso spese, e simili).
  L'effettiva  partecipazione puo' essere sollecitata anche con altri
strumenti  (come  la   previsione   di   forme   di   decadenza   per
ingiustificata mancata partecipazione a piu' sedute successive).
5. PATRIMONIO E DESTINAZIONE DEL REDDITO
  In  base  all'art.5,  c.1,  del  d.lgs.  n.153, il patrimonio della
fondazione e'  totalmente  vincolato  al  perseguimento  degli  scopi
statutari.  Inoltre,  nell'amministrare  il patrimonio, le fondazioni
debbono  osservare  criteri  prudenziali  di  rischio,  in  modo   da
conservarne  il  valore  ed  ottenerne  un'adeguata  redditivita'. La
stessa disposizione stabilisce (c.  2)  che  l'eventuale  affidamento
della gestione patrimoniale a soggetti esterni deve avvenire "in base
a   criteri  di  scelta  rispondenti  all'esclusivo  interesse  delle
fondazioni".
  Tali previsioni, che e' opportuno ribadire  per  completezza  negli
statuti, possono essere utilmente integrate con disposizioni. divieti
o  cautele,  individuati  dagli  statuti  medesimi,  che  ne  rendano
concretamente operativo il contenuto, con  particolare  riguardo,  ad
esempio,  alla  regolazione  di  possibili conflitti di interessi con
componenti degli organi della fondazione in  materia  di  affidamento
all'esterno  della gestione del patrimonio, ovvero agli affidamenti a
societa'   di   gestione   nell'ambito   della   societa'    bancaria
conferitaria,  nonche'  ad  altre  analoghe situazioni indicate negli
statuti.
  Il patrimonio e' incrementato dalla riserva obbligatoria stabilita'
dall'Autorita' di vigilanza ai sensi dell'art. 8, c.1, lett. c),  del
d.lgs.  n.153.  La costituzione di eventuali riserve o accantonamenti
facoltativi deve essere prevista dallo statuto, ai sensi della  lett.
e)  della  stessa  disposizione,  con  l'indicazione delle specifiche
finalita' e dei criteri di determinazione delle riserve stesse, sulla
base di principi di sana e  prudente  gestione  e  senza  pregiudizio
dell'effettiva tutela degli interessi contemplati negli statuti.
  Per quanto riguarda la destinazione del reddito della fondazione e'
sufficiente,   almeno  quale  prescrizione  minima,  che  lo  statuto
richiami la disposizione dell'art. 8 del d.lgs. n. 153, che  contiene
anche la definizione del concetto di reddito valida per l'ordinamento
di settore.
  Si  ritiene  di  dover  precisare  che  non  costituisce reddito il
corrispettivo dell'alienazione di cespiti patrimoniali,  fino  ad  un
ammontare pari al valore di bilancio dei cespite dimesso.
6. BILANCI
  In  materia  di  bilanci, va richiamata la disposizione dell'art 9,
c.5, del d.lgs. n. 153, che demanda  all'Autorita'  di  vigilanza  di
disciplinare  con  regolamento la redazione e le forme di pubblicita'
dei bilanci e della relativa relazione, in conformita' con la  natura
di organismi senza fine di lucro delle fondazioni. A tale regolamento
occorre pertanto che gli statuti facciano rinvio, ribadendo altresi',
per completezza, le prescrizioni degli altri commi del cit. 9.
  L'Autorita' di vigilanza, nel determinare le modalita' di redazione
dei bilanci, deve ispirarsi ai seguenti criteri direttivi:
  a)   rendere   trasparenti  i  profili  patrimoniali,  economici  e
finanziari dell'attivita' svolta dalla fondazione;
  b) fornire una corretta ed esauriente rappresentazione delle  forme
di  investimento  del  patrimonio,  al fine di consentire la verifica
dell'effettivo perseguimento degli obiettivi di conservazione del suo
valore e dei criteri seguiti per ottenerne un'adeguata redditivita'.
  Si ritiene che tali indicazioni, oltre  a  riguardare  direttamente
l'esercizio  del  potere  regolamentare  dell'Autorita' di vigilanza,
rappresentino   altrettanti   indirizzi   generali    che    ispirano
l'ordinamento  di  settore,  ai quali pertanto le, fondazioni debbono
conformarsi nelle  scelte  statutarie  in  materia  di  gestione  del
patrimonio,  di  bilanci,  di  contabilita' e di scritture contabili,
nonche'  nella  emanazione  di  regolamenti  interni  nelle  predette
materie  (a  tali  criteri  va  pertanto fatto rinvio per la parte di
dette materie che lo statuto  demandi  eventualmente  ai  regolamenti
stessi).
  Per  quanto  riguarda,  in particolare, la tenuta dei libri e delle
scritture contabili debbono osservarsi,  in  quanto  applicabili,  le
disposizioni  degli articoli da 2421 a 2435 del codice civile (art.9,
cit.,  c.2).  E'  necessario,  di  conseguenza,   che   gli   statuti
individuino,  sulla  scorta  delle richiamate disposizioni del codice
civile, i libri e le scritture  che  la  fondazione  e'  obbligata  a
tenere.  Si  ricorda  in  proposito  l'obbligo di tenere contabilita'
separate nel caso di istituzione  di  imprese  strumentali:  art.  9,
cit., c.3).
  6.1 Durata dell'esercizio e documento previsionale
  Per   consentire   la   progressiva   uniformita'  dell'ordinamento
contabile delle fondazioni ed assicurare  un  ordinato  e  tempestivo
passaggio  al  nuovo assetto, si ritiene necessario fornire in via di
anticipazione, ai fini dell'adeguamento degli  statuti,  le  seguenti
indicazioni   in   tema   di  bilanci,  che  saranno  successivamente
formalizzate nel previsto regolamento:
  a) coincidenza  dell'esercizio  finanziario  delle  fondazioni  con
l'anno  solare.  Le  fondazioni, per le quali e' attualmente prevista
una diversa durata o cadenza dell'esercizio finanziario,  determinano
in  via  transitoria  nello statuto le modalita' di allineamento alla
predetta durata, anticipando o estendendo l'esercizio in  corso,  non
oltre comunque il 31 dicembre 2000.
  b)  obbligo  per  le  fondazioni  di  provvedere,  entro il mese di
ottobre  di  ciascun  anno,  a  valere  per  l'esercizio  successivo,
all'adozione di "Documento programmatico previsionale" dell'attivita'
relativa  all'esercizio  successivo,  da  trasmettere  entro quindici
giorni all'Autorita' di vigilanza.
  Le disposizioni di cui ai precedenti punti a)  e  b)  sono  emanate
nell'esercizio dei poteri di cui all'art.28, c.5, del d.lgs. n.153, e
si applicano indipendentemente dalle relative modifiche statutarie.
7. DISCIPLINA STATUTARIA DELLE SITUAZIONI TRANSITORIE
  Gli  statuti  adottano  norme  transitorie idonee a disciplinare un
ordinato  passaggio  al  nuovo  ordinamento  delle  fondazioni  ed  a
favorire   l'applicazione  a  regime  delle  disposizioni  statutarie
emanate in attuazione dell'ordinamento stesso.  A  tal  fine  operano
secondo criteri di adeguatezza e di flessibilita', specie in presenza
di incompatibilita' non previste nel precedente assetto, nel rispetto
delle  specificita'  di ciascuna fondazione ed al fine di assicurarne
la  migliore  funzionalita'  nella  fase   transitoria.   Il   regime
transitorio  ha naturalmente un limite implicito nell'esigenza che il
primo bilancio approvato in costanza  del  nuovo  assetto  risultante
dall'adeguamento  degli  statuti  ai sensi dell'art. 28 del d.lgs. n.
153 sia deliberato dagli organi previsti dallo statuto stesso.
  In linea generale, si reputa che, considerato il radicale mutamento
di  natura  giuridica  e  di  finalita'  che  il  nuovo   ordinamento
attribuisce  alle  fondazioni,  nonche'  le  regole  indeclinabili in
materia di distinzione fra funzioni di indirizzo, di  amministrazione
e  di  controllo,  debba essere affermato un principio di cesura e di
"non continuita'" con  il  precedente  ordinamento,  per  cui  e'  da
ritenere  che gli esistenti organi, quanto meno quelli con competenze
miste (ad esempio di indirizzo e di amministrazione)  debbano  essere
dichiarati  decaduti  con  l'approvazione  del nuovo statuto, salvo a
rimanere in carica fino alla prima riunione dei nuovi organismi,  con
il  compito di provvedere agli adempimenti relativi alla costituzione
degli organismi stessi ed  agli  altri  adempimenti  obbligatori  per
legge  o  per  disposizione  dell'Autorita'  di vigilanza. Per quanto
riguarda la gestione, gli organi scaduti,  in  regime  statutario  di
prorogatio,    limitano    la    propria    attivita'   all'ordinaria
amministrazione, secondo il principio generale  vigente  in  materia.
Quanto   sopra  salvo  motivati  casi  eccezionali,  riconducibili  a
verificabili situazioni di pregiudizio per  la  funzionalita'  e  per
l'integrita'   del  patrimonio  della  fondazione.    L'Autorita'  di
vigilanza si  riserva  in  proposito  di  valutare  singolarmente  le
specifiche  situazione  che  verranno al suo esame nell'esercizio dei
poteri di approvazione previsto dal d. lgs. n. 153 (art. 10).
  E' appena il caso di sottolineare che  i  componenti  degli  organi
decaduti  possono  essere  nominati  nei nuovi organi istituiti dallo
statuto, con l'osservanza delle procedure ivi stabilite,  qualora  in
possesso  dei requisiti previsti. In tali ipotesi, non si ritiene che
la  durata  individuale  della  carica  possa  essere   limitata   in
connessione  con  l'incarico  gia'  rivestito,  atteso  il  ricordato
principio di non continuita' giuridica e ordinamentale su cui si basa
la decadenza dei precedenti organi.
  Il presente atto  di  indirizzo  sara'  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana.
  Roma, 5 agosto 1999
                                                   Il Ministro: AMATO