N. 279 SENTENZA 23 novembre - 16 dicembre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio regionale di previsione per il 2016 e pluriennale  2016-2018
  -   Disposizioni   relative   all'utilizzazione   dell'avanzo    di
  amministrazione. 
- Legge della Regione Molise 4 maggio 2016, n. 6 (Bilancio  regionale
  di  previsione  per  l'esercizio  finanziario   2016   -   Bilancio
  pluriennale 2016-2018). 
-   
(GU n.51 del 21-12-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  9  della
legge della Regione Molise 4 maggio 2016, n. 6 (Bilancio regionale di
previsione per l'esercizio finanziario 2016  -  Bilancio  pluriennale
2016-2018), promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 4-5 luglio 2016, depositato in  cancelleria  il
14 luglio 2016 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2016. 
    Udito nell'udienza pubblica  del  23  novembre  2016  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 4-5 luglio 2016 e depositato il  14
luglio 2016,  iscritto  al  n.  43  del  registro  ricorsi  2016,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  9  della
legge della Regione Molise 4 maggio 2016, n. 6 (Bilancio regionale di
previsione per l'esercizio finanziario 2016  -  Bilancio  pluriennale
2016-2018), in riferimento all'art. 117, secondo comma,  lettera  e),
della Costituzione, in relazione al  decreto  legislativo  23  giugno
2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42), nonche' in  riferimento  all'art.  81,  terzo  e
quarto comma, Cost. 
    Il  ricorrente  si  duole  essenzialmente  del  fatto   che   con
l'impugnato  articolo,  rubricato  «Avanzo  di  amministrazione»,  la
Regione  abbia  iscritto  nella  parte  attiva  del  bilancio   somme
indebitamente utilizzate per allargare la propria capacita' di spesa,
in tal modo pregiudicando l'equilibrio di bilancio  di  cui  all'art.
81, terzo e quarto comma, Cost.  ed  altresi'  violando  l'art.  117,
secondo  comma,   lettera   e),   Cost.   per   essersi   discostata,
nell'allocazione  di  tali  importi,  dai  modelli   previsti   dalla
legislazione statale in tema di armonizzazione dei conti pubblici. 
    Viene  a  tal  fine  ricordato  il  principio  consolidato  nella
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nessuna spesa puo' essere
accesa in poste di bilancio correlate ad un avanzo presunto,  se  non
quella correlata a  fondi  vincolati  accertati  nei  modi  di  legge
nell'esercizio precedente. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri richiama la sentenza  n.
70 del 2012 di questa Corte e rileva che il collegamento tra  entrate
e spese a destinazione vincolata, utilizzato nell'ambito del bilancio
di previsione impugnato, non consentendo di individuare con esattezza
i presupposti normativi dell'utilizzazione  in  deroga  al  principio
generale del previo accertamento  del  risultato  di  amministrazione
complessivo, sarebbe in contrasto non solo sotto il  profilo  formale
con  i  modelli  individuati  dal  legislatore  statale  in  tema  di
armonizzazione,  ma  soprattutto  col  principio  dell'equilibrio  di
bilancio, perche' consentirebbe di espandere la spesa oltre i  limiti
consentiti dalla legislazione vigente e dall'indefettibile  principio
di cui all'art. 81 Cost. 
    L'elenco  analitico  delle  quote  vincolate  e  accantonate  del
risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2015 (Elenco B),
riportato nella nota integrativa del bilancio, non sarebbe conforme a
quello previsto dal punto 9.11.4 dell'Allegato n. 4/1  al  d.lgs.  n.
118 del 2011 e non consentirebbe di ricostruire il vincolo  normativo
tra entrate e spese a  destinazione  vincolata.  Il  suddetto  elenco
mostrerebbe inoltre un totale diverso da quello della parte vincolata
riportato   nella   Tabella    dimostrativa    del    risultato    di
amministrazione, Allegato a), rispettivamente di euro  821.070.593,46
ed  euro  729.148.706,75.   La   suddetta   Tabella,   Allegato   a),
indicherebbe,  nella  parte  riservata  all'«Utilizzo»  delle   quote
vincolate del risultato di amministrazione presunto  al  31  dicembre
2015, soltanto l'importo di euro 247.598.229,01 per  la  reiscrizione
di economie vincolate (lettera a dell'impugnato  articolo  9)  e  non
anche  l'importo  di  euro  481.550.477,74  relativo  ai   fondi   di
accantonamento dell'avanzo (lettera b  del  medesimo  articolo).  Con
riferimento  all'iscrizione  come  «Utilizzo   avanzo   presunto   di
amministrazione» del Fondo crediti di dubbia  legittimita'  per  euro
7.257.741,15 (lettera c dell'art. 9  impugnato),  rappresentato  come
quota  accantonata  nella  Tabella  dimostrativa  del  risultato   di
amministrazione presunto, Allegato a),  il  ricorrente  sostiene  che
tale previsione  contrasterebbe  con  il  principio  applicato  della
contabilita' finanziaria 9.2. dell'Allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del
2011, ai sensi del quale l'utilizzo della  quota  accantonata  per  i
crediti di  dubbia  esigibilita'  puo'  aversi  solo  a  seguito  del
verificarsi dei rischi per i  quali  sono  stati  accantonati  ovvero
qualora  si  accerti  che  la  spesa  potenziale   non   possa   piu'
verificarsi. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  lamenta  altresi'  la  violazione
dell'art.  81,  terzo  e  quarto  comma  Cost.,  poiche'   l'utilizzo
dell'avanzo di amministrazione presunto per la copertura di spese  al
di  fuori  delle  ipotesi  strettamente  consentite  dal  legislatore
statale determinerebbe un indebito  ampliamento  della  capacita'  di
spesa della Regione con conseguente pregiudizio per  l'equilibrio  di
bilancio. 
