N. 115 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2017
Ordinanza del 10 aprile 2017 del Tribunale di Udine nel procedimento penale a carico di P. G.. Misure di prevenzione - Disciplina - Soggetti destinatari - Tipologia delle misure e loro presupposti - Decisione. - Legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita'), artt. 1, 3 e 5; decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), artt. 1, 4, comma 1, lett. c), 6 e 8.(GU n.37 del 13-9-2017 )
IL TRIBUNALE DI UDINE Sezione Penale Ordinanza che promuove giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale (art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Il Tribunale di Udine, riunito in camera di consiglio, composto dai magistrati: dott.ssa Angelica Di Silvestre - Presidente; dott.ssa Mariarosa Persico - Giudice; dott. Luca Carboni - Giudice. Nel procedimento promosso a mezzo del difensore da P. G. nat.. a ... il ..., sottoposto a misura della prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. applicata con decreto del Tribunale di Udine del 29 febbraio 2008, per la durata di anni tre, confermata con decreto in data 20 giugno 2016; Fissata l'odierna udienza datone rituale avviso al Pubblico ministero, al Questore di Udine, all'interessato e al duo difensore; Udita la relazione del Giudice designato a norma dell'art. 45 disp. att. c.p.p.; Assunte le conclusioni del Pubblico ministero e del difensore; A scioglimento della riserva assunta; Premesso che P. G. e' stato sottoposto a misura della prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per la durata di anni tre, con decreto del Tribunale di Udine depositato il 29 febbraio 2008 e con decorrenza dal 2 dicembre 2008. La misura venne eseguita solo parzialmente a seguito di successivi e vari periodi di esecuzione di pene concorrenti; alla data del 15 luglio 2015 residuavano ancora giorni 440 come indicato dal Questore di Udine (nota 15 luglio 2015). Il tribunale di Udine, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2 dicembre 2013 e di istanza di revoca presentata dall'interessato, con decreto depositato il 20 giugno 2016 ha confermato la misura di prevenzione e disposto la sua applicazione per il periodo residuo. La Corte di appello di Trieste ha rigettato il ricorso proposto da P. G. avverso il decreto del Tribunale di Udine, con decreto di data 20 ottobre 2016, non impugnato ed ha confermato la misura, attualmente in corso. Con istanza depositata il 24 febbraio 2017 G. P., a mezzo del difensore, ha chiesto la revoca della misura, chiedendo «dichiararsi l'illegittimita' della misura di prevenzione e immediata disapplicazione di essa» a seguito della sentenza del 23 febbraio 2017 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo n. 43395/09, o in subordine sollevarsi questione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 3 e 5, legge n. 1423/156 oggi trasposti parzialmente negli articoli 1, 6 e 8, decreto legislativo n. 159/2011. Osserva La misura di prevenzione e' stata applicata a G. P. vigente la disciplina di cui alla legge n. 1423/1956 e confermata vigente la nuova normativa introdotta dal decreto legislativo n. 159/2011, che per l'espressa previsione dell'art. 117 dello stesso decreto legislativo non era applicabile ai procedimenti per i quali era gia' stata proposta misura di prevenzione. Gli articoli 1, 4, comma 1, lettera c del decreto legislativo n. 159/2011 hanno peraltro riproposto i criteri di individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione negli stessi termini gia' indicati dall'art. 1 della previgente disciplina. Con la sentenza pubblicata il 23 febbraio 2017, resa nel procedimento n. 43395/09, De Tommaso contro Italia, la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha espressamente affermato che le previsioni degli articoli 1, 3 e 5 della legge n. 1423/1956 sono in contrasto con il dispositivo dell'art. 2 del protocollo numero 4 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, reso esecutivo in Italia con decreto del Presidente della Repubblica n. 217/1982. La Corte europea ha affermato che le norme indicate contrastano con la liberta' di circolazione prevista dall'art. 2 sopra indicato; ha osservato che l'imposizione delle misure di prevenzione e' legata ad un'analisi prospettica demandata ai giudici nazionali in quanto ne' la legge ne' la Corte costituzionale hanno identificato con chiarezza gli elementi di fatto, con gli specifici tipi di comportamenti che devono essere presi in considerazione nella valutazione della pericolosita' sociale del proposto al fine di adozione delle misure di prevenzione. La Corte ha pertanto ritenuto che la legge n. 1423/1956 e' stata formulata in termini vaghi e generici, ha lasciato al giudice un ampio potere discrezionale senza indicare con sufficiente chiarezza la portata di tale discrezionalita' e la modalita' del suo esercizio. Nel paragrafo 126 della sentenza si afferma che l'interferenza derivante dalla normativa interna con la liberta' riconosciuta alla persona dalla convenzione EDU, si fonda su norme di legge che non hanno i requisiti di chiarezza e precisione richiesti dalla convenzione e pertanto la compressione della liberta' prevista dall'art. 2 del protocollo addizionale n. 4 non e' fondata su legge in possesso dei requisiti richiesti dalla convenzione, che ne risulta conseguentemente violata per assenza di prevedibilita' della legge. L'art. 117 della Costituzione prevede che la potesta' legislativa statale venga esercitata «nel rispetto della costituzione nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», che derivano anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Come statuito con sentenza della Corte costituzionale n. 349/2007, le norme contenute in accordi internazionali, oggetto di legge di adattamento, derivando dallo stesso obbligo del legislatore ordinario di rispettare le norme poste dai trattati e dalle convenzioni internazionali, tra le quali rientra la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - CEDU - non hanno rango costituzionale. Alla convenzione CEDU deve riconoscersi peraltro una peculiare rilevanza per il suo contenuto e dunque la norma nazionale incompatibile con norma della CEDU o con gli obblighi internazionali di cui all'art. 117, comma 1 della Costituzione, viola per cio' stesso il parametro costituzionale, che realizza un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente che da' vita e contenuto a quegli obblighi. Ne consegue che al giudice comune spetta di interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali cio' sia permesso dei testi delle norme; qualora cio' non sia possibile ovvero qualora si dubiti della compatibilita' della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, il giudice deve proporre questione di legittimita' costituzionale della norma interna per contrasto con l'art. 117 della Costituzione in relazione al contrasto con la norma convenzionale. Le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo che interpretano la convenzione assegnando uno specifico contenuto precettivo alle norme della stessa, si pongono a loro volta come parametro costituzionale interposto. La Corte EDU ha espressamente e complessivamente dichiarato il contenuto descrittivo e precettivo degli articoli 3 e 5 della legge n. 1423/1956 come in violazione dell'art. 2 del protocollo addizionale n. 4 per difetto di precisione e prevedibilita'. Non vi e' quindi possibilita' di interpretare le disposizioni per adeguarle alla norma convenzionale come interpretata dalla decisione CEDU, venendo ritenuta in violazione l'intera disposizione normativa. Non si ignora che la Corte costituzionale, con sentenza n. 49/2015, ha statuito che il giudice non ha obbligo di porre a fondamento del proprio processo interpretativo la giurisprudenza della Corte europea, che non sia espressione di un orientamento consolidato nel denunciare la violazione dei principi CEDU; nel caso in esame la decisione proviene pero' dalla Grande Camera (pur assunta con plurime opinioni dissenzienti) e cio' ad avviso del tribunale supera la mancanza di un orientamento consolidato. Deve pertanto ritenersi non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 3 e 5 della legge n. 1423/1956 per contrasto con l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 2 del protocollo addizionale numero quattro della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. La questione e' rilevante per il giudizio che pende dinanzi a questo Tribunale in quanto il ricorrente ha espressamente richiesto la disapplicazione delle norme di cui alla legge n. 1423/1956, sulla base delle quali venne applicata la misura di prevenzione e conseguentemente la revoca della stessa. Per deliberare il tribunale deve valutare quei presupposti normativi che la Grande Camera ha censurato e deve effettuare la valutazione di compatibilita' delle norme interne con la norma convenzionale. Il Tribunale inoltre non potrebbe provvedere direttamente alla revoca della misura per il venir meno gli stessi presupposti, trattandosi di valutazione gia' formulata dal tribunale con decreto confermato dalla Corte d'appello e non impugnato, ed in assenza di una specifica richiesta di revoca della misura per la motivi di merito, ed in particolare per modifica delle circostanze che ne hanno determinato l'applicazione. La questione di legittimita' costituzionale va dunque sollevata e va estesa agli articoli 4, comma 1, lettera c), 6 e 8 del decreto legislativo n. 159/2011 che riproducono il contenuto degli articoli 1, 3 e 5 della legge n. 1423/1956, trattandosi di disciplina intervenuta prima della rivalutazione effettuata dal tribunale della misura di prevenzione, e dunque essa stessa rilevante nel presente procedimento di prevenzione.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953; Dichiara rilevanti per la definizione del giudizio e non manifestamente infondate: la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 3 e 5 della legge n. 1423/1956 nonche' degli articoli 1, 4, comma 1, lettera c), 6 e 8 del decreto legislativo n. 159/2011 per contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione in relazione alla violazione dell'art. 2 del protocollo n. 4 addizionale della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata a cura del cancelliere anche ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Letto l'art. 1 deliberazione Corte costituzionale 16 marzo 1956; Ordina che la presente ordinanza sia trasmessa alla Corte costituzionale insieme con gli atti e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni predette. Cosi' deciso in Udine nella camera di consiglio del 4 aprile 2017. Il Presidente estensore: Di Silvestre