N. 206 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 2015
Ordinanza del 28 maggio 2015 del G.I.P. del Tribunale di Nola nel procedimento penale a carico di F. M.. Processo penale - Misure cautelari personali - Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva - Ipotesi di perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura - Previsione della sua non reiterabilita', salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate - Violazione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza - Violazione del principio di indipendenza del giudice. - Codice di procedura penale, art. 309, comma 10, come sostituito dall'art. 11, comma 5, della legge 16 aprile 2015, n. 47. - Costituzione, artt. 3, 101, comma secondo, e 104, primo comma.(GU n.42 del 21-10-2015 )
IL TRIBUNALE DI NOLA SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale (artt. 134 Cost. e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). Il giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Sepe, letta la richiesta del p.m. sede di rinnovazione dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o. per il reato di cui agli artt. 81, 612-bis c.p., nei confronti di M. F., nato a ...., residente in ..., via ...., Indagato dei reati di cui agli artt. 612-bis, comma 1 e 2, 609-bis comma 1 e 3, c.p. (cf. richiesta del p.m., che qui si ha per richiamata ed allegata); Premessa In data 7 maggio 2015 questo g.i.p. emetteva nei confronti dell'indagato la misura coercitiva del «divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa», eseguita in data 8 maggio del 2015, poi successivamente dichiarata inefficace a decorrere dalle ore 24,00 del 25 maggio 2015 dal Tribunale di riesame di Napoli, con ordinanza del 22 maggio 2015, per omesso avviso dell'udienza all'indagato a seguito del mancato perfezionamento del procedimento di notificazione dell'avviso. In data 23 maggio 2015 il p.m. richiedeva la riemissione della misura cautelare per i reati indicati in rubrica. Sinora era consolidato il principio per il quale l'inefficacia dell'ordinanza che dispone la misura cautelare, determinata dall'inosservanza dei termini stabiliti dall'art. 309 per la fase del riesame, non costituisce preclusione alla reiterazione del provvedimento coercitivo (Sez. U, n. 11 del 1° luglio 1992, Rv. 191182). Infatti la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha posto in evidenza come, in caso di decadenza della misura per superamento dei termini di cui all'art. 309 c.p.p., comma 10, la reiterazione della stessa, ancorche' adottata prima ancora che sia stato posto in esecuzione il provvedimento di liberazione conseguente alla perdita di efficacia della precedente ordinanza, deve ritenersi legittima, poiche' la regola della preclusione processuale, in forza del principio del ne bis in idem, opera solo quando il provvedimento sia stato annullato in conseguenza di un riesame nel merito e non quando la inefficacia della misura e' conseguenza di vizi puramente formali, salva l'ipotesi di cui all'art. 302 c.p.p., comma 1, che prevede la possibilita' di disporre una nuova misura «previo interrogatorio», da intendersi effettuato in stato di liberta' (Sez. Un., Sentenza n. 11 del 1° luglio 1992 Cc. (dep. 10 settembre 1992) Rv. 191182-3; n. 340 del 1994 Rv. 197420, n. 1907 del 2000 Rv. 216882; n. 35931 del 15 luglio 2010, Rv. 248417 e successive conformi). La questione La novella di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, ha modificato l'art. 309, comma 10 c.p.p. prevedendo che: «Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelati specificamente motivate, non puo' essere rinnovata [...]». La disposizione citata impone pertanto di valutare, ai fini della reiterazione della misura cautelare, l'esistenza di «eccezionali esigenze cautelari» che giustifichino e rendano necessaria la rinnovazione del titolo. Al riguardo, va in primo luogo evidenziato che la categoria delle «eccezionali esigenze cautelati» e' prevista dal vigente codice di rito per legittimare l'adozione della misura cautelare della «custodia in carcere» in situazioni, del tutto particolari, ricollegabili a condizioni soggettive dell'indagato, ritenute ostacolo all'applicazione dell'estrema misura privativa della liberta' personale (donna incinta, madre di prole di eta' inferiore a sei anni con lei convivente, persona che ha superato i settanta anni di eta', o che sia affetta da gravi patologie incompatibili con il regime carcerario ex art. 275, commi 4, 4-bis, 4-ter c.p.p., ovvero in caso di soggetti tossicodipendenti ex art. 89, d.P.R. n. 309/1990). Ai sensi del citato art. 309, comma 10 