N. 244 SENTENZA 5 ottobre - 22 novembre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente  -  Adozione,  con   decreto-legge,   di   misure   per   la
  realizzazione su scala nazionale di  un  sistema  di  gestione  dei
  rifiuti - Individuazione di impianti di  recupero  di  energia  dai
  rifiuti urbani e speciali, costituenti  infrastrutture  strategiche
  di preminente interesse nazionale. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per
  l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
  digitalizzazione  del  Paese,   la   semplificazione   burocratica,
  l'emergenza del dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
  attivita' produttive) - convertito, con modificazioni, in legge  11
  novembre 2014, n. 164 - art. 35. 
-   
(GU n.48 del 30-11-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  35  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), e dell'art. 35, commi da 1 a  9  e  11,  dello
stesso decreto-legge, convertito,  con  modificazioni,  in  legge  11
novembre 2014, n. 164,  promossi  dalla  Regione  Lombardia  con  due
ricorsi notificati il 6 novembre 2014 e il 9 gennaio  2015,  e  dalla
Regione Veneto con un ricorso notificato il  9  -  14  gennaio  2015,
depositati in cancelleria il 12 novembre 2014, il 15 ed il 16 gennaio
2015 e rispettivamente iscritti al n. 87 del registro ricorsi 2014  e
al n. 7 e n. 10 del registro ricorsi 2015. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2016  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Giovanni Guzzetta per  la  Regione  Lombardia,
Luca Antonini per la Regione Veneto e l'Avvocato  dello  Stato  Paolo
Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 6 novembre 2014 e depositato il  12
novembre 2014 (reg. ric. n. 87 del 2014),  la  Regione  Lombardia  ha
impugnato l'art. 35 del  decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive), per violazione degli  artt.  3,  secondo
comma, 77, secondo comma, 81, 117, primo comma,  della  Costituzione,
in riferimento alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del  27  giugno  2001,  concernente  la  valutazione  degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente;  nonche'  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, 117, terzo comma, 119 e  120
Cost. 
    L'art. 35 prevede che «1. Entro  novanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e  del  mare,  individua,  con  proprio  decreto,  gli
impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e
speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema  integrato
e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la  sicurezza
nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di  infrazione
per mancata attuazione delle norme europee di settore. Tali impianti,
individuati con finalita' di progressivo riequilibrio socio economico
fra le aree del territorio nazionale concorrono allo  sviluppo  della
raccolta  differenziata  e  al  riciclaggio   mentre   deprimono   il
fabbisogno  di  discariche.   Tali   impianti   di   termotrattamento
costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di  preminente
interesse  nazionale  ai   fini   della   tutela   della   salute   e
dell'ambiente. 
    2. Tutti gli impianti, sia esistenti che  da  realizzare,  devono
essere autorizzati a saturazione del carico  termico,  come  previsto
dall'articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n.  46.  Entro
60 giorni dalla entrata in  vigore  del  presente  decreto,  per  gli
impianti esistenti, le Autorita' competenti provvedono ad adeguare le
autorizzazioni integrate ambientali. 
    3. Tutti gli impianti  di  nuova  realizzazione  dovranno  essere
realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero
energetico di cui al punto R1  (nota  4),  allegato  C,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 
    4. Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente  decreto,
per gli impianti esistenti,  le  Autorita'  competenti  provvedono  a
verificare la sussistenza dei requisiti  per  la  loro  qualifica  di
impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello
stesso termine, quando ne ricorrono le condizioni, le  autorizzazioni
integrate ambientali. 
    5. Ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e  successive
modificazioni non sussistendo vincoli di bacino per gli  impianti  di
recupero, negli stessi deve essere data priorita' al trattamento  dei
rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e a saturazione  del
carico  termico,  devono  essere  trattati   rifiuti   speciali   non
pericolosi  o  pericolosi  a  solo   rischio   sanitario,   adeguando
coerentemente le autorizzazioni integrate  ambientali  alle  presenti
disposizioni nei termini sopra stabiliti. 
    6. I termini  previsti  per  l'espletamento  delle  procedure  di
espropriazione per  pubblica  utilita',  di  valutazione  di  impatto
ambientale e di autorizzazione integrata ambientale degli impianti di
cui al comma 1, sono ridotti alla meta'. Se tali procedimenti sono in
corso alla data di entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  sono
ridotti della meta' i termini residui. 
    7. In caso di mancato rispetto dei termini di cui ai commi 2,  4,
5 e 6 si applica il potere sostitutivo previsto dall'articolo 8 della
legge 5 giugno 2003, n. 131». 
    2.- Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe l'art. 77
Cost., in primo luogo perche' la necessita' di interventi strutturali
sul sistema della  gestione  dei  rifiuti  non  sarebbe  affatto  una
circostanza  accidentale  e  eccezionale,  suscettibile   di   essere
disciplinata in via d'urgenza. 
    Non si tratterebbe di una soluzione di natura emergenziale, ma di
un vero e proprio intervento di riassetto ordinamentale, che  sarebbe
del tutto estraneo alla natura del decreto-legge; ne'  le  misure  da
esso introdotte potrebbero considerarsi  di  immediata  applicazione,
comportando tempi rilevanti ed  accertamenti  in  via  amministrativa
complessi. 
    2.1.1.- In secondo luogo, la difesa regionale deduce  il  difetto
di  omogeneita'  del  decreto-legge,  che  sarebbe  ravvisabile   sia
dall'epigrafe del provvedimento, sia dall'ampio  preambolo,  dove  si
attesterebbe la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con
misure eterogenee. 
    Tale difetto riguarderebbe anche  l'impugnato  art.  35,  le  cui
disposizioni  imporrebbero  alle  competenti  autorita'  regionali  e
locali il  rispetto  di  scansioni  temporali  non  coordinate  e  in
potenziale conflitto fra loro. 
    2.1.2.- Quanto alla ridondanza di tali vizi sulla  lesione  delle
proprie attribuzioni costituzionali,  la  disciplina  introdotta  dal
Governo  inciderebbe,  ad  avviso  della   Regione,   sulle   proprie
competenze in  materia  di  governo  del  territorio,  pianificazione
territoriale  ed  urbanistica,  tutela   della   salute,   produzione
dell'energia, coordinamento della finanza  regionale  e  del  sistema
tributario, servizi pubblici locali. 
    Le norme contestate avrebbero ripercussioni sulla  programmazione
regionale     di     recente     approvazione,     in     particolare
sull'autosufficienza nello smaltimento mediante  recupero  energetico
dei rifiuti indifferenziati. 
    Peraltro, la ricorrente deduce che, nel  quadro  degli  obiettivi
della nuova pianificazione, essa ha avviato dei tavoli di lavoro  con
operatori e amministratori locali per la gestione  delle  istruttorie
di rispettiva competenza, anche al fine di sperimentare la cosiddetta
decommissioning di alcuni impianti. 
    Ad avviso della  Regione,  l'autorizzazione  generalizzata  degli
impianti con saturazione  del  carico  termico,  con  le  conseguenti
ripercussioni   in   termini   di   emissioni,   potrebbe   risultare
penalizzante rispetto alle specifiche condizioni sanitarie delle aree
interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel  territorio
del bacino padano, caratterizzato da condizioni climatiche favorevoli
all'accumulo degli inquinanti. 
    Tale misura, dunque, inciderebbe sulla  competenza  regionale  in
materia  di  tutela  della  salute,  vanificando   gli   accertamenti
istruttori  gia'  compiuti  dalle  competenti  autorita'  al  momento
dell'autorizzazione integrata degli impianti. 
    Infine, secondo la difesa regionale, l'ingresso  nel  mercato  di
ulteriori rifiuti a costi nuovamente negoziabili, potrebbe comportare
l'aggravio della tariffa di smaltimento per i cittadini lombardi, con
conseguente compressione dell'autonomia finanziaria della Regione. 
    Di  qui,  secondo  la  Regione,  l'ammissibilita'  della  censura
relativa alla violazione dell'art. 77, secondo  comma,  in  combinato
disposto con l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. 
    2.2.- Sarebbe altresi' violato l'art. 117, primo comma, Cost., in
riferimento alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 27 giugno 2001, in  quanto  la  disposizione  impugnata
adotterebbe un vero e  proprio  programma  nazionale  in  materia  di
gestione integrata dei rifiuti, in assenza della  necessaria  analisi
di valutazione ambientale strategica (VAS). 
    Neppure si potrebbe ritenere, secondo la Regione,  che  le  norme
della direttiva non riguardino l'attivita'  legislativa  degli  Stati
membri. L'art. 2, lettera a), infatti, stabilisce che  per  «piani  e
programmi» debbano intendersi anche  quelli  «che  sono  previsti  da
disposizioni legislative»; l'art. 4, poi, stabilisce che la procedura
di VAS debba  essere  avviata  «anteriormente  alla  sua  adozione  e
all'avvio della relativa procedura legislativa» di adozione del piano
o programma. 
    Diversamente opinando, gli obblighi  imposti  a  livello  europeo
sarebbero facilmente eludibili dallo Stato,  che  potrebbe  occultare
sotto il nomen iuris dell'atto normativo un  provvedimento  avente  i
connotati essenziali di  un  atto  di  programmazione  generale,  che
dovrebbe  essere   obbligatoriamente   sottoposto   alla   prescritta
valutazione di impatto. 
    Secondo la Regione, inoltre, una  diversa  interpretazione  della
direttiva, che fosse  in  contrasto  con  il  suo  tenore  letterale,
richiederebbe a questa Corte  di  investire  la  Corte  di  Giustizia
dell'Unione europea mediante rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art.
267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea. 
    Ad ogni modo, anche a voler ritenere che il  legislatore  statale
non si sia sottratto alle procedure in  materia  di  VAS,  in  quanto
queste ultime sarebbero esperibili al momento  dell'attuazione  della
legge,  l'art.  35  sarebbe   comunque   illegittimo,   perche'   non
contemplerebbe affatto l'esperimento di siffatte  procedure,  nemmeno
per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri
chiamato ad individuare gli impianti. 
    Sarebbe evidente, infatti,  come  la  scelta  degli  impianti  da
considerare quali infrastrutture di preminente  interesse  nazionale,
con  le  conseguenze  delineate  dal  legislatore   in   termini   di
operativita' al massimo del  carico  termico  e  di  trattamento  dei
rifiuti provenienti da tutto  il  territorio  nazionale  al  fine  di
garantire    l'autosufficienza,    costituisca    un'operazione    di
rilevantissimo impatto ambientale. 
    Ad avviso della ricorrente, la  circostanza,  che  nell'esercizio
della propria discrezionalita' amministrativa, l'autorita' competente
a rilasciare l'autorizzazione  abbia  stabilito  un  vincolo  per  un
livello  di  carico  sub-massimo,  richiederebbe  di  verificare   se
un'utilizzazione a pieno regime non abbia ricadute ambientali nocive. 
    Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere  che
la  stessa  venisse  assoggettata  a  VAS,  anche  alla  luce   della
necessita'  di  definire  criteri  univoci   per   la   distribuzione
territoriale degli  impianti  e  per  la  valutazione  degli  impatti
discendenti dalle scelte in ordine alla loro localizzazione. 
    Anche in questo caso, ad avviso della Regione, i vizi  denunciati
arrecherebbero un vulnus alle proprie  competenze;  ne'  si  potrebbe
obiettare che tale vulnus sia giustificato dalla finalita' di  tutela
ambientale  e,  quindi,  dal  carattere  trasversale  della  relativa
competenza statale. 
    Infatti,  osserva  la  ricorrente,  da  una  parte  la  finalita'
ambientale  non  e'  l'unica  perseguita  dall'intervento   normativo
statale; dall'altra, per le modalita' con le quali viene  perseguita,
risulta strettamente intrecciata con la materia della «produzione  di
energia».   In   ogni   caso,   alla   luce   della    giurisprudenza
costituzionale,  alle  Regioni  residua  la  potesta'  di  assicurare
livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato. 
    2.3.- Secondo la Regione, inoltre, l'impugnato art. 35 violerebbe
i principi costituzionali in  materia  di  riparto  delle  competenze
sanciti  dall'art.  117,  commi  secondo  e  terzo,  Cost.,   perche'
introdurrebbe  misure  in  materia  di  gestione  dei   rifiuti   che
comprometterebbero oltre il  limite  dell'adeguatezza  le  competenze
regionali e locali coinvolte. 
    Tale  disposizione,  infatti,  inciderebbe  sulla  programmazione
regionale     di     recente     approvazione,     in     particolare
sull'autosufficienza nello smaltimento  tramite  recupero  energetico
dei rifiuti indifferenziati. 
    La Giunta regionale, infatti, ha adottato specifiche  misure  per
evitare  un  sovradimensionamento  di  impianti  di  trattamento  dei
rifiuti urbani indifferenziati ed ha attivato tavoli  di  lavoro  con
operatori e amministratori locali per la  valutazione  dell'eventuale
disattivazione di alcuni impianti. 
    Questa attivita' di pianificazione ha  portato  alla  diminuzione
della produzione di rifiuti urbani pro-capite, stimabile  intorno  al
-2 per cento, e alla definizione di nuovi obiettivi per  incrementare
la raccolta differenziata e  prevenire  la  produzione  del  rifiuto.
Secondo la Regione, invece, l'impugnato art. 35 vanificherebbe questi
risultati e avrebbe ricadute nel suo territorio,  che  conta  ben  11
impianti di incenerimento. 
    2.3.1.- Quanto all'impatto sulla tutela della salute, la  Regione
osserva come i propri impianti abbiano  ottimizzato  il  processo  in
relazione alle tipologie di rifiuti raccolti e  alle  caratteristiche
di questi ultimi. 
    Invece, la variazione della qualita' del rifiuto conseguente alla
normativa  introdotta  dal  Governo,  ridurrebbe   l'efficienza   dei
processi e aggraverebbe i relativi impatti ambientali e sanitari. 
    Inoltre, ad avviso della Regione, l'autorizzazione ad operare con
saturazione del carico termico potrebbe risultare penalizzante per le
condizioni sanitarie delle aree interessate dalla  presenza  di  tali
impianti, specie nel bacino padano. 
    2.4.- La disciplina contestata, inoltre, non prevederebbe  alcuna
forma  di  collaborazione  con  le  Regioni  e  con  gli  altri  enti
territoriali interessati, violando gli artt. 118 e 120 Cost. 
    In particolare, l'art. 35, comma 1, incarica  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri di individuare con suo decreto  quali  saranno
gli impianti  di  trattamento  gia'  esistenti  o  da  costruire,  da
qualificare come infrastrutture strategiche di  preminente  interesse
nazionale, senza prevedere alcun coinvolgimento delle Regioni e degli
enti locali, ne' in forma  individuale,  ne'  attraverso  il  sistema
delle conferenze. 
    Le altre disposizioni dell'art. 35  imporrebbero  alle  autorita'
competenti al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA)
di adeguarsi entro 60 giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  del
decreto-legge; viene inoltre imposto a  tali  autorita'  e  a  quelle
competenti per le procedure di espropriazione,  il  dimezzamento  dei
termini dei procedimenti eventualmente gia'  in  corso  e  di  quelli
futuri. 
    In caso di mancato rispetto dei termini,  si  applica  il  potere
sostitutivo di cui all'art. 8, della legge  5  giugno  2003,  n.  131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
    Tali norme, dunque,  prevedendo  l'intervento  sostitutivo  dello
Stato nel caso in cui le  autorita'  competenti  non  realizzino  gli
interventi  previsti,  configurerebbe  un'ipotesi   di   sostituzione
statale attivata direttamente in caso di inerzia degli  enti  locali,
in riferimento ad ambiti di competenza  regionale,  senza  consentire
alle  Regioni  di  esercitare  il  proprio  potere  sostitutivo,  con
conseguente lesione delle relative attribuzioni. 
    2.5.-  Secondo  la  Regione,  le  proprie  sfere  di   competenza
sarebbero, altresi',  menomate  dalla  manifesta  irragionevolezza  e
dalla  intrinseca  contraddittorieta'  delle  disposizioni  contenute
nell'art. 35, che non sarebbero coordinate e sarebbero in  potenziale
conflitto tra loro. 
    In particolare, i commi secondo e terzo dell'art. 35 imporrebbero
alle competenti autorita' di  adeguare  le  autorizzazioni  integrate
ambientali degli impianti di recupero e smaltimento entro  60  giorni
dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. 
    Il primo comma dell'art. 35, invece, stabilisce che  il  d.P.C.m.
di individuazione degli impianti da qualificarsi come  infrastrutture
strategiche di preminente interesse nazionale, sia adottato entro  90
giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. 
    Secondo la Regione,  tale  discrasia  temporale  imporrebbe  alle
autorita' competenti di operare in  un  contesto  giuridico  incerto,
cioe' prima della definitiva individuazione degli impianti  da  parte
dello Stato, sebbene le attivita' di revisione delle  AIA  comportino
incisivi  impatti  sulle  competenze  pianificatorie  di  Regioni   e
Province in materia di rifiuti, nonche'  sulle  posizioni  giuridiche
consolidate dei soggetti gestori degli impianti interessati. 
    Inoltre, l'autorizzazione degli impianti a saturazione del carico
termico,  con  il  conseguente  aumento  delle  emissioni,   potrebbe
risultare  penalizzante  per  le  condizioni  sanitarie  delle   aree
interessate dalla presenza di tali impianti, e cio'  prima  che  essi
vengano inseriti nel d.P.C.m. 
    Ad avviso della Regione, poi,  l'irragionevolezza  sarebbe  ancor
piu' accentuata dal fatto che i termini per l'attuazione della  norma
da parte delle autorita' competenti sono equivalenti a quelli per  la
conversione in legge del decreto. 
    Sarebbe, altresi', irragionevole la previsione di  cui  al  sesto
comma dell'art. 35, che prevede il dimezzamento dei  termini  per  le
procedure di espropriazione per pubblica utilita', di valutazione  di
impatto ambientale e di  autorizzazione  integrata  ambientale  degli
impianti individuati con d.P.C.m., anche con riferimento ad  impianti
che non vi risultino ancora inseriti. 
    2.6.- Infine, ad avviso della Regione, l'art.  35  violerebbe  la
sua autonomia di entrata e di spesa, nonche' i  vincoli  inerenti  il
proprio bilancio, previsti rispettivamente dagli artt. 119 e 81 Cost. 
    A fronte delle priorita' di smaltimento  stabilite  dal  comma  5
dell'art.  35,  infatti,  verrebbe  azzerato  l'attuale  surplus   di
potenzialita' di incenerimento degli impianti lombardi, che  ad  oggi
soddisfano  il  fabbisogno  di  incenerimento  degli  altri   rifiuti
speciali non ritenuti  prioritari  dal  decreto-legge  in  questione.
Questi  ultimi,  dunque,   dovranno   trovare   altra   destinazione,
probabilmente  all'estero,  con  relative   conseguenze   di   natura
ambientale ed economica. 
    Inoltre, la significativa alterazione dei flussi  di  rifiuti  in
ingresso nella  Regione,  mettera'  in  crisi  il  sistema  di  mutuo
soccorso tra gli impianti della rete regionale, previsto per  i  casi
di  manutenzione  straordinaria  e   per   quelli   di   manutenzione
occasionale ed emergenziale, con evidenti ripercussioni  sui  bilanci
della Regione. 
    Infine,  poiche'  il  sistema   di   smaltimento   regionale   e'
attualmente gestito in modo tale da creare condizioni  concorrenziali
che hanno ottimizzato la tariffa, le misure introdotte dal Governo ed
il conseguente ingresso nel mercato di  ulteriore  rifiuto,  a  costi
nuovamente negoziabili, alterera' l'equilibrio  economico  raggiunto,
con potenziale aggravio della tariffa per i cittadini. 
    3.- Con atto depositato il 15 dicembre 2014 si e'  costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso
sia dichiarato inammissibile  o  infondato,  anche  alla  luce  delle
modifiche introdotte in sede di conversione. 
    3.1.- In  via  preliminare,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
eccepisce l'inammissibilita' del ricorso perche' l'insussistenza  dei
presupposti per l'esercizio  del  potere  di  decretazione  d'urgenza
sarebbe sindacabile solo ove  ridondi  nella  lesione  di  competenze
regionali. 
    Ad avviso della difesa  statale,  invece,  l'impugnato  art.  35,
concernendo il sistema di gestione dei  rifiuti,  rientrerebbe  nella
competenza   esclusiva   dello   Stato   in   materia   di    «tutela
dell'ambiente», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    3.2.- Nel merito, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato,
la disposizione impugnata e' stata incisivamente modificata  in  sede
di conversione,  garantendo  alla  Regione  un  pieno  coinvolgimento
nell'attuazione  del  sistema  di  gestione  dei  rifiuti,  cosi'  da
escludere ogni menomazione delle sue attribuzioni costituzionali. 
    Alla  luce  della  nuova  formulazione  dell'art.  35,  comma  7,
inoltre, non sarebbe  neppure  ravvisabile  alcuna  violazione  degli
artt. 119 e 81 Cost. 
    Pertanto,  ad  avviso  della   difesa   statale,   l'assenza   di
menomazioni di attribuzioni  regionali  costituzionalmente  garantite
renderebbe inammissibile il motivo  di  ricorso  teso  a  far  valere
l'insussistenza  dei  requisiti  per   la   decretazione   d'urgenza,
prescritti dall'art. 77, secondo comma, Cost. 
    3.2.1.- In ogni caso, osserva l'Avvocatura generale dello  Stato,
tale motivo di ricorso sarebbe comunque infondato, in  quanto  l'art.
35 sarebbe coerente con le finalita' esplicitate  nel  decreto-legge.
Viene richiamata, a questo riguardo, la giurisprudenza costituzionale
che collega l'esistenza dei presupposti per la decretazione d'urgenza
ad un'intrinseca coerenza delle norme  contenute  nel  decreto-legge,
non solo dal punto di vista oggettivo e materiale, ma anche dal punto
di vista funzionale e finalistico. 
    3.2.2.- Quanto al difetto di omogeneita'  che  deriverebbe  dalla
previsione  di  diversi  termini   gravanti   rispettivamente   sulle
competenti autorita' regionali e locali, da un lato, e  sul  Governo,
dall'altro, per l'adempimento degli obblighi sanciti dall'art. 35, la
difesa  statale  osserva  che  tra  l'individuazione  degli  impianti
tramite d.P.C.m. e l'adeguamento delle  AIA  non  vi  sarebbe  alcuna
pregiudizialita' logica o giuridica,  trattandosi  di  attivita'  che
possono  essere  espletate  autonomamente   e   che   non   risultano
reciprocamente condizionate. 
    3.2.3.-  Del   pari   non   fondata   sarebbe   la   censura   di
irragionevolezza della disposizione impugnata perche' il  termine  di
60 giorni entro il quale le autorita'  competenti  sono  chiamate  ad
adeguare  le  autorizzazioni  integrate  e'  pari  a  quello  per  la
conversione del decreto-legge e dunque esporrebbe tali  autorita'  ad
una situazione di totale incertezza. 
    La difesa statale, infatti, osserva come in sede  di  conversione
questo  termine  sia  stato  modificato,  portandolo  a   90   giorni
decorrenti dall'entrata in vigore della stessa legge di conversione. 
    3.2.4.- In ordine alla sussistenza dei presupposti di  necessita'
ed urgenza, l'Avvocatura generale dello Stato rileva altresi' che  il
decreto-legge risponderebbe all'obiettivo di superare le  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione  dei  rifiuti,  che  hanno
provocato  nei  confronti   dell'Italia   l'apertura   di   procedure
d'infrazione tuttora pendenti da parte dell'Unione europea. 
    Tale intervento normativo, pertanto, sarebbe volto ad evitare  il
protrarsi di  una  situazione  che  espone  lo  Stato  italiano  alla
violazione della normativa europea. 
    3.2.5.- Inoltre, l'art.  35  introdurrebbe  misure  di  immediata
applicazione, poiche', da un lato, pone  obblighi  puntuali  in  capo
alle  autorita'  amministrative  competenti,  ai  quali  va  prestato
adempimento entro  termini  perentori  e  con  specifiche  procedure;
dall'altro, esso contiene previsioni, come quella di cui al comma  4,
che   prescindono   da   ogni    coinvolgimento    delle    autorita'
amministrative. 
    3.3.- Quanto all'asserita violazione della direttiva  2001/42/CE,
la difesa statale ritiene che la norma  impugnata  non  configuri  un
nuovo  piano  di  gestione  dei  rifiuti  determinato  in  ogni   suo
dettaglio,  poiche'  ad  un  simile  risultato  si  arriverebbe  solo
all'esito di una serie di attivita' rimesse alle competenti autorita'
regionali e locali, le quali,  prima  di  definire  i  contenuti  del
piano,  saranno  chiamate  ad  effettuare  valutazioni  e   verifiche
pienamente rispondenti alla ratio della procedura di  VAS  prescritta
dalla direttiva. 
    Alla luce delle modifiche  introdotte  in  sede  di  conversione,
infatti, la procedura di VAS risulterebbe pienamente esperibile,  nel
suo  contenuto  sostanziale,  in  sede  di  attuazione  del   dettato
legislativo, dovendosi pertanto escludere ogni intento elusivo  delle
finalita' della direttiva. 
    3.4.- Neppure vi sarebbe alcuna  compromissione  delle  sfere  di
competenza regionale, in quanto l'art. 35 sarebbe  espressione  della
competenza legislativa esclusiva della Stato in  materia  di  «tutela
dell'ambiente». 
    D'altra parte, le modifiche introdotte  in  sede  di  conversione
hanno delineato una disciplina  da  cui  si  ricaverebbe,  ad  avviso
dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la  garanzia  di  un  pieno
coinvolgimento della Regione nell'attuazione del sistema di  gestione
dei rifiuti,  tale  da  escludere  qualsiasi  menomazione  delle  sue
competenze costituzionalmente garantite e assicurerebbe  il  rispetto
del principio di leale collaborazione. 
    3.5.- La difesa  statale  deduce,  infine,  l'infondatezza  delle
censure relative alla violazione degli  artt.  81  e  119  Cost.,  in
quanto la nuova formulazione dell'art. 35, comma 7, configurerebbe un
sistema compensativo che consente  alle  Regioni  di  determinare  il
contributo  per   lo   smaltimento   dei   rifiuti   di   provenienza
extra-regionale. 
    4.- La Regione Lombardia ha presentato una successiva memoria  in
data 13 settembre 2016, nella quale ha replicato alle deduzioni della
difesa statale. 
    5.- Con ricorso notificato il 9 gennaio 2015 e depositato  il  15
gennaio 2015 (reg. ric. n. 7  del  2015),  la  Regione  Lombardia  ha
impugnato l'art. 35 del decreto-legge n. 133  del  2014,  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della  legge  11  novembre
2014, n. 164, per violazione degli artt. 3, secondo  comma,  11,  77,
secondo comma, 81, 117,  primo  comma,  Cost.,  in  riferimento  alla
direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  27
giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di  determinati
piani e programmi sull'ambiente; nonche' per violazione  degli  artt.
117, secondo comma e terzo comma, 118, 119 e 120 Cost. 
    La disposizione impugnata prevede che «1.  Entro  novanta  giorni
dalla data di entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del
presente decreto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare, sentita la Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,  con
proprio  decreto,  individua  a  livello   nazionale   la   capacita'
complessiva di trattamento  di  rifiuti  urbani  e  assimilati  degli
impianti di  incenerimento  in  esercizio  o  autorizzati  a  livello
nazionale, con l'indicazione  espressa  della  capacita'  di  ciascun
impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico  di
rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire  il  fabbisogno
residuo,  determinato  con  finalita'  di  progressivo   riequilibrio
socio-economico fra le aree del territorio nazionale e  nel  rispetto
degli obiettivi di raccolta differenziata e di  riciclaggio,  tenendo
conto della pianificazione regionale. Gli impianti cosi'  individuati
costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di  preminente
interesse nazionale,  attuano  un  sistema  integrato  e  moderno  di
gestione di rifiuti urbani e assimilati,  garantiscono  la  sicurezza
nazionale nell'autosufficienza, consentono di  superare  e  prevenire
ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle  norme
europee  di  settore  e  limitano  il  conferimento  di  rifiuti   in
discarica. 
    2. Ai medesimi fini di cui al comma 1, entro  centottanta  giorni
dalla data di entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del
presente decreto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del  mare,  effettua  la  ricognizione   dell'offerta   esistente   e
individua, con proprio decreto, il fabbisogno residuo di impianti  di
recupero della frazione  organica  dei  rifiuti  urbani  raccolta  in
maniera differenziata, articolato per regioni; sino  alla  definitiva
realizzazione degli impianti necessari per l'integrale copertura  del
fabbisogno residuo  cosi'  determinato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, ove tecnicamente
possibile, un incremento fino al 10 per cento della  capacita'  degli
impianti di trattamento dei rifiuti organici per favorire il recupero
di tali rifiuti raccolti nel proprio territorio e  la  produzione  di
compost di qualita'. 
    3. Tutti gli impianti  di  recupero  energetico  da  rifiuti  sia
esistenti sia da realizzare sono autorizzati a saturazione del carico
termico,  come  previsto   dall'articolo   237-sexies   del   decreto
legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  qualora  sia  stata  valutata
positivamente la  compatibilita'  ambientale  dell'impianto  in  tale
assetto operativo, incluso il rispetto delle disposizioni sullo stato
della qualita' dell'aria di cui  al  decreto  legislativo  13  agosto
2010, n. 155. Entro novanta giorni dalla data di  entrata  in  vigore
della  legge  di  conversione  del  presente  decreto,  le  autorita'
competenti  provvedono  ad  adeguare  le   autorizzazioni   integrate
ambientali  degli  impianti  esistenti,  qualora  la  valutazione  di
impatto ambientale sia stata autorizzata  a  saturazione  del  carico
termico, tenendo in considerazione lo stato della qualita'  dell'aria
come previsto dal citato decreto legislativo n. 155 del 2010. 
    4. Gli impianti di nuova realizzazione devono  essere  realizzati
conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico
di cui alla nota 4 del punto R1 dell'allegato C alla parte quarta del
decreto  legislativo  3   aprile   2006,   n.   152,   e   successive
modificazioni. 
    5. Entro novanta giorni dalla data di  entrata  in  vigore  della
legge  di  conversione  del  presente  decreto,  per   gli   impianti
esistenti,  le  autorita'  competenti  provvedono  a  verificare   la
sussistenza dei requisiti  per  la  loro  qualifica  di  impianti  di
recupero energetico R1 e, quando ne ricorrono  le  condizioni  e  nel
medesimo termine, adeguano in tal senso le  autorizzazioni  integrate
ambientali. 
    6. Ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,  non
sussistendo vincoli di bacino al trattamento dei  rifiuti  urbani  in
impianti di recupero energetico, nei suddetti impianti deve  comunque
essere assicurata priorita' di accesso ai rifiuti urbani prodotti nel
territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo  fabbisogno
e, solo per la disponibilita' residua autorizzata, al trattamento  di
rifiuti urbani prodotti in altre regioni. Sono altresi'  ammessi,  in
via  complementare,  rifiuti  speciali  pericolosi  a  solo   rischio
infettivo nel pieno rispetto del  principio  di  prossimita'  sancito
dall'articolo 182-bis,  comma  1,  lettera  b),  del  citato  decreto
legislativo n. 152 del 2006 e delle norme generali  che  disciplinano
la materia, a condizione che l'impianto  sia  dotato  di  sistema  di
caricamento dedicato a bocca di forno che escluda anche ogni contatto
tra il personale addetto e il rifiuto; a tale fine le  autorizzazioni
integrate ambientali sono adeguate ai sensi del presente comma. 
    7. Nel caso in cui in impianti di recupero energetico di  rifiuti
urbani localizzati in  una  regione  siano  smaltiti  rifiuti  urbani
prodotti in altre regioni, i gestori degli  impianti  sono  tenuti  a
versare alla regione un contributo, determinato dalla medesima, nella
misura massima di 20 euro  per  ogni  tonnellata  di  rifiuto  urbano
indifferenziato  di  provenienza   extraregionale.   Il   contributo,
incassato  e  versato  a  cura  del  gestore  in  un  apposito  fondo
regionale,  e'  destinato  alla  prevenzione  della  produzione   dei
rifiuti,   all'incentivazione   della   raccolta   differenziata,   a
interventi di bonifica ambientale e al contenimento delle tariffe  di
gestione dei rifiuti urbani. Il contributo e' corrisposto annualmente
dai gestori degli impianti localizzati nel territorio  della  regione
che riceve i rifiuti a valere sulla  quota  incrementale  dei  ricavi
derivanti dallo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale
e i relativi oneri comunque non possono essere traslati sulle tariffe
poste a carico dei cittadini. 
    8. I termini per le  procedure  di  espropriazione  per  pubblica
utilita' degli impianti di cui al comma 1 sono ridotti  della  meta'.
Nel caso tali procedimenti siano in corso alla  data  di  entrata  in
vigore del presente decreto, sono ridotti  di  un  quarto  i  termini
residui.  I  termini  previsti  dalla  legislazione  vigente  per  le
procedure di valutazione di impatto ambientale  e  di  autorizzazione
integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1 si  considerano
perentori. 
    9. In caso di mancato rispetto dei termini di cui ai commi 3, 5 e
8 si applica il potere sostitutivo  previsto  dall'articolo  8  della
legge 5 giugno 2003, n. 131. 
    10. Al comma 9-bis dell'articolo 11 del decreto-legge  31  agosto
2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge  30  ottobre
2013, n. 125, dopo le parole: "il  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare" sono inserite le seguenti: ", anche
avvalendosi della societa'  Consip  Spa,  per  lo  svolgimento  delle
relative procedure, previa stipula di convenzione per  la  disciplina
dei relativi rapporti,". 
    11. All'articolo 182 del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.
152, e successive modificazioni, dopo  il  comma  3  e'  inserito  il
seguente: 
    "3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si  applica  ai  rifiuti
urbani che il Presidente della regione ritiene necessario  avviare  a
smaltimento,  nel  rispetto  della  normativa  europea,   fuori   del
territorio  della  regione  dove  sono  prodotti   per   fronteggiare
situazioni di emergenza causate da calamita' naturali per le quali e'
dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi  della
legge 24 febbraio 1992, n. 225.". 
    12. All'articolo 234 del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.
152,  e  successive  modificazioni,  sono   apportate   le   seguenti
modificazioni: 
    a) il comma 2 e' abrogato; 
    b) al comma 3 e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "In ogni
caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare  parte
un rappresentante  indicato  da  ciascuna  associazione  maggiormente
rappresentativa  a  livello  nazionale  delle  categorie   produttive
interessate, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e  della
tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello  sviluppo
economico"; 
    c) al comma 13 sono aggiunti, in fine, i  seguenti  periodi:  "Il
contributo percentuale di riciclaggio e' stabilito comunque in misura
variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel
bene e alla durata temporale del bene stesso. Con il medesimo decreto
di cui al presente comma e' stabilita anche l'entita' dei  contributi
di cui al comma 10, lettera b)". 
    13.  Fino  all'emanazione  del  decreto  di  cui  al   comma   13
dell'articolo 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come
modificato dal presente articolo, i contributi previsti dal  medesimo
articolo 234, commi 10 e 13, sono dovuti  nella  misura  del  30  per
cento dei relativi importi.». 
    5.1.- La Regione deduce,  in  primo  luogo,  l'insussistenza  dei
presupposti che giustificano il ricorso alla decretazione  d'urgenza,
ai sensi dell'art. 77, secondo comma, Cost. A suo avviso, infatti, la
necessita' di interventi strutturali sul sistema della  gestione  dei
rifiuti  non  sarebbe   affatto   una   circostanza   accidentale   e
eccezionale, suscettibile di essere disciplinata in via d'urgenza. 
    Non si tratterebbe  di  una  soluzione  di  natura  emergenziale,
quanto piuttosto  di  un  vero  e  proprio  intervento  di  riassetto
ordinamentale, del tutto estraneo alla natura del decreto-legge;  ne'
le misure da esso introdotte  potrebbero  considerarsi  di  immediata
applicazione,   comportando   tempi   rilevanti    ed    accertamenti
amministrativi complessi. 
    5.1.1.- In secondo luogo, la difesa regionale deduce  il  difetto
di  omogeneita'  del  decreto-legge,  che  sarebbe  ravvisabile   sia
dall'epigrafe del provvedimento, sia dall'ampio  preambolo,  dove  si
attesterebbe la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con
misure eterogenee fra loro. 
    5.1.2.- Quanto alla ridondanza di tali vizi sulla  lesione  delle
proprie attribuzioni costituzionali,  la  disciplina  introdotta  dal
Governo inciderebbe, ad avviso della Regione, sulle sue competenze in
materia di governo del  territorio,  pianificazione  territoriale  ed
urbanistica,   tutela   della   salute,   produzione    dell'energia,
coordinamento della  finanza  regionale  e  del  sistema  tributario,
servizi pubblici locali. 
    Le norme contestate avrebbero ripercussioni sulla  programmazione
regionale     di     recente     approvazione,     in     particolare
sull'autosufficienza nello smaltimento mediante  recupero  energetico
dei rifiuti indifferenziati. 
    Peraltro, la ricorrente deduce che, nel  quadro  degli  obiettivi
della nuova pianificazione, essa ha avviato dei tavoli di lavoro  con
operatori e amministratori locali per la gestione  delle  istruttorie
di rispettiva competenza, anche al fine di sperimentare la cosiddetta
decommissioning di alcuni impianti. 
    Ad avviso della  Regione,  l'autorizzazione  generalizzata  degli
impianti con saturazione  del  carico  termico,  con  le  conseguenti
ripercussioni   in   termini   di   emissioni,   potrebbe   risultare
penalizzante rispetto alle specifiche condizioni sanitarie delle aree
interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel  territorio
del bacino padano, caratterizzato da condizioni climatiche favorevoli
all'accumulo degli inquinanti. 
    Tale misura, dunque, inciderebbe sulla  competenza  regionale  in
materia  di  tutela  della  salute,  vanificando   gli   accertamenti
istruttori  gia'  compiuti  dalle  competenti  autorita'  al  momento
dell'autorizzazione integrata degli impianti. 
    Infine, secondo la difesa regionale, l'ingresso  nel  mercato  di
ulteriori rifiuti a costi nuovamente negoziabili, potrebbe comportare
l'aggravio della tariffa di smaltimento per i cittadini lombardi, con
conseguente compressione dell'autonomia finanziaria della Regione. 
    Di  qui,  secondo  la  Regione,  l'ammissibilita'  della  censura
relativa alla violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. 
    5.2.- Sarebbe altresi' violato l'art. 117, primo comma, Cost., in
riferimento alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 27 giugno 2001, in  quanto  la  disposizione  impugnata
adotterebbe un vero e  proprio  programma  nazionale  in  materia  di
gestione integrata dei rifiuti senza aver dato luogo alla  necessaria
procedura di VAS. Sul punto la Regione  riproduce  le  argomentazioni
gia' svolte nel precedente ricorso. 
    5.2.1.- In via subordinata, la Regione chiede a questa  Corte  di
effettuare un  rinvio  pregiudiziale,  ai  sensi  dell'art.  267  del
Trattato sul Funzionamento  dell'Unione  europea,  per  investire  la
Corte di  Giustizia  dell'Unione  europea  della  seguente  questione
interpretativa della direttiva 2001/ 42/CE: «se gli artt. l, 3, 4,  8
e  9  direttiva  2001/42/CE,  anche  in  combinato  disposto,  ostino
all'applicazione di una norma, quale quella  prevista  dall'art.  35,
comma l, del decreto-legge n. 133 del 2014, come convertito, la quale
prevede che "il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  su  proposta
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
[...]  con  proprio  decreto  individua   [...]   gli   impianti   di
incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e  assimilati
da realizzare per coprire  il  fabbisogno  residuo,  determinato  con
finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del
territorio nazionale e  nel  rispetto  degli  obiettivi  di  raccolta
differenziata e di riciclaggio", senza prevedere che, all'atto  della
predisposizione  di  tale  piano,  si  applichi  la   disciplina   di
valutazione  ambientale  strategica   cosi'   come   prevista   dalla
menzionata direttiva». 
    5.3.- Secondo la Regione, inoltre, l'impugnato art. 35 violerebbe
l'art. 117, commi  secondo  e  terzo,  Cost.,  perche'  introdurrebbe
misure in materia di  gestione  dei  rifiuti  che  comprometterebbero
oltre il limite dell'adeguatezza le  competenze  regionali  e  locali
coinvolte.  Anche  questa  censura  viene   sorretta   dalle   stesse
argomentazioni gia' svolte nel precedente ricorso. 
    5.4.- La disciplina contestata, inoltre, prevederebbe  una  forma
collaborativa con le  Regioni  e  con  gli  altri  enti  territoriali
interessati  del  tutto  insufficiente  (comma  l),  ovvero  non   ne
prevederebbe alcuna (commi 2 e 9). 
    In particolare, il comma 1, richiedendo che la  Conferenza  Stato
Regioni sia chiamata ad esprimere un mero parere,  sarebbe  disattesa
la forma di intesa "forte" richiesta  dalla  costante  giurisprudenza
costituzionale; il  comma  2,  invece,  escluderebbe  ogni  forma  di
collaborazione con la Regione interessata. 
    Il comma 9 dell'art. 35, inoltre, violerebbe l'art. 120 Cost., in
quanto esso disciplina una sostituzione non legittimata dai requisiti
costituzionalmente previsti, quali il mancato rispetto  di  norme  di
trattati internazionali o  della  normativa  comunitaria,  ovvero  la
tutela dell'unita' giuridica o economica  e  la  tutela  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. 
    Tale disposizione violerebbe anche la previsione  dell'art.  120,
secondo comma, Cost., non assicurando il coinvolgimento della Regione
nel processo di sostituzione; inoltre, sarebbe realizzata  un'ipotesi
di sostituzione statale attivabile in  caso  di  inerzia  degli  enti
locali, in riferimento  ad  ambiti  di  competenza  regionale,  senza
consentire alle Regioni di esercitare il proprio potere  sostitutivo,
con conseguente lesione delle relative attribuzioni. 
    Anche il comma 11 sarebbe in contrasto con il principio di  leale
collaborazione, in quanto la  Regione  destinataria  dei  rifiuti  da
smaltire non verrebbe in alcun modo messa in  grado  di  interloquire
sul destino degli stessi. 
    5.5.-  Secondo  la  Regione,  le  proprie  sfere  di   competenza
sarebbero  altresi'   menomate   dalla   manifesta   irragionevolezza
dell'art. 35, comma 8, il quale, prevedendo la riduzione di un quarto
dei termini residui per i procedimenti di espropriazione per pubblica
utilita', in corso alla data di entrata in vigore del  decreto-legge,
sarebbe in contrasto con il principio del legittimo  affidamento  dei
destinatari dei provvedimenti. 
    5.6.- Infine, ad avviso della ricorrente, l'art. 35 violerebbe la
sua autonomia di entrata e di spesa, nonche' i  vincoli  inerenti  il
bilancio, previsti rispettivamente dagli artt. 119 e 81 Cost. 
    Osserva la difesa della Regione  come  il  sistema  regionale  di
smaltimento dei rifiuti sia gestito in modo tale da creare condizioni
concorrenziali  per  ottimizzare  la  tariffa;  con  l'ammissione  di
rifiuti speciali pericolosi a solo rischio  infettivo,  prevista  dal
comma  6  dell'art.  35,  tali  equilibri  verrebbero  alterati,  con
potenziale aggravio della tariffa per i cittadini. 