    Il  ricorrente  solleva  questione  di  legittimita'  anche   con
riguardo  alla  mancata  contabilizzazione  delle  anticipazioni   di
liquidita' previste dagli artt. 2 e  3  del  decreto-legge  8  aprile
2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti
della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli
enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi  degli
enti locali), convertito con  modificazioni  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 giugno 2013, n.  64,  effettivamente  incamerate  negli
esercizi 2013 e 2014, nonche' alla  mancata  copertura  nel  triennio
della  quota  interessi  e  della  quota  capitale   delle   suddette
anticipazioni di liquidita' in riferimento all'art. 81, terzo  comma,
Cost., rilevando che cio' non sarebbe conforme alle  prescrizioni  ed
alle modalita' specificamente  previste  dall'art.  1,  commi  692  e
seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge di stabilita' 2016)». 
    2.- La Regione Molise non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
9 della legge della Regione Molise 4  maggio  2016,  n.  6  (Bilancio
regionale di previsione per l'esercizio finanziario 2016  -  Bilancio
pluriennale 2016-2018), in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,
lettera e), della Costituzione, in relazione al  decreto  legislativo
23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei
sistemi contabili e degli schemi di  bilancio  delle  Regioni,  degli
enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2  della
legge 5 maggio 2009, n. 42),  nonche'  in  riferimento  all'art.  81,
terzo e quarto comma, Cost. 
    Il ricorrente si duole essenzialmente del  fatto  che  l'articolo
censurato, rubricato «Avanzo di amministrazione», abbia indebitamente
previsto l'iscrizione di somme nella parte attiva  del  bilancio  per
allargare  la  possibilita'  di  spesa,  in  tal  modo  pregiudicando
l'equilibrio di bilancio tutelato dall'art. 81, terzo e quarto comma,
Cost. e altresi' violando l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost. per essersi discostato, nell'allocazione  di  tali  somme,  dai
modelli previsti dalla legislazione statale in tema di armonizzazione
dei conti pubblici. 
    Viene  a  tal  fine  ricordato  il  principio  consolidato  nella
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nessuna spesa puo' essere
accesa in poste di bilancio correlate ad un avanzo presunto,  se  non
quella relativa  a  fondi  vincolati  accertati  nei  modi  di  legge
nell'esercizio precedente. 
    Il Presidente del  Consiglio  ricorda  che  il  collegamento  tra
entrate e spese a destinazione vincolata utilizzato  nell'ambito  del
bilancio di previsione impugnato, non consentendo di individuare  con
esattezza «i presupposti normativi dell'utilizzazione  in  deroga  al
principio  generale  del  previo  accertamento   del   risultato   di
amministrazione complessivo» (sentenza n. 70 del  2012),  sarebbe  in
contrasto non solo, sotto il profilo formale, con la modellistica  in
tema di armonizzazione, ma soprattutto col principio  dell'equilibrio
di bilancio, perche' consentirebbe di  espandere  la  spesa  oltre  i
limiti consentiti dalla  legislazione  vigente  e  dall'indefettibile
principio di cui all'art. 81, terzo comma, Cost. 
    L'elenco analitico  delle  quote  vincolate  ed  accantonate  del
risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2015 (Elenco  B)
riportato nella  nota  integrativa  non  sarebbe  conforme  a  quello
previsto dal punto 9.11.4 dell'Allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118  del
2011 e non consentirebbe di  ricostruire  il  vincolo  normativo  tra
entrate  e  spese  a  destinazione  vincolata.  Il  suddetto   elenco
mostrerebbe  inoltre  un  totale  diverso  dall'importo  della  parte
vincolata del risultato di amministrazione  riportato  nella  Tabella
dimostrativa  del  risultato   di   amministrazione,   Allegato   a),
rispettivamente  euro  821.070.593,46  ed  euro  729.148.706,75.   La
suddetta  Tabella  dimostrativa  del  risultato  di   amministrazione
indicherebbe, nella parte riservata all'«Utilizzo»,  quote  vincolate
del risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2015 pari ad
euro  247.598.229,01  per  la  reiscrizione  di  economie   vincolate
(lettera a dell'impugnato articolo 9) e non anche l'importo  di  euro
481.550.477,74  relativo  ai  fondi  di  accantonamento   dell'avanzo
(lettera b del medesimo  articolo).  Con  riferimento  all'iscrizione
come «Utilizzo avanzo presunto di amministrazione» del Fondo  crediti
di   dubbia   esigibilita'   per   euro   7.257.741,15   (lettera   c
dell'impugnato art. 9), rappresentato come  quota  accantonata  nella
Tabella dimostrativa del risultato di  amministrazione  presunto,  il
ricorrente  sostiene  che  tale  previsione  contrasterebbe  con   il
principio applicato della contabilita' finanziaria di  cui  al  punto
9.2. dell'Allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011, ai sensi del quale
l'utilizzo  della  quota  accantonata  per  i   crediti   di   dubbia
esigibilita' puo' aversi solo a seguito del  verificarsi  dei  rischi
per i quali sono stati accantonati ovvero qualora si accerti  che  la
spesa potenziale non possa piu' verificarsi. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  lamenta,  altresi',  la
violazione dell'art. 81, terzo  e  quarto  comma,  Cost.,  in  quanto
l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione presunto per  la  copertura
di spese al  di  fuori  delle  ipotesi  strettamente  consentite  dal
legislatore statale  determinerebbe  un  indebito  ampliamento  della
capacita'  di  spesa  della  Regione,  con  conseguente   pregiudizio
all'equilibrio di bilancio. 
    Il  ricorrente  solleva  questione  di  legittimita'  anche   con
riguardo  alla  mancata  contabilizzazione  delle  anticipazioni   di
liquidita' previste dagli artt. 2 e  3  del  decreto-legge  8  aprile
2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti
della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli
enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi  degli
enti locali), convertito con  modificazioni  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 giugno 2013, n.  64,  effettivamente  incamerate  negli
esercizi 2013 e 2014, nonche' alla  mancata  copertura  nel  triennio
della  quota  interessi  e  della  quota  capitale   delle   suddette
anticipazioni di liquidita' in riferimento all'art. 81, terzo  comma,
Cost., rilevando che cio' non sarebbe conforme alle  prescrizioni  ed
alle modalita' specificamente  previste  dall'art.  1,  commi  692  e
seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge di stabilita' 2016)». 
    2.- Occorre preliminarmente rilevare che  il  ricorrente  invoca,
accanto al terzo comma dell'art. 81 Cost., anche il quarto comma  del
medesimo articolo. Risulta palese  l'incongruenza  dell'affiancamento
di tale parametro - il quale stabilisce  che  «Le  Camere  ogni  anno
approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati
dal Governo» - rispetto  allo  sviluppo  argomentativo  del  ricorso,
evidentemente circoscritto al precetto di  cui  al  terzo  comma  del
predetto art. 81 Cost. 
    Tale  incongruenza  -  probabilmente  dovuta   alla   allocazione
normativa del principio di equilibrio  del  bilancio  anteriore  alla
modifica apportata dall'art. l della legge costituzionale  20  aprile
2012, n. l (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella
Carta costituzionale) - «"non si configura  come  errore  concettuale
bensi' quale mero lapsus calami, che non  preclude  l'identificazione
della questione e non pregiudica il diritto  di  difesa  della  parte
resistente" (sentenza n. 188 del 2014) ed e'  dunque  irrilevante  ai
fini dell'ammissibilita'» (ex multis, sentenza n. 151 del 2016). 
    E'  necessario  anche  sottolineare  come  il  censurato  art.  9
contenga prima facie una contraddizione tra  la  rubrica  «Avanzo  di
amministrazione» ed il contenuto, che menziona il «saldo  finanziario
presunto». Considerato che gia' in passato quest'ultima locuzione era
stata utilizzata  dalla  Regione  Molise  per  indicare  l'avanzo  di
amministrazione presunto, appare evidente che  essa  si  riferisce  a
tale istituto contabile (tenuto anche conto che al  maggio  2016  non
risultava approvato  il  bilancio  consuntivo  della  Regione  stessa
relativo all'esercizio 2015). 
    Infine, e' utile evidenziare come  all'utilizzazione  dell'avanzo
di amministrazione presunto  di  cui  alla  norma  impugnata  risulti
contestualmente  affiancata  l'applicazione  di  due   disavanzi   di
amministrazione, secondo quanto disposto dagli artt. 10  e  11  della
medesima legge reg. Molise n. 6 del 2016. Cosi'  l'art.  10  (Ripiano
del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2014) dispone che «l.
Il disavanzo finanziario alla chiusura del 31 dicembre 2014 ancora da
ripianare al l° gennaio 2016 e' pari  a  euro  20.979.558,32.  2.  Il
disavanzo di amministrazione di cui al comma l viene ripianato  in  9
(nove) esercizi, cosi' come stabilito  dall'articolo  l,  comma  691,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208 "Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge  di  stabilita'
2016)", con quote costanti pari ad euro  2.331.062,54».  Analogamente
il  successivo  art.  11   (Ripiano   del   maggiore   disavanzo   di
amministrazione al l° gennaio  2015)  prevede  che  «l.  Il  maggiore
disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015 ancora  da  ripianare
al 1° gennaio 2016  e'  pari  a  euro  219.014.451,13.  2.  Ai  sensi
dell'articolo 2, comma 2, del D.M. dell'Economia e delle  Finanze  di
concerto con il  Ministero  dell'Interno  del  2  aprile  2015  e  in
conformita' alla Delib.C.R. n. 293 del 10 novembre  2015  il  ripiano
del maggior disavanzo di amministrazione di cui al comma  l,  avviene
in 29 (ventinove) esercizi a partire dal 2016 sino al 2044 attraverso
quota costante di euro 7.552.222,45». 
    3.- Tanto premesso, le questioni  sollevate  dal  Presidente  del
Consiglio sono fondate nei termini di seguito precisati. 
    Esse  sono  tra  loro  profondamente  compenetrate,  perche'  gli
scostamenti dai principi del d.lgs.  n.  118  del  2011  in  tema  di
armonizzazione dei conti  pubblici  non  costituiscono  solamente  un
vizio formale dell'esposizione contabile, ma risultano strumentali ad
una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri  del  bilancio
regionale presidiati dall'art. 81 Cost. La manovra  elusiva  consiste
essenzialmente  nel  programmare  una  spesa   superiore   a   quella
consentita dalle risorse disponibili nell'esercizio finanziario 2016,
nel biennio successivo e nel lungo periodo di rientro  dai  disavanzi
pregressi. Cio' comporta una lesione agli equilibri di  bilancio  ben
piu' ampia  di  quella  risultante  dalla  sommatoria  delle  singole
illegittimita'  dedotte  dal  ricorrente  in  relazione  ai  principi
contabili di cui al d.lgs. n. 118 del 2011. Proprio dalla  fondatezza
delle singole questioni sollevate si  evince,  infatti,  che  la  non
corretta redazione del censurato art. 9 finisce per  influenzare,  in
senso costituzionalmente non conforme, gli equilibri complessivi  dei
bilanci annuale e pluriennale della Regione Molise. 
    4.- La lesione di detti equilibri e' talmente estesa da investire
la  stessa  struttura  del  bilancio,  invalidandone  sostanzialmente
l'intera costruzione. Con riguardo  alla  fattispecie  in  esame,  e'
utile ricordare il costante orientamento di questa Corte, secondo cui
la «forza espansiva dell'art. 81, quarto [ora terzo] comma, Cost. nei
riguardi delle  fonti  di  spesa  di  carattere  pluriennale,  aventi
componenti variabili e complesse» (ex multis, proprio la sentenza  n.
70 del 2012 richiamata dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri)
costituisce una clausola generale  in  grado  di  colpire  tutti  gli
enunciati normativi di carattere finanziario con essa collidenti. Con
riguardo all'art. 9 della legge reg. Molise n. 6 del 2016, la lesione
congiunta  agli  equilibri  di  bilancio  annuale  e  pluriennale  si
realizza attraverso le sue interrelazioni con le altre componenti  di
detti bilanci. 
    Tali interrelazioni possono essere cosi' sintetizzate: a) impiego
di un avanzo di amministrazione presunto per  allargare,  in  assenza
dei presupposti normativi, la possibilita' di spesa, destinando,  tra
l'altro,  non  meglio  identificate  «economie  di  spesa  su   fondi
vincolati», ed indebita utilizzazione di tale avanzo in  concomitanza
all'applicazione pro  rata  (artt.  10  e  11  della  medesima  legge
regionale) di due disavanzi gia' accertati in precedenti esercizi, il
cui ripiano e' stato deliberato rispettivamente in nove  e  ventinove
anni; b) non corretta contabilizzazione del «Fondo crediti di  dubbia
esigibilita'» che, in  tal  modo,  consente,  anziche'  impedire,  la
spendita di risorse di incerta realizzazione; c) mancata  esposizione
e sterilizzazione delle anticipazioni di  liquidita',  acquisite  nel
2013  e  nel  2014  per  un  ammontare  complessivo  pari   ad   euro
71.745.187,00, ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del  2013  e
successive modifiche ed integrazioni, nonche' mancata  copertura  per
l'intero triennio del pagamento della quota interessi e  della  quota
capitale di dette anticipazioni. 
    4.1.-  Venendo  al  merito  delle   singole   questioni,   appare
senz'altro  fondata  quella  che  attribuisce  all'impugnato  art.  9
l'arbitraria applicazione, con conseguente illegittima autorizzazione
alla correlata spesa, dell'avanzo di  amministrazione  presunto,  sia
per la parte inerente alla lettera a) («euro  247.598.229,01  per  la
reiscrizione in bilancio di economie di spesa  finanziate  con  fondi
assegnati  con   vincolo   di   specifica   destinazione   risultanti
dall'esercizio 2014 e riguardanti i fondi comunitari - F.S.E, F.E.S.R
e Cooperazione internazionale - e statali - F.S.C.»), che per  quella
relativa  alla  lettera  b)  («euro  481.550.477,74  accantonati   in
appositi fondi iscritti nella Missione 20, Programma 3, utilizzabili,
mediante prelievo ed iscrizioni sulle  pertinenti  Missioni,  solo  a
seguito  dell'approvazione  del  rendiconto  generale  della  Regione
Molise per l'esercizio finanziario 2015»). 
    Deve essere condiviso l'assunto del ricorrente secondo cui ne' le
disposizioni in esame ne' la nota integrativa e neppure gli  allegati
al bilancio individuano i vincoli normativi  in  grado  di  collegare
dette risorse alla correlata parte della spesa. 
    Ne  consegue  l'impossibilita'  di  individuare  «i   presupposti
normativi dell'utilizzazione in  deroga  al  principio  generale  del
previo accertamento del  risultato  di  amministrazione  complessivo»
(sentenza n. 70 del 2012). Peraltro, l'elenco analitico  delle  quote
vincolate e accantonate del risultato di amministrazione presunto  al
31 dicembre 2015 (Elenco B)  riportato  nella  nota  integrativa  non
risulta conforme a quello previsto dal punto 9.11.4 dell'Allegato  n.
4/1 del d.lgs. 118 del 2011, mostrando  comunque  -  come  rileva  il
Presidente del Consiglio dei ministri - un totale diverso  da  quello
della parte vincolata  del  risultato  di  amministrazione  riportato
nella Tabella dimostrativa di tale risultato, Allegato a). 
    In ogni caso, non  risulta  alcuna  corrispondenza  tra  l'elenco
analitico delle quote vincolate e gli atti in base ai quali e'  stato
disposto ed accertato il preteso vincolo ed il relativo oggetto. 
    E' utile in proposito ricordare  come  il  rispetto  del  vincolo
debba  essere  rigorosamente  circoscritto  alla  corrispondenza  tra
risorsa assegnata e finalita' di impiego,  mentre  non  e'  possibile
ipotizzare, come  sembra  intendere  il  legislatore  regionale,  una
sommatoria indifferenziata delle pretese risorse vincolate destinata,
in modo indistinto e non ripartito, ad obiettivi  che  -  quand'anche
derivassero  da  vincoli  di  legge   -   non   troverebbero   esatta
corrispondenza quantitativa e qualitativa nelle componenti analitiche
dell'avanzo presunto. Sotto tale profilo appare particolarmente grave
la formulazione della lettera b)  dell'impugnato  art.  9,  la  quale
include nell'avanzo euro  481.550.477,74,  «accantonati  in  appositi
fondi iscritti nella Missione 20, Programma 3, utilizzabili  mediante
prelievo ed iscrizioni  sulle  pertinenti  Missioni»,  senza  neppure
indicarne la natura, l'eventuale esistenza del vincolo e  la  ragione
della conservazione in bilancio. 
    4.1.1.- Quanto al principio di cui al punto 9.11.4  dell'Allegato
4/1 del d.lgs. n.  118  del  2011,  nella  parte  denominata  «Elenco
analitico delle risorse vincolate  rappresentate  nel  prospetto  del
risultato di amministrazione presunto», questa  Corte  non  puo'  non
rilevarne la pletoricita' e la parziale oscurita' nella parte in  cui
sembra ipotizzare l'esistenza di vincoli di destinazione  diversi  da
quelli  determinati  dalla  legge  (si  parla,  infatti,   in   detto
principio, di vincoli derivanti da trasferimenti,  da  finanziamenti,
di vincoli formalmente attribuiti dall'ente e di altri  vincoli).  In
realta',  proprio  l'ipotesi  apparentemente  eversiva  della  regola
generale, quella  dei  «vincoli  formalmente  attribuiti  dall'ente»,
viene ridimensionata dalla successiva definizione, la  quale  precisa
che «[p]er vincoli  formalmente  attribuiti  dall'ente  si  intendono
quelli previsti dal principio applicato 9.2,  derivanti  da  "entrate
straordinarie, non aventi natura ricorrente, accertate e riscosse cui
l'amministrazione   ha   formalmente   attribuito    una    specifica
destinazione. E' possibile attribuire un vincolo di destinazione alle
entrate straordinarie non aventi natura ricorrente solo se l'ente non
ha rinviato la  copertura  del  disavanzo  di  amministrazione  negli
esercizi successivi, ha  provveduto  nel  corso  dell'esercizio  alla
copertura di tutti  gli  eventuali  debiti  fuori  bilancio  [...]"».
Infatti, la facolta' di imprimere uno specifico vincolo deriva  dalla
classificazione normativa (entrate straordinarie  non  aventi  natura
ricorrente) e dall'ulteriore requisito dell'assenza di  disavanzi  da
ripianare. 
    In definitiva, l'analitica classificazione delle somme  vincolate
non inficia  il  principio  per  cui,  quand'anche  non  direttamente
dipendente dalla legge, il vincolo deve trovare  diretto  presupposto
nella stessa. E' anche evidente come proprio la stessa perimetrazione
della fattispecie derogatoria risponda all'obiettivo di non  alterare
l'equilibrio del bilancio, situazione  che  invece  si  concreta  per
l'effetto  prodotto   dall'applicazione   delle   lett.   a)   e   b)
dell'impugnato art. 9. 
    4.1.2.-  Comunque,  per  i  principi  contabili  vale  la  regola
dell'interpretazione conforme a Costituzione, secondo  la  quale,  in
presenza di ambiguita' o anfibologie del relativo contenuto,  occorre
dar loro il significato compatibile con i  parametri  costituzionali.
Al contrario, ove fosse possibile solo un'ipotesi ermeneutica,  quale
quella   implicitamente   adottata   dalla   Regione   Molise,   cio'
determinerebbe l'illegittimita' costituzionale dello stesso principio
contabile, dal momento che, cosi' interpretato, esso diventerebbe  un
veicolo per un indebito allargamento - in  contrasto  con  l'art.  81
Cost. - della spesa di enti gia' gravati dal ripiano  pluriennale  di
disavanzi di amministrazione pregressi. 
    In ogni caso,  anche  prima  dell'entrata  in  vigore  dei  nuovi
principi contabili, l'orientamento di questa Corte era nel senso  che
«[n]essuna spesa puo' essere accesa in poste di bilancio correlate ad
un avanzo presunto, se non  quella  finanziata  da  fondi  vincolati»
individualmente identificati «e regolarmente stanziati nell'esercizio
precedente» (sentenza n. 70 del 2012). 
    4.2.-  Risulta  in  contrasto  con  i  parametri   invocati   dal
ricorrente anche l'iscrizione in parte entrata del «Fondo crediti  di
dubbia esigibilita' al 31 dicembre 2015»,  di  cui  alla  lettera  c)
dell'impugnato art. 9 della legge reg. Molise n. 6 del 2016. 
    E'  opportuno  premettere  che  il  «Fondo  crediti   di   dubbia
esigibilita'»  assolve  alla  funzione  di  precludere  l'impiego  di
risorse di  incerta  acquisizione.  In  sostanza  esso  e'  un  fondo
rettificativo, in diminuzione di una posta di entrata, finalizzato  a
correggere il valore nominale dei crediti dell'ente in relazione alla
parte di essi che si prevede di non incassare in corso di  esercizio.
Per questo motivo, in parte entrata si iscrive il credito  al  valore
nominale (punto 3.3 dell'allegato 4/2 del d.lgs. n.  118  del  2011),
mentre tra  le  passivita'  si  inserisce  l'importo  di  prevedibile
svalutazione (art. 46 «Fondo crediti  di  dubbia  esigibilita'»,  del
d.lgs. n. 118 del 2011 e punto 3.3  dell'allegato  4/2  del  medesimo
decreto), il quale viene accantonato proprio al fine  di  evitare  un
risultato di  amministrazione  negativo  a  seguito  delle  eventuali
minusvalenze  derivanti  dalla  riscossione  dei   crediti   soltanto
parziale. 
    Ancorche' caratterizzato da  una  formulazione  pletorica,  ed  a
tratti anche poco chiara, il principio  applicato  9.2  dell'allegato
4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011  non  si  discosta  dalla  definizione
funzionale precedentemente richiamata del «Fondo  crediti  di  dubbia
esigibilita'».  In  particolare,  le  parti  dello  stesso  principio
invocate dal ricorrente, i commi venticinquesimo e ventiseiesimo  del
punto 9.2 dell'allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011, prevedono che
«Le  quote  accantonate  del  risultato   di   amministrazione   sono
utilizzabili solo a seguito del verificarsi dei rischi  per  i  quali
sono stati accantonati. [...] L'utilizzo della quota accantonata  per
i crediti di  dubbia  esigibilita'  e'  effettuato  a  seguito  della
cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, riducendo  di  pari
importo il risultato di amministrazione». 
    Tali regole rispondono al generale principio di cautela, il quale
in  materia  finanziaria  e  contabile  serve  a  prevenire   lesioni
all'equilibrio del bilancio.  In  conformita'  di  tale  assunto,  il
citato ventiseiesimo comma del punto 9.2 dell'allegato 4/2 del d.lgs.
n. 118 del 2011 prevede che l'utilizzo della quota accantonata per  i
crediti di dubbia esigibilita' possa avvenire solo  a  seguito  della
cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, riducendosi  cosi',
di pari importo, il valore del risultato di amministrazione. 
    Per questo  motivo  appare  assolutamente  inconferente  la  nota
integrativa al bilancio 2016 della Regione Molise nella parte in  cui
si afferma che «[n]ella determinazione del "Fondo crediti  di  dubbia
esigibilita'"  [...]  l'ente  ritiene   che   non   sussistono   tali
eventualita' sulle poste contabili oggetto di verifica, in quanto per
le stesse gli accertamenti avvengono tutt[i] per cassa».  Presa  alla
lettera, la singolare espressione di limitare gli  accertamenti  alla
sola   cassa   significherebbe   che   l'ente   non   cura    affatto
l'individuazione  dei  creditori  e  la  riscossione   dei   crediti,
limitandosi  ad  accertare  in  entrata  le   quote   di   chi   paga
spontaneamente.  In  definitiva,  appare  evidente  che  l'ente,  con
singolare eterogenesi dei fini, iscrive tra le poste attive una  voce
che, al contrario, serve a ridimensionare la spesa in  rapporto  alle
prevedibili difficolta' di riscossione. La conseguenza di tutto  cio'
e' quella - ventilata dallo Stato -  di  allargare  indebitamente  la
possibilita' di spesa oltre le risorse disponibili. E cio'  -  e'  da
aggiungere - in  un  contesto  in  cui  la  Regione  Molise  ha  gia'
usufruito di  anticipazioni  di  liquidita'  per  debiti  inevasi  da
restituire in trenta anni (artt. 2 e 3 del d.l. n. 35  del  2013)  e,
per di piu', dilazionato, rispettivamente per un novennio  e  per  un
ventinovennio, il rientro dai disavanzi  di  amministrazione  2014  e
2015 (artt. 10 e 11 della legge regionale impugnata) pari ad una rata
annuale di euro 2.331.062,54  (disavanzo  di  amministrazione  al  31
dicembre 2014) per 9 anni e di euro 7.552.222,45 (maggiore  disavanzo
di amministrazione al 1° gennaio 2015) per 29 anni. 
    4.3.-  E'  fondata  anche  la  censura  rivolta,  in  riferimento
all'art. 81, terzo comma, Cost., alla mancata contabilizzazione delle
anticipazioni di liquidita' previste dagli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35
del 2013 ed effettivamente percepite  negli  esercizi  2013  e  2014,
nonche' quella afferente alla mancata copertura  nel  triennio  della
quota interessi e della quota capitale  da  restituire  con  riguardo
alle suddette anticipazioni. 
    Correttamente il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che
cio'  non  e'   conforme   alle   prescrizioni   e   alle   modalita'
specificamente sancite dall'art. 1, commi 692 e seguenti, della legge
n.  208  del  2015.  E'  stato  gia'  affermato  in   proposito   che
«[u]n'interpretazione  sistematica  e  costituzionalmente   orientata
delle norme statali porta dunque a concludere che le anticipazioni di
liquidita' altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di piu'
lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie.  La  loro  ratio,
quale si ricava dalla genesi del  decreto-legge  e  dai  suoi  lavori
preparatori, e' quella di riallineare nel tempo la cassa  degli  enti
strutturalmente   deficitari   con    la    competenza,    attraverso
un'utilizzazione limitata al  pagamento  delle  passivita'  pregresse
unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri,  proporzionati  alle
quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa
cosi'  da  rientrare  dai   disavanzi   gradualmente   ed   in   modo
temporalmente  e  finanziariamente  proporzionato  alla  restituzione
dell'anticipazione» (sentenza n. 181 del 2015). 
    Si puo', quindi, concludere che, mentre gli artt. 2 e 3 del  d.l.
n. 35 del 2013 hanno la finalita'  di  consentire  «di  adempiere  ad
oneri pregressi, attraverso una mera anticipazione di cassa di  lungo
periodo ed un parallelo rientro dal deficit  (mediante  proporzionate
riduzioni  della  spesa  corrente   nel   periodo   di   ammortamento
dell'anticipazione  di  cassa)»   (sentenza   n.   181   del   2015),
l'impostazione  del  bilancio  regionale  finisce  per  aggravare   -
attraverso la mancata contabilizzazione delle risorse  incamerate  ed
il mancato stanziamento degli oneri relativi  alla  restituzione  del
prestito allo Stato  -  le  disfunzioni  cui  l'anticipazione  stessa
doveva porre rimedio  e  per  incrementare  il  disavanzo  potenziale
dell'ente. In  sostanza,  il  processo  di  rientro  dal  deficit  di
liquidita' avrebbe dovuto essere accompagnato nel  lungo  periodo  da
una  proporzionata  riduzione  della  situazione  debitoria   e   dal
riequilibrio dello stato economico-patrimoniale della Regione, il cui
turbamento e' all'origine delle  eccezionali  operazioni  finanziarie
consentite dalla legislazione statale. 
    5.- E' ulteriormente lesiva degli equilibri di bilancio l'assenza
di un prospetto sintetico in grado di dare la misura della dimensione
economico-finanziaria dalla  quale  prende  l'avvio  il  bilancio  di
previsione  2016  nonche'  delle   complessive   coperture   riferite
all'esercizio  annuale,  a  quello  triennale  e  alle  straordinarie
situazioni  debitorie  fronteggiate  attraverso   il   ricorso   alle
eccezionali misure normative previste dalle leggi statali  cui  fanno
richiamo i citati artt. 10 e 11 della legge  reg.  Molise  n.  6  del
2016. 
    L'assenza  di  un  quadro  sintetico  e  chiaro  degli   elementi
necessari per valutare la manovra di bilancio regionale  finisce  per
snaturare completamente quest'ultimo nella sua essenza.  Infatti,  il
bilancio e' un documento che proprio in virtu' della sua  definizione
lessicale si articola attraverso la  contrapposizione  di  due  serie
numeriche bilancianti - cioe' «pareggiate» nei  rispettivi  totali  -
finalizzata a riassumere in modo chiaro ed attendibile la  situazione
economico-finanziaria  dell'ente  che  lo  adotta.  Quest'ultima   si
ricava,  a  sua  volta,  attraverso  il  rapporto  tra  attivita'   e
passivita', che deve sempre tendere all'equilibrio. La  denominazione
tecnica e la relativa differenziazione dei vari elementi  positivi  e
negativi che compongono il bilancio non puo' oscurare - come nel caso
della  legge  regionale  in  considerazione  -  lo  stato   di   tale
bilanciamento, soprattutto quando il disavanzo e' talmente anomalo da
prevedere un rientro ripartito in  tante  annualita'  future.  Questa
situazione  deficitaria  deve  essere  riassunta  in  modo  fedele  e
comprensibile  in  una  precisa  scansione  temporale  in  grado   di
definire, tra l'altro, le passivita' posposte in esercizi  futuri  in
base alle leggi eccezionali di ripianamento (art.  9,  comma  5,  del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in
materia  di  enti  territoriali.  Disposizioni   per   garantire   la
continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di   controllo   del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali», convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 agosto 2015, n. 125; art. 1, comma 691, della legge  n.
208 del 2015; art. 2, comma 3, lettera c), del d.l. n. 35  del  2013,
concernente  la  rateizzazione  del  rimborso   delle   anticipazioni
necessarie  a   fronteggiare   il   ritardo   nei   pagamenti   delle
amministrazioni pubbliche, che fissa in  trent'anni  la  restituzione
delle stesse anticipazioni allo Stato) e le modalita' per "mettere in
sicurezza" tale posposizione. 
    La  struttura  della  legge  di  bilancio  della  Regione  Molise
finisce, dunque, per collidere con  l'art.  81,  terzo  comma,  Cost.
anche sotto il profilo  dei  principi  di  unita',  universalita'  ed
integrita' del bilancio, i quali per effetto dell'art. 24,  comma  l,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza
pubblica),    costituiscono    «"profilo     attuativo"     (rectius:
specificativo) dell'art.  81  Cost.»  (sentenza  n.  192  del  2012).
Infatti, la norma  impugnata  ed  il  suo  inscindibile  collegamento
eziologico con la struttura annuale e pluriennale del bilancio  della
Regione Molise urta col principio dell'unita' - in quanto ne erode il
naturale bilanciamento tra risorse impiegate e spese programmate -  e
con quelli di universalita' e integrita', i quali esigono  che  tutte
le finalita' e gli obiettivi di gestione devono essere rapportati  ai
relativi valori finanziari, economici e patrimoniali in una veritiera
e corretta rappresentazione della programmazione dell'ente. 
    6.- In ragione del  contrasto  con  lo  spettro  delle  accezioni
precettive sintetizzate nell'art. 81 Cost., la fattispecie  normativa
impugnata, in quanto correlata e interagente con  l'intera  struttura
del bilancio regionale, finisce per  trasmettere  a  quest'ultimo  la
propria invalidita' (in senso conforme, sul riflesso  invalidante  di
singole poste nei confronti dell'intero bilancio, sentenze n.  266  e
250 del 2013). 
    In considerazione della inscindibile connessione esistente tra la
norma impugnata e la struttura dei  bilanci  annuale  e  pluriennale,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9 deve  estendersi  in  via
consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo  1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale), alla legge reg. Molise n. 6 del 2016 nelle parti  in
cui: a) e' autorizzata la  spendita  dell'avanzo  di  amministrazione
presunto di cui  all'art.  9;  b)  non  sono  state  sterilizzate  le
anticipazioni di tesoreria di cui agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del
2013; c) non e' stata prevista  la  copertura  delle  rate  in  quota
capitale ed interessi delle anticipazioni stesse. 
    In base al principio dell'equilibrio tendenziale del bilancio, il
quale «consiste nella continua ricerca di un  armonico  e  simmetrico
bilanciamento tra risorse  disponibili  e  spese  necessarie  per  il
perseguimento delle finalita' pubbliche» (sentenza n. 250 del  2013),
la  Regione  Molise  dovra'  assumere  appropriati  provvedimenti  di
carattere finanziario, in ordine alla cui concreta configurazione  la
perdurante discrezionalita' del legislatore regionale sara'  limitata
dalla priorita' dell'impiego delle risorse disponibili per i doverosi
provvedimenti di riequilibrio precedentemente individuati  (in  senso
conforme sentenze nn. 266 e 250 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  9  della
legge della Regione Molise 4 maggio 2016, n. 6 (Bilancio regionale di
previsione per l'esercizio finanziario 2016  -  Bilancio  pluriennale
2016-2018); 
    2) dichiara, in via consequenziale, in applicazione dell'art.  27
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale della legge reg. Molise n. 6 del 2016 nei sensi di cui
in motivazione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 novembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA