N. 14 SENTENZA 9 - 30 gennaio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Energia - Impianti di produzione di energia da  fonti  rinnovabili  -
  Obbligo del soggetto autorizzato alla costruzione dell'impianto  di
  prestare, entro  180  giorni  dalla  comunicazione  di  inizio  dei
  lavori, una fideiussione di importo non inferiore  a  50  euro  per
  ogni kW di potenza elettrica rilasciata. 
- Legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme in materia
  di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di
  immissioni inquinanti e in materia ambientale), art.  4,  comma  2,
  lettera c). 
-   
(GU n.6 del 7-2-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2,
lettera c), della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008,  n.  31
(Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per
la riduzione di  immissioni  inquinanti  e  in  materia  ambientale),
promosso dal Tribunale amministrativo regionale  per  la  Puglia  nel
procedimento vertente tra la Solon spa e la Regione Puglia  e  altri,
con ordinanza del 10 marzo 2016,  iscritta  al  n.  93  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione della Solon spa  e  della  Regione
Puglia; 
    udito nella udienza  pubblica  del  9  gennaio  2018  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la  Solon  spa  e
Tiziana Teresa Colelli per la Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un giudizio amministrativo  -  promosso  da  una
societa', la quale, dopo aver  chiesto  e  ottenuto  l'autorizzazione
unica per la costruzione di un impianto fotovoltaico,  non  lo  aveva
realizzato,  ritenendolo  non  piu'   conveniente   a   causa   della
sopravvenuta  e  meno  favorevole   ridefinizione   normativa   delle
incentivazioni  statali  per  detti  impianti,  e   quindi   chiedeva
«accertarsi l'inadempimento della Regione Puglia rispetto all'obbligo
di  conclusione  del  procedimento  nei  termini  di  legge   ed   il
conseguente [suo] diritto al ristoro del danno  da  ritardo  subito»;
nonche' «l'insussistenza del  diritto  della  Regione  all'escussione
della polizza fideiussoria», rilasciata per conto di essa  ricorrente
da Fondiaria SAI spa, ai sensi dell'art.  4,  comma  2,  lettera  c),
della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008,  n.  31  (Norme  in
materia di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili  e  per  la
riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale) - l'adito
Tribunale amministrativo regionale per la  Regione  Puglia,  respinta
con sentenza parziale la domanda risarcitoria, ha sollevato,  con  la
separata ordinanza in epigrafe, questione incidentale di legittimita'
costituzionale della norma regionale suddetta,  nella  parte  in  cui
questa, appunto, prescrive il rilascio di una  fideiussione  a  prima
richiesta, «a garanzia della realizzazione dell'impianto», a pena  di
decadenza dall'autorizzazione unica, in aggiunta alla fideiussione  a
prima richiesta «a garanzia del ripristino dello stato dei  luoghi  a
fine esercizio dell'impianto», prevista dalla successiva lettera  d),
dello stesso comma 2 dell'art. 4 della legge reg. Puglia  n.  31  del
2008. 
    1.1.- Ritiene,  in  premessa,  detto  Tribunale  che,  «sotto  il
profilo  processuale,   in   subiecta   materia   si   radic[hi]   la
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo  rilevando  l'art.
133, comma 1, lett. o), c.p.a., che a questo devolve "le controversie
[...] attinenti alle procedure  e  ai  provvedimenti  della  pubblica
amministrazione concernenti la produzione di energia [...]",  nonche'
l'art. 133, comma 1, lett. a), punto 2, c.p.a. in materia di  accordi
integrativi del contenuto discrezionale di provvedimenti, nell'ambito
dei quali certamente possono farsi rientrare l'Atto di impegno  e  la
Convenzione in atti con cui la societa' istante  si  e'  obbligata  a
depositare la fideiussione a favore  della  Regione,  in  conformita'
all'art. 4, comma 2, lett. c), L.R. n. 31/2008». 
    1.2.- In punto di non manifesta  infondatezza  argomenta  poi  lo
stesso rimettente che la previsione della garanzia integrativa di cui
alla disposizione denunciata (che viene in  rilievo  nel  giudizio  a
quo) si ponga, all'un  tempo,  in  contrasto:  con  l'art.  41  della
Costituzione, poiche' trasformerebbe  la  facolta'  di  realizzazione
dell'impianto, che dovrebbe fisiologicamente conseguire  al  rilascio
dell'autorizzazione, in un vero e proprio  obbligo  di  realizzazione
dello stesso,  anche  quando  circostanze  sopravvenute  rendano  non
conveniente l'esecuzione  dell'opera,  comprimendo  cosi'  la  scelta
discrezionale   rimessa   all'imprenditore   di   non   dare    corso
all'intervento assentito; con l'art. 3  Cost.,  dando  luogo  ad  «un
evidente    trattamento     differenziato     tra     il     titolare
dell'autorizzazione  unica  rispetto  alla  posizione  del   soggetto
autorizzato  all'esito  di  analogo  procedimento»  e  rispetto,   in
particolare, al titolare  di  «permesso  di  costruire»,  atteso  che
«giammai detto titolo abilitativo  prevede  forme  di  coazione  alla
realizzazione dell'attivita' assentita»; con l'art. 117, terzo comma,
Cost.,  per  violazione  dei  «principi  fondamentali  della  materia
nell'ambito di  materie  di  legislazione  concorrente,  qual  e'  la
materia  della  produzione  dell'energia»,  ricavabili  dal   decreto
legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta
da   fonti    energetiche    rinnovabili    nel    mercato    interno
dell'elettricita'), che «non prevede[rebbero] alcuna possibilita'  di
introdurre  aggravi  procedimentali  in  grado  di   trasformare   la
posizione giuridica del richiedente da "facolta'" piena di  costruire
ad "obbligo" di realizzare l'impianto assentito,  imponendo  il  solo
ripristino  dello  stato  dei   luoghi   in   caso   di   dismissione
dell'impianto, a salvaguardia delle esigenze ambientali»; con  l'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  per   violazione   della
competenza  esclusiva  statale  nella  materia  «determinazione   dei
livelli essenziali delle prestazioni  concernenti  diritti  civili  e
sociali»;  e  con  l'art.  117,  primo  comma,   Cost.,   in   quanto
l'irragionevole  limite  allo  sviluppo  degli  impianti   da   fonti
rinnovabili, introdotto dalla disposizione  regionale  censurata,  si
porrebbe  «in  contrasto  con  la  normativa  internazionale  ed   in
particolare con il Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro  delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11  dicembre
1997 e ratificato con legge 1° giugno 2002, n. 120». 
    2.- Nel giudizio innanzi a questa Corte si e' costituita la parte
privata,   svolgendo   ampie   argomentazioni   a   sostegno    della
prospettazione del Tribunale rimettente. 
    Per detta parte, l'incameramento della cauzione per l'ipotesi  di
mancata esecuzione  dell'opera  costituirebbe,  altresi',  «con  ogni
evidenza una misura di compensazione», risolventesi in  un  vantaggio
economico per la Regione e per gli enti locali, in contrasto  con  il
principio per cui la costruzione di impianti per l'energia eolica  e'
attivita' libera, e sarebbe privo  di  «alcuna  giustificazione  alla
luce  della  tutela  di  concorrenti   interessi   costituzionalmente
protetti». 
    3.- Si e' costituita anche la Regione Puglia che ha concluso  per
una dichiarazione di inammissibilita' delle questioni sollevate,  per
genericita' e  difetto  di  chiarezza  e  completezza  delle  censure
rivolte alla disposizione denunciata, in particolare con  riferimento
alla asserita violazione dell'art. 117, commi secondo, lettera m),  e
terzo, Cost. 
    Nel merito, la difesa regionale ha sostenuto la  non  fondatezza,
sotto ogni profilo, della questione stessa. 
    Con l'imporre al soggetto autorizzato l'obbligo di depositare una
ulteriore  polizza  fideiussoria,  escutibile  in  caso  di   mancata
realizzazione dell'impianto, la norma impugnata non violerebbe l'art.
41 Cost., essendo, appunto, volta  ad  incentivare  la  realizzazione
degli impianti autorizzati ai fini del raggiungimento  dell'obiettivo
di incrementare  la  produzione  di  energia  da  fonti  alternative,
perseguito  dallo  Stato  in   attuazione   di   specifici   obblighi
internazionali e comunitari, e rappresentando, quindi, una  forma  di
controllo finalizzato a perseguire l'utilita' sociale, pure garantita
sul piano costituzionale. Neppure essa contrasterebbe  con  l'art.  3
Cost., stante la peculiarita' degli impianti eolici, rispetto ad ogni
altra  tipologia  di  manufatto  realizzabile  con  il  permesso   di
costruire, in ragione  della  pubblica  utilita'  di  detti  impianti
accentuata dal favor  riconosciuto  dal  legislatore  nazionale  alle
fonti di energia rinnovabili. 
    Ne' potrebbero ritenersi violati i precetti di cui all'art.  117,
commi secondo, lettera m), e terzo, Cost.,  poiche'  la  disposizione
impugnata «non limita l'iniziativa economica nel settore  energetico,
ne' la parita' di accesso da parte dei diversi operatori privati»,  e
perche' essa - oltre ad essere in linea con quanto  prescritto  dalla
lettera j), dell'art.  13.1  dell'Allegato  di  cui  al  decreto  del
Ministero dello Sviluppo Economico 10 settembre 2010 (Linee guida per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti  rinnovabili)  -
sarebbe, anche «conforme» all'art. 1-quinquies  del  decreto-legge  8
luglio  2010,  n.  105  (Misure  urgenti  in  materia  di   energia),
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto  2010,  n.  129,
prevedente l'adozione di «opportune misure  affinche'  l'istanza  per
l'autorizzazione  di  cui  all'articolo  12,  comma  3,  del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387,  sia  accompagnata  da  congrue
garanzie finanziarie poste a carico  del  soggetto  che  richiede  il
rilascio dell'autorizzazione e di eventuali successivi  subentranti»,
al fine di contrastare «le attivita' speculative [...]  da  parte  di
soggetti che non concludono la realizzazione degli impianti». 
    Quanto alle precedenti sentenze di questa Corte, n. 119 del  2010
e n. 307 del 2013, la Regione ha ritenuto, per quanto ora rileva, non
pertinente  la   prima   -   che   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 2, della stessa legge n. 31 del
2008, poiche' relativa al diverso  profilo  della  allocazione  degli
impianti - e pertinente invece, la seconda, nella  parte  in  cui  ha
dichiarato non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 18, della successiva legge della Regione Puglia 24
settembre 2012, n. 25 (Regolazione  dell'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili), la' dove prevede che  il  richiedente  l'autorizzazione
unica  sia  tenuto  a  presentare  anche  un   «piano   economico   e
finanziario»: piano che la Corte ha  reputato  "aggiuntivo"  rispetto
alla cauzione a garanzia (per il ripristino dello stato  dei  luoghi)
prevista dalle Linee guida statali e  quindi  non  in  contrasto  con
detta normativa interposta. 
    4.- La societa' ricorrente nel giudizio a quo, ha, nell'imminenza
dell'udienza di  discussione,  depositato  memoria  integrativa,  per
contestare  partitamente  le  eccezioni  di  inammissibilita'  e   le
deduzioni di non  fondatezza  delle  sollevate  questioni,  formulate
dalla difesa regionale. 
    In particolare, quanto alla violazione dell'art. 41 Cost.,  detta
societa'  ha  replicato  che  la  previsione  dell'incameramento   di
un'ingente  fideiussione  da  parte  della  Regione  nell'ipotesi  di
mancata realizzazione dell'opera, pari a dieci volte quella  prevista
per la rimessione in pristino dello stato dei luoghi,  anche  qualora
le iniziali valutazioni circa la convenienza dell'investimento  siano
venute meno, comprimerebbe la liberta' imprenditoriale  del  soggetto
autorizzato, la cui decisione circa l'opportunita' di eseguire o meno
l'opera  assentita  risulterebbe  condizionata  dalla  previsione  in
esame. 
    E, quanto alla violazione dell'art. 3  Cost.,  ha  sostenuto  che
l'aggravamento del procedimento autorizzatorio per  la  ricostruzione
degli impianti in questione, rispetto a quello per  il  rilascio  del
permesso di costruire, non potrebbe ritenersi giustificato dal  fatto
che i progetti assentiti con autorizzazione unica costituiscano opere
di pubblica utilita' ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003
e del d.m. 10 settembre 2010. E cio' perche' la  disciplina  inerente
al  permesso  di   costruire   non   imporrebbe   misure   coercitive
dell'attivita'  autorizzata  neppure  nel  caso  in  cui  l'opera  da
eseguire sia considerata di pubblica utilita'. 
    Ha escluso infine, che le due garanzie di  che  trattasi  possano
ritenersi «tra loro diverse e complementari»,  atteso  anche  che  la
fideiussione di cui alla  lettera  c),  e'  di  importo  dieci  volte
superiore a quella di cui alla lettera d). 
    5.- Anche  la  Regione  Puglia  ha,  infine,  depositato  memoria
integrativa,  nella  quale  -  oltre  a  ribadire  ed   ulteriormente
argomentare le precedenti proprie conclusioni -  sottolinea  come  la
disposizione censurata  risponda  alla  finalita'  di  «contenere  il
fenomeno della proposizione di progetti sostanzialmente  "virtuali"»,
legato  al  mercato  parallelo  dei  cosiddetti  «sviluppatori»,   di
societa', cioe', aventi come scopo quello di «farsi  autorizzare  per
poi cercare un acquirente del titolo  acquisito,  anziche'  procedere
con la effettiva realizzazione del progetto stesso». 
    Pone, altresi', in  evidenza  come  la  polizza  fideiussoria  in
questione   costituisca    «adempimento    richiesto    nella    fase
post-autorizzatoria», dovendo  essere  rilasciata  entro  180  giorni
dalla comunicazione di inizio lavori:  termine  entro  il  quale  «la
costruzione dell'impianto  potrebbe,  come  e'  accaduto,  essere  in
avanzata fase di realizzazione o addirittura essere gia' terminata». 
    Aggiunge che, comunque, il termine per la comunicazione di inizio
dei  lavori,  inizialmente   fissato   in   6   mesi   dal   rilascio
dell'autorizzazione, «e' reso prorogabile anche di  24  mesi»  e,  da
ultimo, puo' essere prorogato per una sola volta per altri due  anni,
qualora l'impianto non abbia conseguito gli  incentivi,  ex  art.  1,
comma 1, della successiva legge della Regione Puglia 7  agosto  2017,
n. 34, recante «Modifiche all'articolo 5  della  legge  regionale  24
settembre 2012, n. 25 (Regolazione  dell'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili)». 
    Sottolinea ancora come il costo  della  polizza  fideiussoria  in
discussione, variabile con la taglia  dell'impianto  autorizzato  «ma
comunque  nell'ordine  delle  migliaia   di   euro»,   sia   comunque
«irrisorio»  rispetto  al  costo  dell'investimento  richiesto  dalla
costruzione ed esercizio dell'impianto e sia quindi  irrilevante  per
imprese che intendano realmente costruirlo. Per cui  la  disposizione
censurata potrebbe assumere rilievo economico unicamente «nel caso di
soggetti interessati solo alla vendita del titolo autorizzativo,  nel
momento in cui, per prolungare quanto piu' possibile l'efficacia  del
titolo stesso, dichiarano l'inizio dei lavori, depositano la  polizza
e corrono poi il rischio, nel solo  caso  di  mancata  realizzazione,
della  rivalsa  da   parte   dell'istituto   emittente   qualora   il
beneficiario richieda l'escussione della garanzia». 
    Quanto al differente importo delle fideiussioni sub lettere c), e
d),  della  disposizione  in  esame,  la  Regione  precisa  che  tale
differenza e' stata eliminata con delibera  di  Giunta  regionale  30
dicembre  2010,  n.  3029,  che   ha   equiparato   l'importo   della
fideiussione di cui alla lettera d), a quello di cui alla lettera c),
ossia ad euro 50,00 per ogni kW. 
    La  Regione  Puglia  prospetta,  infine,  una  possibile  diversa
lettura della disposizione censurata, potendo  la  prestazione  della
fideiussione  (sub  lettera  c)  riferirsi  all'ipotesi  di  «mancata
ultimazione» dell'impianto, atteso che i costi del  ripristino  dello
stato dei  luoghi,  in  questo  caso,  non  sarebbero  coperti  dalla
fideiussione di cui alla lettera d), riferita  alla  diversa  ipotesi
dell'impianto esercitato e dismesso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza in epigrafe, emessa nel giudizio di cui si e'
in narrativa detto, il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Puglia - premessa, con motivazione non implausibile,  la  sussistenza
della  propria  giurisdizione  in   materia   -   solleva   questione
incidentale di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  comma  2,
lettera c), della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008,  n.  31
(Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per
la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale),  «per
contrasto con gli artt. 3, 41, 117, commi 1 e 2, lett. m), e 3» della
Costituzione. 
    2.- La disposizione cosi' denunciata - nel testo  come,  nel  suo
primo alinea, modificato dall'art. 5, comma  19,  della  legge  della
stessa Regione Puglia 24 settembre 2012, n. 25 (Regolazione  dell'uso
dell'energia  da  fonti  rinnovabili)  -  stabilisce   che   «e[ntro]
centottanta giorni dalla presentazione della comunicazione di  inizio
lavori»  [«dall'avvenuto  rilascio  dell'autorizzazione»,  nel  testo
precedente], «il  soggetto  autorizzato  [alla  realizzazione  di  un
impianto  di  produzione  di  energia  da  fonti  rinnovabili]   deve
depositare presso la  Regione  Puglia  -  Assessorato  allo  sviluppo
economico e innovazione tecnologica: [...] c)  fideiussione  a  prima
richiesta rilasciata a garanzia della realizzazione dell'impianto, di
importo non inferiore a euro 50,00, per ogni KW di potenza  elettrica
rilasciata». 
    Nella successiva lettera d), del comma 2 dell'art. 4, la predetta
legge regionale prevede il deposito anche  di  altra  fideiussione  a
prima richiesta, a garanzia, in questo caso,  del  «ripristino  dello
stato dei luoghi a  fine  esercizio  dell'impianto,  di  importo  non
inferiore a euro 5,00 per ogni kW di potenza elettrica rilasciata». 
    Il comma 4 dello stesso art. 4 della legge  in  esame  stabilisce
poi che «[i]l mancato deposito, nel termine  perentorio  indicato  al
comma 2, della documentazione di cui al comma 2, lettere [...]  c)  e
d), determina la decadenza di diritto dall'autorizzazione [...] e  il
diritto della Regione di escutere la fideiussione a  prima  richiesta
rilasciata a garanzia della realizzazione dell'impianto». 
    3.- Muovendo dalla premessa che  la  lettera  e  la  ratio  della
disposizione sub lettera c), del comma  2  dell'art.  4  della  legge
della  Regione  Puglia  n.  31  del  2008,  non  ne  consentano   una
interpretazione costituzionalmente orientata -  che  «limiti  il  suo
ambito oggettivo di applicazione alla sola ipotesi della non corretta
realizzazione dell'impianto» - per cui la fideiussione, ivi prevista,
non sarebbe altrimenti riferibile che alla ipotesi, diversa da quella
sub lettera d), della «mancata realizzazione» dell'impianto,  proprio
in cio'  il  rimettente  ravvisa  i  plurimi  denunciati  profili  di
sospetta illegittimita' costituzionale della disposizione stessa. 
    4.- Secondo il giudice a quo - nel prevedere, sub lettera c),  il
rilascio  di  una  fideiussione  «a  garanzia   della   realizzazione
dell'impianto» assentito, in aggiunta alla fideiussione  «a  garanzia
del  ripristino   dello   stato   dei   luoghi   a   fine   esercizio
dell'impianto», di cui alla lettera d) - l'art.  4,  comma  2,  della
legge regionale impugnata, violerebbe infatti: 
    l'art. 41 della Costituzione, sul presupposto  che  l'imposizione
al soggetto autorizzato anche dell'obbligo di depositare un'ulteriore
polizza fideiussoria, escutibile a prima  richiesta  nell'ipotesi  di
mancata realizzazione dell'impianto, trasformerebbe  la  facolta'  di
realizzazione dell'impianto, che dovrebbe fisiologicamente conseguire
al rilascio dell'autorizzazione, in un  vero  e  proprio  obbligo  di
realizzazione, anche  quando  circostanze  sopravvenute  rendano  non
conveniente l'esecuzione  dell'opera,  comprimendo  cosi'  la  scelta
discrezionale   rimessa   all'imprenditore   di   non   dare    corso
all'intervento   assentito,   senza   che   tale   compressione   sia
riconducibile ad un fine congruo di utilita' sociale; 
    l'art.  3  Cost.,  poiche'  ne  deriverebbe   una   irragionevole
disparita' di trattamento tra il titolare dell'autorizzazione unica e
la  posizione  dei  soggetti  autorizzati   all'esito   di   analoghi
procedimenti, in ordine ai quali sarebbe stabilita  una  facolta',  e
non un dovere, di  esercitare  l'attivita'  autorizzata,  conservando
l'amministrazione il solo potere di vigilanza sull'attivita',  mentre
non sarebbe prevista anche la possibilita' di imporre  misure  aventi
il chiaro risultato di rendere coercibile un'attivita' libera,  come,
in particolare, si  desumerebbe  dalla  disciplina  del  permesso  di
costruire, di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia),  quale
titolo abilitativo  non  prevedente  forme  di  coazione  volte  alla
realizzazione   dell'attivita'   assentita,   neanche   ove   l'opera
correlativa sia di pubblica utilita'; 
    l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la previsione censurata
avrebbe aggravato  il  regime  autorizzatorio,  in  violazione  della
disciplina  nazionale  di  principio  attinente  alla  produzione  di
energia,  quale  materia  di  legislazione   concorrente,   che   non
contemplerebbe   alcuna   possibilita'    di    introdurre    aggravi
procedimentali in grado di trasformare  la  posizione  giuridica  del
richiedente  da  "facolta'"  piena  di  costruire  in  "obbligo"   di
realizzazione  dell'impianto  assentito,  come,  in  particolare,  si
ricaverebbe  dal  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.   387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato  interno  dell'elettricita'),  che  disciplina   i   principi
fondamentali in tema di promozione dell'energia elettrica prodotta da
fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'; 
    l'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., sul presupposto che
la disciplina del procedimento di autorizzazione unica,  nella  parte
in cui scandisce le facolta' e  i  poteri  riconosciuti  al  soggetto
autorizzato, sia  annoverabile  nell'ambito  dei  livelli  essenziali
delle  prestazioni  concernenti  diritti  civili  che  devono  essere
garantiti  su  tutto  il  territorio  nazionale,  sicche'  la   norma
denunciata, introducendo un obbligo di realizzazione dell'impianto  a
seguito del rilascio dell'autorizzazione  unica,  obbligo  ricavabile
dalla   previsione   della   censurata   fideiussione   a    garanzia
dell'esecuzione dell'opera, avrebbe violato il relativo  criterio  di
attribuzione della materia alla legislazione esclusiva dello Stato; 
    l'art. 117, primo comma, Cost., sull'assunto  che  l'introduzione
dell'obbligo di  prestare  una  polizza  fideiussoria  a  carico  del
soggetto  autorizzato  per   l'ipotesi   di   mancata   realizzazione
dell'impianto, costituisca  un  irragionevole  limite  allo  sviluppo
degli  impianti  da  fonti  rinnovabili   e   un   aggravamento   del
procedimento   autorizzativo,   in   contrasto   con   la   normativa
internazionale ed in particolare con  il  Protocollo  di  Kyoto  alla
Convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,
fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997 e ratificato  con  legge  1°  giugno
2002, n. 120. 
    5.- L'ulteriore questione prospettata dalla  difesa  della  parte
privata - sul presupposto che l'incameramento della cauzione in  caso
di mancata realizzazione dell'impianto (ex comma 4 dell'art. 4  della
legge  reg.  Puglia  n.  31  del  2008)  integri   una   «misura   di
compensazione in favore  della  Regione»,  vietata  dall'art.  6  del
d.lgs. n. 387 del 2003 -  non  e'  suscettibile  di  esame  e  resta,
quindi, estranea al thema decidendum. 
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'oggetto del
giudizio  di  costituzionalita'  in  via  incidentale  e',   infatti,
limitato alle norme  e  ai  parametri  indicati  nelle  ordinanze  di
rimessione, non potendo  essere  prese  in  considerazione,  oltre  i
limiti  in  queste  fissati,  ulteriori  questioni   o   censure   di
costituzionalita' dedotte dalle parti, sia che siano  state  eccepite
ma non fatte proprie dal giudice a quo,  sia  che  siano  dirette  ad
ampliare o  modificare  successivamente  il  contenuto  delle  stesse
ordinanze (da ultimo sentenze n. 250 e n. 29 del 2017). 
    6.- L'eccezione  di  inammissibilita',  formulata  dalla  Regione
Puglia, e' fondata quanto alla denuncia di violazione dell'art.  117,
primo comma, Cost., in relazione alla normativa internazionale  e  in
particolare al Protocollo di Kyoto. 
    Si tratta, infatti, di censura generica, non avendo il rimettente
indicato i parametri interposti,  ma  semplicemente  rinviato  ad  un
intero Protocollo ad una Convenzione internazionale (sentenza n.  156
del 2016). 
    Non e' viceversa  fondata,  tale  eccezione,  con  riguardo  agli
ulteriori parametri costituzionali, che il Tribunale a quo ha evocato
con le sopra riferite motivazioni, adeguatamente specifiche. 
    7.- Con riguardo al ventaglio delle residue  censure,  in  quanto
logicamente  preliminari,  vanno  con  precedenza  esaminate   quelle
relative alla ipotizzata violazione  dell'art.  117,  commi  secondo,
lettera m), e terzo, Cost., con le  quali  si  revoca  in  dubbio  la
competenza della Regione ad adottare la disposizione di che trattasi. 
    7.1.- Secondo l'indirizzo di questa Corte,  la  disciplina  degli
impianti di energia da fonti rinnovabili  rientra  nell'ambito  della
competenza   legislativa   concorrente   Stato-Regioni,   in   quanto
riconducibile   alla   materia   della   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia»  di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. (sentenze n. 307 del 2013 e n.  275  del  2012),  i  cui
principi fondamentali - ai quali le Regioni devono attenersi  e  cui,
nella specie, va fatto, dunque, riferimento -  sono  contenuti  nelle
norme del d.lgs. n. 387 del 2003 ed in specie nell'art. 12  (sentenze
n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 124 del 2010 e n. 282 del 2009).
E si rinvengono, altresi', nelle "Linee guida", di cui al decreto del
Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili),  la
cui vincolativita' nei confronti delle Regioni deriva dal  fatto  che
esse  costituiscono  «necessaria   integrazione»   delle   previsioni
contenute nel predetto art. 12 del d.lgs. n. 387 del  2003  (sentenza
n. 275 del 2012), essendo state adottate,  in  ragione  degli  ambiti
materiali che vengono in rilievo, in sede di Conferenza unificata  e,
quindi, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra  Stato
e Regioni (sentenza n.  308  del  2011).  Per  cui  la  «ponderazione
concertata», imposta dal comma 10 dell'art. 12 del d.lgs. n. 387  del
2003 ai fini del bilanciamento fra esigenze connesse alla  produzione
di energia ed  interessi  ambientali  (sentenza  n.  192  del  2011),
assegna alle predette Linee guida lo stesso  carattere  di  «principi
fondamentali» della materia (sentenza n. 307 del 2013). 
    7.1.1.- Per quanto piu' direttamente qui rileva, il  citato  art.
12 del d.lgs. n. 387 del 2003, sub comma 4, dispone che  il  rilascio
dell'autorizzazione per la realizzazione di  impianti  alimentati  da
fonti  rinnovabili  costituisce  titolo  a  costruire  ed  esercitare
l'impianto in conformita' al  progetto  approvato  e  deve  contenere
«l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi  a  carico
del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto». 
    A sua volta, l'art.  13.1,  lettera  j),  dell'Allegato  alle  su
menzionate  Linee  guida,  precisa  che  l'istanza  per  il  rilascio
dell'autorizzazione unica deve essere  corredata  dall'«impegno  alla
corresponsione all'atto  di  avvio  dei  lavori  di  una  cauzione  a
garanzia della esecuzione degli interventi  di  dismissione  e  delle
opere di messa in pristino, da versare a favore  dell'amministrazione
procedente mediante  fideiussione  bancaria  o  assicurativa  secondo
l'importo stabilito in via generale dalle Regioni  o  dalle  Province
delegate in proporzione al valore delle opere di rimessa in  pristino
o delle misure di reinserimento o recupero ambientale [...]». 
    L'art. 1-quinquies del successivo decreto-legge 8 luglio 2010, n.
105  (Misure  urgenti  in  materia  di  energia),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n.  129,  infine,  prevede
che «[a]l fine di contrastare le attivita'  speculative  legate  allo
sviluppo e all'autorizzazione di progetti di impianti  di  produzione
di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, che  comportano
l'avvio di procedimenti autorizzativi da parte di  soggetti  che  non
concludono  la  realizzazione  degli  impianti,  il  Ministro   dello
sviluppo  economico  stabilisce  [...]  opportune  misure   affinche'
l'istanza per l'autorizzazione di cui all'articolo 12, comma  3,  del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387,  sia  accompagnata  da
congrue garanzie finanziarie poste a carico del soggetto che richiede
il   rilascio   dell'autorizzazione   e   di   eventuali   successivi
subentranti». 
    7.2.-  I   richiamati   principi   fondamentali   della   materia
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   dell'energia»,
contrariamente a quanto prospettato  dal  rimettente,  non  risultano
violati dalla disposizione regionale denunciata. 
    7.2.1.- E' ben vero che le  disposizioni  statali,  evocate  come
normativa interposta ai fini della adombrata violazione del parametro
costituzionale, prevedono, per il rilascio  dell'autorizzazione  alla
costruzione di impianti eolici, l'impegno del richiedente al rilascio
di un'unica fideiussione, bancaria o assicurativa, a  garanzia  della
rimessione in pristino dello stato dei luoghi. 
    Ma la rimessione in pristino del territorio, a tal fine e in  tal
modo  garantita,  con   generica   correlazione   alla   «dismissione
dell'impianto», e' evidentemente  riferibile  sia  all'ipotesi  della
dismissione che consegua alla conclusione del suo  ciclo  produttivo,
sia a quella della dismissione di un impianto la cui costruzione  sia
stata iniziata ma poi non completata ovvero realizzata in difformita'
dall'autorizzazione rilasciata: nell'uno e  nell'altro  caso  dovendo
identicamente assicurarsi il ripristino dello stato dei luoghi. 
    Rispetto  alla  fideiussione  che  -  a   garanzia   dell'obbligo
dell'operatore alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi (di
cui all'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003) - l'art.  13.1,
lettera j), dell'Allegato alle Linee  guida  prescrive,  dunque,  con
unitario e indistinto riferimento ad ogni ipotesi  di  «dismissione»,
la  duplicita'  di  fideiussioni  previste  dalla   legge   regionale
denunciata (sub lettere c e d del comma 2 del suo  art.  4)  non  e',
come si sospetta, aggravatoria della disciplina statale di  principio
del procedimento  di  autorizzazione  unica  per  la  costruzione  ed
esercizio di impianti di energia da fonti rinnovabili. 
    Piu'  semplicemente,  essa  riflette  l'opzione  del  legislatore
regionale per una subarticolazione  del  meccanismo  di  garanzia  in
relazione alle due ipotesi di dismissione  che  possono  in  concreto
verificarsi: in corrispondenza delle quali  sono,  appunto,  previste
due autonome, complementari e non sovrapponibili, fideiussioni. 
    La prima (sub lettera d del comma 2 dell'art. 4 della legge  reg.
Puglia n. 31 del 2008)  e'  specificamente  riferita  all'ipotesi  di
«fine esercizio dell'impianto», della conclusione, cioe',  del  ciclo
produttivo di un impianto regolarmente realizzato. 
    La seconda (sub lettera c del comma 2 del medesimo  art.  4,  cui
propriamente   si   rivolgono   le    censure    di    illegittimita'
costituzionale)  e'  riferita  alla  diversa  ipotesi  di  anticipata
«dismissione» di intrapresi lavori di costruzione di un impianto  poi
non realizzato. 
    7.2.2.- Diversamente da quanto  presupposto  dal  rimettente,  in
questo secondo caso, la fideiussione non consegue, invero,  al  fatto
in  se',  e  per  se',  della  mancata  realizzazione   dell'impianto
(realizzazione che  erroneamente,  quindi,  si  assume  in  «obbligo»
dell'operatore una volta ottenuto il titolo autorizzatorio),  poiche'
il  deposito  di  tale  fideiussione  -  come   testualmente   emerge
dall'incipit del comma 2 del denunciato art. 4 - e',  invece,  dovuto
solo «entro centottanta giorni dalla comunicazione di inizio lavori». 
    Vale a dire che il soggetto autorizzato - il quale,  dopo  avere,
entro  il  congruo  (e  dalla  legislazione  successiva  piu'   volte
prorogato)  termine  a  sua  disposizione,  liberamente   deciso   di
procedere  alla  costruzione   dell'impianto   assentito   ed   avere
intrapreso i correlativi lavori -  solo  dopo  la  «comunicazione  di
inizio lavori»,  effettuata  alla  Regione,  ed  entro  i  successivi
centottanta giorni da tale comunicazione, e' tenuto a  depositare  la
fideiussione   in   questione   «a   garanzia   della   realizzazione
dell'impianto». 
    7.2.3.- La (iniziale) fissazione di un piu' elevato  importo  per
la fideiussione sub lettera c) - rispetto a  quello  (successivamente
al primo poi comunque parificato, dalla Regione Puglia, con  delibera
della Giunta regionale del 30 dicembre 2010, n. 3029)  relativo  alla
fideiussione sub lettera d) - rientra, poi, nell'ambito delle  scelte
espressamente  riconosciute  in  materia  alla  Regione  (art.  13.1,
lettera  j  delle  citate  Linee  guida)  e  risponde  a  criteri  di
ragionevolezza. Infatti, i costi per  il  ripristino  dei  luoghi  di
esercizio di un impianto "a fine vita" tengono conto della produzione
di energia pulita avvenuta dall'installazione  sino  alla  cessazione
dell'attivita', ossia  del  perseguimento  (e  raggiungimento)  dello
scopo di incentivazione di tali fonti alternative, mentre i superiori
costi previsti per la  mancata  realizzazione  sono  connessi  ad  un
impianto mai avviato e  produttivo  e  in  tale  carenza  trovano  la
propria giustificazione. 
    7.2.4.- E', infine, innegabile che  la  fideiussione  a  garanzia
della realizzazione dell'impianto risponda  anche  ad  una  finalita'
(concorrente con quella di recupero  ambientale)  di  garanzia  della
serieta' dei progetti autorizzati  e  di  incremento,  quindi,  della
produzione di energia da fonti alternative. 
    Ma, anche per tal  profilo,  l'impugnata  disposizione  regionale
appare in linea con i principi regolatori della materia fissati,  per
il settore che qui rileva, dalla normativa statale di  riferimento  e
con i sottesi obiettivi di utilita' sociale. 
    Cio' che e' poi  confermato  dalla  previsione  di  cui  all'art.
1-quinquies del (successivo) d.l. n. 105 del  2010,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 129 del 2010, ove  si  esplicita  «[i]l
fine di contrastare  le  attivita'  speculative  [...]  da  parte  di
soggetti che non concludono la realizzazione degli impianti». 
    7.3- Non sussiste, quindi, la violazione  dei  parametri  di  cui
agli evocati commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost. 
    8.- Il contrasto della disposizione scrutinata con gli artt. 41 e
3 Cost. e', infine, prospettato dal rimettente,  ed  e'  analogamente
argomentato dalla parte privata, in ragione  della  premessa  che  la
fideiussione «a garanzia della realizzazione dell'impianto» trasformi
la "facolta'", che dovrebbe fisiologicamente conseguire  al  rilascio
dell'autorizzazione, in un vero e proprio "obbligo" di  realizzazione
dello stesso. Il che, appunto, per un verso, vulnererebbe la liberta'
di iniziativa economica dell'imprenditore, del quale sarebbe, in  tal
modo, compressa la discrezionalita' di scelta in ordine al dare o non
dare  corso   all'intervento   assentito;   e,   per   altro   verso,
determinerebbe la denunciata disparita' di trattamento  del  titolare
dell'autorizzazione unica alla costruzione di impianti produttivi  di
energia  di  fonti  rinnovabili,  rispetto  al  soggetto  autorizzato
all'esito di analogo procedimento, il quale «ha la facolta' e non  il
dovere di esercitare l'attivita' autorizzata». 
    Tale premessa e', come si e' gia'  dimostrato,  erronea,  perche'
basata su una incompleta lettura della disposizione denunciata. 
    Da cio' l'infondatezza anche delle due ultime questioni in ordine
alla stessa sollevate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 2, lettera c),  della  legge  della
Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme in materia di produzione
di energia da fonti rinnovabili e  per  la  riduzione  di  immissioni
inquinanti e in  materia  ambientale),  sollevata  -  in  riferimento
all'art. 117, primo comma,  della  Costituzione,  in  relazione  alla
normativa internazionale, e, in particolare, al Protocollo  di  Kyoto
alla  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui   cambiamenti
climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997 e ratificato con legge 1°
giugno 2002, n. 120 - dal Tribunale amministrativo regionale  per  la
Puglia, con l'ordinanza in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 2, lettera  c),  della  legge  reg.
Puglia n. 31 del 2008, sollevate, in riferimento agli  artt.  3,  41,
117, commi  secondo,  lettera  m),  e  terzo,  Cost.,  dal  Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, con la medesima ordinanza  in
epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA