N. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2015

Ordinanza  del  15  gennaio  2015  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento  civile  promosso  da  Saccal  Georges   contro   Ordine
provinciale dei medici  chirurghi  e  degli  odontoiatri  di  Milano,
Ministero della salute  e  Procuratore  della  Repubblica  presso  il
Tribunale di Milano . 
 
Sanita'  pubblica  -  Commissione  centrale  per  gli  esercenti   le
  professioni sanitarie - Composizione - Previsione che della  stessa
  facciano parte due componenti designati dal Ministero della salute,
  un dirigente  amministrativo  del  Ministero  ed  un  dirigente  di
  seconda fascia  medico  (o,  a  seconda  dei  casi,  veterinario  o
  farmacista) - Violazione dei principi di indipendenza, terzieta' ed
  imparzialita' dei giudici -  Violazione  dei  principi  del  giusto
  processo - Violazione di obblighi  internazionali  derivanti  dalla
  CEDU. 
- Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato  13  settembre
  1946, n. 233, art. 17. 
- Costituzione, artt. 108, comma secondo, 111 e 117, primo comma,  in
  relazione all'art. 6 § 1 della Convenzione per la salvaguardia  dei
  diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
(GU n.17 del 29-4-2015 )
 
                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       SEZIONE SECONDA CIVILE 
 
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
        Dott. Ettore Bucciante - Presidente 
        Dott. Lina Matera - Consigliere 
        Dott. Antonio Oricchio - Consigliere 
        Dott. Alberto Giusti - Consigliere Rel. 
        Dott. Elisa Picaroni - Consigliere 
    Ha pronunciato la seguente Ordinanza Interlocutoria  sul  ricorso
proposto da: 
        Saccal Georges, rappresentato e difeso, in forza  di  procura
speciale, dall'Avv. Bruno  Nascimbene,  con  domicilio  eletto  nello
studio dell'Avv. Giovanni Valeri in Roma, viale G.  Mazzini,  n.  11,
palazzina H; - ricorrente; 
    contro  Ordine  provinciale  dei   medici   chirurghi   e   degli
odontoiatri  di  Milano,  in  persona  del  presidente  pro  tempore,
rappresentato e difeso, in forza di procura speciale  a  margine  del
controricorso, dagli Avv. Enrico Pennasilico e  Sergio  Smedile,  con
domicilio eletto nello studio di  quest'ultimo  -  in  Roma,  via  G.
Ferrari, n. 12; controricorrente; 
    Contro Ministero  della  Salute,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore; - intimato e contro procuratore della Repubblica  presso  il
tribunale  di  Milano;  -  intimato  - avverso  la  decisione   della
Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie n. 12
del 19 ottobre 2011. 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
2 dicembre 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti; 
    Uditi gli Avv. Bruno Nascimbene ed Enrico Pennasilico; 
    Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per il rigetto  del
ricorso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Nella seduta del 26 ottobre 2009, il  Consiglio  dell'Ordine
dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Milano ha  deliberato  di
non accogliere la  richiesta  del  dott.  Georges  Saccal,  cittadino
siriano nato  ad  Aleppo  nel  1962,  di  iscrizione  all'albo  degli
odontoiatri custodito presso l'Ordine. 
    La richiesta e' stata  esaminata  alla  luce:  (a)  dell'art.  9,
secondo comma, del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello
Stato 13 settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione  degli  Ordini  delle
professioni  sanitarie  e  per  la  disciplina  dell'esercizio  delle
professioni stesse), il quale stabilisce che  «possono  essere  anche
iscritti all'albo gli stranieri che abbiano conseguito il  titolo  di
abilitazione in Italia o all'estero, quando siano  cittadini  di  uno
Stato con il quale il Governo italiano abbia  stipulato,  sulla  base
della  reciprocita',  un  accordo  speciale  che  consenta  ad   essi
l'esercizio della professione in Italia, purche' dimostrino di essere
di buona condotta e di avere il godimento dei  diritti  civili»;  (b)
dello Scambio di note 30 gennaio-28 maggio 1958  tra  l'Italia  e  la
Repubblica Araba Unita, che la Siria  ha  dichiarato  di  considerare
operante  con  nota  del  7  giugno  1966,  con   cui   si   convenne
«l'application du principe de  la  reciprocite'  entre  la  Syrie  et
l'Italie, pour l'exercise de la profession medicale. En  consequence,
les medecins de nationalite' syrienne  seront  autorises  a'  exercer
leur profession en Italie  aux  memes  conditions  que  les  medecins
italiens seront autorises a' exercer leur profession en Syrie». 
    L'Ordine provinciale ha rilevato che il  diploma  di  "Chirurgien
Dentiste" conseguito dal dott. Saccal presso l'Universita' Libanese -
Facolta' di scienze mediche  in  data  2  luglio  1988,  riconosciuto
successivamente (in data 28 luglio 1993) dal Ministero della  sanita'
siriano, non e' titolo idoneo, mancando  tra  i  titoli  prodotti  il
decreto  ministeriale  di  riconoscimento  del  diploma   di   laurea
rilasciato  dal  Ministero  della  salute  italiano.   Il   Consiglio
dell'ordine ha osservato inoltre che lo Scambio di note tra Italia  e
Repubblica Araba Unita per  regolare  l'esercizio  della  professione
medica in Italia e  in  Siria  non  puo'  essere  esteso-  ai  titoli
conseguiti  in  un   Paese   terzo   e   successivamente   dichiarati
equipollenti in Siria, in quanto  il  riconoscimento  automatico  del
titolo  esercita  i  suoi  effetti  esclusivamente   tra   le   parti
contraenti. 
    2. - La Commissione centrale per  gli  esercenti  le  professioni
sanitarie, con decisione depositata  in  data  19  ottobre  2011,  ha
respinto il ricorso del dott. Saccal. 
    2.1. - La Commissione ha ribadito che lo Scambio di note del 1958
e' applicabile esclusivamente nei confronti dei cittadini siriani  in
possesso di un titolo  conseguito  in  Siria,  non  contenendo  detto
accordo nessuna clausola che consenta di estenderne gli effetti anche
ai titoli conseguiti in Paesi terzi e successivamente riconosciuti in
Siria. 
    La Commissione ha poi rilevato che il dott.  Saccal  ha  comunque
acquisito la cittadinanza italiana,  restando  quindi  soggetto  alle
norme riguardanti cittadini italiani, con tutte  le  conseguenze  del
caso, ivi compreso il rispetto delle condizioni alle quali  la  legge
24 luglio 1985, n. 409, e successive modificazioni  ed  integrazioni,
subordina il rilascio da parte delle competenti  autorita'  nazionali
dei titoli necessari al  legittimo  esercizio  della  professione  di
odontoiatra sul territorio italiano. Tra questi condizioni, vi  e'  -
ha sottolineato la  Commissione  -  il  riconoscimento,  a  cura  del
Ministero della salute, della validita' del titolo conseguito  in  un
Paese  non  appartenente  all'Unione  europea,  riconoscimento  nella
specie mancante. 
    3. - Per la cassazione della decisione della Commissione centrale
il dott. Saccal ha  proposto  ricorso,  con  atto  notificato  il  27
dicembre 2011, il 10 gennaio, 2012 e l'8 febbraio 2012. 
    L'Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri  di
Milano ha resistito con controricorso. 
    Gli altri intimati - il Ministero della salute e  il  Procuratore
della Repubblica di Milano - non hanno svolto attivita' difensiva  in
questa sede. 
    3.1. - Con il primo motivo si denuncia nullita' della sentenza  o
del procedimento, in relazione agli artt. 112 cod. proc.  civ.,  108,
111 e 117 Cost., per omessa  pronuncia  in  relazione  ad  una  delle
questioni poste dal ricorrente dinanzi alla Commissione centrale  per
gli esercenti le professioni sanitarie,  relativa  alla  composizione
del collegio giudicante, con conseguente "iniquita'" della  decisione
per violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il
pronunciato, e violazione dei  canoni  del  giusto  processo  per  la
mancanza di un giudice terzo, autonomo e indipendente,  in  relazione
agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo,
cosi' come interpretati dalla Corte di  Strasburgo,  e  dell'art.  47
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonche'  in
relazione all'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, facente parte
dei principi generali del nostro ordinamento, che impone l'obbligo di
motivazione di qualunque atto amministrativo. 
    Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e  falsa
applicazione dell'art. 9 del d.lgs.C.p.S. 13 settembre 1946, n.  233,
e dello Scambio di note tra Italia e Siria del 30 gennaio 1958 e  del
28 maggio 1958, anche in relazione all'art. 10, secondo somma, Cost.,
nella parte in cui prevedono il riconoscimento automatico, in Italia,
del titolo di studio conseguito in uno Stato con il quale il  Governo
italiano abbia stipulato un accordo speciale. 
    Il  terzo  motivo  lamenta  nullita'   della   sentenza   o   del
procedimento in relazione agli artt. 112 cod. proc. civ., 111  e  117
Cost. per ultrapetizione, nella parte in cui - violando il  principio
secondo cui  il  giudice  nell'adottare  la  propria  statuizione  e'
vincolato al petitum e alla causa petendi - e'  stato  introdotto  il
tema,  assente  nel  provvedimento  impugnato,   della   cittadinanza
italiana del ricorrente, anche con riferimento alle norme di  diritto
dell'Unione europea eventualmente applicatili. 
    4. - In prossimita' dell'udienza il ricorrente ha depositato  una
memoria illustrativa. 
    Con particolare riguardo al primo motivo di  ricorso,  la  difesa
del dott. Saccal ha osservato che sebbene il mancato esame, da  parte
della Commissione centrale, della sollevata eccezione di legittimita'
costituzionale delle norme relative alla composizione di quell'organo
giurisdizionale non integri di per se' un vizio di omessa  pronuncia,
tuttavia  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  resterebbe
deducibile e rilevabile in cassazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il primo motivo di ricorso e con la  successiva  memoria
illustrativa il ricorrente eccepisce l'illegittimita'  costituzionale
dell'art.  17  del   d.lgs.C.p.S.   13   settembre   1946,   n.   233
(Ricostituzione degli Ordini delle professioni  sanitarie  e  per  la
disciplina  dell'esercizio  delle  professioni  stesse),   anche   in
riferimento o in combinato disposto con gli artt. 63,  74  e  76  del
d.P.R. 5 aprile  1950,  n.  221  (Approvazione  del  regolamento  per
l'esecuzione del decreto legislativo 3 settembre 1946, n. 233,  sulla
ricostituzione degli Ordini delle  professioni  sanitarie  e  per  la
disciplina dell'esercizio delle  professioni  stesse),  per  supposta
violazione degli artt. 108, secondo comma, 111  e  117,  primo  coma,
Cost.,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6,   par.   1,   della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali. 
    2. -  Ad  avviso  del  Collegio,  il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 17 del d.lgs.C.p.S.  n.  233  del  1946  non
manifestamente infondato, nei termini di seguito precisati. 
    2.1. - La Commissione centrale per gli esercenti  le  professioni
sanitarie  e'  un  organo  di  giurisdizione  speciale  chiamato   ad
esaminare, tra l'altro,  i  ricorsi  avverso  i  provvedimenti  degli
Ordini e Collegi professionali locali in  materia  -  di  albo  e  di
irrogazione di sanzioni disciplinari. 
    La nomina e la composizione della Commissione  centrale  per  gli
esercenti le professioni sanitarie sono disciplinate dall'art. 17 del
d.lgs.C.p.s. n. 233 del 1946. 
    In  base  a  questa  disposizione,  la  Commissione  centrale  e'
«nominata  con  decreto  del  Capo  dello  Stato,  su  proposta   del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto  con  il  Ministro
per la grazia e giustizia, presieduta da un consigliere  di  Stato  e
costituita da un membro del Consiglio superiore di sanita'  e  da  un
funzionario dell'Amministrazione civile  dell'interno  di  grado  non
inferiore al sesto. Fanno altresi' parte della Commissione: [...]  e)
per l'esame degli affari concernenti la professione  di  odontoiatra,
un ispettore  generale  medico  e  otto  odontoiatri  di  cui  cinque
effettivi e tre supplenti». 
    Questa disposizione ha ricevuto  alcune  modifiche  implicite  di
dettaglio. 
    Per un verso, l'atto di nomina  non  assume  piu'  la  forma  del
decreto del Presidente della Repubblica, ma quello  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri.  Cio'  in  forza  dell'art.  2
della legge  12  gennaio  1991,  n.  13  (Determinazione  degli  atti
amministrativi da adottarsi nella forma del  decreto  del  Presidente
della Repubblica), ai  sensi  del  quale  «Gli  atti  amministrativi,
diversi da quelli previsti dall'articolo l, per i quali  e'  adottata
alla data di entrata in vigore della  presente  legge  la  forma  del
decreto del Presidente della Repubblica, sono emanati con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto  ministeriale,  a
seconda della competenza a formulare la  proposta  sulla  base  della
normativa vigente di cui sopra. Gli atti  amministrativi  di  cui  al
comma l, ove proposti da piu' Ministri, sono emanati nella forma  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». 
    Per l'altro verso, la costituzione (con legge 13 marzo  1958,  n.
296) del Ministero della  sanita',  prima,  e  la  nascita,  poi  del
Ministero della salute (cfr. artt. 2, numero 13, e 47-bis e  ss.  del
d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e legge 13 novembre 2009, n. 172)  non
solo hanno determinato l'intervento di questo  Ministero  nella  fase
della  formulazione  della  proposta  di  nomina,  ma   hanno   anche
comportato che la scelta di uno dei componenti non ainnene piu' tra i
funzionari  dell'Amministrazione  civile  dell'interno,  ma   tra   i
dirigenti del Ministero della salute. 
    Di queste modifiche e' specchio e testimonianza  il  d.P.C.m.  23
maggio 2011, recante la nomina - "sulla proposta del Ministero  della
salute e del Ministero della giustizia" - della Commissione  centrale
per il quadriennio 2011-2015, della quale fanno parte - oltre  ad  un
consigliere di Stato in veste di presidente, ad un  membro  designato
dal  Consiglio  superiore  di  sanita'  e  ad  otto  sanitari  liberi
professionisti (di cui cinque effettivi e  tre  supplenti)  designati
dai Comitati centrali delle rispettive  Federazioni  nazionali  -  un
dirigente amministrativo di seconda fascia del Ministero della salute
e un dirigente medico (o,  a  seconda  della  categoria  interessata,
veterinario  o  farmacista)  di  seconda  fascia,  l'uno  e   l'altro
designati dal Ministero della salute. 
    La disciplina, cosi' modificata, e' tuttora  vigente  e  l'organo
continua ad operare in base ad essa.  L'art.  15,  comma  3-bis,  del
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute), aggiunto dalla legge di conversione 8  novembre
2012, n.  189,  ha,  infatti,  stabilito:  «In  considerazione  delle
funzioni  di  giurisdizione  speciale  esercitate,   la   Commissione
centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di cui  all'art.
17 del decreto  legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  13
settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni,  e'  esclusa  dal
riordino di cui all'art. 2, comma 4, della legge 4 novembre 2010,  n.
183,  e  continua  ad  operare,  sulla  base   della   normativa   di
riferimento, oltre il  termine  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, come modificato dal coma 3-ter del
presente articolo. All'allegato l annesso al citato decreto-legge  n.
89 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  132  del
2012, il numero 29 e' abrogato». 
    Da ultimo, la Corte costituzionale; con la sentenza  n.  193  del
2014, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del  citato  art.
17, primo e secondo come, per la mancata previsione della  nomina  di
membri  supplenti  della  Commissione  centrale  che  consentano   la
costituzione, per numero  e  categoria,  di  un  collegio  giudicante
diversamente composto rispetto a quello  che  abbia  pronunciato  una
decisione annullata con rinvio dalla Corte di cassazione. 
    2.2. -  Questa  Corte  ha  piu'  volte  esaminato  eccezioni   di
legittimita'  costituzionale  aventi  ad  oggetto   l'art.   17   del
d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946 (e la connessa  normativa  regolamentare
contenuta nel d.P.R. n. 221 del  1950)  per  dedotta  violazione  dei
principi di terzieta' ed indipendenza  degli  organi  giurisdizionali
conseguente alla attribuzione della facolta' di nomina e  revoca  dei
membri della Commissione stessa al potere esecutivo, e li  ha  sempre
dichiarati manifestamente infondati (Sez. Un.,  18  aprile  1988,  n.
3032; Sez. Un. , 5 giugno 1997, n. 11129; Sez. Un., 7 agosto 1998, n.
7753; Sez. III, 5 febbraio 1999, n. 4761; Sez. III, 6 aprile 2001, n.
5141; Sez. III, 30 luglio 2001, n. 10396; Sez. III, 19  maggio  2003,
n. 7760; Sez. III, 21 maggio 2004, n. 9704; Sez. III, 18 aprile 2006,
n. 8958; Sez. III, 21 febbraio 2013, n. 4371). 
    Si e' in particolare osservato: 
        che il valore dell'autonomia e dell'indipendenza  dell'organo
di  giurisdizione  speciale  in  questione  (istituito  prima   della
Costituzione e,  quindi,  sottratto  al  divieto  di  istituzione  di
giudici speciali di cui all'art. 102 Cost.)  non  e'  automaticamente
vulnerato, dalla nomina dei giudici da parte  del  potere  esecutivo,
dovendosi aver riguardo allo status di essi, che deve essere tale  da
escludere una situazione di soggezione nei  confronti  dell'autorita'
che ha proceduto alla nomina; 
        che le regole di funzionamento dell'organo  evidenziano  che,
una volta avvenuta la nomina,  non  e'  rinvenibile  un  vincolo  con
l'autorita' nominante; 
        che la permanenza nell'ufficio e' congrua (quattro anni); 
        che il  potere  disciplinare  nei  confronti  del  componenti
professionisti e' esercitato dalla stessa Commissione centrale; 
        che non e' suscettibile di condurre a diversa conclusione  la
disciplina  dell'art.  74  del  d.P.R.  n.  221  del  1950,   recante
approvazione del regolamento d'esecuzione del decreto legislativo  n.
223 del 1946, il quale prevede, indipendentemente dall'esercizio  del
potere disciplinare, la revoca dei  componenti  professionisti  della
Commissione (con lo stesso procedimento per la nomina) «qualora  cio'
si renda necessario per il miglior funzionamento di  essa  e  per  la
dignita'  della  classe»:  cio'  in  quanto,  trattandosi  di   norma
regolamentare, sprovvista dunque di forza  di  legge,  la  stessa  e'
estranea allo scrutinio di costituzionalita'  da  parte  del  giudice
delle  leggi,  mentre  puo'  costituire   oggetto   di   censura   di
legittimita' secondo le regole generali. 
    2.3. - Il Collegio intende rimeditare tale orientamento. 
    Occorre  muovere  da  una  duplice  premessa:   (a)   parte   nel
procedimento giurisdizionale che si svolge dinanzi  alla  Commissione
centrale e' - oltre al procuratore  della  Repubblica  ed  all'Ordine
professionale interessato - il Ministero della salute (Sez. Un.  ,  5
aprile 1991, n. 3556 e n. 3557; Sez. Un., 17 febbraio 1992, n.  1915;
Sez. Un., 3 giugno 1992, n. 6782;  Sez.  III,  26  ottobre  2000,  n.
14138); (b) in base all'art. 17 del d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946,  lo
stesso Ministero della salute, proponente insieme al Ministero  della
giustizia la  nomina  della  Commissione  centrale,  ne  designa  due
componenti: uno tra i dirigenti amministrativi del Ministero, l'altro
tra gli ispettori generali (oggi tra i dirigenti di  seconda  fascia,
medici, veterinari o farmacisti). 
    Siffatta designazione, ad avviso di questo  giudice  a  quo,  non
assicura la terzieta' e l'indipendenza dei predetti componenti, sotto
un triplice profilo. 
    Innanzitutto la designazione governativa e' un atto, non adottato
in esito ad una selezione resa oggettiva da criteri predeterminati  o
di efficacia predeterminata, ma discrezionele. 
    Inoltre,  i  dirigenti  ministeriali  nominati  componenti  della
Commissione centrale, anche durante  lo  svolgimento  delle  funzioni
giurisdizionali, continuano a rimanere incardinati e ad espletare  le
funzioni istituzionali presso il Ministero della  salute,  parte  del
processo, e quindi  rimangono  soggetti  a  tutti  i  condizionamenti
dovuti alla loro posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa,
che ne garantisce lo stato giuridico ed economico. Vero  e'  che,  ai
sensi dell'art. 18 del d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946,  la  Commissione
centrale esercita il potere disciplinare  nei  confronti  dei  propri
componenti: questo  vale  tuttavia  non  nei  confronti  di  tutti  i
componenti, ma soltanto «dei [...] membri professionisti e dei membri
dei  Comitati  centrali  delle  Federazioni  nazionali»,  per  cui  i
dirigenti ministeriali componenti  della  Commissione  continuano  ad
essere sottoposti  al  potere  disciplinare  dell'amministrazione  di
appartenenza. 
    Infine,  la  terzieta'  dei  membri  della  Commissione  centrale
designati dal Ministero della salute appare compromessa  anche  dalla
disposizione del quinto comma del citato  art.  17  che  prevede,  al
termine del quadriennio, la possibilita' di riconferma nell'incarico,
secondo il discrezionale apprezzamento del  Ministero  stesso,  posto
che la sola prospettiva  del  reincarico  esclude  l'indipendenza  di
costoro dall'amministrazione designante (cfr. Corte  cost.,  sentenza
n. 25 del 1976). 
    2.4. - Questo giudice a quo dubita che l'art. 17 del d.lgs.C.p.S.
n. 233 del 1946, nella parte in cui  prevede  che  della  Commissione
centrale per gli esercenti le professioni sanitarie fanno  parte  due
componenti  designati  dal  Ministero  della  salute,  un   dirigente
amministrativo del Ministero ed un dirigente di seconda fascia medico
(o, a seconda dei casi, veterinario o farmacista), possa violare, per
gli anzidetti profili, gli artt. 108, secondo comma, e 111 Cost. 
    Come ha  ricordato  la  Corte  costituzionale,  il  principio  di
terzieta' e di indipendenza del giudice «concerne non  solo  l'ordine
giudiziario nel suo  complesso  [...]  ma  anche  i  singoli  organi,
ordinari [...] o speciali  al  fine  di  assicurare  che  l'attivita'
giurisdizionale,  nelle  sue  varie  articolazioni,   come   la   sua
intrinseca  essenza  esige,  sia   esercitata   senza   inammissibili
influenze esterne» (sentenza n. 284  del  1986).  Tale  principio  e'
«applicabile ad ogni giudice», anche  delle  giurisdizioni  speciali,
«ed in qualsiasi processo» (sentenza n. 353 del 2002),  quindi  anche
in quello in esame, dovendo essere comunque «osservata la regola  che
il giudice rimanga sempre super  partes  ed  estraneo  rispetto  agli
interessi oggetto del processo» (sentenza n. 193 del 2014, cit.). 
    In particolare, «per qualsiasi dipendente in servizio presso  una
amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale [...]  o
che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attivita'
amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie  [...]  di
indipendenza e terzieta',  anche  attraverso  una  nuova  e  speciale
posizione di stato giuridico [...] quando il medesimo sia chiamato  a
funzioni  giurisdizionali  nella  stessa  materia  comunque  affidata
all'amministrazione di provenienza o di  codipendenza»  (sentenza  n.
353 del 2002, cit.). 
    2.4.1. - Ad avviso di questo Collegio, la norma censurata  -  non
fornendo adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione  e  alla
presenza di regole di  autonomia  dei  componenti  della  Commissione
centrale designati dal Ministero della salute - non  sembra  superare
nemmeno il test di conformita' con  la  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo - e delle  liberta'  fondamentali,
resa esecutiva con la legge  di  autorizzazione  -  alla  ratifica  4
agosto 1955, n. 848, la quale vuole che sia assicurato il diritto  di
ogni persona ad un processo equo davanti a un tribunale  indipendente
e imparziale costituito per legge: di qui  il  dubbio  del  contrasto
anche con l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all'art.  6,
par. 1, della Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo, infatti, «in order to determine  whether  a  body  can  be
considered to be "independent" of the executive it  is  necessary  to
have, regard to the manner of appointment  of  its  members  and  the
duration of their term of office, the existence of guarantees against
outside pressures and the  question  whether  the  body  presents  an
appearance of independence» (Lauko v. Slovakia, 2 settembre  1998,  §
63). D'altra parte, «the appointment of judges by  the  executive  is
permissible, provided the  appointees  are  free  from  influence  or
pressure when carrying out their adjudicatory rose» (Flux - no.  2  -
v. Moldova, 3 luglio 2007, § 27). 
    2.5. - Il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 17  del
d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946 e' rilevante ai fini  della  definizione
di questo giudizio. 
    Infatti, la decisione impugnata con il ricorso per cessazione  e'
stata  emessa  dalla  Commissione  centrale  per  gli  esercenti   le
professioni sanitarie con la presenza dei  componenti  designati  dal
Ministero della salute, sicche', qualora la  sollevata  questione  di
costituzionalita'  venisse  accolta,  la  decisione  stessa  dovrebbe
essere cassata per essere stata resa da un organo  privo  in  radice,
per  struttura  e  composizione,  dei  requisiti  di   terzieta'   ed
indipendenza necessari per l'esercizio della giurisdizione. 
    3. -   Quanto   all'oggetto   del    dubbio    di    legittimita'
costituzionale, il  Collegio  ritiene  di  non  potere  estendere  la
questione di legittimita' costituzionale ad  altre  norme  denunciate
dalla parte ricorrente, ossia: (a) all'art. 63 del d.P.R. n. 221  del
1950, il quale prevede in quali casi i componenti  della  Commissione
centrale che abbiano la  qualita'  di  presidente  o  di  membro  del
Comitato  centrale  della  Federazione  nazionale  o  del   Consiglio
dell'Ordine o del Collegio non possono prendere parte alle  decisioni
della Commissione stessa; (b) all'art. 74  dello  stesso  d.P.R.,  il
quale stabilisce che,  indipendentemente  dall'esercizio  del  potere
disciplinare, puo' essere revocata - con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di
concerto con il  Ministro  della  giustizia,  sentite  le  rispettive
Federazioni - la nomina di  uno  o  piu',  componenti  professionisti
della Commissione, «qualora cio' si' renda necessario per il  miglior
funzionamento di essa e per la dignita' della classe»;  (c)  all'art.
76 del  citato  d.P.R.,  in  base  al  quale  alla  segreteria  della
Commissione centrale e' addetto personale in  servizio  e  dipendente
dal Ministero della salute. 
    Si tratta, infatti, di norme, contenute  in  un  regolamento,  di
esecuzione, prive di forza di legge, sulle quali  pertanto  non  puo'
essere invocato un sindacato di legittimita' costituzionale, mancando
uno specifico collegamento di queste (nel  senso  indicato  da  Corte
cost., sentenze n. 1104 del 1988, n. 456 del 1994, n. 354 del 2008  e
n. 34 del 2011) con la norma legislativa (cfr. Corte cost., ordinanza
n. 389 del 2004 e sentenza n. 162 del 2008). 
    4. - Il giudizio deve essere quindi sospeso e gli atti  trasmessi
alla Corte costituzionale. 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Corte, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87: 
        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
riferimento agli artt. 108, secondo comma, 111 e  117,  primo  comma,
della Costituzione, quest'ultimo in riferimento all'art. 6,  par.  1,
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, resa esecutiva con la legge di  autorizzazione
alla ratifica 4 agosto 1955, n. 848,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  17  del  decreto  legislativo   del   Capo
provvisorio dello Stato 13 settembre  1946,  n.  233  (Ricostituzione
degli  Ordini  delle  professioni  sanitarie  e  per  la   disciplina
dell'esercizio delle professioni  stesse),  nei  termini  di  cui  in
motivazione; 
        sospende il presente giudizio; 
        dispone che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza
sia notificata alle parti del giudizio  di  cassazione,  al  pubblico
ministero presso questa Corte ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
        dispone,  altresi',  che  l'ordinanza  venga  comunicata  dal
cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
        ordina l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
notificazioni e comunicazioni; alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio della II  Sezione
civile della Corte suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2014. 
 
                      Il Presidente: Bucciante