Atto di indirizzo a carattere generale in materia di adeguamento degli statuti delle fondazioni alle disposizioni della legge 23 dicembre 1998, n. 461, e del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.(GU n.186 del 10-8-1999)
IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA VISTA la legge di delega 23 dicembre 1998, n. 461 ; VISTO il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, relativo al riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 e alla disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, in attuazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461; VISTO in particolare, l'art. 28, c.1, del predetto decreto legislativo n. 153 del 1999, in base al quale "le fondazioni adeguano gli statuti alle disposizioni del presente decreto entro centottanta giorni dalla data della entrata in vigore del decreto stesso" e "il periodo di tempo intercorrente tra tale data e quella nella quale l'Autorita' di vigilanza provvede, in sede di prima applicazione del presente decreto, ad emanare gli atti necessari per l'adeguamento degli statuti ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera e), non e' considerato ai fini del calcolo del termine dei centottanta giorni"; VISTO il richiamato articolo 10, comma 1, lettera e), il quale attribuisce all'Autorita' di vigilanza, sentite le organizzazione rappresentative delle fondazioni, il potere di emanare atti di indirizzo a carattere generale nelle materie riguardanti, fra l'altro, l'adeguamento statutario di cui al predetto articolo 28; CONSIDERATO che il decreto legislativo 17 maggio 1999, n.153 e' entrato in vigore il 1 giugno 1999 e che il presente atto di indirizzo, ai sensi dell'articolo 28, comma 1, del predetto decreto legislativo n.153 del 1999, deve essere emanato nel termine di sessanta giorni da tale data, coincidente con il 15 agosto 1999, trascorso il quale le fondazioni possono comunque procedere all'adozione degli statuti. SENTITA, ai sensi del citato articolo 10, c.1, lettera e), l'Associazione fra le Casse di risparmio italiane, quale organizzazione rappresentativa delle fondazioni; EMANA il seguente atto di indirizzo * * * AVVERTENZE GENERALI Il presente atto di indirizzo contiene le indicazioni necessarie per l'adeguamento degli statuti delle fondazioni alle disposizioni della legge 23 dicembre 1998 (di seguito: legge di delega) e del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (di seguito: d.lgs. n.153), da intendersi quale esplicitazione di massima dei criteri generali ai quali l'autorita' di vigilanza si atterra' nel l'approvazione degli statuti medesimi. Il termine per l'adeguamento degli statuti (art. 28, c.1, del d.lgs. n. 153), e' di 180 giorni dalla data di emanazione del presente atto. Le fondazioni trasmettono gli statuti all'Autorita' di vigilanza entro 10 giorni dalla loro adozione, ai fini dell'approvazione prevista dall'art. 10, c. 3, lettera c), del d.lgs. n. 153. Gli statuti si adeguano in ogni caso alle disposizioni della legge di delega e del d.lgs. n. 153, a prescindere dall'espresso richiamo o dalla ripetizione del loro contenuto nel presente atto. Le espressioni e i termini adoperati hanno il significato indicato nelle "Definizioni" di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 153, con la seguente integrazione: a) "ordinamento di settore": l'insieme delle disposizioni contenute nella legge di delega 23 dicembre 1998, n. 461 e nel decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. Le abbreviazioni "art.", "lett.", "c." e "cit." stanno, rispettivamente, per "articolo" "lettera" , "comma" e "citato". * * * 1. NATURA E SCOPI DELLE FONDAZIONI L'art. 2 del d.lgs. n. 153 prevede che le fondazioni sono persone giuridiche private senza fine di lucro e possono perseguire esclusivamente scopi di utilita' sociale e di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto nei rispettivi statuti. E' necessario pertanto che lo statuto individui i settori ai quali ciascuna fondazione indirizza la propria attivita'. Fra questi deve essere incluso almeno uno dei settori rilevanti (ricerca scientifica, istruzione, arte, conservazione e valorizzazione dei beni e delle attivita' culturali e dei beni ambientali, sanita' e assistenza alle categorie sociali deboli). L'ordinamento di settore fissa, al riguardo, il contenuto minimale dell'obbligo (almeno uno dei settori rilevanti) e non esclude, pertanto, che lo statuto possa prevedere che l'attivita' della fondazione si estenda a piu' settori fra quelli indicati o, in ipotesi, alla totalita' dei settori stessi. Tuttavia, se tale possibilita' puo' ritenersi formalmente consentita, e' da osservare che, in concreto, la scelta dei settori di intervento deve ragionevolmente rispondere ad un criterio di adeguatezza, nel senso che essa non puo' prescindere da una valutazione di "fattibilita" che assicuri la migliore utilizzazione delle risorse e l'efficacia degli interventi (art. 3, c, 4, del d.lgs. n. 153). E' evidente, infatti, che una eccessiva dispersione delle risorse in un gran numero di iniziative difficilmente potrebbe ritenersi conforme ai criteri anzidetti. Il che, naturalmente involge anche la considerazione delle dimensioni patrimoniali, finanziarie e territoriali della fondazione interessata. Altri elementi che possono venire in evidenza sono le previsioni contenute nelle attuali norme statutarie e la tradizione che caratterizza la presenza di ciascuna fondazione nella comunita' in cui opera, ferma restando la piena autonomia delle fondazioni nel modificare gli statuti anche direzione diverse ed innovative, in relazioni ai nuovi bisogni della societa'. Al di fuori dei settori rilevanti, l'individuazione degli altri eventuali ambiti di attivita' della fondazione puo' essere effettuata dallo statuto con riferimento a grandi aree o settori omogenei di intervento, rapportabili a concreti obiettivi di utilita' sociale o di promozione dello sviluppo economico. Nell'ambito degli scopi delle fondazioni gli statuti sono tenuti ad "assicurare" il rispetto delle disposizioni di cui all'art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (art. 3, c. 3 del d.lgs. n.153), cioe' il sostegno delle organizzazioni di volontariato, nei termini previsti dalla disposizione predetta. 