N. 444 ORDINANZA 19 - 28 dicembre 2001

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Regione  Lombardia - Trasferimento di funzioni statali alla Regione -
  Proposta  di  legge di revisione costituzionale - Deliberazione del
  Consiglio  regionale per l'indizione di un referendum consultivo su
  tale proposta - Ricorso del Presidente del Consiglio, per conflitto
  -  Prospettata  lesione  alle  attribuzioni  statali - Sopravvenuta
  rinuncia al ricorso, con adesione della controparte.
- Deliberazione  del Consiglio regionale della Lombardia 15 settembre
  2000.
- Costituzione,  artt.  116,  terzo  comma,  117  e  titolo  V; norme
  integrative  per  i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art.
  27, ultimo comma.
(GU n.1 del 2-1-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della
delibera  del  Consiglio  regionale  della  Lombardia  n. VII/25  del
15 settembre  2000,  recante  "Proposta  di  indizione  di referendum
consultivo  per il trasferimento delle funzioni statali in materia di
sanita',  istruzione, anche professionale, nonche' di polizia locale,
alla  Regione", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 1 dicembre 2000, depositato in cancelleria il
5 successivo e iscritto al n. 56 del registro conflitti 2000.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20 novembre  2001  il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio dei Ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per
la   Regione  Lombardia.  Ritenuto  che  con  ricorso  depositato  il
5 dicembre  2000 il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto
conflitto  di  attribuzione nei confronti della Regione Lombardia, in
relazione alla deliberazione del Consiglio regionale del 15 settembre
2000,  n. VII/25  (pubblicata  nel Bollettino ufficiale della Regione
Lombardia  n. 40  del 2 ottobre 2000), recante "Proposta di indizione
di  referendum consultivo per il trasferimento delle funzioni statali
in  materia  di  sanita', istruzione, anche professionale, nonche' di
polizia locale, alla Regione";
        che,   ad  avviso  del  ricorrente,  il  Consiglio  regionale
lombardo, senza tenere conto di quanto statuito nella sentenza n. 470
del  1992  della  Corte  costituzionale,  ha  deliberato di indire un
referendum  consultivo, rivolto alla popolazione iscritta nelle liste
elettorali  dei comuni della Regione Lombardia, per l'espressione del
voto  su  un  quesito che non concerne un provvedimento di competenza
del  medesimo  Consiglio  regionale, bensi' attiene all'esercizio, da
parte  di quest'ultimo, della "facolta' di presentare alle Camere una
proposta   di   legge   di   "revisione   della  Costituzione"  della
Repubblica";
        che  l'illegittimita'  e il carattere invasivo della delibera
regionale risulterebbero ancor piu' chiari - prosegue il ricorrente -
dopo  la  pronuncia n. 496 del 2000 della Corte costituzionale, nella
quale, affrontando il profilo della posizione rispettiva del popolo e
della  rappresentanza  politico-parlamentare rispetto alle istanze di
revisione  costituzionale,  si  e' formulata la conclusione nel senso
della  inammissibilita'  di una "doppia pronuncia" popolare, dapprima
di  una  frazione  territorialmente  delimitata e poi dell'intero, in
sede di procedimento di revisione costituzionale;
        che  agli  enunciati  della citata sentenza costituzionale il
Governo  fa  testuale  richiamo,  rilevando  inoltre  che  il quesito
referendario  al quale verrebbe chiamata la popolazione della Regione
Lombardia  difetta  dei requisiti della chiarezza e dell'omogeneita',
perche',  accanto  a  materie  che gia' sono largamente devolute alle
autonomie   regionali,   si   inserisce  una  materia,  quella  della
"istruzione,  anche professionale", che implicherebbe necessariamente
una   revisione   costituzionale   (l'art. 117   della   Costituzione
menzionando  solo  l'"istruzione  artigiana e professionale"), con il
risultato   di   rendere  oscura,  per  il  cittadino,  la  "sostanza
dell'innovazione  costituzionale  ipotizzata e del risultato politico
perseguito";
        che,   assumendo  la  gravita'  e  l'evidenza  della  lesione
arrecata  alle  attribuzioni  statali  (fumus  boni iuris) e altresi'
l'esigenza  di impedire pregiudizievoli conseguenze o "emulazioni" di
tale  iniziativa  (periculum  in  mora),  il  Governo  ricorrente  ha
formulato  istanza  di sospensione dell'atto in relazione al quale e'
insorto il conflitto;
        che  si  e'  costituita  nel  giudizio  per  conflitto  cosi'
promosso  la  Regione  Lombardia, affermando previa ricostruzione del
quadro  statutario e legislativo in materia di referendum regionale e
facendo   riferimento   alle   pertinenti   decisioni   della   Corte
costituzionale:  sentenze  n. 256  del 1989, n. 470 del 1992 e n. 496
del 2000 che il quesito referendario proposto dal Consiglio regionale
lombardo  non  e'  passibile  di  censura, proprio alla stregua della
giurisprudenza  costituzionale ricordata: nella delibera, infatti, da
un  lato  si  afferma  esplicitamente che le iniziative istituzionali
sono  da  prendersi "nel quadro dell'unita' nazionale", dall'altro le
suddette    iniziative   non   sono   necessariamente   legate   alla
presentazione  di proposte di revisione costituzionale, giacche' loro
scopo  e' piuttosto quello della "promozione" del trasferimento delle
funzioni   statali   in   materia   di   sanita',   istruzione  anche
professionale  e  polizia  locale,  ben  potendosi trattare dunque di
iniziative  legislative  ordinarie  ovvero  di  iniziative  in  campo
organizzativo e amministrativo, cosicche' per quest'ultimo aspetto il
conflitto promosso presenterebbe carattere "virtuale";
        che,  sotto altro profilo, la Regione Lombardia osserva da un
lato  che  manca,  nella  delibera consiliare impugnata, il carattere
della  lesivita',  o  menomazione,  di  una qualsiasi tra le funzioni
dello  Stato,  cio'  che sarebbe provato dalla mancanza, nell'atto di
impugnazione   proposto   dal   Governo,   di   un  chiaro  parametro
costituzionale sulla cui violazione possa dirsi fondato il conflitto,
dall'altro  che  la stessa proposizione del conflitto rivestirebbe un
connotato   "paradossale"   perche'   incoerente   con   la   riforma
costituzionale  del Titolo V della Costituzione promossa dallo stesso
Governo,  in  particolare con la previsione del nuovo art. 116, terzo
comma,  della  Costituzione,  che  ammette che alle regioni ordinarie
possano  essere  attribuite, secondo determinate procedure, ulteriori
forme e condizioni particolari di autonomia;
        che  la  Regione  Lombardia  ha  concluso  pertanto  per  una
dichiarazione  di  inammissibilita'  o  di  infondatezza del ricorso,
previa reiezione della richiesta sospensiva;
        che hanno successivamente depositato memorie sia l'Avvocatura
generale  dello Stato, per il ricorrente Presidente del Consiglio dei
ministri,   sia  la  difesa  della  Regione  Lombardia,  ribadendo  e
ulteriormente argomentando le rispettive conclusioni;
        che  con  ordinanza n. 102 del 2001 questa Corte ha rigettato
l'istanza   incidentale  di  sospensione  della  delibera  consiliare
impugnata;
        che in data 6 novembre 2001 l'Avvocatura generale dello Stato
ha  depositato  atto  con  il quale, su conforme deliberazione del 31
ottobre  2001 del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare
al ricorso;
        che all'udienza pubblica del 20 novembre 2001 la difesa della
Regione  Lombardia  ha  formulato  la propria adesione alla rinuncia,
contestualmente  allegando  la deliberazione del 16 novembre 2001 con
la  quale la Giunta regionale lombarda, preso atto "dell'abbandono da
parte  del Presidente del Consiglio dei ministri della controversia",
ha autorizzato la difesa a porre in essere i conseguenti adempimenti.
    Considerato che, ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, delle norme
integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte costituzionale, la
rinuncia  al  ricorso,  seguita  dalla  relativa  accettazione  della
controparte, produce l'effetto di estinguere il processo.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara estinto il processo.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Zagrebelsky
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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