c.p.p., viceversa, le «eccezionali esigenze cautelari» vengono in rilievo non gia' quale condizione per reiterare la sola misura cautelare della custodia in carcere (come nelle ipotesi sopra esaminate) bensi' per legittimare la rinnovazione di qualsiasi misura cautelare coercitiva, con l'evidente corollario di determinare, senza ragionevolezza, una sostanziale area di immunita' (cautelare) in favore di soggetti (destinatari di misure diverse da quella della custodia in carcere) nei cui confronti la procedura del riesame non si sia potuta completare entro il termine previsto. E' infatti evidente che la scelta applicativa di una misura coercitiva meno afflittiva di quella carceraria, in omaggio al principio di gradualita', e' sintomatica dell'assenza di esigenze cautelari «eccezionali», dovendosi viceversa presumere che l'individuazione di esigenze di tipo «eccezionale» condurrebbe l'interprete a prescegliere, nell'ambito del ventaglio di misure cautelari di cui agli artt. 275 e ss. del codice di rito, la piu' grave forma di limitazione della liberta' personale, ossia la misura della custodia in carcere. Cio' comporta che il requisito ulteriore introdotto dalla citata novella finisce per neutralizzare - o comunque per restringere eccessivamente - la possibilita' di dare luogo a reiterazioni di titoli cautelati nei confronti di persone gia' destinatarie di ordinanze applicative di misure cautelati diverse e meno afflittive rispetto a quella della custodia in carcere, poi caducate, senza che cio' trovi giustificazione nel quadro di un ragionevole bilanciamento delle esigenze di tutela sociale con quelle di garanzie individuali, sacrificando di fatto le prime alle seconde in modo del tutto illogico. Infatti la circostanza che, per ragioni formali (nel caso di specie il difettoso procedimento di notificazione), l'udienza di riesame non sia stata tempestivamente celebrata e che, pertanto, la misura cautelare applicata all'indagato abbia perso efficacia per mancato rispetto del termine perentorio stabilito dall'art. 309, comma 9 c.p.p. (dieci giorni dalla trasmissione degli atti), non ha alcuna attinenza con il piano delle esigenze cautelari, nel senso che non si coglie la ragione per cui collegare l'eventuale rinnovazione del titolo alla sussistenza di esigenze cautelari di rango «eccezionale», specificamente motivate. Si vuole, infatti, sostenere che il diritto dell'indagato al controllo giurisdizionale in tempi certi (e rapidi) sulla legittimita' della misura cautelare (diritto rinveniente il suo fondamento anche in fonti sovranazionali: cfr. Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 1950, art. 5, par. 4, per cui ogni persona privata della liberta' personale ha il diritto di esigere che il tribunale adito «decida in breve tempo sulla legittimita' della sua detenzione») e' garantito - e pienamente - dalla sanzione di inefficacia conseguente alla mancata assunzione della decisione nei tempi prescritti. Va, infatti, considerato che la caducazione del titolo cautelare in conseguenza della mancata osservanza del breve termine perentorio imposto per la conclusione del procedimento di riesame e' sanzione che colpisce unicamente l'atto gia' emesso (che resta vanificato nei suoi effetti) sol perche' non e' stato riesaminato in tempo utile da parte dell'organo competente. Assoggettare, viceversa, ad un ulteriore piu' stringente parametro selettivo la possibilita' di reiterare il medesimo titolo, a fronte di un compendio indiziario e cautelare che si presume del tutto immutato (e dunque suscettibile di soddisfare i parametri stabiliti dagli artt. 273 e ss. c.p.p.) appare il frutto di una scelta, va ribadito, del tutto irragionevole e non rispettosa dell'equilibrio raggiunto nell'assetto del codice di rito tra la tutela della collettivita', da un lato, e le esigenze di rispetto della liberta' personale, dall'altro. Infatti l'aggravamento delle condizioni legittimanti la rinnovazione del titolo cautelare non risulta giustificato dall'eventuale esistenza (provata o presunta) di elementi nuovi, attinenti al quadro probatorio o ai pericula libertatis, capaci di incidere, favorevolmente per l'indagato, sulla prognosi cautelate, di modo che la pretesa di esigenze cautelari di maggior spessore possa fungere da contrappeso rispetto ad una presunzione di attenuazione dell'intensita' delle esigenze stesse. Appare, dunque, evidente che la disposizione di cui e' domandata la declaratoria di illegittimita' costituzionale va a rompere l'equilibrio risultante da un complesso di norme che, «pur riconoscendo l'insopprimibile esigenza di salvaguardare la liberta' dell'indagato e dell'imputato in funzione della quale ha fissato nell'art. 303 c.p.p. i termini di durata delle misure cautelati ed ha stabilito nell'art. 280 c.p.p. i limiti qualitativi e quantitativi di pena nel cui ambito puo' ammettersi la compressione di tale bene primario, ha piu' volte privilegiato le esigenze di tutela collettiva su quella individuale ammettendo nell'art. 305 c.p.p. la possibilita' di proroga della custodia cautelare e nell'art. 307, comma 2, lettere a e b, c.p.p. il ripristino della custodia in carcere, pur in presenza di termini di custodia gia' scaduti, nel caso di dolosa trasgressione delle prescrizioni inerenti la misura cautelare applicata all'atto della scarcerazione per decorrenza dei termini stessi e con la sentenza di primo o di secondo grado quando ricorra l'esigenza cautelare prevista dall'art. 274, comma 1, lett. B, c.p.p. per essersi l'imputato dato alla fuga o a fronte del concreto pericolo "che egli si dia alla fuga"». (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 11 del 1992). Ma soprattutto la disposizione di cui si domanda la declaratoria di illegittimita' costituzionale finisce per riservare alla caducazione della misura cautelare in sede di riesame un trattamento ingiustificatamente differenziato rispetto a quello previsto dall'art. 302 c.p.p. per l'ipotesi di inefficacia conseguente all'omesso interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294 c.p.p. laddove l'unico requisito richiesto dalla legge ai fini della reiterazione della misura e' il previo interrogatorio, alla luce del quale valutare la permanenza delle condizioni indicate negli artt. 273, 274 e 275 c.p.p., non richiedendosi, in tal caso, la motivata presenza di esigenze «eccezionali». Cosi' come pure nella procedura relativa al mandato di arresto europeo, con riferimento al caso di sopravvenuta inefficacia di ordinanza restrittiva della liberta' personale a causa del mancato invio da parte dell'autorita' richiedente degli atti previsti dall'art. 13 della legge 22 aprile 2005, n. 69, ovvero in caso di misura cautelare disposta da giudice incompetente e rinnovata ad opera di quello competente a norma dell'art. 27 c.p.p., tutti casi in cui la caducazione della misura non comporta alcun irrigidimento delle condizioni richieste per la reiterazione del titolo, a fronte di una situazione sottostante che evidentemente si presume invariata e tale da non richiedere la ricorrenza di presupposti cautelati di rango eccezionale, rimanendo affidato al prudente apprezzamento del Giudice il compito di valutare discrezionalmente la necessita' di reiterare il titolo cautelare, ovvero di non reiterarlo a fronte di nuovi elementi che facciano ritenere elise le esigenze cautelari a suo tempo enucleate. Le conseguenze irragionevolmente disparitarie della modifica legislativa sono inoltre accentuate nelle ipotesi in cui il procedimento riguardi due o piu' coindagati, laddove la perdita di efficacia del titolo cautelare nei confronti di taluno di essi, potrebbe comportare esiti cautelari differenziati a parita' di presupposti sottostanti. A parita' di esigenze, l'assenza di esigenze «eccezionali» garantirebbe l'immunita' cautelare ai co-indagati nei cui confronti il titolo abbia perso efficacia, con manifesta violazione del principio di eguaglianza dettato dall'art. 3 della Costituzione. Ancora va osservato che l'art. 309, comma 10, nuovo testo c.p.p., ridimensiona l'esercizio del potere cautelare disattendendo i principi di cui all'art. 101, comma 2, della Costituzione e all'art. 104, comma 1, della Costituzione, perche' il Giudice sarebbe soggetto non solo alla legge, ma anche, come nel caso di specie, alla tempestivita' e regolarita' del sub-procedimento di notificazione dell'avviso all'indagato, di fatto consegnando a soggetti estranei alla giurisdizione il potere di condizionare il fruttuoso esercizio del potere cautelare. Si ritiene, infatti, che l'art. 309, comma 10 c.p.p. faccia dipendere significativamente la configurazione ed il rinnovato esercizio del potere cautelare da circostanze, del tutto casuali e fuori dal controllo diretto dell'Autorita' Giudiziaria, allorche' per motivi formali il procedimento di verifica sollecitato dall'indagato innanzi al Tribunale del riesame non si sia potuto svolgere secondo la tempistica stabilita dalla legge, aggiungendo alla caducazione del titolo cautelare prevista dal citato art. 309, comma 10 c.p.p. (sanzione che di per se' esaurisce e soddisfa l'intento garantistico collegato alla mancata osservanza dei termini di verifica della misura genetica, ripristinando in tutto il suo vigore il diritto alla liberta' personale dell'indagato) un ulteriore «scudo» protettivo a valere per gli interventi cautelati futuri, che troverebbero ostacolo nella riscontrata assenza di esigenze cautelati «eccezionali». La rilevanza della questione, nel caso specifico e' data dal fatto che, per le peculiarita' dei fatti oggetto della richiesta del P.M., la questione risulta decisiva per la valutazione inerente la reiterazione del titolo, giacche', nella specie, non si evidenziano concreti elementi per ritenere che sussistano «eccezionali esigenze cautelati» che permettano la rinnovazione della misura. Va precisato che, in sede di interrogatorio di garanzia, l'indagato ha svolto difese che, sebbene suscettibili di approfondimento in sede investigativa, non sono idonee in questa fase a neutralizzare il presupposto di gravita' indiziaria (art. 273 c.p.p.) costituito dalle numerose denunce-querele sporte dalla parte lesa, ne' ad elidere, in virtu' di una condotta caratterizzata dalla reiterazione di molestie e comportamenti intimidatori per un rilevante arco temporale, il pericolo concreto ed attuale di reiterazione di ulteriore condotte della stessa specie, anche alla luce di quanto dichiarato dalla parte lesa all'indomani dell'esecuzione della misura stessa. In altre parole la disposizione normativa in esame (la cui applicazione, trattandosi di disposizione processuale, e' operante per il principio tempus regit actum) costituisce un ostacolo insuperabile alla reiterazione del presidio cautelare in quanto, pur nella perdurante sussistenza delle ragioni giustificatrici dell'intervento cautelare, la misura non puo' essere reiterata non sussistendo esigenze cautelati «eccezionali» ma unicamente quelle previste in via generale dall'art. 274, lett. c), c.p.p. Ne' si ritiene possibile fornite della norma in questione (la quale accomunando tutte le misure cautelati coercitive subordina la reiterazione di qualsiasi di esse alle motivate eccezionali esigenze) un'interpretazione correttiva che ne preservi la compatibilita' costituzionale. Occorre infatti evidenziare che una lettura costituzionalmente orientata che limiti l'operativita' della disposizione alla misura della custodia in carcere escludendo le altre tipologie di misure si risolverebbe in un'interpretazione contra legem, dal momento che la norma citata fa riferimento all'ordinanza che dispone la misura coercitiva senza alcuna distinzione nell'ambito del relativo genus. Peraltro che non sia possibile interpretare riduttivamente la norma e' provato dal fatto che la sanzione dell'inefficacia conseguente all'inutile decorso dei termini va certamente a colpire ogni misura coercitiva sicche' non e' sostenibile che il soggetto della medesima proposizione (l'ordinanza che dispone la misura coercitiva) cambi significato a seconda degli effetti delineati dalla norma (inefficacia, rinnovazione). Si ritiene dunque necessaria una pronuncia elidente, perche' i mezzi interpretativi non permettono di giungere ad una lettura della disposizione in esame che ne salvaguardi la tenuta costituzionale. Va pertanto sollevata, in quanto rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 309, comma 10, del codice di procedura penale per violazione dell'art. 3 della Costituzione, principio di eguaglianza sostanziale, per violazione del principio di ragionevolezza, infine per violazione dell'art. 101, comma 2 e dell'art. 104, comma 1, della Costituzione. Il presente giudizio viene conseguentemente sospeso sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla questione cosi' sollevata, disponendosi l'immediata trasmissione degli atti di causa alla Corte stessa.
P. Q. M. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola chiede che la Corte costituzionale, in accoglimento delle censure di cui alla presente ordinanza, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 309, comma 10, del codice di procedura penale nella parte in cui prevede che l'ordinanza che dispone una misura coercitiva - diversa dalla custodia in carcere - che abbia perso efficacia non possa essere reiterata salve eccezionali esigenze cautelali specificamente motivate, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, principio di eguaglianza sostanziale, del principio di ragionevolezza, dell'art. 101, comma 2 e dell'art. 104, comma 1, della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati e all'esito sia trasmessa alla Corte costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. Riserva all'esito ogni statuizione in rito e nel merito. Cosi' deciso in Nola il 28 maggio 2015. Il Giudice per le indagini preliminari: Sepe