2. MODALITA' DI PERSEGUIMENTO DEGLI SCOPI STATUTARI Premesso che le fondazioni possono operare con tutte le modalita' consentite dalla loro natura di persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale, e' da osservare che la scelta delle predette modalita' non e' necessariamente rimessa alla sede statutaria, apparendo legittimo che gli statuti si limitino a prevedere il procedimento per l'emanazione di regolamenti interni, con cui disciplinare, accanto ad altri profili (es. gestione del patrimonio, organizzazione interna) anche le modalita' di perseguimento degli scopi statutari. In relazione a tali regolamenti e' necessario inserire negli statuti le indicazioni volte a vincolarne il contenuto al puntuale rispetto di quanto previsto dall'art. 3, c. 4, del d.lgs. n. 153 (disciplina delle modalita' di individuazione e di selezione dei progetti e delle iniziative da finanziare, allo scopo di assicurare la trasparenza dell'attivita', la motivazione delle scelte e la piu' ampia possibilita' di tutela degli interessi contemplati negli statuti, nonche' la migliore utilizzazione delle risorse e l'efficacia degli interventi). Nei settori rilevanti individuati dallo statuto le fondazioni possono esercitare anche attivita' di impresa (impresa strumentale), purche' la stessa operi in via esclusiva per la diretta realizzazione degli scopi perseguiti dalla fondazione nei settori medesimi. In tale tipo di imprese, qualora non esercitate direttamente, la fondazione puo' detenere partecipazioni di controllo. L'istituzione di imprese strumentali va inserita dallo statuto fra le competenze dell'organo di indirizzo della fondazione. In materia di imprese strumentali e' opportuno che lo statuto richiami, in caso di istituzione, l'osservanza delle prescrizioni di cui all'art. 9, c. 3, del d.lgs. n. 153, aggiungendo eventualmente le altre disposizioni ritenute opportune o necessarie. Nell'esercizio dell'autonomia statutaria lo statuto potrebbe, in via di ipotesi, optare anche per il divieto di istituire imprese strumentali. Il che, peraltro, sembra poco opportuno, perche' cristallizzerebbe nello statuto una scelta che potrebbe nel tempo essere riconsiderata in base alle concrete esigenze operative della fondazione. Oltre che nei settori rilevanti le fondazioni possono operare in altri settori di utilita' sociale, a condizione che si tratti di attivita' non lucrativa e che l'attivita' stessa non sia svolta in forma di impresa. A tal fine lo statuto puo' individuare, come gia' accennato, grandi aree o settori omogenei di intervento, rapportabili a concreti obiettivi di utilita' sociale o di promozione dello sviluppo economico. Lo statuto, nella sua autonomia, puo' anche stabilire, o al limite vietare, per determinati settori, particolari forme e modalita' di intervento. E' opportuno, per completezza, che gli statuti ribadiscano il divieto per le fondazioni di esercitare funzioni creditizie e di attuare le forme di intervento previste nell'art. 3, c. 2, dei d.lgs. n.153, con le eccezioni ivi indicate. In materia di modalita' di perseguimento degli scopi statutari si segnala l'opportunita' che l'attivita istituzionale delle fondazioni sia ispirata ad un criterio di programmazione pluriennale, sulla base di un documento deliberato dall'organo di indirizzo e riferito ad un congruo periodo di tempo, nel quale siano individuate, in rapporto alla gestione e utilizzazione del patrimonio, le strategie generali, gli obiettivi da perseguire nel periodo considerato e le linee, i programmi, le priorita' e gli strumenti di intervento. La programmazione pluriennale dell'attivita', alla quale gli statuti possono fare riferimento anche in termini generali (demandando ai regolamenti interni la disciplina di dettaglio) e' funzionale all'esigenza di assicurare la migliore utilizzazione delle risorse e l'efficacia degli interventi (art. 3, c. 4, del d.lgs. n. 153), il rispetto del principio di economicita' della gestione (art. 3, c. 1, del d.lgs. n.153) e l'osservanza di criteri prudenziali di rischio preordinati a conservare il valore del patrimonio e ad ottenerne una redditivita' adeguata (art. 5, c. 1, del d.lgs. n.153). 3. AMBITO DI OPERATIVITA' DELLE FONDAZIONI L'ordinamento di settore prevede che lo statuto possa indirizzare l'attivita' della fondazione a specifici ambiti territoriali. Cio' puo' essere realizzato, secondo la scelta statutaria, sia attraverso la delimitazione in via esclusiva dell'operativita' della fondazione ad un determinato territorio, sia mediante l'individuazione del territorio come riferimento prevalente dell'attivita' della fondazione, senza che cio' escluda la possibilita' di operare al di fuori di tale ambito. In entrambi i casi, si ritiene che la delimitazione possa essere agevolmente individuata, in linea di massima, con riferimento al territorio al quale si estendono le competenze di determinati enti locali (regioni, comuni, province, comunita' montane, ecc.); tuttavia, non e' da escludere che, in base a particolari tradizioni locali ovvero a motivate scelte statutarie, da ritenersi del tutto legittime, l'ambito territoriale al quale lo statuto intende indirizzare l'attivita' della fondazione sia determinato in base ad altri criteri, aventi comunque il requisito della certezza applicativa. Lo statuto puo' anche non disporre alcun tipo di delimitazione (la limitazione dell'attivita' della fondazione ad uno specifico ambito territoriale e' una facolta' accordata dall'ordinamento di settore). In tale ipotesi l'operativita' della fondazione si intende di regola estesa all'ambito nazionale, salva diversa indicazione dello statuto (a titolo di esempio, si potrebbe immaginare la possibilita' di iniziative per gli italiani all'estero, ovvero interventi atti a favorire la conoscenza reciproca della cultura e dell'arte di regioni transfrontaliere). In ogni caso, l'operativita' anche all'estero della fondazione deve trovare riscontro in una disposizione statutaria. 