Anagrafe - certificazione dello stato di famiglia anagrafica.(GU n.208 del 5-9-1996)
Vigente al: 5-9-1996
Ai prefetti della Repubblica Al commissario di Governo per la provincia di Trento Al commissario di Governo per la provincia di Bolzano Al presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta Ai commissari di Governo All'Istituto nazionale di statistica Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica Al Ministero di grazia e giustizia - Direzione generale degli affari civili e delle libere professioni Al Ministero della pubblica istruzione - Gabinetto Al Ministero per la ricerca scientifica e tecnologica e per l'Universita' Al Ministero delle poste e telecomunicazioni All'Istituto nazionale per la previdenza sociale All'Istituto nazionale previdenza dipendenti pubblici e, per conoscenza: Al Gabinetto del Ministro Alla Direzione generale per l'amministrazione generale e gli affari del personale Alla scuola superiore dell'Amministrazione civile dell'interno Da alcune notizie apparse sulla stampa quotidiana, e riportate in una interpellanza parlamentare, e' emerso che talune amministrazioni comunali sono solite rilasciare certificazioni anagrafiche inerenti lo stato di famiglia con l'indicazione del termine "figliastro", riferito ai figli nati da precedenti unioni anche naturali e conviventi con il genitore non intestatario della scheda di famiglia anagrafica, successivamente risposatosi. Al riguardo, a parte ogni considerazione sull'uso in atti pubblici di una parola recepita nell'uso comune con significato discriminatorio, si rileva, su un piano strettamente tecnico-giuridico, l'erroneita' di detta indicazione e la fondatezza delle doglianze espresse anche da parte dell'opinione pubblica. Giova, infatti, porre l'attenzione su due ordini di ragioni che manifestano la palese inammissibilita' del comportamento tenuto dagli uffici anagrafici che utilizzano, in sede certificativa, tale dizione. La prima e' di carattere funzionale ed attiene alla valenza delle certificazioni anagrafiche. Queste, al contrario di quanto ritenuto ed adottato come modus procedendi consuetudinario da parecchi uffici sia pubblici che privati, non hanno alcun valore e funzione probatoria ai fini dello stato civile che riguarda, invece, le particolari e qualificate posizioni attribuite dall'ordinamento all'individuo rispetto a fatti giuridicamente rilevanti oppure nell'ambito di essenziali e fondamentali relazioni giuridiche (si pensi alla cittadinanza, all'evento della morte o alle situazioni soggettive inerenti la famiglia, con i sottostanti rapporti di coniugio e di filiazione). La funzione del certificato anagrafico di stato di famiglia, non e', quindi, attribuire la pubblicita' e la certezza in ordine ai menzionati fatti e relazioni, ma e' quella di rispecchiare la composizione della famiglia ai soli fini anagrafici, come definita dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e cioe' un insieme di persone - le quali possono, o meno, essere unite da vincoli di coniugio e/o di parentela - la cui caratteristica rilevante e' costituita dalla "coabitazione" all'interno di una stessa unita' immobiliare. Il servizio anagrafico, pur richiedendo un costante aggiornamento dei dati relativi alle persone ed alle famiglie residenti nel comune, con evidenti connessioni e interrelazioni con gli altri servizi demografici, non ha assolutamente funzioni supplementari e/o sostitutive del servizio di stato civile, ma e' dotato di una propria autonomia che discende dalle differenti finalita' poste alla sua base e dai diversi interessi pubblici dei quali costituisce espressione. In pratica, come gia' affermato in altri documenti d'indirizzo, la funzione dell'anagrafe e' essenzialmente di rilevare la presenza stabile, comunque situata, di soggetti sul territorio comunale (cfr. circolare Miacel n. 8 in data 29 maggio 1995, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 141 del 19 giugno 1995). La seconda ragione, che si oppone all'inserimento negli atti anagrafici del suddetto termine, ha ben altra origine e si fonda sul rispetto e la tutela formale e sostanziale di diritti soggettivi garantiti da norme di rango legislativo. Infatti l'indicazione della parola "figliastro" ovvero anche di figlio adottivo o, piu' semplicemente, di "convivente", viola quegli essenziali precetti tendenti ad assicurare un concreto ed effettivo riconoscimento del diritto della persona alla riservatezza riguardo alle origini del proprio status di figlio in tutte le sue qualificazioni. La tutela della riservatezza aveva gia' formato oggetto della legge 31 ottobre 1955, n. 1064, ove all'art. 1 veniva disposto che l'indicazione della paternita' e maternita' doveva essere omessa, oltre che negli estratti per riassunto, nei certificati di nascita, di matrimonio e di cittadinanza, anche negli atti attestanti lo stato di famiglia, nelle pubblicazioni di matrimonio esposte al pubblico, nonche' in tutti i documenti di identita'. La finalita' della normativa era quella di tutelare la personalita' di una determinata categoria di cittadini; tutela che, nel caso delle adozioni, e' rafforzata dagli articoli 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e che ha trovato, infine, il suo completamento nella legge 7 agosto 1990, n. 241, negli articoli 22 e seguenti del capo V, disciplinante l'accesso ai documenti amministrativi. Questo Ministero, nel ricordare che gia' aveva diramato precise disposizioni al riguardo con circolari numeri 15900-2.8 e 2.8-bis, rispettivamente, del 3 gennaio e del 27 giugno 1956, stante il ripetersi degli incresciosi episodi, dispone, ai sensi dell'art. 12 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, che dagli stati di famiglia anagrafici, vengano immediatamente eliminate le indicazioni relative alle relazioni di parentela, rimanendo solo l'indicazione dell'intestatario scheda. Nel caso di anagrafi informatizzate si dovra' provvedere all'adeguamento dei relativi programmi. Per quanto riguarda, infine, la corresponsione degli assegni per il "nucleo familiare", nel ricordare che il nucleo familiare e' cosa ben differente dalla famiglia anagrafica e non puo' formare oggetto di certificazione da parte dell'anagrafe, come di recente ribadito dalla quinta sezione del Consiglio di Stato con decisione n. 770 del 4 maggio 1994, si ricorda che la composizione dello stesso dovra' essere comprovata con dichiarazione resa dall'interessato ai sensi dell'art. 2 della legge 4 gennaio 1968, n. 15. Uguale comportamento dovra' essere seguito dalle amministrazioni penitenziarie che, in parte, ancora usano richiedere ai familiari dei detenuti il c.d. certificato di figliolanza. Le SS.LL. sono pregate di curare la massima diffusione ed osservanza da parte dei signori sindaci, nella loro qualita' di ufficiali di anagrafe, delle presenti disposizioni, rilevando eventuali difformita' in sede ispettiva ed informando con cadenza semestrale questo Ministero. Le amministrazioni in indirizzo sono pregate di voler opportunamente rendere edotti i propri dipendenti uffici onde evitare il rinnovarsi di irrituali richieste di certificazioni con le indicazioni dei rapporti di parentela. Il Ministro: NAPOLITANO