N. 29 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 16 agosto 1999

                                 N. 29
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in  cancelleria  il
 16 agosto 1999 (della regione Veneto)
 Zootecnia - Quote latte - Regolamento concernente norme di attuazione
    dell'art.  1,  comma 5, d.-l. n 43/1999 (conv., con modificaz., in
    legge n. 118/1999) - Modalita' procedurali per  la  determinazione
    definitiva,  da  parte  delle  regioni  e  province  autonome, dei
    quantitativi  individuali  determinati  dall'AIMA  per  i  periodi
    1997-1998   e   1998-1999   e  delle  produzioni  commercializzate
    comunicate dalla stessa AIMA in riferimento al periodo 1997-1998 -
    Sostanziale conferma delle competenze  dell'AIMA  in  ordine  alla
    determinazione  dei  quantitativi  individuali  e delle produzioni
    commercializzate in  riferimento  a  due  campagne  lattiere  gia'
    concluse  ed  una  in  via  di  esaurimento  (ovvero  1997-1998  e
    1998-1999,   1999-2000),   con   assegnazione    retroattiva    di
    quantitativi  e  successive  operazioni, anch'esse retroattive, di
    compensazione e di determinazione  del  prelievo  supplementare  -
    Reiterazione  delle censure rivolte contro la legge di conversione
    del d.-l. n.  43/1999, con il ricorso in via principale n. 19/99 -
    Estromissione delle regioni dalla gestione e dalla  programmazione
    del  settore e riduzione delle regioni stesse a semplici strumenti
    di  accertamento  ai  fini  dell'irrogazione  della  sanzione  del
    prelievo  -  Mancanza di previa intesa con le regioni - Violazione
    del  principio  di  leale  collaborazione  tra  enti   -   Lesione
    dell'autonomia    regionale   -   Violazione   dei   principi   di
    imparzialita' e buon andamento della p.a.
 (Decreto del Ministero per le politiche agricole 21 maggio  1999,  n.
    159).
 (Cost., artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119).
(GU n.42 del 20-10-1999 )
   Ricorso  della  regione  Veneto,  in  persona  del  vice presidente
 pro-tempore della Giunta regionale, avv. Bruno Canella  rappresentata
 e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di
 deliberazione  di  g.r. n. 2330 del 6 luglio 1999 di autorizzazione a
 stare  in  giudizio,  dagli  avv.ti  proff. Giuseppe Franco Ferrari e
 Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata  presso  lo  studio  di
 quest'ultimo,  in  Roma, lungotevere delle Navi, n. 30, per conflitto
 di attribuzione;
   Contro il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  in  persona  del
 Presidente  pro-tempore  del  Consiglio dei Ministri, in relazione al
 decreto del Ministero per le politiche agricole 21  maggio  1999,  n.
 159, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 131 del 7
 giugno  1999,  recante  "Regolamento  concernente norme di attuazione
 dell'art. 1, comma 5, del d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito,  con
 modificazioni,   dalla   legge  27  aprile  1999,  n.  118,  recante:
 Disposizioni urgenti per il  settore  lattiero  caseario"  nella  sua
 interezza ed in particolare:
     quanto all'art. 1, comma 1, in quanto dispone che l'AIMA entro il
 1  giugno  1999  deve  comunicare  ai  produttori  i  quantitativi di
 riferimento di fine periodo e le produzioni commercializzate  per  il
 periodo  1997-1998,  nonche'  i  quantitativi  individuali  di inizio
 periodo 1998-1999, come, previsti dall'art. 1, commi 3 e 4 del  d.-l.
 n.  43  del  1999  (che varranno come assegnazioni provvisorie per il
 periodo 1999-2000); che i dati oggetto delle  predette  comunicazioni
 sono  altresi'  comunicati  attraverso  appositi  elenchi  a  ciascun
 acquirente, che, ai fini delle trattenute del prelievo  supplementare
 per i periodi oggetto di comunicazione, saranno tenuti a considerare,
 fino  alla  comunicazione  delle  quote  definitive  di fine periodo,
 esclusivamente  le  quote  indicate  in  tali  elenchi;  che  i  dati
 contenuti   in   suddette   comunicazioni   saranno   resi  dall'AIMA
 integralmente disponibili alle regioni e province autonome attraverso
 il  sistema  informatico  e  con  elenchi  nominativi  suddivisi  per
 tipologia  di anomalie di cui al comma 4 e per provincia e che l'AIMA
 stessa fornira' altresi' alle regioni e  province  autonome  tutti  i
 dati contenuti nelle comunicazioni con le stesse modalita' utilizzate
 ai  fini  delle  informazioni  rese  con  riguardo alle comunicazioni
 effettuate ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge n. 5 del  1998,
 con  le ulteriori implimentazioni che saranno concordate tra l'AIMA e
 le regioni e province autonome;
     quanto all'art. 1, comma 2, in quanto dispone che, per i fini  di
 cui  al comma precedente, l'AIMA fa pervenire alle regioni e province
 autonome gli elenchi dei mutamenti di titolarita' di cui all'art.  21
 del d.P.R. n. 569 del 1993, gli elenchi delle  istanze  di  mobilita'
 nonche'  dei  contratti  di  affitto  o  vendita di sola quota aventi
 efficacia ai fini della determinazione della quota  di  fine  periodo
 1997-1998  e  di  inizio  periodo  1998-1999  risultanti  al  sistema
 informativo, distinguendo  in  tale  ambito  quelli  approvati  dalle
 regioni,   quelli   non  approvati  e  quelli  con  anomalie  che  ne
 impediscono l'applicabilita',
     quanto all'art. 1, comma 3, in quanto  dispone  che,  sulla  base
 degli  elenchi  di  cui al comma 2, le regioni e le province autonome
 comunicano  tempestivamente  all'AIMA  le   variazioni   non   ancora
 trasmesse  e risultanti dal sistema informativo, ovvero quelle per le
 quali e' intervenuta l'approvazione o  modifica  successiva,  nonche'
 l'eventuale correzione delle anomalie di cui al comma 2;
     quanto  all'art.  1,  comma 4, in quanto individua le anomalie di
 cui agli elenchi del comma 1 nei: modelli L1, ovvero dichiarazioni di
 vendita diretta, non firmati dai produttori in  una  qualsiasi  delle
 pagine  costituenti  il modello L1 stesso (lett. a); nei modelli L1 o
 dichiarazioni di vendita diretta privi dell'indicazione di numero dei
 capi  o  con  indicazione  del  numero  dei  capi  uguale  a  zero  e
 contemporanea assenza di capi nell'anno 1997 accertata ai sensi della
 legge  n.    5  del 1998 (lett. b); nei modelli L1 o dichiarazioni di
 vendita diretta recanti l'indicazione del numero dei capi relativi ad
 aziende per le quali risulta  l'assenza  di  capi  per  l'anno  1997,
 accertata ai sensi della legge n. 5 del 1998 (lett. c); nelle aziende
 di produzione potenzialmente soggette a revoca per mancata produzione
 nel  periodo  1997-1998,  ai  sensi dell'art. 2 del d.P.R. n. 569 del
 1993 (lett.  d); nelle aziende di produzione potenzialmente  soggette
 a   revoca  parziale  per  ridotta  produzione  nel  quinquennio  dal
 1993-1994 al 1997-1998, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R.  n.  569  del
 1993 (lett.  e);
     quanto all'art. 1, comma 5, in quanto dispone che le regioni sono
 autorizzate    a    rilasciare   certificazioni   provvisorie   degli
 aggiornamenti  di  quota  che  abbiano  efficacia  per   il   periodo
 1999-2000, secondo le modalita' dell'art. 1, comma 4-bis, della legge
 n.  118  del  1999, che costituiscono titolo immediatamente esecutivo
 nei confronti degli acquirenti;
     quanto all'art. 2, in quanto dispone che tutte  le  comunicazioni
 individuali  restituite  al  mittente sono trasmesse a cura dell'AIMA
 alle competenti regioni e province autonome per un nuovo inoltro,
     quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone che, entro sessanta
 giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 1, comma 1 (ovvero,
 dal 1 giugno 1999), le  regioni  e  province  autonome  eseguono  gli
 accertamenti  necessari  sulle  comunicazioni che presentano anomalie
 segnalate dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 4, nonche' sulla base
 delle  istanze  di  rettifica  e  correzioni  dei  dati   comunicati,
 presentate  dai  produttori  nel  termine  di  quindici  giorni dalla
 ricezione della comunicazione individuale di cui al medesimo comma 1,
 esclusivamente attraverso il  modulo  che  sara'  fornito  dall'AIMA,
 unitamente  alle  comunicazioni  di  cui all'art. 1, comma 1; che gli
 accertamenti  de  quibus  sono   effettuati   anche   attraverso   la
 convocazione  del produttore interessato e dell'acquirente, assumendo
 le determinazioni definitive  sui  dati  di  cui  alle  comunicazioni
 stesse e che, qualora dette determinazioni producano variazione delle
 produzioni  dichiarate  esse stesse vanno assunte previa convocazione
 in contraddittorio del produttore e  dell'acquirente  interessati  e,
 qualora   producano   variazioni   di  quota,  vanno  assunte  previa
 convocazione in contraddittorio del produttore interessato;
     quanto all'art. 3, comma 2, in quanto dispone che le  istanze  di
 rettifica  di  cui  al  precedente  comma  devono  essere  presentate
 esclusivamente nell'ipotesi in cui il produttore interessato  intenda
 chiedere  la modifica dei dati notificati con le comunicazioni di cui
 all'art. 1, comma 1, che non risultino gia' definitivamente accertati
 ai sensi della legge n. 5 del 1998 e che le segnalazioni di  anomalia
 di   cui   all'art.   1,   comma   4,   che   non  hanno  determinato
 rideterminazioni dell'amministrazione in sede  di  comunicazione  non
 comportano la presentazione di istanza di rettifica,
     quanto  all'art.  3, comma 3, in quanto dispone che in esito agli
 accertamenti di cui al comma 1 le  regioni  e  le  province  autonome
 apportano   entro   il   medesimo   termine,  attraverso  il  sistema
 informatico, le necessarie variazioni definitive dei dati  comunicati
 dall'AIMA e ne danno comunicazione agli interessati e che, in ipotesi
 di  conferma  delle anomalie di cui all'art. 1, comma 4, le regioni e
 le province autonome applicano le determinazioni di cui  all'art.  1,
 commi 2 e 3, del d.m. 17 febbraio 1998,
     quanto  all'art.  4,  commi  1  e  2, in quanto dispongono che il
 termine per le comunicazioni ai produttori da parte  dell'AIMA  delle
 produzioni   commercializzate   per   il   periodo  1998-1999  e  dei
 quantitativi di riferimento di fine periodo  1998-1999  e  di  inizio
 periodo  1999-2000 e' fissato al 30 settembre 1999 e che si applicano
 le disposizioni, le modalita' ed i termini di cui agli artt. 1  e  2,
 in  quanto compatibili (comma 1), nonche' che, per gli accertamenti e
 le determinazioni  definitive  da  parte  delle  regioni  e  province
 autonome  relativamente ai dati comunicati ai sensi della comma 1, si
 applicano le modalita' ed i termini di  cui  all'art.  3,  in  quanto
 compatibili (comma 2),
     quanto all'art. 5, commi 2 e 3, in quanto stabiliscono che l'AIMA
 garantisce  l'aggiornamento  dei  dati  di cui al comma 1, secondo le
 procedure ivi previste, e prescrive  modalita'  idonee  a  consentire
 alle  regioni  e  alle  province  autonome,  per  quanto  di  propria
 competenza, la disponibilita', per i propri fini istituzionali, delle
 informazioni contenute  nella  banca  dati  del  sistema  informativo
 (comma  2)  e  che  il  Ministero  delle  politiche agricole assicura
 l'attivita'  di  coordinamento  necessaria  ai  fini  della  uniforme
 applicazione sul territorio nazionale dello stesso regolamento (comma
 3).
                               F a t t o
   1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della
 produzione   nel   mercato   europeo,  e'  stato  introdotto  con  il
 regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984.
   In  forza  del  predetto  regolamento,  la  Comunita'  europea   ha
 attribuito  un quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno
 Stato membro - per l'Italia determinato in t. 9.212.000, e sottoposto
 le  eventuali  eccedenze  al  pagamento  di  una  penalita'  ad  esse
 proporzionale (c.d.  prelievo).
   L'attuazione   del   predetto   regime   presupponeva   il   previo
 accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la
 successiva proporzionale attribuzione dei  quantitativi  in  capo  ai
 singoli produttori.
   In  Italia,  i  relativi accertamenti furono inizialmente demandati
 all'UNALAT  e  poi,  in  ragione  dei  dubbi  sorti  in  ordine  alla
 correttezza  di  tali  rilevazioni,  che si discostavano marcatamente
 dalle  indicazioni  comunitarie,  al  C.C.I.A..  In  conclusione,  la
 produzione  complessiva  nazionale  risultava  superiore  comunque di
 circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito.
   Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre  1992  n.  468,
 recante  attuazione  del regime delle quote latte istituito a livello
 comunitario.
   Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato  il
 bollettino  per  la  campagna  1994/1995 contenente, nel rispetto del
 quantitativo  complessivamente   assegnato   all'Italia,   i   limiti
 individuali di produzione.
   Ne  discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che
 risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno  nazionale
 complessivo.
   2.  - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva
 entro il limite  quantitativo  imposto  a  livello  comunitario  (nel
 frattempo  aumentato  a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.-l.
 n. 727 del 1994, convertito in legge  n.  46  del  1995,  operava  un
 generalizzato  taglio  della  quota  B (che, come noto, e' costituita
 dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore  nel
 periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989).
   Gia'   tali  provvedimenti  legislativi  introducevano,  in  totale
 assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento  con
 le  regioni criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti
 nei  confronti  delle  regioni  a  piu'  alta  vocazione  produttiva.
 Pertanto, veniva da molte regioni - tra le quali il Veneto - proposto
 ricorso  in  via  principale  per  l'affermazione dell'illegittimita'
 costituzionale dei provvedimenti legislativi citati,  in  riferimento
 alla  grave  lesione  delle  prerogative regionali riconosciute dalla
 Costituzione dagli stessi perpetrata. codesta ecc.ma Corte si e'  sul
 punto   pronunciata   con  sentenza  n.  520  del  1995,  dichiarando
 l'illegittimita' dell'art.   2, comma 1, della  legge  n.  46  "nella
 parte  in  cui  non  prevede  il parere delle regioni interessate nel
 procedimento  di  riduzione  delle  quote  individuali  spettanti  ai
 produttori di latte bovino".
   3.   -   Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto  con  la
 decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353,  440,
 463,  542  e  552  del  1996,  nel  dichiarato  intento di operare un
 riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la  gia'  confusa
 situazione  esistente,  con  disposizioni  contraddittorie e comunque
 sempre lesive delle prerogative regionali.
   In particolare, il sistema di  compensazione  a  livello  nazionale
 introdotto,  sempre in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento
 con le regioni, per mezzo delle citate disposizioni  in  sostituzione
 di  quello  vigente  a  livello  di  APL  ha moltiplicato gli effetti
 distorsivi dei tagli di quota (peraltro  confermati)  a  danno  delle
 regioni del nord.
   I  dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono
 poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996,
 subito seguite dalla legge 662 del 1996,  sostanzialmente  ripetitiva
 delle medesime disposizioni in esse contenute.
   In  ordine  ai  suddetti  provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma
 Corte, su ricorso presentato da numero regioni  -  tra  le  quali  il
 Veneto  -,  ha  pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale
 ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere
 in riferimento ad alcune  delle  disposizioni  impugnate,  in  quanto
 sostituite  nel  contenuto  dai  successivi provvedimenti legislativi
 adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si  riserva
 di   illustrare),   e,   dall'altro,   dichiarato  costituzionalmente
 illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore.
   In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la  fondatezza
 delle  censure  sollevate  in riferimento ai criteri di compensazione
 inizialmente introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996 e poi da  ultimo
 recepiti  nell'art.  2,  comma  168,  della  legge  n. 662 del 1996 -
 specifico  oggetto  della pronuncia de qua -, ed ha dunque dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale  della  predetta  disposizione  nella
 parte  in  cui  "stabilisce  i  criteri  in base ai quali deve essere
 effettuata  la  compensazione   nazionale   senza   che   sia   stato
 preventivamente  acquisito  il  parere delle regioni e delle province
 autonome".
   Sono stati, inoltre, dichiarati  costituzionalmente  illegittimi  i
 commi  4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito
 con modificazioni dalla legge n. 642 del 1996,  nella  parte  in  cui
 prevedono  "l'adozione  di  un  piano  di abbandono totale o parziale
 della produzione lattiera senza che su di esso sia stato  previamente
 acquisito  il  parere  delle  regioni  e  delle  province  autonome",
 attribuiscono
  "all'AIMA anziche' alle regioni e alle province autonome il  compito
 di provvedere alla riassegnazione, in ambito regionale e provinciale,
 delle  quote  latte  abbandonate", stabiliscono "i criteri in base ai
 quali la riassegnazione di dette quote deve  essere  effettuata",  ed
 infine  prevedono  "la  riassegnazione  su base nazionale delle quote
 abbandonate e non riassegnate  in  ambito  regionale  e  provinciale,
 senza  previa consultazione delle regioni e delle province autonome".
 Infine, del pari illegittima e' stata dichiarata la  disposizione  di
 cui  all'art.  2, comma 173, della legge n. 662 del 1996, nella parte
 in cui essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero,  il  termine
 di  efficacia  della vendita o dell'affitto di quote, spostato dal 30
 novembre  al  31  dicembre  di  ciascun  anno  -  senza   la   previa
 acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome".
   La   summenzionata   pronuncia   ha   peraltro  in  linea  generale
 definitivamente chiarito che la produzione lattiera  appartiene  alla
 materia  dell'agricoltura,  di  competenza  delle regioni e non della
 regolazione dei mercati, di competenza dello Stato e  che  "il  nesso
 strumentale  tra  l'agricoltura,  che  e'  l'oggetto  specifico delle
 misure in questione e la  politica  del  mercato  agricolo  non  puo'
 giustificare  l'attrazione  della  prima  nell'ambito  della seconda,
 poiche' diversamente la competenza regionale  verrebbe  integralmente
 sacrificata  in  materia  di  agricoltura,  posto  che ogni attivita'
 agricola puo' sempre  essere  strumentale  al  mercato"  (cfr.  Corte
 cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto).
   La  regolamentazione  della  produzione  lattiera  rientra, dunque,
 senza dubbio alcuno  nel  piu'  ampio  settore  dell'agricoltura,  di
 dichiarata  competenza  regionale  ai sensi dell'art. 117 Cost., come
 del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n. 143 del 1997, recante
 "Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative  in  materia
 di   agricoltura  e  pesca  e  riorganizzazione  dell'Amministrazione
 centrale".
   Ne deriva che, nella determinazione  degli  indirizzi  generali  di
 politica  agricola  -  sia  pure rimessi all'elaborazione statale per
 garantirne la coerenza  con  i  principi  comunitari  -,  le  regioni
 debbono   essere   necessariamente  coinvolte,  in  quanto,  appunto,
 titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in
 termini generali, ma ancor prima sulla  base  dell'espresso  disposto
 dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di
 una  vera  e  propria  intesa tra Stato-regioni in sede di Conferenza
 permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n.  281  del  1997  e  non
 certo  la  mera  consultazione,  sia  essa  preventiva  o addirittura
 successiva,  delle  Regioni,  che  non  puo'   garantire   la   reale
 partecipazione delle stesse al procedimento decisionale.
   4.  - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto nel
 settore de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito  in
 legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte,
 tra  le  altre,  dalla regione Veneto con ricorsi nn. rr.gg.  26 e 37
 del 1997). In sede di conversione,  si  riconoscevano  finalmente  in
 capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in
 materia  di  quote  latte,  ma  cio'  solo a decorrere dalla campagna
 1997/1998, e comunque facendo salve - in attesa  di  una  fantomatica
 riforma  organica del settore - tutte le competenze dell'AIMA. Veniva
 inoltre istituita una commissione governativa d'indagine, nell'ambito
 della  quale  non  era  peraltro  contemplata  la  partecipazione  di
 rappresentanti  regionali  e  si  prevedeva  altresi'  un  regime  di
 incentivi a fronte dell'abbandono della produzione lattiera.
   Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con
 d.-l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ccc.ma Corte, tra  le
 altre,  dalla  regione  Veneto  con ricorso n. r.g. 41 del 1997), poi
 convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga
 dei lavori  della  commissione  governativa  piu'  sopra  menzionata,
 nonche',  sulla  base  delle  risultanze dell'indagine condotta dalla
 commissione stessa, l'aggiornamento da parte del l'AIMA degli elenchi
 dei produttori sottoposti a prelievo  supplementare  per  il  periodo
 1995/1996.   In   sede  di  conversione  si  aggiungeva,  infine,  la
 sospensione dei programmi di abbandono istituiti  con  il  precedente
 d.-l. n. 11 dello stesso anno.
   Nel  frattempo,  in  esito  all'indagine effettuata, la commissione
 governativa, nelle relazioni dell'aprile e dell'agosto  dello  stesso
 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti
 anomali"   e   rendeva   noti   i   risultati  delle  simulazioni  di
 compensazione per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di  APL
 che nazionale.
   5. - Malgrado l'invito della commissione governativa a procedere ad
 una  complessiva  - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero
 caseario,  il  Governo  e'  poi   nuovamente   intervenuto   con   la
 decretazione  d'urgenza  per  mezzo del decreto legge n. 411 del 1997
 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre,  dalla  regione
 Veneto con ricorso n. r.g. 3 del 1998).
   In  sintesi,  il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni
 introdotte dalla legge  di  conversione  n.  5  del  1998  (del  pari
 impugnata  dalla  regione  Veneto  con  ricorso n. r.g. 19 del 1998),
 quanto al procedimento di  accertamento  della  produzione  lattiera,
 prevedeva:
    che  l'AIMA  accertasse  la  produzione  effettiva  per  i periodi
 1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli  L1
 non   firmati   o   con  firme  apocrife;  b)  ai  modelli  L1  privi
 dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1 con  quantita'  di
 latte  commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del
 bestiame; d) ai contratti di  circolazione  di  quote  latte  (quelli
 ritenuti  atipici  dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi;
 e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o  partite  IVA  errate  o
 inesistenti,  o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei
 premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2,  comma
 1);
    che  i  contratti  di  cui al precedente punto d) dovessero essere
 inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata
 in  vigore  del  decreto  legge  medesimo,   pena   la   revoca   del
 riconoscimento  previsto  dall'art.  23  del d.P.R. 569/1993 (art. 2,
 comma 2);
    che l'AIMA aggiornasse i quantitativi di riferimento  dei  singoli
 produttori  per  i  periodi  1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998 tenendo
 conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il  30  settembre
 1997 dalle regioni e dalle province autonome; b) degli azzeramenti di
 doppie  quote,  delle  revoche  e  riduzioni  operate dalle regioni e
 province autonome, pervenute all'AIMA entro la  data  di  entrata  in
 vigore  del  decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e cambi di
 titolarita' per i periodi considerati,  comunicati  dalle  regioni  e
 province  autonome  e  pervenuti  entro il 15 novembre 1997; d) della
 correzione, in base alle risultanze del censimento  1993/1994,  delle
 assegnazioni di quote a loro tempo effettuate (art. 2, comma 3);
    che    l'AIMA,   compiuto   l'accertamento   de   quo   nei   modi
 sopradescritti, comunicasse  ai  produttori,  entro  sessanta  giorni
 dalla  entrata  in  vigore  del  decreto  medesimo,  mediante lettera
 raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi  di  riferimento
 individuali  assegnati  ed  i  quantitativi di latte commercializzato
 (art. 2, comma 5, prima parte);
    che i singoli interessati potessero  presentare  alla  regione,  a
 pena  di  decadenza,  ricorso  di riesame entro quindici giorni dalla
 data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5,
 seconda parte e comma 6);
    che le regioni dovessero decidere  sui  ricorsi  de  quibus  entro
 sessanta  giorni  a  decorrere  dalla  scadenza  del  termine  per la
 presentazione ed entro  lo  stesso  termine  comunicare  all'AIMA  la
 relativa   decisione,   a   pena   di   irricevibilita'  e  salva  la
 responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8).
   Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il
 Governo disponeva poi in favore dei  produttori  -  limitatamente  al
 periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti
 dagli  acquirenti  a  titolo  di  prelievo supplementare e, quanto al
 periodo 1997/1998, la restituzione dell'intero importo  trattenuto  a
 titolo  di  prelievo  supplementare  relativo  alla  parte di quota B
 ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n.
 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da
 produttori titolari esclusivamente di quota  A  nei  limiti  del  10%
 della medesima (art. 1).
   Inoltre,  l'art.  3 disponeva che l'AIMA provvedesse alla rettifica
 della compensazione nazionale per i  periodi  1995/1996  e  1996/1997
 sulla  base  dei  modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore
 del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti  e  delle  decisioni
 dei  ricorsi  di  riesame  di cui all'art. 2. Si prevedeva, poi, che,
 limitatamente al periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto  tra  i
 dati    della    compensazione    nazionale    e   quelli   derivanti
 dall'applicazione delle regole di  compensazione  precedentemente  in
 vigore  -  applicasse  in  via  perequativa  l'importo  del  prelievo
 supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore.
   L'art.  4,  quanto  alla  campagna  1997/1998, disponeva che l'AIMA
 procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori  titolari  di
 quota  e  dei  quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di
 cui al comma 5 dell'art. 2.  Tali  aggiornamenti  erano  destinati  a
 sostituire  ad  ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente.
 Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo  supplementare
 -  come  espressamente  recitava  il medesimo art. 4 - gli acquirenti
 sarebbero  stati  tenuti  a  considerare  esclusivamente   le   quote
 risultanti dal suddetto elenco.
   L'art.  4-bis  istituiva  una commissione di garanzia - nell'ambito
 della quale non era prevista la partecipazione  di  alcun  membro  di
 provenienza  regionale  - con il compito di verificare la conformita'
 alla  vigente  legislazione  delle  procedure  e   delle   operazioni
 effettuate  per la determinazione della quantita' di latte prodotta e
 commercializzata  e   per   l'aggiornamento   dei   quantitativi   di
 riferimento   spettanti   ai  produttori  per  i  periodi  1995/1996,
 1996/1997 e 1997/1998.
   Quanto alla  campagna  1998/1999,  l'art.  5,  in  espressa  deroga
 all'art.    1 del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del
 1997, attribuiva nuovamente all'AIMA la  competenza  in  ordine  alla
 redazione  degli  elenchi  dei  produttori  titolari  di  quota e dei
 quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero  per  le  politiche  agricole
 emanava  un  decreto (impugnato dalla regione Veneto per conflitto di
 attribuzione  con  ricorso  pendente  avanti  codesta  ecc.ma  Corte)
 disciplinante,  oltre  che le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi
 di riesame, anche le altre  modalita'  di  applicazione  del  decreto
 legge  n.  411,  cosi'  come convertito dalla legge n. 5, in tal modo
 aggravando ulteriormente, a  discapito  dell'autonomia  organizzativa
 delle  regioni, la gia' manifesta illegittimita' costituzionale delle
 disposizioni legislative che pretendeva di attuare.
   Successivamente,  con  d.-l.  n.  187  del  1998,  convertito   con
 modificazioni  in  legge  n.  276  del 1998 (impugnata avanti codesta
 ecc.ma Corte dalla regione Veneto con n. r.g. 38  del  1998),  veniva
 prorogato  il  termine  per  la  decisione da parte delle regioni dei
 ricorsi di riesame di cui all'art. 2,  comma  5,  del  d.-l.  n.  411
 avverso  le determinazioni AIMA e si confermavano in capo alla stessa
 AIMA le attribuzioni in ordine all'aggiornamento  degli  elenchi  dei
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo
 1998/1999.
   7.  - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio'
 sommaria,  la  definitiva  riorganizzazione  del   settore   lattiero
 caseario  si  rendeva  dunque  -  e  si  rende  tuttora  - tanto piu'
 necessaria  in  esito  alle  verifiche  compiute  dalla   commissione
 governativa  di  indagine  e  dalla  Corte dei conti. Dalle relazioni
 redatte  sul  punto  dagli  organi  citati  emergeva,   infatti,   la
 necessita'  di  approntare un valido e definitivo sistema di gestione
 alternativo a quello che si e' venuto  formando  sotto  l'assillo  di
 fatti  contingenti  e  per  cio'  stesso  privo  di qualsiasi disegno
 programmatico  e  di  adeguata   stabilita'.   In   particolare,   si
 sottolineava  come  tale  sistema  alternativo dovesse essere attuato
 mediante  una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia   di
 agricoltura.
   Di  conseguenza,  il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita'
 dello strumento  del  decreto-legge  ai  fini  di  cui  sopra,  aveva
 finalmente   predisposto   un   disegno  di  legge  preordinato  alla
 definitiva  regolamentazione  del  settore.  Senonche',   di   fronte
 all'opposizione  della  maggioranza  dei  rappresentanti regionali in
 sede di  conferenza  permanente  del  24  febbraio  1999,  ed  ancora
 ignorando  totalmente  il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs.
 n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di
 piu' necessariamente preventiva, tra stato e regioni, il  Governo  ha
 abbandonato  l'iniziale  intento,  ed  ha  trasfuso  parte  del testo
 originario nel decreto legge n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta
 ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con  ricorso  n.  15
 r.g. del 1999).
   Quanto ai contenuti, il d.-l., cosi' come modificato dalla legge di
 conversione  n. 118 del 1999 (del pari impugnata dalla regione Veneto
 con ricorso tuttora pendente avanti codesta ecc.ma Corte), in estrema
 sintesi, prevede:
     l'obbligo di comunicazione all'AIMA  da  parte  delle  regioni  e
 province  autonome,  entro  il  brevissimo termine di 30 giorni dalla
 data  di  entrata  in  vigore  del  decreto,  dei  "motivati"  errori
 intervenuti  nelle  operazioni  di riesame di cui al d.-l. n. 411 del
 1997 e delle relative correzioni, sulla base delle  risultanze  della
 relazione  finale  della  commissione  di  garanzia quote latte, e la
 "recezione" di tali correzioni da parte dell'AIMA (art. 1, comma  2),
 nonche'  la  definizione, entro sessanta giorni dalla data di entrata
 in vigore del decreto, con uno o  piu'  decreti  del  Ministro  delle
 politiche  agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle stesse
 operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2  (art.
 1, comma 14);
     l'aggiornamento,  ancora  ad opera dell'AIMA (entro trenta giorni
 dal termine fissato al comma 1  ai  fini  della  effettuazione  della
 compensazione  per  le  annate  1995/1996  e 1996/1997 - ovvero entro
 novanta giorni dall'entrata in  vigore  del  decreto  impugnato)  dei
 quantitativi  individuali per il periodo 1997/1998, gia' accertati ai
 sensi del d.-l. n. 411, sulla base dei  mutamenti  di  titolarita'  e
 delle  informazioni  relative  ai contratti ed alle mobilita' fornite
 dalle regioni e province autonome (art. 1, comma 3, lett.  a),  e  la
 comunicazione  individuale ai produttori dei quantitativi individuali
 sopra  citati  delle  produzioni  commercializzate  per  il   periodo
 1997/1998  risultanti  dai  modelli  L1  pervenuti  all'AIMA, e delle
 anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei
 ricorsi relativamente al numero di capi accertato (art. 1,  comma  3,
 lett.    b),  la  trasmissione  ad  iniziativa  dei  produttori della
 suddetta comunicazione agli acquirenti ai fini  della  determinazione
 da  parte di questi ultimi del prelievo supplementare dovuto (art. 1,
 comma 3-bis), la  trasmissione  delle  comunicazioni  stesse,  questa
 volta  ad  iniziativa dell'AIMA alle regioni, che dovranno poi a loro
 volta  trasmetterla  agli  acquirenti,  loro  organizzazioni  e  alle
 associazioni   di   produttori   (art.   1,   comma  3-ter),  nonche'
 l'aggiornamento  definitivo  dei  quantitativi  individuali  per   il
 periodo  1998/1999,  che costituiranno anche attribuzione provvisoria
 per il periodo 1999/2000, per mezzo della stessa comunicazione di cui
 al predetto comma 3, lett. b) (art. 1, comma 4);
     l'autorizzazione   alle  regioni,  in  attesa  dell'aggiornamento
 definitivo, a rilasciare certificazioni provvisorie dei trasferimenti
 di azienda con quota o di sola quota che  abbiano  efficacia  per  il
 periodo  1999-2000,  a  condizione  che tali trasferimenti riguardino
 aziende  con  quote  ovvero  solo  quote,  i  cui  dati  siano  stati
 regolarmente verificati ed accertati ai sensi della normativa vigente
 (art. 1, comma 4-bis);
     la  definizione  da parte del Ministro per le politiche agricole,
 con proprio decreto, delle modalita' procedurali per addivenire  alle
 determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati
 da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la
 comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla
 campagna  1998/1999  (art.  1, comma 10, applicabile anche al periodo
 1999-2000 in base all'art. 1, comma 21-ter);
     il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui
 al comma 10, del  prelievo  dovuto  per  il  periodo  1998/1999  agli
 acquirenti,  entro  il  termine di venti giorni dal ricevimento della
 comunicazione da parte dell'AIMA (art. 1, comma 19);
     l'attribuzione ancora  in  capo  all'AIMA,  delle  competenze  in
 ordine  all'effettuazione  delle  operazioni di compensazione - i cui
 risultati acquistano dichiarato carattere di definitivita'  ai  sensi
 del  comma 12 -, sia in riferimento alle annate 1995/1996 e 1996/1997
 (art.   1, comma 1) che  con  riferimento  alle  annate  1997/1998  e
 1998/1999  (art. 1, commi 7 e 9), e la sostanziale riproduzione degli
 stessi criteri di compensazione - che, in attesa  della  riforma  del
 settore,   si   applicheranno   anche   per   l'effettuazione   della
 compensazione per il periodo 1999-2000 (art. 1, comma  21-ter)  -  di
 cui  al  d.-l.  n.   552 del 1996, e relativa legge di conversione ed
 alla legge  n.  662  del  1996,  mantenendo  il  medesimo  ordine  di
 priorita'   -   salvo   l'incomprensibile  riferimento,  in  sede  di
 conversione in legge, ai "produttori titolari di quota" e   a  "tutti
 gli  altri  produttori"  - (art. 1, comma 8), salvo che per le annate
 1997/1998 e 1998/1999, per  le  quali,  in  deroga  ai  su  accennati
 criteri  ed al loro ordine, viene istituita una priorita' assoluta in
 favore delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9);
     la non applicazione da  parte  dell'AIMA,  per  il  solo  periodo
 1995-1996,  nella  esecuzione  della  rettifica di cui all'art. 3 del
 d.-l. 411 del  1997,  convertito  in  legge  n.  5  del  1998,  delle
 riduzioni  della quota B in ottemperanza alle sentenze concernenti le
 illegittimita'  delle  stesse  riduzioni  (art.  1  comma  1)  e   la
 fissazione  del  termine del   15 settembre 1999 (poi prorogato dalla
 legge   di   conversione   nel   30   settembre   1999)    ai    fini
 dell'effettuazione,  sulla  base  di  dati  certi  e  sempre ad opera
 dell'AIMA, delle operazioni di compensazione per il periodo 1997-1998
 (art. 1, comma 7);
     l'obbligo in capo al  produttore,  qualora  le  somme  trattenute
 dall'acquirente  a  titolo  di  prelievo  per  i  periodi 1995/1996 e
 1996/1997   non   siano   sufficienti   a   coprire    il    prelievo
 complessivamente   dovuto,   di   corrispondere   all'acquirente   la
 differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine
 per il versamento degli  importi  trattenuti  dall'acquirente  stesso
 (pari  a  trenta  giorni dal ricevimento della comunicazione da parte
 dell'AIMA dei  prelievi  dovuti)  e,  in  difetto,  su  comunicazione
 dell'acquirente  e  previa  intimazione  al pagamento, la riscossione
 coattiva del debito residuo mediante ruolo ad opera  dell'AIMA  (art.
 1, comma 15);
     la fissazione, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, del
 termine  per  la  stipula dei contratti di affitto e vendita di quota
 senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti
 salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, e
 la possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31  dicembre
 1996,  su  concorde volonta' delle parti comunicata all'AIMA, possano
 avere effetti in riferimento alla stessa annata  1996/1997  (art.  1,
 comma 20);
     la  ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale in
 relazione ai quantitativi individuali di riferimento allocati  presso
 ciascuna  regione  e  provincia  autonoma  accertati  per  i  periodi
 1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da parte delle singole regioni
 ai produttori secondo criteri di priorita'  deliberati  dagli  stessi
 Enti,  ma comunque in primis a favore dei produttori che hanno subito
 le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995 (art. 1,  comma  21)  e
 con  espressa  esclusione  dei  produttori  che nel corso dei periodi
 1997-1998 e 1998-1999 hanno venduto ovvero affittato, in tutto  o  in
 parte, le quote di cui erano titolari (art. 1, comma 21-bis);
     la possibilita' in capo all'AIMA, ai fini dello svolgimento delle
 operazioni  di  compensazione  contemplate  dallo  stesso decreto, di
 prendere   in   considerazione   esclusivamente    i    provvedimenti
 giurisdizionali,  anche  cautelari  o non definitivi, contenenti dati
 quantitativi e notificati entro il trentesimo giorno  antecedente  la
 scadenza  del  termine  per l'effettuazione delle compensazioni e, in
 assenza delle predette indicazioni quantitative,  l'obbligo  in  capo
 all'AIMA di utilizzazione dei dati accertati dalle regioni e province
 autonome  sulla  base  del  d.-l.  n.  411  del  1997  ovvero  quelli
 rideterminati dall'AIMA stessa nel  caso  in  cui  siano  intervenute
 ordinanze  giurisdizionali  anche  non  definitive  che  hanno  fatto
 obbligo agli acquirenti  di  restituire  ai  produttori  gli  importi
 trattenuti   a   titolo   di  anticipo  per  gli  eventuali  prelievi
 supplementari dovuti (art. 1, comma 11), nonche' l'improduttivita' di
 effetti delle decisioni amministrative o  giurisdizionali  notificate
 oltre  il  termine  di  cui  al  comma 11 in riferimento ai risultati
 complessivi delle compensazioni, che restano fermi nei confronti  dei
 produttori estranei ai procedimenti nei quali le decisioni sono state
 emesse (art. 1, comma 13);
     l'effettuazione  di un procedimento di verifica (che determina la
 non applicazione delle sanzioni amministrative di cui  all'art.    11
 della  legge  n.  468  del  1992 e la non punibilita' degli eventuali
 reati di falso commessi nella  dichiarazione  di  commercializzazione
 che  risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi reati
 di cui agli artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai  fini  di  cui
 all'art.   61,  n.  2,  c.p.)  rivolto  alla  comparazione  dei  dati
 dichiarati nei modelli L1 con quelli  risultanti  dagli  accertamenti
 effettuati  ai sensi del d.-l. n. 411 ed alla eventuale rettifica dei
 primi sulla scorta dei secondi in riferimento alle annate  1995/1996,
 1996/1997 (comma 17) e 1997/1998 (comma 18).
   In  forza  dell'art. 1, comma 5, del sopradescritto d.-l. n. 43 del
 1999, conv. in legge n. 118 del 1999, il  Ministero  delle  politiche
 agricole  ha  dunque  adottato, sul presupposto del raggiungimento di
 una supposta intesa con le regioni, il d.m. 21 maggio 1999,  n.  159,
 recante  le  modalita'  procedurali  per  addivenire,  da parte delle
 regioni  e  delle province autonome, alle "determinazioni definitive"
 dei quantitativi individuali  determinati  dall'AIMA  per  i  periodi
 1997-1998  e 1998-1999 e delle produzioni commercializzate comunicate
 dalla stessa AIMA in riferimento al periodo 1997-1998.
   Preme evidenziare che nel frattempo, con d.lgs. n. 165 del 1999, in
 attuazione del progetto di decentralizzazione di cui  alla  legge  di
 delega  n.  59  del  1997,  l'AIMA  e'  stata  soppressa  e  posta in
 liquidazione; contestualmente  e'  stata  pero'  istituita  l'AGEA  -
 Agenzia  per  le  Erogazioni  in  Agricoltura,  alla quale sono stati
 attribuiti compiti identici a quelli  prima  svolti  dalla  soppressa
 AIMA,  cosi' impedendo il decentramento delle funzioni a favore delle
 regioni che avrebbe dovuto essere attuato in  esecuzione  alla  prima
 citata legge n. 59 del 1997.
                             D i r i t t o
   1.  -  Quanto al decreto nella sua interezza violazione degli artt.
 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. anche  in  riferimento  al  principio  di
 leale  collaborazione tra Stato e regioni e all'art. 2 del d.lgs.  n.
 143 del 1997.
   Si deve preliminarmente rilevare che il  legislatore  nazionale  ha
 riconosciuto  e  garantito  il  principio di leale collaborazione tra
 Stato e regioni con riferimento alla elaborazione delle  linee  guida
 in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997,
 nel  conferire  alle  regioni  tutte  le  funzioni  amministrative in
 materia  di  agricoltura  -  in  relazione  alla  quale  materia,  la
 competenza  delle  regioni  e'  stata nettamente affermata da codesta
 ecc.ma Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998  -,
 prescrive  che  i compiti di elaborazione e coordinamento delle linee
 di politica agricola in coerenza con la politica comunitaria  debbano
 essere  esercitati dal Ministero per le politiche agricole (istituito
 con il medesimo d.lgs.) d'intesa con la conferenza permantente per  i
 rapporti tra Stato e regioni.
   In   materia   di   produzione  normativa,  il  suddetto  principio
 costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni  e'  stato
 poi  affermato  dal  d.lgs.  n.  281  del  1997,  che  disciplina  le
 attribuzioni della conferenza permanente nelle materie  di  interesse
 regionale,   prevedendo,  accanto  a  forme  di  collaborazione  meno
 "intense") quali la mera consultazione, l'intesa, che  si  perfeziona
 con  l'asso  del  Governo  e  di  tutti  i presidenti delle regioni e
 province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs. citato).
   E' indubbio, infatti - come ha statuito di  recente  anche  codesta
 ecc.ma  Corte  -,  che  il  settore  lattiero-caseario  rientra nelle
 materie  di  competenza  regionale,  e   comunque,   in   quanto   la
 regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi
 generali  ed  uniformi  -  nonche'  conformi ai principi comunitari -
 dettati per tutto il territorio  nazionale,  il  principio  di  leale
 collaborazione  impone  il  raccordo  tra Stato e regioni nelle forme
 dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile
 di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linea guida.
   Lo stesso art. 1, comma 5, del d.-l. n. 43  del  1999,  cosi'  come
 convertito  in  legge  n.  118 del 1999, nel prevedere l'adozione del
 decreto ministeriale qui  impugnato,  prescriveva  il  raggiungimento
 dell'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni.
   In  realta',  il  d.m.  n.  159,  pur  dandola  nelle premesse come
 acquisita, non e' stato preceduto da effettiva e valida intesa.
   La conferenza permanente del  22  aprile  1999  era  stata  infatti
 convocata  per  la  discussione di tre argomenti previamente iscritti
 all'ordine  del  giorno  (approvazione  del  verbale   della   seduta
 precedente;  modifiche  ed integrazioni alla legge n. 335 del 1976 in
 materia  di  bilancio  e  contabilita'  delle   regioni;   interventi
 strutturali e urgenti nel settore agricolo, agrumicolo e zootecnico);
 il terzo argomento contemplava due "sottopunti", ovvero il disegno di
 legge recante "Disposizioni urgenti per il settore lattiero caseario"
 esaminato  in  via  d'urgenza ed approvato dal consiglio dei Ministri
 nella seduta del 12 febbraio 1999 (punto 3.2.) e lo schema di decreto
 recante disposizioni per la disciplina  delle  modalita'  procedurali
 per  addivenire alle determinazioni definitive da parte delle regioni
 e delle province autonome dei dati comunicati ai sensi del  d.-l.  n.
 43 del 1999 (punto 3.3.).
   Le  regioni,  per voce del presidente Ghigo, dichiaravano in ordine
 ad  entrambi  i  punti  da  ultimo  illustrati  di  ritenere   ancora
 necessario  "proseguire  il  confronto  al  fine  di far maturare una
 convergenza di valutazioni in tema di distribuzione delle quote latte
 dell'ambito dei territorio nazionale". Il Ministro De  Castro,  preso
 atto  della  suddetta  richiesta di rinvio, precisava che essa poteva
 essere accolta solo in riferimento al punto 3.2. e non in riferimento
 al  punto  3.3.,  afferente  il  decreto  qui  impugnato,  in  quanto
 trattavasi   di   "uno  schema  di  decreto  in  applicazione  di  un
 decreto-legge" in ordine al quale era stata gia' raggiunta intesa (in
 realta', anche in quella occasione meramente supposta).  Malgrado  le
 precisazioni del presidente in ordine alla volonta' della maggioranza
 delle  regioni  nel  senso del rinvio anche del punto 3.3., lo stesso
 Ministro De Castro respingeva la suddetta richiesta  in  quanto  "sul
 provvedimento  e'  previsto venga posta la questione di fiducia della
 Camera". La posizione del Ministro rimaneva ferma pur a seguito delle
 ulteriori insistenze del  presidente  in  ordine  alla  richiesta  di
 rinvio congiunto di entrambi i punti in discussione e l'intesa veniva
 data  come  raggiunta  in seguito alla autonoma proposta del Ministro
 stesso di eliminazione  dal  testo  del  provvedimento  del  comma  5
 dell'art. 1 (che in realta' non e' stato poi stralciato).
   Pur  in  presenza  della  dichiarata  opposizione della maggioranza
 delle regioni  l'intesa  e'  poi  stata  inspiegabilmente  data  come
 raggiunta  sulla  base  dell'art.  3,  comma 2, del d.lgs. n. 281 del
 1997, che, viceversa, come e' peraltro noto,  richiede  l'espressione
 dell'assenso  oltre  che  del  Governo,  di  tutti  i  rappresentanti
 regionali e provinciali.   Per  mera  completezza  espositiva,  preme
 sottolineare  che  le  motivazioni  poste  a  fondamento  del rifiuto
 opposto dal Ministro al rinvio  della  questione  -  richiesto,  come
 detto, a piu' riprese alla maggioranza dei rappresentanti regionali -
 non  varrebbero  neppure  quali  ragioni di urgenze che consentono, a
 norma dell'art. 2, comma 4, del d.lgs.  281 del 1997 la consultazione
 solo successiva della Conferenza: le "ragioni di urgenza" di  cui  al
 citato  art.  2, comma 4, del d.lgs.  281 del 1997, infatti, - sempre
 che sussistano come tali (cosa che comunque certo non e' nel caso  di
 specie)  -  possono  essere  fatte  valere  solo  in caso di adozioni
 decreti-legge e non certo di decreti ministeriali.
   Ancora  una  volta,  dunque, cosi' come accaduto per il d.-l. n. 43
 del 1999 e per la legge di conversione, sulla cui base e'  stato  poi
 adottato  il  decreto  de  quo,  le  regioni  non  sono  state quindi
 attivamente  coinvolte  a  priori  e   nelle   forme   adeguate   nel
 procedimento   di   elaborazione   della   nuova   disciplina,   come
 richiederebbero  i  principi  costituzionali  prima  ancora  che   le
 disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si e' preoccupato
 di sollecitare l'intervento regionale solo in un momento successivo e
 solo a livello di mera consultazione.
   Inoltre,  il  decreto  impugnato,  non  solo non e' stato preceduto
 dalla  prescritta  intesa  con   le   regioni   sui   contenuti   del
 provvedimento  stesso (solo la convergenza sui contenuti puo' infatti
 essere plausibilmente considerata intesa), ma neppure da una adeguata
 considerazione  del  parere  espresso  dai  rappresentanti  regionali
 successivamente  alla  stesura  del testo (circostanza questa gia' di
 per se' insufficiente a garantire il rispetto del principio di  leale
 cooperazione    tra    Stato    e   regioni   e   delle   prerogative
 costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115,  117
 e  118  Cost.,  anche per come attuati dal d.lgs. n. 281 del 1997) in
 relazione  alla  necessita'  di   ulteriore   approfondimento   della
 questione.
   Tutto  cio'  e' particolarmente grave in una materia in riferimento
 alla quale, come  gia'  piu'  sopra  rilevato,  non  solo  lo  stesso
 legislatore  nazionale ha avvertito in termini generali la necessita'
 di instaurare intensi meccanismi collaborativi tra Stato  e  regioni,
 ma  la  stessa  legge  che  si  pretende  di  attuare  ha  imposto il
 raggiungimento  dell'intesa.
   2. - Quanto agli artt. 1, commi 1, 2, 3, 4, e 5 e art. 4, comma  1,
 violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   Gli articoli citati in epigrafe confermano ancora una volta in capo
 all'AIMA le competenze in ordine alla determinazione dei quantitativi
 individuali  e  delle  produzioni  commercializzate  in riferimento a
 campagne lattiere gia' concluse ed una in via di esaurimento (ovvero,
 1997-1998 e 1998-1999, 1999-2000); trattasi, dunque, ancora una volta
 di  assegnazione  retroattiva  di  quantitativi,   che,   fino   alla
 comunicazione delle quote definitive di fine periodo (e dunque ancora
 in   termini   provvisori),  costituiranno  l'unico  presupposto  per
 l'effettuazione - anch'essa in termini retroattivi - delle operazioni
 di compensazione e di determinazione del prelievo supplementare.
   Si prevede poi la comunicazione dei suddetti dati alle regioni  per
 la  verifica  -  che  si  impone  come  "tempestiva" - di ben precise
 anomalie - indicate tassativamente dal comma 4 -, in ordine alla  cui
 individuazione  ancora  le  regioni sono state totalmente estromesse.
 Infine, si  conferma  l'autorizzazione  alle  regioni  in  ordine  al
 rilascio  certificazioni provvisorie degli aggiornamenti di quota che
 abbiano efficacia per il  periodo  1999-2000,  secondo  le  modalita'
 dell'art.  1, comma 4-bis, della l. n. 118 del 1999.
   L'insieme delle suddette disposizioni viola dunque ancora una volta
 il  riparto  delle competenze tra Stato e regioni imposto dagli artt.
 117 e 118 della Costituzione  e  ormai  riconosciuto,  oltre  che  da
 codesta  ecc.ma  Corte  per  mezzo  della recente sentenza n. 398 del
 1998, dallo stesso legislatore, pur in modo imperfetto, con le  leggi
 nn.  81  e 204 del 1997, che circoscrivevano i compiti dell'AIMA alle
 annate produttive precedenti, e con il d.lgs.  n.  143  del  1997  di
 riorganizzazione  dell'amministrazione  centrale  del  settore  e  di
 conferimento  di funzioni alle regioni: quest'ultimo testo normativo,
 infatti, riserva al ricostituito Ministero per le politiche  agricole
 (e  comunque non all'AIMA) solo attribuzioni di disciplina generale e
 coordinamento  nazionale  in  settore  che  non   sembrano   comunque
 ricomprendere  la  produzione del latte, ma al piu' l'importazione ed
 esportazione di prodotti agricoli e alimentari.
   Inoltre, le  suddette  disposizioni  producono  in  tutta  evidenza
 effetti retroattivi in riferimento a campagne lattiere ormai da tempo
 concluse,  con conseguenze evidentemente incontrollabili sulle stesse
 possibilita' di programmazione e gestione del  settore.  Ma  v'e'  di
 piu'.  Le  assegnazioni  di  quota  che saranno operate in attuazione
 delle disposizioni impugnate in riferimento a campagne ormai concluse
 non potranno neppure  considerarsi  definitive,  perche'  rimesse  al
 successivo  vaglio  delle  regioni  e  comunque  destinate  ad essere
 superate dalle cosiddette  "quote  definitive  di  fine  periodo",  a
 totale  ribaltamento  del  sistema.  Quello  che  dovrebbe essere uno
 strumento  di  programmazione  diventa  dunque   uno   strumento   di
 accertamento ai fini dell'irrogazione della sanzione del prelievo.
   La conseguente violazione delle norme costituzionali in epigrafe e'
 evidente:  le  regioni  vengono  infatti  dichiaratamente spossessate
 della stessa possibilita' di intervento nel governo del settore.
   Quanto poi in particolare al comma 5 dell'art. 1,  in  primo  luogo
 esso  avrebbe  dovuto eliminato in esito alla seduta della conferenza
 permanente Stato-regioni del 22 aprile  1999,  inoltre  alle  regioni
 viene  cosi'  attribuita  la  facolta',  in  un  quadro  normativo di
 complessita' e confusione tali da impedire anche solo di  intravedere
 il   tanto   invocato  "aggiornamento  definitivo"  dei  quantitativi
 individuali, di rilasciare attestazioni "provvisorie" sulla  base  di
 dati   provvisori  e  percio'  stesso  dichiaratamente  modificabili.
 Ovviamente, le regioni che intendono attuare una  reale  e  razionale
 programmazione  nel  settore  lattiera  caseario non si avvarranno di
 tale  facolta',  ma  altre  potrebbero  farlo  e  cosi'   determinare
 l'alterazione  del  quadro  complessivo  a pregiudizio delle regioni,
 come il Veneto, piu' attente e scrupolose nella gestione del settore;
 tutto cio' in violazione,  oltre  che  dell'art.    97  Cost.,  delle
 prerogative  costituzionalmente riconosciute alle regioni in materia,
 e dunque in visione diretta degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost.
   3. - Quanto agli artt. 2 e 3, commi 1, 2 e 3, e art.  4,  comma  2,
 violazione degli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
   L'art.  3 in riferimento alle annate 1997-1998 e 1998-1999 e l'art.
 4 in riferimento alla stessa annata 1998-1999 e 1999-2000 da un  lato
 attribuiscono   alle   regioni  compiti  meramente  esecutivi,  quali
 l'accertamento delle sole comunicazioni che  presentano  le  anomalie
 segnalate  dall'AIMA  ai  sensi  dell'art.  1,  comma  4,  dall'altro
 introducono un nuovo sistema  di  "riesame"  da  parte  delle  stesse
 regioni  delle  comunicazioni de quibus ad iniziativa dei produttori,
 comunque  ancora  limitato  dall'AIMA   a   fattispecie   tipiche   e
 predeterminate.
   Tali  procedure  di  riesame,  oltre  che gravare interamente sulle
 risorse umane e finanziarie regionali (si consideri che  e'  prevista
 obbligatoriamente   l'instaurazione   del   contraddittorio   con  il
 produttore e l'acquirente), non assicurano poi alcun accertamento dei
 dati produttivi, in quanto le verifiche sono limitate  a  fattispecie
 tipiche  ad  esito  predeterminato.  In  altri  termini,  le anomalie
 eventualmente  riscontrare dalle regioni non potranno che ricevere il
 "trattamento" riservato dal d.m. 17 febbraio 1998, ovvero, a  seconda
 dei  casi  e  a titolo meramente esemplificativo, l'azzeramento della
 produzione e la determinazione forfettaria della stessa. Manca dunque
 in capo alle Regioni qualsivoglia potesta' di intervento, correzione,
 o sia pure solo effettivo riesame, di quanto  determinato  dall'AIMA,
 in  violazione,  oltre  che  dell'art.    97 della costituzione per i
 profili sopra evidenziati,  delle  stesse  prerogative  regionali  in
 termini  di  programmazione  e  controllo  nel settore de quo.   Tali
 disposizioni, in tutta evidenza, violano pertanto le norme citate  in
 epigrafe   perche'  negano  in  radice  i  poteri  programmatori  che
 dovrebbero competere  alle  regioni  nel  settore  in  oggetto  e  si
 risolvono essenzialmente in un anomalo, e comunque gratuito e percio'
 stesso illegittimo, avvalimento degli uffici regionali.
   Piu'  in  particolare,  l'attribuzione alle regioni di tali compiti
 meramente esecutivi confligge con la  ripartizione  delle  competenze
 tra  Stato e regioni di cui agli artt. 117 e 118 Cost., oltre che con
 i poteri di autoorganizzazione ad esse riconosciuti  dall'art.    115
 della Costituzione e con il principio di autonomia finanziaria di cui
 all'art.   119   della   Costituzione.      I   suddetti  profili  di
 illegittimita' valgono anche in riferimento all'art.  2  del  decreto
 impugnato,  che  attribuisce  alle  regioni  il  compito  di  rinnovo
 dell'inoltro delle comunicazioni di  cui  al  comma  1  nel  caso  di
 restituzione del plico al mittente in occasione dell'invio effettuato
 in  prima  battuta  dall'AIMA.  Anche in tale caso le regioni vengono
 infatti relegate all'esecuzione di operazioni materiali, peraltro  in
 assenza  di  adeguato  trasferimento  di risorse finanziarie da parte
 dello Stato.
   4. - Quanto all'art. 5, commi 2 e 3, violazione degli artt. 5,  97,
 115, 117 e 118 Cost.
   L'intero  decreto  presuppone in capo al Ministero e all'AIMA e poi
 l'art. 5 attribuisce espressamente in capo ai medesimi l'attivita' di
 coordinamento  necessaria  ai  fini  dell'uniforme  applicazione  del
 decreto   stesso   sul  territorio  nazionale.     Al  di  la'  della
 denominazione, l'articolo in questione attribuisce  al  Ministero  un
 vero  e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle
 regole  stabilite  dalla  Costituzione  e  recepite  dalla   costante
 giurisprudenza  costituzionale,  dalla  legge  n.  400  del  1988  ed
 ulteriormente dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997.    Tale  ultima
 disposizione,  infatti,  stabilisce  che  gli  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento delle funzioni amministrative regionali, anche solo gli
 atti  di  coordinamento  tecnico,  nonche'  le   direttive   relative
 all'esercizio  delle  funzioni  delegate, debbono essere adottate dal
 Consiglio dei Ministri e previa intesa con la, conferenza  permanente
 per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome, o con
 la  singola regione interessata.  Inoltre, suddetto riconoscimento di
 competenze  in  capo  al  Ministero,  pregiudicando  direttamente  le
 prerogative  regionali,  si  scontra  con  le  ormai note incapacita'
 dimostrate dallo stesso Ministero  e  dall'AIMA  nella  gestione  del
 settore e rilevate dalla stessa Commissione Governativa d'Indagine, e
 percio'  potenzialmente aggrava la gia' grave situazione in cui versa
 lo  stesso  settore  lattiero  caseario.    La  lesione  delle  norme
 costituzionali  in  epigrafe e' dunque evidente:  Le regioni vengono,
 infatti,  dichiaratamente  spossessate  di  qualsivoglia  potere   di
 intervento  e  relegate  ad un ruolo meramente esecutivo, per di piu'
 nell'ambito di un quadro procedurale che, per quanto confuso, e'  pur
 sempre  accentrato  a  livello  nazionale, e dunque insuscettibile di
 adeguamento alcuno alle particolari situazioni locali.
                                P. Q. M.
   La   regione   ricorrente   chiede   che   codesta   ecc.ma   Corte
 costituzionale  voglia  dichiarare  che  non spetta allo Stato, e per
 esso al Ministero delle politiche agricole, dare attuazione  all'art.
 1,  comma  5,  del  d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito in legge 27
 aprile 1999, n.  118, con d.m. 21 maggio  1999,  n.  159,  pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale serie generale. n. 131 del 7 giugno 1999 (in
 violazione  degli  artt.    5,  97, 115, 117, 118 e 119 Cost.), e per
 conseguenza  annullare  il  d.m.  impugnato  nella  totalita'  ed  in
 particolare  quanto  agli art.  1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, art. 2, art.
 3, commi 1, 2, 3, art. 4, commi 1 e 2, e art. 5, commi 2 e 3.
    Milano-Roma, addi' 27 luglio 1999.
    Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani
 99C0898