4. ORGANI DELLA FONDAZIONE L'ordinamento di settore fa obbligo alle fondazioni di prevedere nello statuto distinti organi per l'esercizio delle funzioni di indirizzo, di amministrazione e di controllo. Tale tipo di organizzazione, delineata dall'art. 4, c. 1, lett. a), del d.lgs. n.153, costituisce non solo il modulo organizzativo minimo inderogabile che ogni fondazione deve prevedere nel proprio statuto, ma anche il criterio direttivo al quale deve ispirarsi l'eventuale ulteriore articolazione organizzativa delle fondazioni (ad esempio: comitati scientifici, nuclei tecnici di valutazione), nel senso che i compiti dei vari organi devono essere distribuiti nell'ambito di una corretta e nitida distinzione tra funzioni e poteri di indirizzo, di amministrazione e di controllo. Gli statuti, inoltre, devono assicurare il rispetto della disposizione di cui all'art. 5, e. 2, del d.lgs. n. 153, secondo cui, qualora la gestione del patrimonio non sia affidata a intermediari esterni, essa deve essere svolta da strutture interne diverse e separate, sul piano organizzativo, da quelle che svolgono le altre attivita' della fondazione. 4. 1 Fondazioni di origine associativa La disposizione dell'art. 1, c. 1, lett. a) dei d.lgs. n. 153, che fa obbligo alle fondazioni di prevedere nello statuto distinti organi per l'esercizio delle funzioni di indirizzo, di amministrazione e di controllo, ha valenza generale e si applica anche alle fondazioni di origine associativa, come espressamente stabilito dall'art. 4, c. 1, lett. d), del d.lgs. n. 153. In particolare, anche presso tali fondazioni e' fatto obbligo di costituire l'organo di indirizzo, con i compiti previsti dall'art.4, c. 1, lett. b), del citato d.lgs. n. 153. Per le fondazioni di cui sopra, gli statuti possono prevedere l'abolizione o il mantenimento dell'assemblea dei soci, disciplinandone la composizione e le modalita' di designazione e di nomina, anche in maniera diversa da quella attuale. In aderenza allo sfavore manifestato dall'ordinamento di settore verso il sistema delle cooptazioni negli organi collegiali delle fondazioni, specie se a tempo indeterminato, si rappresenta l'esigenza che gli statuti limitino nelle assemblee dei soci la quota dei componenti nominati per cooptazione e, comunque, eliminino eventuali forme di cooptazione "a vita" tuttora esistenti, prevedendo disposizioni transitorie per gli attuali componenti. Circa le funzioni che possono essere riconosciute nel nuovo assetto alle assemblee dei soci (qualora mantenute in vita dai nuovi statuti) e' da ribadire che esse non possono svolgere in alcun modo compiti di organo di indirizzo. L'unica disposizione espressa, in materia, e' quella dell'art. 4, c. 1, lett. d), del d.lgs. n. 153, in base alla quale lo statuto puo' attribuire alle assemblee il potere di designare una quota "non maggioritaria" dei componenti dell'organo di indirizzo. Ulteriori compiti possono essere previsti dallo statuto, purche' non si sovrappongano ne' interferiscano operativamente con quelli degli altri organi. In particolare, per le assemblee appare opportuno delineare un nuovo specifico ruolo, che consenta di dare voce e continuita' alla rappresentanza degli interessi storici originari della fondazione, nel contesto delle funzioni previste dal nuovo ordinamento (in tale prospettiva si segnalano, come possibili compiti delle assemblee dei soci, quelli propri dei collegi, dei probiviri, ovvero di garanzia dell'osservanza del codice etico della fondazione, di istanza di tutela dei soggetti destinatari degli interventi, ecc.). L'art. 4, sopra richiamato, stabilisce che i soggetti nominati nell'organo di indirizzo per designazione dell'assemblea dei soci, unitamente a quelli eventualmente nominati per cooptazione ai sensi dello stesso art. 4, c. 5, del d.lgs. n. 153, non possono superare la meta' del totale dei componenti l'organo di indirizzo. Qualora lo statuto intendesse, appunto, riservare all'organo di indirizzo la predetta facolta' di nomina per cooptazione di una quota dei propri componenti, potrebbe rivelarsi utile, in via transitoria, per consentire sin dall'inizio l'integrale costituzione dell'organo, attribuire all'assemblea dei soci, in prima applicazione, la facolta' di designare anche la quota attribuita a regime all'organo di indirizzo. Al fine di assicurare, anche dal punto di vista dell'assetto preventivo dei rapporti tra organi della fondazione, formali condizioni di indipendenza nello svolgimento dei rispettivi compiti e di assoluta trasparenza delle decisioni (a prescindere dalle situazioni concrete che potrebbero eventualmente dar luogo a conflitti di interesse), si ritiene necessario affermare un principio di incompatibilita' fra la qualita' di componente dell'assemblea dei soci e quella di componente dell'organo di indirizzo, di amministrazione e di controllo della fondazione, nonche' con la carica di direttore generale della fondazione. Pertanto, nei casi in cui lo statuto attribuisca alle assemblee dei soci il potere di designare una quota dei componenti dell'organo di indirizzo e l'assemblea designi a tale scopo propri membri, questi ultimi decadono dall'assemblea con l'accettazione della nomina presso l'organo di indirizzo. Lo stesso e' a dirsi qualora un componente dell'assemblea dei soci sia nominato, dai competenti organi previsti dallo statuto, nell'organo di amministrazione o di controllo della fondazione. 4.2 Organo di indirizzo 4.2.1. L'organo di indirizzo ha i compiti previsti dell'art. 4, c, l, lett. b), d. lgs. n.153. Altri eventuali compiti che lo statuto intendesse assegnare a tale organo devono mantenersi nell'ambito di una corretta distinzione tra funzioni di indirizzo, amministrazione e controllo, evitando ogni commistione o sovrapposizione di ruoli, che sarebbe in contrasto con quanto disposto dall'ordinamento di settore. 4.2.2. Il numero dei componenti dell'organo di indirizzo e' rimesso dall'ordinamento di settore alla libera scelta statutaria, sulla base del criterio direttivo secondo cui esso deve essere fissato in modo da assicurare l'efficace esercizio dei relativi compiti. Non si ritiene in questa sede di fornire indicazioni numeriche di soglie minime e massime, sembrando che il problema debba essere valutato in concreto, tenuto conto delle dimensioni patrimoniali della singola fondazione e del suo ambito di operativita', riferita sia al territorio sia ai settori di intervento. In sostanza, si ribadisce la necessita' di seguire in materia un criterio di adeguatezza, al fine di evitare che una composizione eccessivamente ridotta o, al contrario, inutilmente pletorica, possa pregiudicare l'efficace esercizio dell'azione di indirizzo, dell'attivita' deliberativa rimessa allo stesso organo e dell'azione di controllo sull'attivita' degli amministratori. 4.2.3. Per la composizione dell'organo di indirizzo l'ordinamento settoriale fornisce indicazioni di massima sufficientemente articolate, lasciando alla libera scelta statutaria la determinazione concreta delle modalita' di designazione dei componenti e di determinazione dei soggetti chiamati a partecipare alla formazione dell'organo. In linea generale gli statuti possono procedere all'individuazione delle istituzioni, degli enti locali territoriali e degli altri enti, organismi e associazioni chiamati a designare, anche con criteri di rotazione, i componenti dell'organo di indirizzo, avuto riguardo alle zone ove le singole fondazioni svolgono una parte significativa della loro attivita'. Occorre sottolineare che tutte le designazioni debbono essere fatte nell'interesse della fondazione. La designazione va intesa non come una forma di rappresentanza in seno alla fondazione degli interessi propri dell'ente o dell'associazione designante bensi' quale strumento rivolto a realizzare la confluenza in un unico organismo di esperienze, capacita' e professionalita' diverse, con il fine di concorrere alla migliore realizzazione degli scopi affidati alla fondazione. Cio' si desume, oltre che dalla "ratio" del sistema previsto dall'ordinamento di settore, dalla disposizione espressa dell'art.4, c.2, del d.lgs. n.153, in base alla quale i componenti dell'organo di indirizzo non rappresentano i soggetti esterni che li hanno nominati (cioe' designati ai fini della nomina), ne' ad essi rispondono. Le considerazione che precedono hanno importanti implicazioni sulla configurazione dei potere di designazione, in particolare sul grado di vincolativita' che le designazioni vengono ad assumere nei confronti dell'organo della fondazione al quale e' attribuito il potere di nomina. Secondo una corretta impostazione logico-giuridica e' da ritenere che il potere di designazione abbia carattere vincolante (e possa tradursi addirittura in un potere diretto di nomina) nei casi in cui la persona designata e' chiamata a "rappresentare" l'ente designante in un collegio di composizione di interessi. Nelle predette ipotesi, infatti, e' evidente che la scelta del soggetto e la valutazione circa la sua idoneita' a rappresentare i propri interessi nell'ente designato non puo' che appartenere al soggetto designante. Nell'ordinamento delle fondazioni, invece, si verifica una situazione diversa, nel senso che gli enti designatori concorrono alla formazione dell'organo di indirizzo presso l'ente designato, ma le persone interessate non "rappresentano" i soggetti esterni che le hanno prescelte ne' ad essi rispondono. Ne deriva che il grado di vincolativita' della designazione non puo' che essere inteso in senso relativo. Appare pertanto ammissibile la predeterminazione nello statuto (ovvero il rinvio ai regolamenti interni sulla base dei criteri indicati nello statuto) di requisiti anche specifici di professionalita' per i soggetti designati (art.2, c. 1, lett. g) della legge di delega), nonche' la possibilita' di richiedere rose di candidati. In particolare, e' possibile che lo statuto stabilisca che ogni componente, da qualsiasi ente designato, debba essere in possesso non solo dei requisiti di onorabilita' stabiliti dallo statuto stesso, ma anche di titoli culturali e professionali e di competenza ed esperienza, anche specifiche, adeguati ai compiti da svolgere, in base alle esigenze operative della fondazione. Tali requisiti debbono essere ovviamente fissati in termini generali ed oggettivi, in modo da evitare un'indiscriminata discrezionalita' della fondazione, tale da indurre ad una non ragionevole ed indebita restrizione del potere di designazione. Quanto sopra si desume chiaramente dalla disposizione dell'art.4, c. 1, lett. c) del d.lgs. n. 153, il quale, nell'individuare le due principali categorie di soggetti chiamate a comporre l'organo di indirizzo (rappresentanza del territorio, con particolare riguardo agli enti locali, e personalita' scelte al di fuori di tale ambito), richiede che la rappresentanza dei territorio sia "adeguata e qualificata" e che gli altri componenti dell'organo, scelti al di fuori di tale categoria, debbono essere "personalita' che per professionalita', competenza ed esperienza, in particolare nei settori cui e' rivolta l'attivita' della fondazione, possano efficacemente contribuire al perseguimento dei fini istituzionali della fondazione". Orbene, nel comporre l'organo di indirizzo, il principio fondamentale fissato dall'ordinamento di settore, oltre ai due predetti criteri attinenti ai soggetti (rappresentanza del territorio e personalita'), e', quello, di carattere oggettivo, dell'equilibrio fra le diverse componenti, dovendo lo statuto prevedere modalita' di nomina e di designazione "dirette a consentire un'equilibrata, e comunque non maggioritaria, rappresentanza di ciascuno dei soggetti che partecipano alla formazione dell'organo" (art. 4, c. 1, lett. c), del d.lgs. n.153). Occorre pertanto prevedere nello statuto un bilanciamento generale fra le anzidette categorie generali e, all'interno di esse, un'equilibrata distribuzione del potere di designazione fra i diversi soggetti, intendendo per soggetti anche singole tipologie (istituzionali od associative, e simili). Al fine di consentire la piu' ampia partecipazione, potranno eventualmente essere previsti, fra piu' soggetti compresi nella stessa tipologia (esempio piu' enti locali), opportune forme di turnazione nella designazione dei componenti dell'organo di indirizzo. L'insieme delle disposizioni di cui sopra tende sostanzialmente ad evitare che un potere di designazione a carattere maggioritario di un gruppo di soggetti possa determinate il collegamento permanente della fondazione con interessi definiti o con strutture istituzionali, in violazione dell'autonomia che l'ordinamento di settore riconosce alle fondazioni, tenuto conto che il perseguimento da parte delle fondazioni di scopi di utilita' sociale e di promozione dello sviluppo economico non puo' ritenersi sostitutivo ma deve essere attuato "fermi restando compiti e funzioni attribuiti dalla legge ad altre istituzioni" (art. 2, c.1, lett. a) della legge di delega). Si rammenta per completezza, che alle associazioni rappresentative o di categoria delle fondazioni non possono essere attribuiti sotto qualsiasi forma poteri di designazione degli organi della fondazione (art. 4, c. 5, del d.lgs. n. 153). Per quanto riguarda le assemblee dei soci (ove mantenute dagli statuti), e' da ritenere che le stesse non possano essere considerate, ai fini dell'eventuale attribuzione di un potere di designazione, come un unico soggetto, sia in considerazione del fatto che la loro composizione risulta essa stessa da un processo di designazione frazionato, sia tenuto conto di quanto disposto dall'art. 4, c. 1, lett. d) del d.lgs. n. 153, il quale pone come limite alla designazione la meta' del totale dei componenti l'organo di indirizzo, unitamente agli eventuali soggetti nominati per cooptazione ai sensi dello stesso art. 4, c. 5. E' opportuno che gli statuti prevedano strumenti idonei ad ovviare ai casi in cui gli enti e gli organismi interessati non procedano alle designazioni di propria competenza. E' da ricordare, come specificato in precedenza, che in caso di delimitazione dell'attivita' della fondazione in modo esclusivo ad un determinato territorio, ricorre l'applicazione di quanto previsto dall'art. 4, c. 1, lett. f), del d.lgs. n. 153 in merito alla necessaria presenza negli organi collegiali della fondazione (nella specie in quello di indirizzo) di una rappresentanza non inferiore al cinquanta per cento di persone residenti da almeno tre anni nei territori stessi. Tale criterio e' da considerarsi aggiuntivo rispetto ai criteri gia' illustrati. 4.2.4. Lo statuto, con riferimento alla durata in carica dei componenti l'organo di indirizzo, e' tenuto al rispetto della disposizione in base alla quale essi sono nominati per un periodo di tempo delimitato e possono essere confermati per una sola volta (art. 4, c. 1, lett. i), del d.lgs. n. 153). La determinazione della durata della carica e' rimessa alla libera scelta statutaria, che ovviamente deve rispondere a criteri di ragionevolezza delle motivazioni e di prudente e buona scelta organizzativa, nel senso di prevedere una durata, opportunamente diversificata rispetto a quella degli organi di amministrazione e di controllo, capace di contemperare l'esigenza di una sufficiente stabilita' degli indirizzi nei periodi ai quali si riferiscono i programmi di attivita' della fondazione nei settori istituzionali con quella, egualmente essenziale, del rinnovo periodico delle esperienze e degli apporti personali dei componenti. 4.3. Organo di amministrazione 4.3.1. L'organo di amministrazione svolge i compiti di cui all'articolo 4, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 153. Anche per l'organo di amministrazione e' da ribadire che gli eventuali altri compiti che lo statuto intendesse assegnare devono mantenersi nell'ambito di una corretta distinzione tra funzioni di indirizzo, amministrazione e controllo. 4.3.2. La composizione dell'organo di amministrazione e' rimessa alla libera scelta statutaria, che ovviamente deve basarsi su criteri di ragionevole adeguatezza alle concrete necessita' operative della fondazione, tenendo conto di parametri ispirati a criteri di efficiente organizzazione e di ottimale utilizzazione delle risorse. 4.3.3. E' necessario che i componenti dell'organo siano in possesso, oltre che dei requisiti generali di onorabilita' stabiliti dallo statuto per tutti i componenti degli organi della fondazione, di specifici requisiti di professionalita', adeguati ai compiti da svolgere. Tali requisiti possono essere opportunamente individuati dagli statuti in termini generali, rimettendone la concreta valutazione all'organo competente alla nomina (organo di indirizzo). Si ritiene opportuno che lo statuto preveda una procedura di tipo selettivo-comparativo per l'individuazione dei soggetti idonei a svolgere i compiti di amministratore della fondazione. 4.4 Organo di controllo I compiti dell'organo di controllo sono desumibili dalle corrispondenti disposizioni del codice civile. L'ordinamento di settore stabilisce che l'organo di controllo della fondazione deve essere composto da persone che hanno i requisiti professionali per l'esercizio del controllo legale dei conti. E' opportuno che lo statuto riporti, per completezza, la suddetta prescrizione minima. Qualora si intendano richiedere requisiti aggiuntivi, questi devono essere previsti nello statuto. 4.5 Requisiti di onorabilita' e di professionalita', cause di incompatibilita', di decadenza e di sospensione Gli statuti, a norma dell'art. 4, c. 1, lett. g), del d.lgs. n.153, debbono fissare requisiti di professionalita' e di onorabilita' per i componenti degli organi della fondazione, nonche' individuare ipotesi di incompatibilita', di decadenza e di sospensione per i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione direzione e controllo presso le fondazioni. Su tali materie la predetta disposizione demanda in modo specifico all'Autorita' di vigilanza l'emanazione di indirizzi generali. 4.5.1. In materia di requisiti di onorabilita' si ritiene che la specificita' delle funzioni delle fondazioni non consenta di fare puro e semplice rinvio alle disposizioni gia' in vigore per il settore bancario, fermo restando che le disposizioni stesse possono costituire un utile parametro di riferimento per costruire una figura di onorabilita' da inserire negli statuti, aderente alle esigenze particolari delle fondazioni, eventualmente anche mediante la previsione di requisiti di ordine etico confacenti allo svolgimento delle specifiche funzioni e alla tutela dell'immagine della fondazione. Altri utili riferimenti possono rinvenirsi nel testo unico della finanza approvato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (art. 13 ) e nelle relative disposizioni di attuazione (D.M. 11 novembre 1998, n. 468 (in G.U. 11 gennaio 1999, n. 7), nonche' nella legislazione sulle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (ONLUS). Le stesse indicazioni possono valere per i requisiti di professionalita'. La determinazione dei predetti requisiti puo' essere anche articolata in modo diverso per i vari organi di indirizzo, amministrazione e controllo, tenuto conto della diversita' dei compiti affidati a ciascuno di essi. 4.5.2. Circa le incompatibilita' appare opportuno, in linea di massima, che esse siano fissate reciprocamente fra i componenti dei tre organi di base delle fondazioni (indirizzo, amministrazione e controllo), e fra questi e l'organo di direzione. Cio' per assicurare l'indipendenza nello svolgimento dei rispettivi compiti e la trasparenza delle decisioni. Nel punto 3. 1. si e' gia' individuata analoga incompatibilita' riferita ai componenti delle eventuali assemblee dei soci presso le fondazioni di origine associativa, ove mantenute dagli statuti. Sembra necessario tuttavia, al fine di assicurare l'unitarieta' operativa della fondazione e l'univoca rappresentanza dell'ente all'esterno che le funzioni di presidente dell'organo di indirizzo e di presidente dell'organo di amministrazione siano riunite nella stessa persona, con l'avvertenza che, per evitare situazioni di interferenza dovute alla predetta concentrazione in un unico soggetto delle due funzioni, appare necessario che le funzioni di presidente dell'organo di indirizzo siano limitate a quelle di "ordine" strettamente necessarie al regolare svolgimento delle riunioni (ordine del giorno, convocazione, direzione della discussione, ecc.). Naturalmente, la convocazione dell'organo di indirizzo, com'e' nella prassi di tali organismi, va prevista, oltre che su iniziativa del presidente, anche su richiesta di un determinato numero di componenti ovvero del collegio sindacale. Il criterio dell'incompatibilita' reciproca, nei sensi su indicati, non impedisce, ma anzi rende opportuno, che gli statuti prevedano che i componenti dell'organo di amministrazione possano essere invitati (ovvero assistano in via permanente o con altra formula liberamente individuata dallo statuto) alle riunioni dell'organo di indirizzo, senza diritto di voto, al fine di poter contribuire alla discussione e fornire il supporto della loro specifica conoscenza dei problemi della fondazione, soprattutto in sede di definizione dei programmi di attivita'. Accanto alle predette incompatibilita' per cosi' dire "interne" gli statuti debbono individuare situazioni di incompatibilita' rivolte all'esterno, riferite anche alla carica di direttore generale della societa' bancaria conferitaria, nel significato attribuito a tale locuzione dall'art. 1 del d. d.lgs. n. 153. Tali situazioni possono essere individuate dagli statuti con riferimento ad incarichi esterni il cui svolgimento sia ritenuto non compatibile, in base ad una verificabile motivazione, con la qualita' di componente degli organi della fondazione, ovvero con riferimento alla titolarita' di cariche pubbliche, non necessariamente elettive, per le quali sia ritenuta analoga incompatibilita'. Si ricorda che, in base alla prescrizione dell'art. 4, c.3, del d.lgs. n.153, i membri dell'organo di amministrazione non possono assumere le funzioni di consigliere di amministrazione nella societa' bancaria conferitaria (nel significato che tale locuzione assume nell'art.1 del d. d.lgs. n.153). Le predette incompatibilita' debbono essere individuate in modo che siano funzionali al preciso scopo di assicurare, anche dal punto di vista dell'assetto preventivo dei rapporti tra partecipazione agli organi della fondazione e svolgimento di incarichi esterni o titolarita' di cariche pubbliche, condizioni formali e sostanziali di indipendenza nello svolgimento dei compiti dei vari organi e di assoluta trasparenza delle decisioni, nonche' di evitare, in senso oggettivo e soggettivo, situazioni anche in astratto riconducibili alla figura del conflitto di interessi. In tale contesto, appare del tutto plausibile, ed anzi necessario, che gli statuti introducano specifiche ipotesi di incompatibilita' per i dipendenti e amministratori degli enti e degli organismi al quali spettano, in base alle disposizioni statutarie, poteri di designazione dei componenti gli organi della fondazione, da estendere a tutti i soggetti legati ai predetti enti ed organismi da rapporti di collaborazione anche a tempo determinato. Sembra altresi' necessario che lo stesso soggetto non possa ricoprire cariche in piu' fondazioni, per cui una specifica incompatibilita' dovrebbe riguardare coloro che ricoprono funzioni di indirizzo, amministrazione o controllo in altre fondazioni. La predetta situazione di incompatibilita' trova motivazione nell'esigenza di evitare eventuali interferenze (o potenziali conflitti di interessi) nelle determinazioni relative alla gestione del patrimonio delle fondazioni partecipate. E' da ritenere invece consentito che lo stesso ente, qualora investito di poteri di designazione in piu' fondazioni in base ai rispettivi statuti, possa legittimamente procedere alle designazioni stesse, a condizione, appunto, che non sia designata la stessa persona. Qualora la fondazione abbia rapporti organici e permanenti con organizzazioni dei soggetti destinatari degli interventi e' opportuno che gli amministratori delle organizzazioni stesse siano ritenuti in posizione di incompatibilita' con la qualita' di componente degli organi della fondazione. In tema di decadenze, il principio generale e' che il difetto, anche sopravvenuto, dei requisiti per la nomina e la mancata rimozione delle situazioni di incompatibilita' determinano la decadenza dalla carica. A tali situazioni di solito si accompagnano previsioni relative alla mancata partecipazione alle riunioni del rispettivo organo per un certo numero di sedute consecutive, senza giustificato motivo, ovvero l'omessa comunicazione di un conflitto di interessi o di una causa di incompatibilita' o di sospensione. Occorre ricordare, in proposito, che fra le disposizioni che rientrano nel contenuto obbligatorio degli statuti ai sensi dell'art.4 del d.lgs. n.153 vi e' la previsione: a)che ciascun organo verifica per i propri componenti la sussistenza dei requisiti, delle incompatibilita' o delle cause di sospensione e di decadenza ed assume entro trenta giorni i conseguenti provvedimenti; b)dell'obbligo per ciascun componente degli organi della fondazione di dare immediata comunicazione delle cause di decadenza o sospensione e delle cause di incompatibilita' che li riguardano. Per i soggetti che svolgono funzioni di direzione si ritiene che l'organo destinatario delle segnalazioni, anche con riferimento ai possibili conflitti di interesse di cui al successivo punto 4.6, sia l'organo di amministrazione, al quale pertanto va demandata l'adozione delle misure necessarie. Gli statuti potrebbero eventualmente prevedere modalita' e procedure oggettive per la verifica dei requisiti da parte dei competenti organi. 4.6. Conflitti di interesse I componenti gli organi della fondazione e coloro che svolgono funzioni di direzione operano, secondo i principi che regolano l'ordinamento di settore (art. 4 del d.lgs. n. 153, in particolare il c.2), nell'esclusivo interesse della fondazione. Nel caso in cui uno dei soggetti di cui sopra si trovi in una situazione di conflitto con l'interesse della fondazione, lo statuto, in applicazione del principio di cui all'art. 4 del d.lgs. n.153, deve prevedere l'obbligo di darne immediata comunicazione all'organo di appartenenza (ed eventualmente all'organo di controllo), nonche' di astenersi dal partecipare a deliberazioni in relazione alle quali possa determinarsi il predetto conflitto. Con la permanenza del conflitto di interessi ricorrono poi i presupposti per applicare gli istituti della sospensione e della decadenza. E' opportuno che lo statuto preveda le misure conseguenti alla violazione degli obblighi anzidetti. 4.7 Compensi In materia di compensi ai componenti degli organi della fondazione, va tenuta presente la disposizione dell'art. 8, c.3, del d.lgs. n.153, che stabilisce il divieto (da ribadire nello statuto) di distribuire o assegnare quote di utili, di patrimonio ovvero qualsiasi altra forma di utilita' economiche agli associati, agli amministratori, ai fondatori e ai dipendenti, "con esclusione dei compensi previsti dall'art. 4, c. 1, lett. b)" dei decreto medesimo (cioe' i compensi che l'organo di indirizzo puo' determinare per i componenti dell'organo di amministrazione e di controllo della fondazione). In relazione alla disposizione di cui sopra, per quanto riguarda l'organo di indirizzo, possono ritenersi consentite (fermi i divieti stabiliti nella norma stessa) forme di trattamento economico di tipo non "corrispettivo" bensi' indennitario, collegate alla partecipazione ai lavori dei rispettivi organi di appartenenza e che privilegino la partecipazione effettiva (gettoni di presenza, rimborso spese, e simili). L'effettiva partecipazione puo' essere sollecitata anche con altri strumenti (come la previsione di forme di decadenza per ingiustificata mancata partecipazione a piu' sedute successive). 5. PATRIMONIO E DESTINAZIONE DEL REDDITO In base all'art.5, c.1, del d.lgs. n.153, il patrimonio della fondazione e' totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari. Inoltre, nell'amministrare il patrimonio, le fondazioni debbono osservare criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore ed ottenerne un'adeguata redditivita'. La stessa disposizione stabilisce (c. 2) che l'eventuale affidamento della gestione patrimoniale a soggetti esterni deve avvenire "in base a criteri di scelta rispondenti all'esclusivo interesse delle fondazioni". Tali previsioni, che e' opportuno ribadire per completezza negli statuti, possono essere utilmente integrate con disposizioni. divieti o cautele, individuati dagli statuti medesimi, che ne rendano concretamente operativo il contenuto, con particolare riguardo, ad esempio, alla regolazione di possibili conflitti di interessi con componenti degli organi della fondazione in materia di affidamento all'esterno della gestione del patrimonio, ovvero agli affidamenti a societa' di gestione nell'ambito della societa' bancaria conferitaria, nonche' ad altre analoghe situazioni indicate negli statuti. Il patrimonio e' incrementato dalla riserva obbligatoria stabilita' dall'Autorita' di vigilanza ai sensi dell'art. 8, c.1, lett. c), del d.lgs. n.153. La costituzione di eventuali riserve o accantonamenti facoltativi deve essere prevista dallo statuto, ai sensi della lett. e) della stessa disposizione, con l'indicazione delle specifiche finalita' e dei criteri di determinazione delle riserve stesse, sulla base di principi di sana e prudente gestione e senza pregiudizio dell'effettiva tutela degli interessi contemplati negli statuti. Per quanto riguarda la destinazione del reddito della fondazione e' sufficiente, almeno quale prescrizione minima, che lo statuto richiami la disposizione dell'art. 8 del d.lgs. n. 153, che contiene anche la definizione del concetto di reddito valida per l'ordinamento di settore. Si ritiene di dover precisare che non costituisce reddito il corrispettivo dell'alienazione di cespiti patrimoniali, fino ad un ammontare pari al valore di bilancio dei cespite dimesso. 6. BILANCI In materia di bilanci, va richiamata la disposizione dell'art 9, c.5, del d.lgs. n. 153, che demanda all'Autorita' di vigilanza di disciplinare con regolamento la redazione e le forme di pubblicita' dei bilanci e della relativa relazione, in conformita' con la natura di organismi senza fine di lucro delle fondazioni. A tale regolamento occorre pertanto che gli statuti facciano rinvio, ribadendo altresi', per completezza, le prescrizioni degli altri commi del cit. 9. L'Autorita' di vigilanza, nel determinare le modalita' di redazione dei bilanci, deve ispirarsi ai seguenti criteri direttivi: a) rendere trasparenti i profili patrimoniali, economici e finanziari dell'attivita' svolta dalla fondazione; b) fornire una corretta ed esauriente rappresentazione delle forme di investimento del patrimonio, al fine di consentire la verifica dell'effettivo perseguimento degli obiettivi di conservazione del suo valore e dei criteri seguiti per ottenerne un'adeguata redditivita'. Si ritiene che tali indicazioni, oltre a riguardare direttamente l'esercizio del potere regolamentare dell'Autorita' di vigilanza, rappresentino altrettanti indirizzi generali che ispirano l'ordinamento di settore, ai quali pertanto le, fondazioni debbono conformarsi nelle scelte statutarie in materia di gestione del patrimonio, di bilanci, di contabilita' e di scritture contabili, nonche' nella emanazione di regolamenti interni nelle predette materie (a tali criteri va pertanto fatto rinvio per la parte di dette materie che lo statuto demandi eventualmente ai regolamenti stessi). Per quanto riguarda, in particolare, la tenuta dei libri e delle scritture contabili debbono osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli da 2421 a 2435 del codice civile (art.9, cit., c.2). E' necessario, di conseguenza, che gli statuti individuino, sulla scorta delle richiamate disposizioni del codice civile, i libri e le scritture che la fondazione e' obbligata a tenere. Si ricorda in proposito l'obbligo di tenere contabilita' separate nel caso di istituzione di imprese strumentali: art. 9, cit., c.3). 6.1 Durata dell'esercizio e documento previsionale Per consentire la progressiva uniformita' dell'ordinamento contabile delle fondazioni ed assicurare un ordinato e tempestivo passaggio al nuovo assetto, si ritiene necessario fornire in via di anticipazione, ai fini dell'adeguamento degli statuti, le seguenti indicazioni in tema di bilanci, che saranno successivamente formalizzate nel previsto regolamento: a) coincidenza dell'esercizio finanziario delle fondazioni con l'anno solare. Le fondazioni, per le quali e' attualmente prevista una diversa durata o cadenza dell'esercizio finanziario, determinano in via transitoria nello statuto le modalita' di allineamento alla predetta durata, anticipando o estendendo l'esercizio in corso, non oltre comunque il 31 dicembre 2000. b) obbligo per le fondazioni di provvedere, entro il mese di ottobre di ciascun anno, a valere per l'esercizio successivo, all'adozione di "Documento programmatico previsionale" dell'attivita' relativa all'esercizio successivo, da trasmettere entro quindici giorni all'Autorita' di vigilanza. Le disposizioni di cui ai precedenti punti a) e b) sono emanate nell'esercizio dei poteri di cui all'art.28, c.5, del d.lgs. n.153, e si applicano indipendentemente dalle relative modifiche statutarie. 7. DISCIPLINA STATUTARIA DELLE SITUAZIONI TRANSITORIE Gli statuti adottano norme transitorie idonee a disciplinare un ordinato passaggio al nuovo ordinamento delle fondazioni ed a favorire l'applicazione a regime delle disposizioni statutarie emanate in attuazione dell'ordinamento stesso. A tal fine operano secondo criteri di adeguatezza e di flessibilita', specie in presenza di incompatibilita' non previste nel precedente assetto, nel rispetto delle specificita' di ciascuna fondazione ed al fine di assicurarne la migliore funzionalita' nella fase transitoria. Il regime transitorio ha naturalmente un limite implicito nell'esigenza che il primo bilancio approvato in costanza del nuovo assetto risultante dall'adeguamento degli statuti ai sensi dell'art. 28 del d.lgs. n. 153 sia deliberato dagli organi previsti dallo statuto stesso. In linea generale, si reputa che, considerato il radicale mutamento di natura giuridica e di finalita' che il nuovo ordinamento attribuisce alle fondazioni, nonche' le regole indeclinabili in materia di distinzione fra funzioni di indirizzo, di amministrazione e di controllo, debba essere affermato un principio di cesura e di "non continuita'" con il precedente ordinamento, per cui e' da ritenere che gli esistenti organi, quanto meno quelli con competenze miste (ad esempio di indirizzo e di amministrazione) debbano essere dichiarati decaduti con l'approvazione del nuovo statuto, salvo a rimanere in carica fino alla prima riunione dei nuovi organismi, con il compito di provvedere agli adempimenti relativi alla costituzione degli organismi stessi ed agli altri adempimenti obbligatori per legge o per disposizione dell'Autorita' di vigilanza. Per quanto riguarda la gestione, gli organi scaduti, in regime statutario di prorogatio, limitano la propria attivita' all'ordinaria amministrazione, secondo il principio generale vigente in materia. Quanto sopra salvo motivati casi eccezionali, riconducibili a verificabili situazioni di pregiudizio per la funzionalita' e per l'integrita' del patrimonio della fondazione. L'Autorita' di vigilanza si riserva in proposito di valutare singolarmente le specifiche situazione che verranno al suo esame nell'esercizio dei poteri di approvazione previsto dal d. lgs. n. 153 (art. 10). E' appena il caso di sottolineare che i componenti degli organi decaduti possono essere nominati nei nuovi organi istituiti dallo statuto, con l'osservanza delle procedure ivi stabilite, qualora in possesso dei requisiti previsti. In tali ipotesi, non si ritiene che la durata individuale della carica possa essere limitata in connessione con l'incarico gia' rivestito, atteso il ricordato principio di non continuita' giuridica e ordinamentale su cui si basa la decadenza dei precedenti organi. Il presente atto di indirizzo sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Roma, 5 agosto 1999 Il Ministro: AMATO