    E' bensi' vero, secondo la Regione, che il  comma  7  prevede  la
possibilita' di utilizzo del fondo per ridurre le tariffe di gestione
dei rifiuti urbani, ma non  si  avrebbero  certezze  in  ordine  alla
compensazione  degli  eventuali  squilibri.  In   ogni   caso,   cio'
avverrebbe pregiudicando le finalita' di bonifica, cui  il  fondo  e'
destinato, e che la Regione stessa ritiene prioritarie. 
    6.- Con atto depositato il 17 febbraio 2015 si e'  costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso
sia dichiarato infondato. 
    6.1.-  Quanto  alla  mancanza  dei  presupposti  che,  ai   sensi
dell'art. 77, secondo  comma,  Cost.,  giustificano  la  decretazione
d'urgenza,   la   difesa   statale   richiama    la    giurisprudenza
costituzionale   che   ricollega    l'esistenza    dei    presupposti
all'intrinseca coerenza delle norme del decreto-legge, anche sotto il
profilo finalistico. 
    Da  questo  punto  di  vista,   gli   interventi   previsti   dal
decreto-legge, sebbene riguardanti materie  diverse,  risponderebbero
ad un unico nesso teleologico, volto a garantire "Misure urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita'  produttive",  al  fine  di  dare  sviluppo  al   Paese   e
fronteggiare situazioni ritenute straordinarie. 
    L'Avvocatura generale dello Stato osserva, altresi',  come  dalla
lettura della relazione di accompagnamento al  disegno  di  legge  di
conversione, si ricaverebbe un'adeguata esposizione delle ragioni che
hanno portato ad utilizzare lo strumento della decretazione d'urgenza
e che informano anche la disciplina di cui all'articolo 35. 
    Tale disposizione, pertanto, sarebbe pienamente coerente  con  le
finalita' esplicitate nel decreto-legge; essa,  infatti,  avrebbe  lo
scopo  di  razionalizzare  la  gestione  dei  rifiuti  su  tutto   il
territorio nazionale, autorizzando gli impianti alla "saturazione del
carico termico" e  prevedendo  un  censimento  di  quelli  esistenti,
nonche' la possibilita' di smaltire i rifiuti anche fuori dai confini
regionali, nei casi di emergenza. 
    L'art. 35, inoltre,  risponderebbe  a  criteri  di  straordinaria
necessita' e  urgenza,  in  quanto  finalizzato  ad  interrompere  le
numerose procedure di infrazione avviate dalla  Commissione  europea,
riportando sotto controllo situazioni che hanno  superato  la  soglia
critica. 
    La difesa statale ritiene che si tratti di  misure  di  immediata
applicazione,  perche'  la   disciplina   introdotta   dall'art.   35
novellerebbe  radicalmente  le  procedure  autorizzative,  senza  che
occorra un ulteriore intervento normativo di tipo  regolamentare  per
attuarle. 
    Neppure si tratterebbe di un piano complessivo  per  la  gestione
dei rifiuti, perche'  la  disposizione  impugnata  sarebbe  piuttosto
finalizzata a risolvere  una  strutturale  situazione  di  emergenza,
connessa ad un utilizzo non ottimale degli  impianti  sul  territorio
nazionale. 
    6.2.-  L'Avvocatura  generale  dello   Stato,   inoltre,   deduce
l'inammissibilita' della questione relativa alla violazione dell'art.
117, primo comma, Cost., in relazione agli obblighi in materia di VAS
imposti dalla direttiva 2001/42/ CE. 
    Ad avviso della difesa statale, infatti, la Regione  non  avrebbe
specificato come la mancata previsione dell'obbligo della  VAS  nella
procedura di adozione dei piani in questione leda le sue competenze. 
    6.3.- Non fondata sarebbe anche la censura relativa alla  lesione
delle competenze regionali in  materia  di  governo  del  territorio,
pianificazione urbanistica ed edilizia,  di  produzione  di  energia,
gestione dei servizi pubblici locali e tutela della  salute,  perche'
gli  impianti  di  incenerimento  dei   rifiuti,   qualificati   come
infrastrutture e  insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale, garantirebbero la sicurezza nazionale, che e'  materia  di
competenza esclusiva dello Stato. 
    La difesa statale osserva, inoltre, come sia riservato allo Stato
anche il potere di fissare livelli  di  tutela  uniforme  sull'intero
territorio  nazionale;  e  come  lo  Stato,  nell'esercizio  di  tale
competenza, abbia regolato il potere di localizzare gli  impianti  di
recupero  e  smaltimento  di  preminente  interesse  nazionale,  gia'
disciplinato dall'articolo 195, comma  1,  lettera  f),  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    6.4.- Quanto al  coinvolgimento  delle  Regioni  nel  sistema  di
gestione dei rifiuti, la difesa statale rileva che l'art. 35 prevede,
ai  fini  dell'individuazione  degli  impianti  di  recupero   e   di
smaltimento di preminente interesse nazionale,  che  sia  sentita  la
Conferenza unificata, e che la ricognizione dell'offerta esistente  e
la ricognizione  del  fabbisogno  residuo  di  impianti  di  recupero
avvenga tramite d.P.C.m. articolato per Regioni. 
    6.5.- Infine, ad avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
l'art. 35, comma 9, non sarebbe in contrasto con gli artt. 118 e  120
Cost., in quanto il potere d'intervento statale in  caso  di  mancato
rispetto  dei  termini  sarebbe  ricondotto  nell'ambito  del  potere
sostitutivo ordinario dello Stato, che ha il suo fondamento implicito
negli artt. 117 e 118 Cost. 
    6.6.-  Non  sussisterebbe  neppure  la  lamentata   lesione   del
principio di leale collaborazione, atteso che le norme impugnate sono
state adottate nell'esercizio della competenza legislativa  esclusiva
dello Stato, rispetto alla quale la Costituzione non imporrebbe alcun
coinvolgimento   delle   Regioni;   in   ogni    caso,    l'esercizio
dell'attivita'  legislativa  sfuggirebbe  alle  procedure  di   leale
collaborazione. 
    7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  presentato  una
successiva memoria in data 6 settembre 2016, nella quale ha insistito
perche' il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato. 
    8.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  9  gennaio  2015,
ricevuto il 14 gennaio 2015 e depositato  il  successivo  16  gennaio
2015 (reg. ric. n. 10 del 2015), la Regione Veneto ha impugnato,  fra
gli altri, l'art. 35, commi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 9,  del  decreto-legge
n. 133 del 2014, come  convertito,  per  violazione  degli  artt.  3,
secondo comma, 11, 117, primo comma, in  riferimento  alla  direttiva
2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001,
concernente la valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e
programmi sull'ambiente; nonche'  per  violazione  degli  artt.  117,
terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione. 
    8.1.-  Osserva  la  ricorrente   come   l'art.   35,   comma   1,
riprodurrebbe solo parzialmente la disciplina di cui all'art. 195 del
d.lgs. n. 152 del  2006.  Esso,  infatti,  non  conterrebbe  piu'  la
clausola di salvezza delle attribuzioni costituzionali delle Regioni,
prevista dal richiamato art. 195, con  la  conseguenza  che  un'ampia
gamma di poteri regionali, anche potenzialmente rivolti  a  stabilire
criteri di tutela dell'ambiente  piu'  rigorosi  di  quelli  statali,
risulterebbe travolta dalla costituzione di un sistema  nazionale  di
impianti di incenerimento. 
    Tale disposizione, dunque, sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  3
Cost.,   perche'   favorirebbe   irragionevolmente   la   prospettiva
dell'incenerimento a  discapito  dell'economia  del  riciclo.  Questa
violazione ridonderebbe nella lesione delle competenze  regionali  in
materia   di   tutela   della   salute,   governo   del   territorio,
valorizzazione dei beni ambientali e turismo. 
    8.2.- Sarebbe altresi'  violato  l'art.  120  Cost.,  perche'  la
previsione  che  la  Conferenza  Stato  Regioni  sia  solo  «sentita»
rappresenterebbe una forma di  coinvolgimento  del  tutto  inadeguata
rispetto alla significativa incidenza della  norma  sulle  competenze
regionali. A questo riguardo, viene richiamata la sentenza di  questa
Corte n. 383 del 2005. 
    8.3.- L'art. 35, comma 1, inoltre, pur  configurando  un  vero  e
proprio atto di pianificazione in materia di  gestione  dei  rifiuti,
non ne prevederebbe l'assoggettamento  ad  autorizzazione  ambientale
strategica, in violazione della direttiva 2001/42/CE. Esso, pertanto,
sarebbe in contrasto con gli artt. 11 e 117, primo  comma,  Cost.,  e
anche  tale  vizio  ridonderebbe  nella  lesione   delle   suindicate
competenze regionali. 
    8.4.- Del pari lesivo dell'art. 120 Cost., sarebbe anche il comma
2  dell'art.  35,  perche'   non   prevederebbe   alcuna   forma   di
coinvolgimento delle Regioni rispetto alla  definizione  dell'offerta
esistente su tutto il territorio nazionale. 
    8.5.- La Regione lamenta, inoltre, che i commi 3, 5 e 9 dell'art.
35, nell'imporre unilateralmente che tutti gli impianti  di  recupero
energetico da rifiuti siano autorizzati alla saturazione  del  carico
termico, con conseguente adeguamento delle  autorizzazioni  integrate
ambientali; nonche' nel prevedere, in caso di  mancato  rispetto  dei
termini, l'intervento del potere  sostitutivo  statale,  violerebbero
«per i motivi sopra indicati» le competenze regionali in  materia  di
tutela della salute, governo del territorio, valorizzazione dei  beni
ambientali e turismo, di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma,  e
118 Cost., nonche' il  principio  di  leale  collaborazione,  di  cui
all'art. 120 Cost. 
    8.6.- Anche il comma 4 dell'art. 35 sarebbe in contrasto con  gli
artt. 117, terzo comma, e  119  Cost.,  dal  momento  che,  a  fronte
dell'obbligo che  viene  imposto,  non  sarebbero  previste  garanzie
finanziarie a favore delle Regioni. 
    8.7.- Infine, viene denunciato il contrasto dell'art.  35,  comma
8, con gli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost. in quanto  esso,  da  un
lato, avrebbe un effetto generalizzato tale da  travolgere  tutte  le
diverse previsioni  adottate  nei  vari  settori  dalla  legislazione
regionale; dall'altro, facendo riferimento ai procedimenti in  corso,
determinerebbe un'irragionevole violazione del principio di legittimo
affidamento. 
    9.- Con atto depositato il 23 febbraio 2015 si e'  costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso
sia dichiarato infondato. 
    9.1.- Ad avviso della difesa statale, per verificare se il  piano
previsto dall'art. 35 sia effettivamente ascrivibile  alla  categoria
dei piani e programmi  da  assoggettare  a  VAS,  sarebbe  necessario
esaminarne le specifiche caratteristiche alla luce delle  definizioni
e delle finalita' della VAS che si ricavano dalla disciplina vigente. 
    A questo riguardo, si osserva che il d.lgs. n. 152 del  2006  non
definirebbe esplicitamente cosa siano i "piani e programmi" ai  quali
si  applica  la  VAS;  ne'  sarebbe  possibile   rinvenire   maggiori
indicazioni nella stessa direttiva VAS, che all'art. 2,  lettera  a),
utilizzerebbe   una   formula   trascritta   quasi    alla    lettera
nell'ordinamento italiano. 
    Ritiene, dunque, la difesa statale che, in base all'art. 12 delle
preleggi,  si  debba  assoggettare  a  VAS  il  piano  che   presenti
potenziali  effetti  significativi  sull'ambiente,   secondo   quanto
stabilito dall'art. 4, comma 4, lettera a), del  d.lgs.  n.  152  del
2006. 
    Ad avviso dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  tuttavia,  la
finalita'  enunciata  dalla  quest'ultima  disposizione  non  sarebbe
compatibile con i contenuti del piano previsto dall'art. 35, il quale
sarebbe diretto a  stabilire,  con  riferimento  al  trattamento  dei
rifiuti urbani e assimilati, la capacita' complessiva degli  impianti
di recupero  energetico  esistenti,  nonche'  quella  necessaria  per
coprire il fabbisogno residuo, al fine di effettuare una ricognizione
unitaria e affidabile della situazione del settore. 
    Si tratterebbe, dunque, di un piano  che,  per  la  sua  funzione
meramente ricognitiva, sarebbe incompatibile con le stesse  finalita'
della VAS. Di qui, la non  fondatezza  della  censura  relativa  alla
violazione dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.  in  relazione  alla
direttiva 2001/ 42/CE. 
    9.2.- Del pari non  fondata  sarebbe  la  censura  relativa  alla
violazione dell'art. 117, secondo e terzo comma, Cost., in quanto  la
disposizione impugnata sarebbe riconducibile a materie di  competenza
legislativa concorrente, quali la produzione dell'energia, il governo
del territorio, la  pianificazione  territoriale  e  urbanistica,  la
tutela della salute. 
    Ad avviso  della  difesa  statale,  infatti,  l'art.  35  sarebbe
espressione della competenza esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«tutela dell'ambiente», di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost., nel cui ambito rientra la disciplina  dei  rifiuti  ed  e'
riconosciuto allo Stato  il  potere  di  fissare  livelli  di  tutela
uniforme sull'intero territorio nazionale. 
    Tale disciplina, peraltro, sarebbe giustificata dall'esistenza di
una situazione di  emergenza,  relativa  alla  gestione  dei  rifiuti
urbani  e  assimilati,   la   quale   presenterebbe   una   rilevanza
sovraregionale e dunque richiederebbe che le scelte  di  fondo  siano
adottate  a  livello  centrale  e   siano   applicate   uniformemente
sull'intero territorio nazionale. 
    A tale necessita' risponderebbe l'allocazione a livello  statale,
ai sensi  dell'art.  118,  comma  primo,  Cost.,  di  nuove  funzioni
amministrative con l'obiettivo  di  potenziare  il  recupero  a  fini
energetici,  realizzando  una  rete  nazionale  di  impianti   basata
innanzitutto sulla maggiore efficienza di quelli esistenti; da questo
punto di vista, dunque, le previsioni di cui  ai  commi  3,  4,  e  5
dell'art. 35, troverebbero piena giustificazione. 
    Secondo la difesa statale, l'art. 35  prevederebbe  anche  idonee
garanzie  procedimentali  per  quanto  riguarda  la  valutazione  dei
possibili interessi regionali coinvolti.  Esso,  infatti,  stabilisce
che la ricognizione della capacita' complessiva di trattamento  degli
impianti esistenti, nonche' l'individuazione del fabbisogno  residuo,
debba essere effettuata con d.P.C.m., previo parere della  Conferenza
Stato  Regioni;  e  che  l'individuazione  delle  aree  nelle   quali
realizzare gli impianti occorrenti a coprire  tale  fabbisogno  debba
comunque tenere conto della pianificazione regionale. 
    Inoltre,  il  comma  3   stabilisce   che   l'adeguamento   delle
autorizzazioni  integrate  ambientali  da   parte   delle   autorita'
competenti regionali, ai  fini  dell'operativita'  degli  impianti  a
saturazione del carico termico, presupponga la  valutazione  positiva
della compatibilita' ambientale in tale assetto di esercizio e  debba
in ogni caso tenere  conto  degli  obiettivi  di  qualita'  dell'aria
vigenti nel territorio; il comma 5, poi,  prevede  che  l'adeguamento
delle autorizzazioni, ai fini della  qualifica  degli  impianti  come
impianti di recupero energetico Rl, sia effettuato a  condizione  che
ne sussistano i requisiti e le condizioni. 
    Dunque, ad avviso della difesa statale, le disposizioni impugnate
farebbero salve le prerogative delle Regioni, per quanto riguarda sia
il loro coinvolgimento nelle scelte  di  fondo,  sia  lo  svolgimento
delle valutazioni circa le possibili prestazioni degli impianti. 
    9.3.-  Quanto,  infine,  alle  censure  concernenti   il   potere
sostitutivo statale, nel caso di mancato rispetto dei termini di  cui
ai commi 3, 5 e 8, l'Avvocatura generale dello Stato osserva che tale
misura non solo sarebbe proporzionata in relazione alle  esigenze  di
celerita' che sono alla base dell'intera  disciplina,  ma  offrirebbe
anche  le  garanzie  procedimentali  invocate  dalla  ricorrente,  in
ragione del richiamo all'art. 8 della legge 5  giugno  2003,  n.  131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
    Pertanto, il potere sostitutivo di cui al comma 9  dell'art.  35,
sarebbe pienamente  conforme  all'art.  120  Cost.  e  alla  relativa
normativa di attuazione. 
    10.-  Con  due  successive  memorie  depositate  in   prossimita'
dell'udienza, sia il Presidente del Consiglio dei  ministri,  sia  la
Regione Veneto, hanno insistito nelle conclusioni gia' rassegnate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con i ricorsi indicati  in  epigrafe,  la  Regione  Lombardia
(reg. ric. n. 87 del 2014 e n. 7 del 2015) e la Regione Veneto  (reg.
ric. n.  10  del  2015)  hanno  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale, fra gli altri,  dell'art.  35  del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura  dei  cantieri,
la realizzazione  delle  opere  pubbliche,  la  digitalizzazione  del
Paese,  la  semplificazione  burocratica,  l'emergenza  del  dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  11
novembre 2014, n. 164. La disposizione impugnata detta una  serie  di
disposizioni volte  alla  realizzazione  su  scala  nazionale  di  un
sistema di gestione dei rifiuti. 
    1.1.- I parametri invocati nei ricorsi sono gli artt. 3, 11,  77,
secondo  comma,  81,  117,  primo  comma,  della   Costituzione,   in
riferimento alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del  27  giugno  2001,  concernente  la  valutazione  degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente;  nonche'  gli
artt. 117, secondo, terzo e quarto comma, 118, 119,  primo  comma,  e
120  Cost.  Sarebbero  altresi'  violati  il   principio   di   leale
collaborazione e quello di ragionevolezza. 
    1.2.- In particolare, la Regione Lombardia ha impugnato  il  solo
art. 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, sia nel testo  originario,
sia nel testo  risultante  dalle  modifiche  apportate,  in  sede  di
conversione, dalla legge n. 164 del 2014; la Regione Veneto,  invece,
ha censurato anche altre disposizioni del decreto-legge  n.  133  del
2014, come convertito. 
    1.3.-   Riservata    a    separate    pronunce    la    decisione
dell'impugnazione delle altre disposizioni del decreto-legge  n.  133
del 2014, come convertito, vengono in esame, in questa sede, le  sole
questioni relative all'art. 35 del medesimo decreto-legge. 
    In considerazione della parziale identita' delle norme denunciate
e delle censure proposte,  i  tre  giudizi,  come  sopra  delimitati,
devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con
un'unica pronuncia. 
    2.- Va  inoltre  richiamata  per  i  due  ricorsi  della  Regione
Lombardia la giurisprudenza di questa Corte secondo la  quale,  «[i]n
relazione a fattispecie [...] in cui vi e' una sostanziale  identita'
tra il testo del decreto-legge originario e quello  risultante  dalla
legge di conversione, [...]  le  censure  al  testo  originario  sono
assorbite in quelle rivolte alle  corrispondenti  disposizioni  della
legge di conversione (sentenze n. 443 del 2007; n. 417 del 2005).  Da
cio' deriva, nella specie,  che:  [...]  le  questioni  promosse  nei
confronti  del  testo   originario   del   decreto-legge   [...]   si
trasferiscono sul corrispondente  testo  risultante  dalla  legge  di
conversione e sono, percio', assorbite in queste»  (sentenza  n.  298
del 2009). 
    Pertanto, l'oggetto  del  giudizio  e'  limitato  alle  questioni
concernenti l'art.  35  del  decreto-legge  n.  133  del  2014,  come
risultante dalla legge di conversione,  e  in  particolare  a  quelle
relative ai commi 1, 2, 3, 4, 6, 8, 9 e 11, per la Regione Lombardia,
nonche' ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 9, per la Regione Veneto. 
    3.- La Regione Lombardia lamenta, in primo luogo, che  l'art.  35
violi l'art. 77, secondo comma, Cost., sotto il duplice profilo della
insussistenza dei presupposti per la  decretazione  d'urgenza  e  del
difetto di omogeneita';  ad  avviso  della  ricorrente,  inoltre,  il
difetto di omogeneita' riguarderebbe anche il decreto-legge  nel  suo
complesso. 
    3.1.-  Va  preliminarmente  esaminata  al  riguardo   l'eccezione
sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la  quale  il
ricorso sarebbe inammissibile in quanto  la  denunciata  carenza  dei
presupposti per l'adozione del decreto-legge non  ridonderebbe  nella
lesione di competenze regionali. 
    Per costante giurisprudenza di questa  Corte,  «le  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dalle Regioni in riferimento  a
parametri  non  attinenti  al  riparto  delle  competenze  statali  e
regionali  sono  ammissibili  al  ricorrere   di   due   concomitanti
condizioni: in primo luogo, la ricorrente deve individuare gli ambiti
di competenza regionale - legislativa, amministrativa o finanziaria -
incisi  dalla   disciplina   statale,   indicando   le   disposizioni
costituzionali nelle quali - appunto - trovano fondamento le  proprie
competenze in tesi indirettamente lese (ex plurimis, sentenze n. 83 e
n. 65 del 2016, n. 251 e n. 89 del 2015); e, in secondo luogo, questa
Corte deve ritenere che sussistano competenze regionali  suscettibili
di  essere  indirettamente  lese  dalla  disciplina   impugnata   (ex
plurimis, sentenze n. 68 del 2016, n. 220 e n. 219 del 2013). Cio' si
verifica quando la disposizione  statale,  pur  conforme  al  riparto
costituzionale delle competenze, obbliga le Regioni -  nell'esercizio
di altre loro attribuzioni normative, amministrative o finanziarie  -
a   conformarsi   ad   una   disciplina   legislativa   asseritamente
incostituzionale, per contrasto con parametri,  appunto,  estranei  a
tale riparto» (sentenza n. 145 del 2016). 
    Nel caso di specie, la pretesa violazione dell'art.  77,  secondo
comma,  Cost.,  presenta  profili  di  ridondanza  sulla   sfera   di
competenza costituzionalmente attribuita alla Regione.  Infatti,  non
solo   esistono   competenze   regionali   suscettibili   di   essere
indirettamente  lese  dal  decreto-legge,  ma  la   Regione   le   ha
espressamente individuate  ed  ha  anche  adeguatamente  motivato  in
ordine  a  tale  ridondanza,   diffondendosi   in   particolare   sul
pregiudizio  che  l'impugnato  art.  35   recherebbe   alla   propria
programmazione in materia di rifiuti. 
    L'eccezione, pertanto, non puo' essere accolta. 
    3.2.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    3.2.1.-  Quanto  al  difetto  di  omogeneita'  dell'art.   35   e
all'inesistenza   della   urgente   necessita'   di   adottarne    le
disposizioni, va richiamata la giurisprudenza  di  questa  Corte  che
«collega il riconoscimento dell'esistenza dei  presupposti  fattuali,
di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca  coerenza
delle norme contenute in un  decreto-legge,  o  dal  punto  di  vista
oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico.
La urgente necessita' del provvedere puo' riguardare  una  pluralita'
di  norme  accomunate  dalla  natura   unitaria   delle   fattispecie
disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare  situazioni
straordinarie  complesse  e  variegate,  che  richiedono   interventi
oggettivamente eterogenei, afferenti quindi  a  materie  diverse,  ma
indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni
straordinarie venutesi a determinare» (sentenza n. 22 del 2012). 
    Ebbene, confrontando la rubrica del decreto-legge  con  il  testo
della disposizione impugnata  questa  coerenza  sussiste.  La  prima,
infatti,  reca,  tra  le  altre,  «Misure  urgenti   per   [...]   la
realizzazione delle opere pubbliche»;  il  secondo  concerne  «Misure
urgenti per  la  realizzazione  su  scala  nazionale  di  un  sistema
adeguato e integrato di gestione dei  rifiuti  urbani  [...]»,  anche
attraverso l'individuazione di nuovi  impianti  di  incenerimento,  i
quali altro non sono che una species del piu' ampio genus delle opere
pubbliche. 
    Dal tenore letterale dell'art. 35, comma 1, si evince,  altresi',
come l'urgente necessita' di provvedere sia connessa all'esigenza  di
«superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione  per  mancata
attuazione delle norme europee di settore». 
    3.2.2.- Quanto al difetto di omogeneita' del provvedimento  nella
sua interezza, e' bensi' vero che il decreto-legge n. 133 del 2014 e'
riconducibile  alla  categoria  dei  «provvedimenti  governativi   ab
origine a contenuto plurimo», annoverati dalla Corte  tra  gli  «atti
[...] che di  per  se'  non  sono  esenti  da  problemi  rispetto  al
requisito dell'omogeneita'» (sent. n. 32  del  2014);  nondimeno,  le
molteplici disposizioni che lo compongono, ancorche'  eterogenee  dal
punto di vista materiale, presentano una sostanziale  omogeneita'  di
scopo, essendo tutte preordinate all'unitario obiettivo di accelerare
e  semplificare  la  realizzazione  e   la   conclusione   di   opere
infrastrutturali strategiche, nel piu' ampio quadro della  promozione
dello sviluppo economico e del rilancio delle  attivita'  produttive.
Il  decreto-legge  in   esame,   dunque,   ancorche'   articolato   e
differenziato  al  proprio  interno,  appare  fornito  di   una   sua
intrinseca coerenza. 
    4.- La Regione Veneto, inoltre, deduce che l'art.  35,  comma  1,
violerebbe l'art. 3 Cost., in collegamento con gli artt. 117, terzo e
quarto   comma,   118,   e   119   Cost.,   in   quanto   favorirebbe
irragionevolmente  la  prospettiva  dell'incenerimento  a   discapito
dell'economia  del  riciclo;  tale  violazione,   ad   avviso   della
ricorrente, ridonderebbe nella compressione delle proprie competenze. 
    4.1.-  Alla  luce  della  giurisprudenza   costituzionale   sopra
richiamata, la questione e' ammissibile,  in  quanto  la  Regione  ha
sufficientemente motivato la ridondanza  della  lamentata  violazione
sulla sfera delle proprie competenze. 
    4.2.- Nel merito, tuttavia, la questione non e' fondata. 
    La scelta delle politiche da  perseguire  e  degli  strumenti  da
utilizzare  in  concreto   per   superare   il   ciclico   riproporsi
dell'emergenza rifiuti,  infatti,  e'  necessariamente  rimessa  allo
Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di
«tutela dell'ambiente». 
    Lo Stato, peraltro, ai sensi del comma 1,  agisce  «nel  rispetto
degli obiettivi di raccolta differenziata e di  riciclaggio,  tenendo
conto della pianificazione regionale».  Cio'  vale  ad  escludere  il
pregiudizio temuto dalla Regione. 
    5.- Entrambe le ricorrenti lamentano, poi,  la  violazione  degli
artt. 11 e 117, primo comma, Cost.,  in  riferimento  alla  direttiva
2001/42/CE, in materia di VAS, in quanto il primo comma dell'art.  35
adotterebbe un vero e  proprio  programma  nazionale  in  materia  di
gestione integrata dei rifiuti, senza averne  espressamente  previsto
la  sottoposizione  alla  procedura  di  VAS.  In  questo   atto   di
pianificazione, secondo la Regione Lombardia, rientrerebbero anche le
previsioni di cui ai commi 3 e 4 del richiamato art. 35. 
    5.1.-  In  via  preliminare,  la  difesa  statale   ha   eccepito
l'inammissibilita' della questione promossa dalla Regione  Lombardia,
in quanto la ricorrente  non  avrebbe  specificato  come  la  mancata
previsione della VAS  nella  procedura  di  adozione  di  tale  piano
lederebbe  la  propria   sfera   di   competenza   costituzionalmente
garantita. 
    5.1.1.- L'eccezione non puo' essere accolta perche'  la  Regione,
ancorche' in modo sintetico, deduce che tale vizio  arreccherebbe  un
vulnus alle sue specifiche competenze in materia  di  «produzione  di
energia» e di «tutela dell'ambiente»,  in  particolare  sottolineando
come, in tale ultimo ambito, competa ad essa  assicurare  livelli  di
tutela piu' elevati di quelli fissati dallo Stato. 
    5.2.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    Deve anzitutto rilevarsi come il comma  1  dell'art.  35  preveda
l'adozione del d.P.C.m., sia per individuare la capacita' complessiva
di trattamento degli impianti  esistenti,  sia  per  individuare  gli
impianti di incenerimento da realizzare  per  coprire  il  fabbisogno
residuo. 
    In riferimento agli impianti esistenti, il carattere  ricognitivo
della  disposizione  impugnata  la   rende   inidonea   ad   arrecare
qualsivoglia pregiudizio, trattandosi di  infrastrutture  in  essere,
per le quali, dunque, le  procedure  di  VAS  devono  ritenersi  gia'
esperite. 
    Quanto agli impianti di nuova realizzazione,  questi  -  al  pari
degli impianti esistenti - vengono qualificati come «infrastrutture e
insediamenti strategici di preminente  interesse  nazionale  ai  fini
della tutela della salute e dell'ambiente» (art. 35, comma 1). 
    Ebbene,  in  riferimento  all'analogo  «carattere  di   interesse
strategico» che l'art. 37 del medesimo decreto-legge n. 133 del  2014
attribuisce alle specifiche infrastrutture ivi indicate, questa Corte
ha chiarito  che  «la  disposizione  impugnata  non  modifica  -  ne'
espressamente, ne' implicitamente - le singole discipline di settore,
dettate   per   la   localizzazione,    la    realizzazione    ovvero
l'autorizzazione  all'esercizio  di  ciascuna  delle   categorie   di
infrastrutture in essa elencate» (sentenza n. 110 del 2016). 
    Anche per gli impianti di incenerimento di cui all'art. 35 esiste
una specifica disciplina di settore, concernente  la  localizzazione,
la realizzazione e l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto. Tale
disciplina ne contempla, evidentemente,  anche  la  sottoposizione  a
VAS,  la  quale,  dunque,   deve   ritenersi   impregiudicata   dalla
qualificazione  dell'impianto  come  infrastruttura   strategica   di
preminente interesse nazionale. Peraltro, le modifiche introdotte  in
sede di conversione, con particolare riguardo ai termini,  facilitano
l'espletamento delle relative procedure. 
    Di qui la non fondatezza della questione. 
    Ne consegue che la richiesta avanzata in  via  subordinata  dalla
Regione  Lombardia,  affinche'  questa  Corte  effettui   un   rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea,  non  puo'
essere accolta. 
    6.- La Regione Lombardia lamenta che l'art.  35  comprometterebbe
«oltre il  limite  dell'adeguatezza  le  [...]  sfere  di  competenza
regionale»;   esso   violerebbe   anche   il   principio   di   leale
collaborazione prevedendo un coinvolgimento  regionale  insufficiente
(comma 1), ovvero del tutto assente (commi 2 e 9).  Analoga  censura,
in riferimento ai commi 1 e 2, e' mossa dalla Regione Veneto. 
    6.1.- Neanche tali censure sono fondate. 
    6.1.1-   Quanto   alla   prima,   va   richiamata   la   costante
giurisprudenza costituzionale secondo la quale «la  disciplina  della
gestione dei rifiuti rientra nella materia  "tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema" riservata, in  base  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato (ex  multis,
sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del
2010, n. 61 e n. 10 del 2009)» (sentenza n. 154 del 2016); in  questa
materia, inoltre, «lo Stato conserva il potere di dettare standard di
protezione uniformi validi in tutte le Regioni e  non  derogabili  da
queste» (sentenza n. 307 del 2003). 
    L'art. 35, a ben vedere, persegue un livello uniforme  di  tutela
ambientale su tutto il  territorio  nazionale  e,  pertanto,  risulta
legittimamente  adottato  dallo  Stato  nell'esercizio  di  tale  sua
competenza. 
    6.1.2-  Del  pari  non  fondata  e'  la  censura  relativa   alla
violazione del principio di leale collaborazione. 
    Questa Corte, in riferimento all'art. 195, comma 1,  lettera  f),
del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in  materia  ambientale),  il
quale prevedeva che «l'individuazione degli impianti  di  recupero  e
smaltimento di preminente interesse nazionale da  realizzare  per  la
modernizzazione e lo sviluppo del Paese» fosse  operata  «sentita  la
Conferenza unificata», ha ritenuto non fondata un'analoga censura  di
violazione del principio di leale collaborazione, sul presupposto che
«tale forma di coinvolgimento delle Regioni e degli  enti  locali  si
rivela  adeguata,  incidendo  la  predetta  attivita'  su  competenze
regionali (governo del territorio, tutela della salute)  concorrenti,
in ordine alle quali spetta comunque allo Stato  dettare  i  principi
fondamentali» (sent. n. 249 del 2009). 
    E' bensi' vero che il richiamato art. 195, comma 1,  lettera  f),
conteneva una clausola che faceva espressamente salve le  prerogative
regionali, prevedendo l'individuazione degli impianti  «nel  rispetto
delle attribuzioni costituzionali  delle  Regioni»;  cio'  nondimeno,
l'assenza di un'analoga clausola  nella  disposizione  impugnata  non
puo' far presumere che il  legislatore  statale  intenda  operare  in
violazione di quanto e' costituzionalmente stabilito. 
    La non fondatezza della  questione  riguarda,  pertanto,  sia  il
comma 1, sia il comma 2 dell'art. 35, con  specifico  riferimento  al
quale il rispetto delle  attribuzioni  costituzionali  delle  Regioni
comporta  l'intesa  con  la  Regione  interessata   ai   fini   della
localizzazione dell'impianto. 
    7.- La Regione Veneto deduce che i commi 3, 5 e  9  dell'art.  35
sarebbero lesivi delle proprie competenze, in  relazione  agli  artt.
117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 Cost., «per i motivi  sopra
indicati». 
    7.1.- La questione e' inammissibile. 
    Questa Corte ha  piu'  volte  chiarito  che  «l'esigenza  di  una
adeguata motivazione a fondamento  della  richiesta  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  si  pone  in  termini  perfino   piu'
pregnanti nei giudizi diretti  rispetto  a  quelli  incidentali»  (ex
multis, sentenza n. 3 del 2016). 
    Nel rinviare genericamente ai «motivi sopra indicati»,  pertanto,
la  ricorrente  non  ha  assolto  adeguatamente  al   proprio   onere
motivazionale nel giudizio in via principale, avendo  cumulativamente
indicato le norme impugnate e i parametri violati, senza aver fornito
alcuna indicazione delle specifiche ragioni di contrasto fra ciascuna
norma e ciascun singolo parametro. 
    8.- La Regione Veneto impugna, altresi', il comma 4 dell'art. 35,
il quale prevede che i nuovi impianti siano realizzati  conformemente
alla classificazione di impianti di recupero energetico di cui al  d.
lgs. n. 152 del 2006. 
    Ad avviso della Regione, tale disposizione sarebbe  in  contrasto
con gli artt. 117, terzo comma  e  119,  Cost.,  perche',  stante  la
competenza regionale  in  materia  di  produzione  di  energia,  essa
imporrebbe  illegittimamente  un  obbligo  che  non  sarebbe  neppure
accompagnato da adeguate garanzie finanziarie a favore delle Regioni. 
    8.1.- Neanche tale questione e' fondata. 
    La   ricorrente,   infatti,   muove   dall'erroneo    presupposto
interpretativo che tale obbligo sia stato illegittimamente posto.  Al
contrario, si tratta  di  una  prescrizione  legittimamente  adottata
dallo Stato nell'esercizio della sua competenza esclusiva in  materia
di «tutela  dell'ambiente»,  di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. 
    9.- La Regione Lombardia censura il  comma  6  dell'art.  35,  in
riferimento agli artt. 81 e 119  Cost.,  in  quanto  l'ammissione  di
rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo  provenienti  da
altre Regioni altererebbe gli equilibri  finanziari  raggiunti  dalla
Regione, con potenziale aggravio della tariffa per i cittadini. 
    9.1.- La questione non e' fondata. 
    Ai sensi del successivo comma 7, infatti, nel caso in cui rifiuti
urbani provenienti da altre Regioni vengano smaltiti  negli  impianti
della Regione, i gestori di tali impianti devono versare ad  essa  un
contributo  che  confluisce  in  un  apposito  fondo  destinato,  fra
l'altro, «al contenimento  delle  tariffe  di  gestione  dei  rifiuti
urbani»; inoltre, e' espressamente previsto che gli  oneri  derivanti
dallo smaltimento di  rifiuti  extra-regionali  «non  possono  essere
traslati sulle tariffe poste a carico dei cittadini». 
    10.- Entrambe  le  ricorrenti  deducono,  poi,  che  il  comma  8
dell'art. 35 violerebbe l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost.,  in
combinato disposto  con  l'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza, perche', prevedendo la riduzione dei termini  residui
per i procedimenti di  espropriazione  per  pubblica  utilita'  degli
impianti di cui al comma 1, in corso alla data di entrata  in  vigore
del  decreto-legge,  sarebbe  in  contrasto  con  il  principio   del
legittimo affidamento dei destinatari dei provvedimenti. 
    In  particolare,  ad  avviso  della  Regione  Veneto,   l'effetto
generalizzato di tale previsione,  coinvolgendo  tutte  le  fasi  del
procedimento  espropriativo,  travolgerebbe  le  diverse   previsioni
adottate, nei vari settori, dalla legislazione regionale. 
    10.1.- La questione e' inammissibile. 
    In riferimento  a  tale  censura  la  Regione  Lombardia  non  ha
adeguatamente argomentato la ridondanza della violazione sulla  sfera
delle proprie competenze regionali, mentre la doglianza della Regione
Veneto e' supportata da uno sforzo argomentativo maggiore.  Cio'  non
vale,  tuttavia,  a  dimostrare  che  la  riduzione  dei  termini  di
espropriazione, oltre a riguardare i privati interessati, leda  anche
attribuzioni regionali. 
    11.- La Regione Lombardia censura, inoltre, il comma 9  dell'art.
35, che disciplina l'applicazione del potere sostitutivo in  caso  di
mancato rispetto dei termini di cui ai commi 3, 5 e 8. 
    Secondo la ricorrente, tale disposizione  violerebbe  l'art.  120
Cost.,  sotto  il  duplice  profilo  della  mancanza  dei   requisiti
costituzionalmente  previsti  per  la  sostituzione  e  del   mancato
coinvolgimento regionale. 
    11.1.- La questione non e' fondata. 
    La   disposizione   impugnata,   infatti,   richiama,   ai   fini
dell'esercizio del potere sostitutivo, l'art. 8 della legge 5  giugno
2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento  dell'ordinamento  della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale
rinvia ai casi e alle finalita' previsti dall'articolo  120,  secondo
comma, Cost.; assegna,  inoltre,  all'ente  inadempiente  un  congruo
termine  per  provvedere;  prevede,  infine,  l'audizione   dell'ente
inadempiente  da  parte  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   la
partecipazione del Presidente della Regione interessata alla riunione
del Consiglio dei ministri che adotta i provvedimenti necessari. 
    D'altra parte, e' bensi'  vero  che  «[l]'articolo  120,  secondo
comma, non preclude [...] in via di principio, la possibilita' che la
legge regionale, intervenendo in materie di propria competenza, e nel
disciplinare, ai sensi dell'articolo 117, terzo  e  quarto  comma,  e
dell'articolo  118,  primo  e  secondo  comma,  della   Costituzione,
l'esercizio di funzioni  amministrative  di  competenza  dei  Comuni,
preveda anche poteri sostitutivi in capo ad organi  regionali  [...]»
(sentenza  n.  43  del  2004);  nel  caso  di  specie,  tuttavia,  la
disposizione impugnata e' espressione  della  competenza  legislativa
dello Stato in materia di «tutela dell'ambiente» e spetta, dunque, al
legislatore statale anche  la  disciplina  di  eventuali  ipotesi  di
sostituzione di organi locali. 
    12.- La Regione Lombardia impugna, infine, l'art. 35,  comma  11,
che inserisce nell'art. 182 del d. lgs. n. 152 del 2006  il  comma  3
bis, ai sensi del quale il divieto di smaltire i rifiuti  urbani  non
pericolosi in Regioni diverse da quelle dove sono  prodotti  «non  si
applica ai rifiuti urbani che il  Presidente  della  Regione  ritiene
necessario  avviare  a  smaltimento,  nel  rispetto  della  normativa
europea, fuori del territorio della Regione dove  sono  prodotti  per
fronteggiare situazioni di emergenza causate  da  calamita'  naturali
per le quali e' dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile
ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225». 
    Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe il  principio
di leale  collaborazione,  in  quanto  la  Regione  destinataria  dei
rifiuti non verrebbe messa in condizione di interloquire  sulla  loro
destinazione. 
    12.1.- La questione non e' fondata. 
    Il principio  di  leale  collaborazione  attiene  ai  rapporti  -
verticali - tra lo Stato e le Regioni. La norma in esame si limita  a
rendere legittima per lo Stato una decisione  presa  da  una  Regione
diversa da quella in cui potra' avvenire lo smaltimento. In tal modo,
tuttavia, l'impugnato comma 11 non esclude affatto che tale decisione
- nell'ambito dei rapporti orizzontali fra  Regioni  -  possa  essere
oggetto di accordi o intese interregionali, da  concludersi  in  ogni
caso in seno alla Conferenza dei Presidenti delle Regioni  e  non  in
sede di Conferenza Stato Regioni. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse dalla Regione Veneto  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    riuniti i giudizi; 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, comma 8, del decreto-legge 12  settembre
2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per  l'apertura  dei  cantieri,  la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione  del  Paese,
la   semplificazione   burocratica,    l'emergenza    del    dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  11
novembre 2014, n. 164, promossa, in riferimento agli artt. 3  e  117,
secondo e terzo comma, Cost., dalla Regione Lombardia e dalla Regione
Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, commi 3, 5 e 9, del decreto-legge n. 133
del 2014, come convertito, promossa, in riferimento agli  artt.  117,
terzo e quarto comma, 118, 119, e 120 Cost.,  dalla  Regione  Veneto,
con il ricorso indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del decreto-legge n. 133 del  2014,  come  convertito,
nella  sua  interezza  e  limitatamente  all'art.  35,  promossa,  in
riferimento  all'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,   dalla   Regione
Lombardia, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, comma 1, del decreto-legge  n.  133  del
2014, come convertito, promossa, in riferimento agli artt. 3  e  117,
terzo e quarto comma, 118, e 119 Cost., dalla Regione Veneto, con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    5)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 133
del 2014, come convertito, promossa dalla Regione Lombardia  e  dalla
Regione Veneto, con i ricorsi indicati in  epigrafe,  in  riferimento
agli artt. 11  e  117,  primo  comma,  in  relazione  alla  direttiva
2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001,
concernente la valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e
programmi sull'ambiente; 
    6)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35 del decreto-legge n. 133 del  2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, secondo e  terzo
comma, Cost., dalla Regione Lombardia, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    7)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, commi 1, 2 e 9, del decreto-legge n. 133
del 2014, come convertito,  promossa,  in  riferimento  all'art.  120
Cost.,  e  al  principio  di  leale  collaborazione,  dalla   Regione
Lombardia e dalla Regione Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    8)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, comma 4, del decreto-legge  n.  133  del
2014, come convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost., dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato  in
epigrafe; 
    9)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, comma 6, del decreto-legge  n.  133  del
2014, come convertito, promossa, in riferimento agli artt. 81  e  119
Cost., dalla Regione Lombardia, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    10)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, comma 9, del decreto-legge  n.  133  del
2014, come convertito, promossa, in riferimento all'art.  120  Cost.,
dalla Regione Lombardia, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    11)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 35, comma 11, del decreto-legge n.  133  del
2014, come convertito, promossa, in riferimento all'art. 120 Cost., e
al principio di leale collaborazione, dalla Regione Lombardia, con il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA