N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 aprile 2017
Ordinanza del 21 aprile 2017 del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo sul ricorso proposto da Accardo Laura contro Comune di Lanciano e Regione Abruzzo. Gioco e scommesse - Norme della Regione Abruzzo - Autorizzazione all'esercizio di sale da gioco o all'installazione di apparecchi per il gioco lecito - Distanze minime da luoghi sensibili - Inclusione, nell'elenco dei luoghi sensibili, delle caserme militari. - Legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco), art. 2 [, comma 1], lett. c) [, IV].(GU n.46 del 15-11-2017 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZZO Sezione staccata di Pescara (sezione prima) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso di registro generale 218 del 2016, proposto da: Laura Accardo, rappresentata e difesa dagli avvocati Angela Gemma, Marco Tronci, Renzo Latorre, domiciliata ex art. 25 cpa presso Tribunale amministrativo regionale Pescara segreteria in Pescara, via A. Lo Feudo, 1; Contro: Comune di Lanciano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Carlini, domiciliato ex art. 25 cpa presso Tribunale amministrativo regionale Pescara segreteria in Pescara, via A. Lo Feudo, 1; Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la sede della stessa domiciliata in l'Aquila, via Buccio di Ranallo C/S.Domenico; Per l'annullamento della nota prot. 19742 del 7 aprile 2016 con la quale il dirigente del settore servizi alla persona attivita' produttive del Comune di Lanciano ha comunicato alla ricorrente che non sussistono i presupposti per il rilascio della Tabella dei giochi proibiti richiesta dalla stessa; della nota prot. 8141 dell'11 febbraio 2016 con la quale si comunica alla ricorrente che il procedimento relativo al rilascio della Tabella richiesta rimane sospeso essendo pregiudiziale l'autorizzazione TULPS della Questura; di tutti gli atti presupposti, conseguenti e connessi; nonche' per la disapplicazione degli articoli 2 e 3 della L.R Abruzzo 29 agosto 2013 ed eventuale remissione alla Corte di Giustizia o Corte costituzionale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Lanciano e di Regione Abruzzo; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2017 il dott. Alberto Tramaglini e uditi l'avv. Federico Frasca, su delega dell'avv. Angela Gemma, per la ricorrente, l'avvocato dello Stato Dario Simeoli per la Regione Abruzzo, l'avv. Giovanni Carlini per l'amministrazione comunale; 1. - La ricorrente, titolare di impresa individuale per l'esercizio dell'attivita' di raccolta scommesse su rete fisica in base ad autorizzazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e di licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. del Questore di Chieti, titoli entrambi rilasciati all'esito della procedura di regolarizzazione di cui all'art. 1, comma 643, legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2015), ha impugnato gli atti, indicati in epigrafe, con cui il Comune di Lanciano ha definito l'istanza diretta al «rilascio della Tabella dei Giochi Proibiti ai fini dell'installazione, dopo aver provveduto ad effettuare apposita SCIA, degli apparecchi ex art. 110, comma 6, lettera a) e b)». L'amministrazione ha disatteso l'istanza in base al rilievo che fosse allo scopo necessaria l'autorizzazione di cui all'art. 3, comma 1 [«L'esercizio delle sale da gioco e l'installazione di apparecchi per il gioco lecito sono soggetti ad autorizzazione del Sindaco del comune territorialmente competente») della L.R. Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco) e che non fosse quindi sufficiente la preannunciata segnalazione certificata. Il comune ha altresi' rilevato che la «Tabella» predetta «non equivale ad autorizzazione» e che «nel caso in esame e' stata accertata la mancanza del requisito della distanza dal "luogo sensibile", in riferimento all'art. 2, comma 1, lettera c), p. IV, della suddetta legge regionale», negandone in conclusione il rilascio. Vi e' da precisare che il secondo comma dello stesso art. 3 L.R. cit. dispone che «L'autorizzazione all'esercizio di sale da gioco o all'installazione di apparecchi per il gioco lecito presso esercizi commerciali o pubblici non e' rilasciata nel caso di ubicazione dei locali a distanza inferiore a 300 metri, misurati in base al percorso pedonale piu' breve, dai luoghi sensibili», mentre l'art. 2 reca alla lettera c) un'elencazione di tali luoghi [«Ai fini dell'applicazione della presente legge: ... c) per luoghi sensibili devono intendersi...»], tra cui, sub IV, «le caserme militari». La ricorrente si e' quindi vista respinta l'istanza in primo luogo perche' difettava l'autorizzazione e comunque perche' non esistevano le condizioni per il rilascio, stante «distanza inferiore a 300 metri ... dai luoghi sensibili, nella fattispecie dalla Caserma Militare, quale il Comando Compagnia Carabinieri». 2. - Chiedendo l'annullamento di tali atti, eventualmente previa disapplicazione degli articoli 2 e 3 in quanto in contrasto con gli articoli 49 ss. e 56 ss. Trattato sul funzionamento dell'Unione europea econ principi comunitari, la ricorrente ha sostenuto in via principale la tesi della inapplicabilita' della legge regionale in quanto la legittimazione ad installare i dispositivi in questione le deriverebbe unicamente dalle autorizzazioni conseguite all'esito della procedura di emersione, disciplinata da normativa «posteriore ma speciale» (il co. 643 citato) poiche' finalizzata a soddisfare esigenze tipicamente statali, materia su cui la Regione non avrebbe pertanto alcuna competenza legislativa. In via subordinata ha eccepito la illegittimita' costituzionale delle previsioni della legge regionale n. 40 del 2013 che subordinano l'installazione degli apparecchi in questione ad autorizzazione comunale e comunque del predetto art. 2, comma 1 lettera c), nella parte in cui irragionevolmente include «IV) le caserme militari» tra i «luoghi sensibili». 3. - Instaurato il contraddittorio, all'esito dell'udienza di discussione il ricorso e' stato parzialmente deciso con separata sentenza con cui il Collegio ha estromesso dal giudizio la Regione Abruzzo e, dopo aver preliminarmente accertato l'ammissibilita' del ricorso in quanto diretto contro provvedimento che ha definito negativamente l'iter, ha rigettato i motivi proposti in via principale ed ha ritenuto manifestamente infondate le eccezioni di legittimita' costituzionale sollevate in termini analoghi (e con specifico richiamo) a Tribunale amministrativo regionale Lecce, sez. I, ordinanza 22 luglio 2015 n. 2529, trattandosi di profili gia' disattesi da Corte costituzionale 11 maggio 2017 n. 108. Riguardo al residuo profilo si e' fatto rinvio a separata ordinanza per sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1 lettera c), L.R. Abruzzo n. 40 del 2013, nella parte in cui include «IV) le caserme militari» tra i «luoghi sensibili» da cui mantenere una distanza minima nell'insediamento delle attivita' soggette all'autorizzazione di cui all'art. 3. 4. - La suddetta questione e' rilevante in quanto il rifiuto espresso con gli atti oggetto del giudizio e' fondato esclusivamente sulla richiamata disposizione regionale, sicche', nel caso la questione fosse fondata e «le caserme militari» fossero pertanto espunte dall'elenco dei «luoghi sensibili», ne deriverebbe l'accoglimento del ricorso con annullamento dell'atto interruttivo dell'iter e conseguente possibilita' per la ricorrente di ottenere l'autorizzazione all'esito della riapertura del procedimento. In tali termini, nella sentenza che ha parzialmente definito il giudizio, e' stato riconosciuto l'interesse a vedere rimosso il diniego espresso dal Comune, quanto meno nella sua funzione di precludere l'ulteriore sviluppo dell'iter autorizzatorio. 5. - In ordine alla non manifesta infondatezza, va rilevato che l'art. 1 della legge regionale in esame [«(Finalita') - La presente legge, nel rispetto della suddivisione di competenze fra Stato e Regioni e dei vincoli derivanti dall'ordinamento giuridico europeo, detta norme finalizzate a prevenire la diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco, anche se lecito, ed a tutelare determinate categorie di persone dai rischi che ne derivano»] evidenzia che si tratta di disciplina avente finalita' analoghe a quelle alla base della legge pugliese di cui alla citata sentenza n. 108/2017 della Corte. Anche nella fattispecie, infatti, la questione verte sulla «previsione di distanze minime delle sale da gioco rispetto a luoghi cosiddetti "sensibili": frequentati, cioe', da categorie di soggetti che si presumono particolarmente vulnerabili di fronte alla tentazione del gioco d'azzardo». Anche per la legge abruzzese vale quindi quanto osservato nella richiamata sentenza della Corte: «Il legislatore regionale e' intervenuto ... per evitare la prossimita' delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente piu' esposti all'illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della "dipendenza da gioco d'azzardo": fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all'alcoolismo. La disposizione in esame persegue, pertanto, in via preminente finalita' di carattere socio-sanitario, estranee alla materia della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, e rientranti piuttosto nella materia di legislazione concorrente «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), nella quale la Regione puo' legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.» La materia di cui si occupa la legge regionale in esame e' dunque la «tutela della salute», il che evidenzia il contrasto della previsione censurata con l'art. 117, commi 2 e 3, Cost. Deve infatti ritenersi che la normativa regionale sia espressione di finalita' di carattere socio-sanitarie nella misura in cui le relative previsioni siano rivolte alla tutela di soggetti «deboli» e che esorbiti, invece, da tale materia una disposizione riferita a luoghi frequentati da soggetti che non presentano alcuna caratteristica che li renda «psicologicamente piu' esposti all'illusione di conseguire vincite e facili guadagni». Mentre la maggior parte dei luoghi elencati dall'art. 2, lettera c) [«I) tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, inclusi gli istituti professionali e le universita'; II) tutte le strutture sanitarie ed ospedaliere, incluse quelle dedicate all'accoglienza, all'assistenza e al recupero di soggetti affetti da qualsiasi forma di dipendenza o in particolari condizioni di disagio sociale o che, comunque, fanno parte di categorie protette; III) i centri di aggregazione di giovani, inclusi gli impianti sportivi; ...; V) i centri di aggregazione di anziani; VI) tutti i luoghi di culto; VII) i cimiteri e le camere mortuarie»] puo' essere agevolmente collocata tra quelli ove si radunano soggetti ritenuti piu' esposti al rischio di cadere vittime della dipendenza da gioco d'azzardo, altrettanto non puo' dirsi delle caserme militari sub IV), non riscontrandosi alcun elemento che consenta di collocare i soggetti che frequentano tali luoghi (adulti in normali condizioni psico-fisiche sottoposti alla disciplina militare) tra quelli psicologicamente deboli e bisognosi della protezione legislativa. Le caserme militari non sono d'altra parte considerate nemmeno dall'art. 7, comma 10, del decreto-legge n. 158 del 2012 che, «Nella cornice di un complesso di misure intese a promuovere "un piu' alto livello di tutela della salute" (cosi il titolo del decreto-legge) e che hanno portato, tra l'altro, ad estendere i livelli essenziali di assistenza alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da "ludopatia" ... prevede, in questa chiave, la progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a), del TULPS - ossia con le cosiddette slot machines - che risultino ubicati in prossimita' di luoghi sensibili» (Corte cost. n. 108 cit.), che individua in «istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi». Per quanto non sia contestabile la possibilita' delle regioni di individuare ulteriori spazi collettivi che esprimano analoghe esigenze di tutela, e' comunque del tutto evidente che cio' che accomuna le strutture «protette» e' l'esigenza, espressa dall'art. l della legge regionale in esame, di «tutelare determinate categorie di persone dai rischi che ... derivano» dalla «diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco». In tale direzione, la legge regionale ha, ad esempio, opportunamente precisato che i «centri socio-ricreativi e sportivi» di cui alla norma statale sono quelli «di aggregazione di giovani», con cio' escludendo dalle misure di protezione strutture dello stesso tipo qualora destinate ad adulti in normali condizioni psico-fisiche e percio' non particolarmente vulnerabili di fronte al rischio «ludopatia». Sembra al Collegio che a maggior ragione non si riscontrino finalita' di carattere sociosanitario nella previsione di una distanza di rispetto dalle caserme militari. Poiche' il requisito della distanza di almeno 300 metri da «caserme militari» non risulta far capo ad esigenze riferibili alla materia «tutela della salute», ne consegue l'illegittimita' costituzionale della previsione in quanto estranea alla competenza legislativa della Regione. Ne' sembra possibile inquadrare la norma in altra materia regionale, visto che l'intera legge esprime una chiara finalita' «socio-sanitaria», non lasciando percio' alcun margine ad un'interpretazione diretta a ricondurre una sua specifica disposizione ad esigenze di tutela di interessi di altro tipo, che non emergono in alcun modo dal testo normativo. Non si puo' d'altronde far riferimento alla materia «governo del territorio», visto che dal testo normativo non emergono particolari esigenze urbanistiche connesse alla prossimita' tra sale da gioco e caserme militari che non si manifestino rispetto a qualunque altro insediamento ad uso collettivo o pubblico. L'assenza di ogni distinzione nell'ambito della categoria «caserme militari», in cui si raggruppano strutture di differenti caratteristiche urbanistiche (essendo la norma, nella sua genericita', riferibile anche a edifici di minima consistenza, purche' di carattere «militare»), conferma ulteriormente che nessuna valutazione in termini urbanistici e' stata effettuata dal legislatore regionale. Non essendo la norma riconducibile alla materia sanitaria ne' ad altra di competenza regionale, si delinea, dunque, la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., con conseguente invasione delle competenze statali ed in particolare nella materia «ordine pubblico e sicurezza» (art. 117, comma 2, lettera h), a cui appartiene la disciplina dell'attivita' svolta dalla ricorrente. Si prospetta, in ogni caso, la violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., non riscontrandosi alcuna peculiare interferenza tra case da gioco e caserme militari che giustifichi un regime speciale rispetto ad altre strutture di analoghe caratteristiche, come quelle che fanno capo alle amministrazione civili del «comparto sicurezza». Va in conclusione ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 117, commi 2 e 3, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, lettera c), della L.R. Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco), nella parte in cui include tra i luoghi sensibili, «IV) le caserme militari...». Va pertanto disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con conseguente sospensione del giudizio.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, lettera c), della L.R. Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 dispone la sospensione del giudizio sul residuo capo di ricorso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa ed al Presidente della Giunta regionale Abruzzo nonche' comunicata al Presidente del Consiglio regionale. Cosi' deciso in Pescara nella Camera di consiglio del giorno 21 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati: Amedeo Urbano, Presidente; Alberto Tramaglini, consigliere, estensore; Massimiliano Balloriani, consigliere. Il Presidente: Urbano L'estensore: Tramaglini