N. 201 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2015
Ordinanza del 3 giugno 2015 del Tribunale di Savona nel procedimento penale a carico di Pisati Angelo. Processo penale - Decreto penale di condanna - Avviso all'imputato della facolta' di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all'atto di opposizione - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe - Lesione del diritto di difesa. - Codice di procedura penale, art. 460. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.41 del 14-10-2015 )
TRIBUNALE DI SAVONA Sezione Penale Il Giudice dott. Emilio Fois, Vista l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 460 c.p.p., proposta dalla difesa all'odierna udienza, nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l'avviso della facolta' dell'imputato di presentare istanza di' messa alla prova entro i termini per l'opposizione Osserva 1. Nei confronti di Angelo Pisati e' stato emesso decreto penale di condanna, in data 6 dicembre 2014, per il reato di cui all'art. 44, lett. c), D.P.R. 380/01. Con atto depositato in data 20 gennaio 2015, l'imputato ha presentato opposizione senza richiesta di riti alternativi o di messa alla prova. All'udienza del 12 maggio 2015 l'imputato ha chiesto personalmente la messa alla prova ed all'udienza odierna la difesa ha documentato la presentazione dell'istanza di formulazione del programma all'U.E.P.E. competente per territorio. 2. Rilevanza della questione Sulla base della disciplina vigente l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile perche' tardiva. Trattandosi infatti di giudizio conseguente all'opposizione a decreto penale di condanna, l'istanza di messa alla prova avrebbe dovuto essere proposta a pena di inammissibilita' unitamente all'atto di opposizione. Tuttavia, qualora l'eccezione dovesse essere accolta, l'imputato dovrebbe essere ancora in termini per richiedere l'ammissione alla messa alla prova, dovendosi ravvisare un oggettivo collegamento tra l'omissione dell'avviso ed il mancato esercizio delle facolta' cui l'avviso era preposto. La questione si presenta pertanto di sicura rilevanza rispetto all'esito dell'odierno procedimento. 3. Non manifesta infondatezza. Come affermato in numerose pronunce della Corte costituzionale, non puo' stabilirsi in astratto un unico parametro di informazione che deve essere dato all'imputato in relazione ai vari riti in quanto "le forme di esercizio del diritto di difesa possono essere variamente modulate dal legislatore in relazione alle caratteristiche dei singoli riti". (1) . Deve tuttavia evidenziarsi come l'istituto della messa alla prova, per i profili che qui interessano, sia assimilabile ai riti della c.d. alternativa inquisitoria poiche' costituisce un'alternativa procedimentale al giudizio dibattimentale ordinario il cui sbocco - iniziale sospensione del procedimento e successiva declaratoria di estinzione del reato - e' senz'altro piu' incisivo rispetto ai procedimenti di applicazione pena ed al giudizio abbreviato e puo' essere paragonato all'oblazione. Secondo il vigente codice di rito, l'imputato deve essere avvisato, a pena di nullita', della facolta' di accedere ai riti alternativi ed all'oblazione: a) unitamente al decreto di citazione diretta a giudizio (art. 552, comma 1, lett. F e comma 2 c.p.p.); b) unitamente al decreto penale di condanna (artt. 460 comma 1 lett. E c.p.p. e 141 comma 3 disp. att. c.p.p.); c) unitamente al decreto di giudizio immediato (art. 456, comma 2 c.p.p. che non fa menzione dell'oblazione trattandosi di giudizio applicabile a delitti per i quali la stessa non e' ammessa). La Corte costituzionale ha anche avuto modo di precisare, proprio in relazione al giudizio immediato, che "l'effettivo esercizio della facolta' di chiedere i riti alternativi costituisce [infatti] una delle piu' incisive forme di "intervento" dell'imputato, cioe' di partecipazione "attiva" alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni illegittima menomazione di tale facolta', risolvendosi nella violazione del diritto sancito dall'art. 24, secondo comma, Cost., integra la nullita' di ordine generale sanzionata dall'art. 178, comma 1, lettera c), Cod. Proc. Pen." (2) Una disposizione analoga a quelle menzionate manca esclusivamente nel procedimento ordinario in relazione all'udienza preliminare, posto che l'art. 419 c.p.p. non prevede che nell'avviso di fissazione debba essere dato all'imputato alcun avvertimento sui riti alternativi. Tale trattamento differenziato si giustifica peraltro tenuto conto della maggiore garanzia costituita dalla possibilita' di esercitare l'opzione nell'ambito di un'udienza camerale ove il diritto di difesa e' assicurato dalla presenza obbligatoria del difensore e dalla dilatazione dello sbarramento temporale fino alla formulazione delle conclusioni. (3) . Piu' in generale si puo' ritenere che la celebrazione dell'udienza preliminare amplia decisamente gli spazi di difesa rispetto agli altri procedimenti qui menzionati (citazione diretta, giudizio immediato, procedimento per decreto) sicche' non potrebbe certamente essere sospettata di incostituzionalita' la disposizione dell'art 419 c.p.p. sotto tale profilo. Merita un cenno anche la meno recente pronuncia relativa all'abrogato giudizio pretorile, nella quale la Corte costituzionale dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 555, comma 2 c.p.p. previgente "nella parte in cui non prevede la nullita' del decreto di citazione a giudizio per mancanza o insufficiente indicazione del requisito previsto dal comma 1, lettera e)" (corrispondente all'attuale lett. F). (4) Tale pronuncia si discosta dalla n. 8/2007 in materia di giudizio immediato per quanto concerne la necessita' di un'esplicita sanzione di nullita' (speciale), ma e' perfettamente in linea con la successiva giurisprudenza in relazione alla tutela costituzionale del diritto di difesa estrinsecantesi nella scelta dei riti alternativi. Il quadro normativo e giurisprudenziale fin qui descritto conduce pertanto a ritenere sussistente nel nostro ordinamento processualpenalistico un principio, fondato sull'art. 24 Cost., secondo cui la scelta delle alternative procedimentali al giudizio dibattimentale ordinario, quando debba essere compiuta entro brevi termini di decadenza che maturino fuori udienza o in limine alla stessa, deve essere preceduta da uno specifico avviso. Se cio' e' vero non puo' non evidenziarsi come in relazione alla messa alla prova il legislatore abbia imposto dei termini di decadenza ma non abbia introdotto alcuno specifico avviso, nemmeno laddove la scelta debba essere compiuta al di fuori di un'udienza, come avviene nel caso di opposizione a decreto penale di condanna. La questione appare pertanto non manifestamente infondata tanto in relazione all'art. 24 Cost. che in relazione all'art. 3 Cost. data la disparita' di trattamento tra situazioni analoghe. (1) v. Da ultimo Corte Cost. Ordinanze n. 245 del 24.09.2014 e n. 286 del 19.12.2012 (2) Corte Cost. sentenza n. 148 del 24.3-13.5.2004. (3) Corte Cost. Ordinanza n. 8 del 8.1.2007 (4) Corte Cost. Sentenza n. 497 del 23.11.1995.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. 11/3/1953 n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 460 c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l'avviso all'imputato che ha facolta' di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all'atto di opposizione; Sospende il giudizio in corso; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la notificazione della presente ordinanza a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Savona, 3 giugno 2015 Il Giudice: Fois