MINISTERO DELLE FINANZE

CIRCOLARE 7 giugno 2000, n. 118 

Imposta   comunale  sugli  immobili  (I.C.I.)  -  Istruzioni  per  il
versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2000.
(GU n.137 del 14-6-2000)
 
 Vigente al: 14-6-2000  
 

                              Ai comuni
                                e, p.c.
                              Alle direzioni regionali delle entrate
                              All'associazione  nazionale  dei comuni
                              italiani (ANCI)
  Con  la  presente circolare si offrono istruzioni per il versamento
dell'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) dovuta per l'anno 2000.
  E' necessario innanzitutto richiamare l'attenzione dei contribuenti
sulla  circostanza  che i comuni, nell'esercizio della loro autonomia
regolamentare,  possono  aver introdotto, con apposite deliberazioni,
modificazioni  od  integrazioni  alle  norme  del decreto legislativo
30 dicembre  1992,  n.  504,  che disciplina l'I.C.I. Pertanto, oltre
alle   facolta'   accordate   dalle  disposizioni  del  provvedimento
normativo appena citato, le materie entro le quali l'ente locale puo'
esercitare  la  propria  autonomia  regolamentare  sono espressamente
stabilite  dall'art.  59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, e saranno di volta in volta di seguito richiamate.
  La  disciplina  del tributo non risulta quindi uniforme sull'intero
territorio  nazionale,  con  la  conseguenza  che il contribuente per
conoscere  se  l'ente  locale ha adottato deliberazioni regolamentari
modificative od integrative del decreto legislativo n. 504 del 1992 e
quale  ne  sia  l'esatta  portata, deve necessariamente rivolgersi al
comune  destinatario  del  versamento  dell'imposta.  Non  possono al
riguardo ritenersi sufficienti gli avvisi di adozione dei regolamenti
comunali   che   vengono  pubblicati  periodicamente  nella  Gazzetta
Ufficiale,   poiche',  per  loro  stessa  natura,  sono  estremamente
sintetici nei contenuti.
 A) CHI DEVE ESEGUIRE IL VERSAMENTO DELL'I.C.I. I SOGGETTI PASSIVI.
1. Il proprietario dell'immobile.
  Obbligato ad effettuare il versamento dell'I.C.I., in base all'art.
10,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  504  del  1992,  e' il
proprietario di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti
nel territorio dello Stato.
  A norma dell'art. 2 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992,
si intende:
    per fabbricato, la singola unita' immobiliare iscritta o che deve
essere iscritta nel catasto edilizio urbano, cui sia stata attribuita
o sia attribuibile un'autonoma rendita catastale;
    per  area  fabbricabile, l'area utilizzabile a scopo edificatorio
in  base  agli  strumenti  urbanistici generali o attuativi oppure in
base  alle possibilita' effettive di edificazione determinate secondo
i criteri previsti agli effetti dell'indennita' di espropriazione per
pubblica utilita'.
  Si considerano tuttavia non fabbricabili i terreni di proprieta' di
coltivatori  diretti  o di imprenditori agricoli a titolo principale,
che  siano  condotti  dagli  stessi  proprietari e sui quali persista
l'utilizzazione    agro-silvo-pastorale   mediante   l'esercizio   di
attivita'  dirette  alla  coltivazione  del fondo, alla silvicoltura,
alla funghicoltura ed all'allevamento di animali.
  Per   coltivatori   diretti   od  imprenditori  agricoli  a  titolo
principale  devono  intendersi,  ai  sensi dell'art. 58, comma 2, del
decreto  legislativo  n.  446  del  1997, le persone fisiche iscritte
negli  appositi  elenchi  comunali  previsti dall'art. 11 della legge
9 gennaio   1963,   n.   9,  e  soggette  al  corrispondente  obbligo
dell'assicurazione   per   invalidita',   vecchiaia  e  malattia.  La
cancellazione  dagli  elenchi  ha  effetto a decorrere dal 1o gennaio
dell'anno   successivo.  Detta  definizione  normativa  ha  carattere
interpretativo,  con efficacia quindi anche per il passato,e vale non
soltanto  agli  effetti  dell'applicazione  delle agevolazioni recate
dall'art. 9 del decreto legislativo n. 504 del 1992, ma altresi' agli
effetti della non edificabilita' dei suoli, cui si e' fatto cenno;
    per terreno agricolo, il terreno, diverso dall'area fabbricabile,
utilizzato per l'esercizio delle attivita' agricole.
2. Il titolare del diritto reale di usufrutto, di uso e di abitazione
sull'immobile.
  Qualora  sull'immobile  risulti  costituito  un  diritto  reale  di
usufrutto, di uso o di abitazione, obbligato al pagamento dell'I.C.I.
non  e' il proprietario, ma il titolare del relativo diritto reale di
godimento,   che   deve   calcolare   l'imposta   sull'intero  valore
dell'immobile.  Resta  pertanto  completamente  estraneo  al prelievo
fiscale il nudo proprietario dell'immobile.
  Non  hanno  parimenti  alcun  obbligo  agli  effetti dell'I.C.I. il
locatario,  l'affittuario  ed  il  comodatario dell'immobile, poiche'
detti  soggetti  non  sono  titolari di un diritto reale di godimento
sull'immobile  stesso,  ma  lo utilizzano sulla base di uno specifico
contratto di locazione, di affitto o di comodato.
  Si  ricorda  che  tra  i  diritti  reali rientra, se effettivamente
esercitato,  il  diritto  reale  di  abitazione  spettante al coniuge
superstite  ai sensi dell'art. 540 del codice civile; e' assimilabile
a tale diritto quello che spetta:
    al  coniuge  divorziato,  separando  o separato consensualmente o
giudizialmente  sulla  casa  ex  residenza  coniugale,  assegnata con
provvedimento del tribunale;
    al  socio  della cooperativa edilizia, non a proprieta' indivisa,
sull'alloggio assegnatogli, ancorche' in via provvisoria;
    all'assegnatario  dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica
concessogli in locazione con patto di futura vendita e riscatto.
3. Il   titolare   del   diritto  reale  di  enfiteusi  e  superficie
sull'immobile  ed  il  locatario  di  immobili  oggetto  di locazione
finanziaria.
  Dal   1o gennaio   1998,  per  effetto  delle  disposizioni  recate
dall'art.  58,  comma  1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, la
soggettivita'  passiva  I.C.I.  e'  stata  estesa  al  superficiario,
all'enfiteuta ed al locatario finanziario.
  Pertanto,  obbligato al pagamento dell'imposta relativa al suolo su
cui  e'  costituito  il  diritto di superficie o al fondo concesso in
enfiteusi,  non e' il proprietario dell'immobile ma, rispettivamente,
il titolare del diritto di superficie o di enfiteusi.
  Per  l'immobile  oggetto  del  contratto  di locazione finanziaria,
tenuto  al  pagamento  dell'I.C.I.  e'  il  locatario, che assume una
connotazione  giuridica  caratteristica e ben diversa dal titolare di
un  contratto  di locazione non finanziaria che, come gia' precisato,
resta completamente estraneo al rapporto di imposta.
  Anche  in  questi  nuovi  casi di soggettivita' passiva sia il nudo
proprietario  dell'immobile  e sia il locatore dell'immobile concesso
in locazione finanziaria, non hanno alcun obbligo ai fini I.C.I.
  Conseguentemente   anche   il   superficiario,  l'enfiteuta  ed  il
locatario  finanziario  devono  calcolare l'imposta sul valore intero
dell'immobile.
  Per quanto concerne il diritto di superficie, occorre precisare che
l'imposta  gravante sul suolo su cui e' stato costituito tale diritto
di  godimento  e'  dovuta  dal  superficiario, anche se non ha ancora
realizzato alcuna costruzione.
  Pertanto,  nel  caso in cui l'ente locale abbia concesso il diritto
di  superficie  su  aree  di  proprieta'  comunale ad una cooperativa
edilizia,   e'   quest'ultima   a  rimanere  obbligata  al  pagamento
dell'imposta gravante sul suolo.
  Per  quanto  concerne  l'individuazione  del  momento  che segna il
passaggio  della  soggettivita'  passiva  dal  locatore  al locatario
finanziario  si  ribadisce quanto precisato con la circolare n. 109/E
del 18 maggio 1999 e cioe' che occorre aver riguardo al momento della
consegna dell'immobile oggetto di locazione finanziaria al locatario,
mentre  nel  periodo  precedente  a  detta  consegna soggetto passivo
I.C.I. resta il locatore finanziario.
  E'  necessario, infine aggiungere che a norma dell'art. 3, comma 2,
del  decreto legislativo n. 504 del 1992, nel caso in cui oggetto del
contratto  di  locazione finanziaria sia un fabbricato classificabile
nel   gruppo  catastale  D,  non  iscritto  in  catasto,  interamente
posseduto  da  imprese,  distintamente  contabilizzato,  il locatario
assume  la  qualita'  di  soggetto  passivo  I.C.I.  a  decorrere dal
1o gennaio  dell'anno  successivo  a  quello  nel  corso del quale e'
avvenuta la consegna dell'immobile, cosi' come precisato nella citata
circolare n. 109/E del 18 maggio 1999.
Ipotesi di contitolarita' di diritti sull'immobile.
  In  caso  di  contitolarita'  dei  suddetti  diritti  sul  medesimo
immobile  (ad  esempio:  comproprieta'; cousufrutto; proprieta' piena
per una quota ed usufrutto per la restante quota) ciascun contitolare
e'  obbligato  ad  effettuare distintamente il versamento dell'I.C.I.
limitatamente  alla  parte  dell'imposta  corrispondente alla propria
quota di titolarita'.
  Si  rammenta tuttavia che il comune, a norma dell'art. 59, comma 1,
lettera  i),  del  decreto legislativo n. 446 del 1997, puo' adottare
una  disposizione  regolamentare  in  base  alla quale si considerano
regolarmente eseguiti i versamenti effettuati da un contitolare anche
per conto degli altri.
Esclusioni ed esenzioni dall'I.C.I.
  L'I.C.I.  non e' dovuta per i fabbricati, le aree fabbricabili ed i
terreni agricoli che sono:
    esclusi dall'ambito di applicazione dell'imposta, come accade per
i  terreni, diversi da quelli edificabili, inutilizzati od adibiti ad
attivita'  non  agricole  o  per  i  piccoli  appezzamenti di terreno
coltivati occasionalmente senza strutture organizzative;
    esenti  dall'imposta ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo
n. 504 del 1992. Si rammenta che il comune puo' adottare disposizioni
regolamentari  con  le  quali  disciplinare piu' compiutamente alcune
ipotesi  di  esenzione,  come  quelle  previste all'art. 59, comma 1,
lettere b) e c) del decreto legislativo n. 446 del 1997.
                   B) COME SI DETERMINA L'IMPOSTA.
  L'I.C.I. dovuta per l'anno 2000 e' determinata applicando alla base
imponibile,  e cioe' al valore del fabbricato, dell'area fabbricabile
o  del  terreno agricolo, l'aliquota vigente per tale anno nel comune
dove e' situato l'immobile.
  Nel  caso  in  cui  l'immobile  sia  ubicato sul territorio di piu'
comuni,  questo  si  considera situato interamente nel comune sul cui
territorio ricade la prevalenza della sua superficie.
1. Il valore dei fabbricati
  a) Il valore dei fabbricati iscritti in catasto.
  Il  valore  dei  fabbricati iscritti in catasto e' costituito dalla
rendita catastale moltiplicata:
    per  100,  se  si  tratta  di  fabbricati classificati nei gruppi
catastali: A (abitazioni); B (collegi, convitti, ecc.); C (magazzini,
depositi,  laboratori,  ecc.);  con esclusione delle categorie A/10 e
C/1;
    per  50,  se  si  tratta  di  fabbricati  classificati nel gruppo
catastale  D  (opifici,  alberghi,  teatri,  banche,  ecc.)  e  nella
categoria A/10 (uffici e studi privati);
    per  34,  se si tratta di fabbricati classificati nella categoria
C/1 (negozi e botteghe).
  b) Il  valore  dei  fabbricati  non iscritti in catasto o che hanno
subito variazioni permanenti.
  Se  il fabbricato e' sfornito di rendita fin dall'origine oppure lo
diventa  perche'  la  rendita  a  suo  tempo  attribuita  non e' piu'
adeguata,   essendo   intervenute   variazioni   strutturali   o   di
destinazione  permanenti,  anche  se  dovute  ad accorpamenti di piu'
unita'   immobiliari,  il  contribuente  deve  far  riferimento  alla
categoria  ed  alla rendita attribuite a fabbricati similari iscritti
in catasto.
  In  proposito  si  ricorda  che  l'art.  11,  comma  1, del decreto
legislativo  n.  504  del 1992, prevede una particolare procedura che
comporta  la  liquidazione  dell'imposta  sulla  base  della  rendita
effettiva  attribuita  dall'ufficio  del  territorio, con conseguente
recupero della maggiore imposta dovuta o rimborso delle somme versate
in  eccedenza.  Su tali importi, come stabilito dall'art. 5, comma 4,
del  decreto  legislativo  n.  504 del 1992, modificato dall'art. 30,
comma  11,  della  legge  23 dicembre  1999, n. 488, ed ulteriormente
precisato  con  la  circolare n. 23/E dell'11 febbraio 2000, non sono
dovuti   interessi   e   sanzioni   fino   alla   data  dell'avvenuta
comunicazione della rendita al contribuente.
  Le  rendite  da  assumere per l'anno 2000 sono quelle risultanti in
catasto  al  1o gennaio 2000, aumentate del 5%. Si tenga presente che
le  rendite  annotate  negli  atti  catastali,  anche  se  di recente
attribuzione, non comprendono detto aumento.
  Si  precisa  altresi'  che  ai fini I.C.I. le operazioni di calcolo
vanno   effettuate   sulla   rendita  catastale  e  non  sul  reddito
dell'immobile,  per  cui non hanno alcuna rilevanza ne' gli aumenti o
le  riduzioni  di  rendita  previsti  agli  effetti dell'applicazione
dell'imposizione  sul  reddito,  ne'  l'eventuale  reddito effettivo.
Cosi',  ad esempio, se la rendita risultante in catasto aumentata del
5%,  di  una  abitazione  e'  di  L.  2.100.000,  il valore sul quale
applicare  l'aliquota  per  determinare l'I.C.I. e' di L. 210.000.000
(L.  2.100.000  x  100),sia  che  si  tratti  di  dimora abituale del
contribuente  o  di unita' immobiliare tenuta a disposizione, sia che
si tratti di abitazione sfitta o di abitazione locata.
  Nella maggior  parte  dei  casi  (ovverosia,  laddove non sia stata
annotata   negli  atti  catastali,  nel  corso  dell'anno  1999,  una
modificazione  della rendita) il valore sul quale calcolare l'imposta
dovuta  per  il  2000  risulta essere pari al valore stabilito per il
1999.
  c) Il valore dei fabbricati di interesse storico o artistico.
  Per  i  fabbricati di interesse storico o artistico di cui all'art.
6,  comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante
il  testo  unico  delle  disposizioni  legislative in materia di beni
culturali ed ambientali - che ha abrogato la legge 1o giugno 1939, n.
1089,  che  disciplinava  in  precedenza  la  materia  - il valore e'
determinato  in  base  alle  disposizioni  dell'art.  2, comma 5, del
decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito dalla legge 24 marzo
1993,  n.  75.  Si  deve  pertanto  assumere  la  rendita determinata
mediante  l'applicazione della tariffa d'estimo - aumentata del 5 % -
di  minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona
censuaria nella quale e' situato il fabbricato.
  Per  poter  calcolare  il  valore di detti immobili ai fini I.C.I.,
tale  rendita  va  moltiplicata  per  100,  anche  se  il  fabbricato
catastalmente  e'  classificato nella categoria A/10 o C/1 oppure nel
gruppo  D.  Cio', in quanto con il suddetto sistema di determinazione
della  rendita,  il  fabbricato  e'  stato di fatto assimilato ad una
abitazione.
  Ove  poi si tratti di fabbricati appartenenti al gruppo D, sforniti
di rendita catastale, il valore e' determinato in base alle modalita'
indicate nel successivo paragrafo.
  d) Il valore dei fabbricati appartenenti alle imprese.
  Per  i  fabbricati interamente posseduti da impresa e distintamente
contabilizzati,  classificabili nel gruppo catastale D e sforniti fin
dall'origine  di  rendita  catastale,  il valore e' determinato sulla
base  dei  costi  di  acquisizione  ed incrementativi contabilizzati,
attualizzati  mediante  l'applicazione  dei coefficienti fissati, per
l'anno  2000,  dal decreto direttoriale del 21 marzo 2000, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21 aprile 2000.
  In   ordine   a  siffatti  fabbricati  si  forniscono  le  seguenti
precisazioni:
    il  criterio  di  determinazione  del valore sulla base dei costi
contabilizzati  si  applica  anche  nel  caso  in  cui  il fabbricato
posseduto  dall'impresa,  classificabile  nel  gruppo D e sfornito di
rendita,  sia  di  interesse storico o artistico ai sensi all'art. 6,
comma  1,  del  decreto  legislativo  29 ottobre 1999, n. 490. Questo
perche'  la  disposizione  del  decreto-legge  n. 16 del 1993 innanzi
citata  risulta  di  fatto  inapplicabile nel caso di specie, poiche'
presuppone   una   modalita'  di  calcolo  commisurata  alla  rendita
catastale di cui pero' i fabbricati in questione sono sprovvisti;
    per  i  fabbricati  ai  quali sia attribuita la rendita nel corso
dell'anno  2000,  il  valore  sul quale calcolare l'I.C.I. dovuta per
l'anno   2000   continua   ad   essere   quello  ottenuto  attraverso
l'attualizzazione dei costi contabilizzati;
    i  costi  incrementativi  aggiuntivi  a  quello  di acquisizione,
contabilizzati  nel  corso dell'anno 1999, influiscono sull'ammontare
del valore soltanto a decorrere dall'I.C.I. dovuta per l'anno 2000;
    i  costi  incrementativi  aggiuntivi  a  quello  di acquisizione,
contabilizzati    nel   corso   dell'anno   2000,   non   influiscono
sull'ammontare  del  valore  sul  quale calcolare l'I.C.I. dovuta per
l'anno 2000;
    per  l'applicazione  dei  coefficienti di attualizzazione bisogna
assumere  il  coefficiente  relativo  all'anno nel corso del quale il
costo   di   acquisizione   od  i  costi  incrementativi  sono  stati
contabilizzati.
  Si  sottolinea  infine  che se ai fabbricati in questione sia stata
attribuita  la  rendita nel corso dell'anno 1999, il valore sul quale
calcolare  l'I.C.I.  dovuta  per  l'anno  2000  e' dato dalla rendita
risultante in catasto, aumentata del 5 %, e poi moltiplicata per 50.
  Non  possono  essere  considerati  sforniti  di rendita catastale i
fabbricati in discorso per i quali, a seguito dell'espletamento della
procedura   DOC-FA   prevista   nel  regolamento  recante  norme  per
l'automazione  degli  archivi  catastali  e  delle  conservatorie dei
registri  immobiliari,  adottato  con  il  decreto  ministeriale  del
19 aprile  1994,  n.  701,  risulta  annotata  negli  atti catastali,
al 1o gennaio   dell'anno   di   imposizione,  la  rendita  proposta.
Pertanto,  per  detti  fabbricati  il  valore deve essere determinato
sulla  base  dei  criteri  catastali, moltiplicando per 50 la rendita
proposta, aumentata del 5 %.
  A  norma  dell'art.  5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del
1992,  sia  il locatore che il locatario finanziario possono esperire
la  procedura  di  cui al citato decreto ministeriale n. 701 del 1994
per la proposizione della rendita dell'immobile oggetto del contratto
di  locazione.  In  mancanza  della  rendita proposta, il valore deve
essere   quantificato   sulla  base  delle  scritture  contabili  del
locatore,   il  quale  e'  obbligato  a  fornire  tempestivamente  al
locatario,  soggetto  passivo  I.C.I.,  tutti i dati necessari per il
calcolo.
  Si  precisa  che  anche in caso di "rendita proposta" si applica la
procedura  prevista nell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo n.
504  del  1992,  per  cui  il  comune  procedera'  alla  liquidazione
dell'imposta  qualora  la  rendita  catastale  definitiva determinata
dall'ufficio del territorio si discosti da quella "proposta".
2. Il valore delle aree fabbricabili.
  Il  valore  delle aree fabbricabili e' costituito dal valore venale
in   comune   commercio   determinato   avendo   riguardo  alla  zona
territoriale   di  ubicazione,  all'indice  di  edificabilita',  alla
destinazione  d'uso  consentita,  agli  oneri per eventuali lavori di
adattamento  del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi
rilevati   sul   mercato   dalla  vendita  di  aree  aventi  analoghe
caratteristiche.
  Si  rammenta  che  il  comune,  al fine di ridurre l'insorgenza del
contenzioso, potrebbe aver stabilito, con proprio regolamento a norma
dell'art. 59, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 446 del
1997,  i  valori  venali  delle  aree fabbricabili, cosi' da ritenere
congruo il valore dichiarato dal contribuente in misura non inferiore
a quella fissata nel regolamento.
3. Il valore dei terreni agricoli.
  Il valore dei terreni agricoli e' costituito dal reddito dominicale
moltiplicato per 75.
  Il  reddito  dominicale  da  assumere  per  l'anno  2000  e' quello
risultante in catasto al 1o gennaio 2000, aumentato del 25%. Si tenga
presente  che  anche  i  redditi  dominicali negli atti catastali non
comprendono detto aumento.
  Si  rammenta  che  sono  esenti dal pagamento dell'I.C.I. i terreni
agricoli  ricadenti in aree montane o di collina, delimitate ai sensi
dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, come precisato con
la circolare n. 9 del 14 giugno 1993.
  E'  opportuno  aggiungere  che,  come  di  recente  ribadito con la
circolare  n.  50/E  del  20 marzo  2000,  il  reddito dominicale dei
terreni  agricoli  e'  comprensivo  anche  della  redditivita'  delle
costruzioni  rurali  sovrastanti  che  presentano  le caratteristiche
dell'art.  2  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 23 marzo
1998, n. 139.
4. Le aliquote.
  Diverse  disposizioni  di  legge consentono al comune di deliberare
aliquote  differenziate  che variano da un minimo del 4 per mille, ad
un massimo del 7 per mille.
  I  comuni ad alta tensione abitativa, a norma dell'art. 2, comma 4,
della  legge  9 dicembre  1998, n. 431, possono deliberare l'aliquota
fino  al  9  per  mille  limitatamente agli immobili non locati per i
quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da
almeno  due  anni.  La  stessa  norma  consente  anche  di deliberare
aliquote  piu'  favorevoli che deroghino anche al limite minimo del 4
per  mille  per  i proprietari che concedono in locazione a titolo di
abitazione principale immobili in base a determinati accordi. Analogo
potere   di   deliberare   aliquote  inferiori  al  4  per  mille  e'
riconosciuto  dall'art.  1, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n.
449,  per  gli immobili inagibili o inabitabili o per gli immobili di
interesse  storico,  localizzati nei centri storici sui quali vengono
eseguiti  interventi  di recupero, ovvero volti alla realizzazione di
autorimesse  o  posti  auto. In tal caso, pero', l'aliquota agevolata
non  puo'  essere  applicata  per  un  periodo  superiore a tre anni,
decorrenti dall'inizio dei lavori.
  Per  l'anno  2000  possono, quindi, essere in vigore sul territorio
dove sono ubicati gli immobili o una o piu' aliquote di imposta.
  Tutto  cio'  comporta  che  per  conoscere l'aliquota o le aliquote
deliberate  ed  a  quali  fattispecie  queste  ultime  possono essere
applicate,  il  contribuente  deve  interpellare  il  comune  dove e'
situato l'immobile.
  Le  deliberazioni  comunali  concernenti  la  determinazione  delle
aliquote  e  delle  detrazioni di imposta, sono anche pubblicate, per
estratto,   nella  Gazzetta  Ufficiale.  Un  primo  elenco  e'  stato
riportato  nel Supplemento ordinario n. 78 alla Gazzetta Ufficiale n.
117  del  22 maggio  2000.  Detta  pubblicazione,  peraltro,  ha mera
funzione  di  comunicazione  e  quindi la mancata pubblicazione nella
Gazzetta  Ufficiale  non  significa  che il comune non ha adottato al
riguardo  alcuna deliberazione, potendo cio' dipendere anche da altre
cause,  tra  cui  l'omissione  di richiesta di pubblicazione da parte
dell'ente locale.
5. La detrazione per l'abitazione principale.
  All'unita'  immobiliare  adibita a dimora abituale del contribuente
che  la possieda a titolo di proprieta' o che sia titolare di diritto
reale di usufrutto, di uso o di abitazione sulla stessa, l'art. 8 del
decreto  legislativo  n.  504  del  1992,  riconosce  una  detrazione
dall'imposta  dovuta  pari  a  L. 200.000 annue da rapportare ai mesi
durante i quali sussiste siffatta destinazione.
  Condizione  essenziale  affinche'  possa  essere  riconosciuta tale
detrazione e', quindi, che ci sia identita' tra il soggetto obbligato
al  pagamento  dell'I.C.I.  ed  il  soggetto  che dimora abitualmente
nell'immobile.
  La  detrazione,  oltre  che  rapportata ai mesi di destinazione (L.
200.000/12 mesi = L. 16.666 al mese), deve essere suddivisa, nel caso
in  cui  vi  siano  piu'  contribuenti che dimorano nell'immobile, in
parti   uguali   tra  loro,  prescindendo,  quindi,  dalle  quote  di
proprieta' o di diritto reale di godimento.
  Si   ricorda  che  per  i  cittadini  italiani  non  residenti  nel
territorio   dello   Stato   si  considera  direttamente  adibita  ad
abitazione  principale  l'unita'  immobiliare  posseduta  a titolo di
proprieta'  o  di  usufrutto  in Italia, a condizione che non risulti
locata.
  Si evidenzia, poi, che la detrazione in discorso trova applicazione
anche  per  ogni  unita'  immobiliare,  appartenente alle cooperative
edilizie  a proprieta' indivisa, adibita ad abitazione principale dal
socio  assegnatario,  entro  il  limite,  ovviamente,  dell'ammontare
dell'imposta gravante su ciascuna unita'.
  Alla  detrazione  di  L.  200.000  annue  hanno  diritto  anche gli
Istituti  autonomi  per le case popolari (I.A.C.P.) per ogni alloggio
regolarmente   assegnato  dagli  Istituti  stessi.  Il  beneficio  e'
stabilito in favore dell'Istituto nella sua veste di soggetto passivo
I.C.I.,   per  cui  la  detrazione  compete  solo  per  gli  alloggi,
regolarmente  assegnati  in  locazione,  per  i  quali  obbligato  al
pagamento dell'I.C.I. e' l'Istituto stesso.
  Laddove,  invece,  si  sia  in  presenza  di  alloggi  assegnati in
locazione  con  patto di futura vendita e riscatto, essendo obbligato
al pagamento dell'I.C.I. il locatario dell'immobile, all'Istituto non
competera'   alcuna   detrazione  per  tali  alloggi.  La  detrazione
spettera'  al  locatario  qualora  destini  l'alloggio assegnato, sul
quale vanta un diritto reale di abitazione, ad abituale dimora.
  Il comune, con propria deliberazione, puo':
    assimilare   all'abitazione   principale   l'unita'   immobiliare
posseduta,  a  titolo  di  proprieta'  o  di  usufrutto, da anziani o
disabili  che  acquisiscono  la  residenza  in istituti di ricovero o
sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa
non risulti locata;
    stabilire l'assimilazione all'abitazione principale dell'alloggio
dato  in  uso  gratuito  a  parenti  in  linea  retta  o collaterale,
stabilendo  il  grado  di  parentela,  accordando  pertanto  a  detti
immobili   l'applicazione   dell'aliquota   ridotta   o  anche  della
detrazione;
    elevare   l'importo   della  detrazione  fino  a  L.  500.000  in
alternativa  alla  riduzione  fino  al  50%  dell'imposta  dovuta per
l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale;
    aumentare   detta  detrazione  anche  oltre  L.  500.000  fino  a
concorrenza  dell'intera  imposta dovuta per l'abitazione principale.
In  tal caso pero' il comune non puo' stabilire un'aliquota superiore
a  quella  ordinaria  per le unita' immobiliari tenute a disposizione
del contribuente.
  Per  conoscere  se, quali condizioni ed in che misura sia stabilita
la  suddetta  detrazione, il contribuente deve interpellare il comune
destinatario del versamento dell'imposta.
6. Le pertinenze dell'abitazione principale.
  Per il trattamento delle pertinenze dell'abitazione principale, sia
agli  effetti  dell'aliquota  che  della detrazione di imposta, si fa
rinvio alla circolare n. 23/E dell'11 febbraio 2000 con la quale sono
state  illustrate le modificazioni apportate in materia dall'art. 30,
commi   12  e  13,  della  legge  23 dicembre  1999,  n.  488  (legge
finanziaria per l'anno 2000). E' necessario comunque ribadire che dal
1o gennaio  2000  alle  pertinenze  deve  essere  riservato lo stesso
trattamento fiscale dell'abitazione principale, indipendentemente dal
fatto  che  il  comune  abbia  o  meno  deliberato l'estensione della
riduzione dell'aliquota anche alle pertinenze.
  Riguardo  poi  all'ammontare  della detrazione stabilita dal comune
per  l'unita'  immobiliare  adibita ad abitazione principale, occorre
rammentare   che   se  detto  ammontare  non  trova  totale  capienza
nell'imposta   dovuta   per   l'abitazione   principale  deve  essere
computato,   per   la  parte  residua,  sull'imposta  dovuta  per  le
pertinenze.
7. Il periodo di possesso dell'immobile.
  L'I.C.I.  e'  dovuta  proporzionalmente  ai  mesi  dell'anno solare
durante  i  quali si e' protratta la titolarita' dei diritti indicati
nell'art. 3 del decreto legislativo n. 504 del 1992.
  Il  mese  nel quale la titolarita' si e' protratta solo in parte e'
computato  per intero in capo al soggetto che ha posseduto l'immobile
per  almeno  quindici  giorni,  mentre  non  e'  computato in capo al
soggetto che lo ha posseduto per meno di quindici giorni.
  La  quantificazione  dell'imposta  in ragione di mesi va effettuata
anche   con  riferimento  alla  situazione  oggettiva  dell'immobile,
all'aliquota  applicabile ed al diritto o meno ad ottenere detrazioni
o riduzioni di imposta. Nel caso in cui si verifichino a tal riguardo
variazioni nel corso del mese, bisogna prendere in considerazione per
l'intero  mese  la  situazione che si e' prolungata per maggior tempo
nel corso del mese stesso.
                      C) COME SI PAGA L'I.C.I.
1. Il versamento in due rate.
  L'I.C.I.  va  versata  in due rate. La prima rata, in acconto, deve
essere  versata  dal  1o  al  30 giugno  2000,  ed  e'  pari  al  90%
dell'imposta   relativa  al  primo  semestre  del  2000;  detta  rata
corrisponde, nella sostanza, al 45% dell'ammontare dell'I.C.I. dovuta
per l'intero anno.
  La  seconda  rata,  che  deve  essere versata dal 1o al 20 dicembre
2000, e' a saldo dell'imposta relativa all'intero anno 2000.
  Per  la  quantificazione  dell'importo della prima rata, quindi, il
contribuente  deve  verificare  la  propria  situazione imponibile in
relazione  ai  primi  sei  mesi  dell'anno 2000. Per la seconda rata,
invece,   deve  verificare  la  situazione  imponibile  in  relazione
all'intero  anno 2000 e versare l'imposta dovuta, previa deduzione di
quanto eventualmente gia' pagato a titolo di acconto.
2. Il versamento in unica soluzione.
  Il  versamento  dell'imposta  dovuta  per  l'intero  anno 2000 puo'
essere effettuato, anziche' in due rate, in unica soluzione dal 1o al
30 giugno 2000.
  Si  richiama  l'attenzione sulla circostanza che il comune potrebbe
aver  stabilito,  con  propria disposizione regolamentare, un diverso
termine  entro il quale il contribuente puo' effettuare il versamento
in unica soluzione.
  Le persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato possono
avvalersi  dell'ulteriore  facolta',  loro  riconosciuta dall'art. 1,
comma 4-bis del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con
modificazioni,  nella  legge  24 marzo  1993, n. 75, di effettuare il
versamento   dell'imposta   dovuta   in   unica   soluzione   dal  1o
al 20 dicembre 2000, con applicazione degli interessi del 3 %.
Esempi di calcolo dell'i.c.i.
Esempio n. 1
  Un  ufficio  (ctg. A/10) con valore catastale, previo l'aumento del
5%,  di  L.  200.000.000,  di proprieta' di un soggetto al 1o gennaio
2000,  nel  mese  di giugno risulta essere ancora di proprieta' dello
stesso soggetto.
  Nel  comune  dove e' ubicato l'ufficio e' in vigore per l'anno 2000
l'aliquota nella misura unica del 5 per mille.
  La prima rata dell'I.C.I. da versare e' pari a L. 450.000:
    (200.000.000  x  5  per  mille  =  imposta  su base annua di lire
1.000.000;
    1.000.000 : 12 = imposta di lire 83.333 al mese;
    83.333 x 6 mesi di possesso = 500.000;
    500.000 al 90% = 450.000).
  L'ufficio viene venduto il 17 ottobre 2000.
  La  seconda rata dell'I.C.I. che il venditore deve versare a saldo,
e' pari a L. 383.000:
    (83.333 x 10 mesi di possesso nel corso dell'anno = 833.333;
    833.333 - 450.000 gia' versate = 383.000).
  Il  compratore, che ha continuato a possedere per la restante parte
dell'anno   2000,  deve  versare,  entro  il 20 dicembre  2000,  lire
167.000:
    (83.333 x 2 mesi di possesso = 166.666).
Esempio n. 2
  Area  fabbricabile,  con  valore  venale  in comune commercio di L.
2.400.000.000,  sulla  quale,  nel giugno  del  2000,  e' in corso di
costruzione un edificio.
  Nel  comune  di ubicazione dell'immobile vigono per l'anno 2000 due
aliquote,  di  cui  una ordinaria, del 5 per mille e una, per le aree
fabbricabili, del 6 per mille.
  La prima rata da versare e' pari a L. 6.480.000:
    (2.400.000.000  x  6  per  mille  = imposta su base annua di lire
14.400.000;
    14.400.000 : 12 = imposta di lire 1.200.000 al mese;
    1.200.000 x 6 mesi di possesso = 7.200.000;
    7.200.000 al 90% = 6.480.000).
  Alla  fine  del mese di settembre 2000 vengono ultimati i lavori di
costruzione dell'edificio, il cui valore catastale, previo l' aumento
del 5%, e' di 20 miliardi di lire.
  La  seconda  rata  da  versare  e'  pari  a L. 4.320.000 per l'area
fabbricabile:
    (1.200.000  imposta  mensile  x  9  mesi  di  possesso  dell'area
fabbricabile = 10.800.000;
    10.800.000 - 6.480.000 gia' versata = 4.320.000).
  E', invece, pari a L. 25.000.000 per l'edificio:
    (20 miliardi x 5 per mille = 100.000.000;
    100.000.000 : 12 = imposta di lire 8.333.333 al mese;
    8.333.333 x 3 mesi di possesso dell'edificio =  25.000.000).
  Complessivamente  la  seconda  rata  sara'  pari a L. 29.320.000 (e
cioe' L. 4.320.000 + L. 25.000.000).
Esempio n. 3
  Un fabbricato, con valore catastale, previo l'aumento del 5%, di L.
300.000.000,  e'  adibito  ad  abitazione  principale  di un soggetto
residente fino al 20 aprile 2000 e successivamente tenuto sfitto.
  Nel  comune di ubicazione del fabbricato vigono per l'anno 2000 tre
aliquote,  di  cui  una,  ordinaria,  del 5  per  mille;  una, per le
abitazioni  principali  dei residenti, del 4 per mille e una, per gli
alloggi tenuti sfitti, del 6 per mille.
  La detrazione per abitazione principale e' stabilita in L. 200.000.
  La prima rata da versare e' pari a L. 570.000:
    (300.000.000  x  4  per  mille  =  imposta  su base annua di lire
1.200.000;
    1.200.000 : 12 = imposta di lire 100.000 al mese;
    100.000 x 4 mesi di abitazione principale lire 400.000).
  La  detrazione di L. 200.000 deve essere calcolata per soli quattro
mesi ed e' dunque pari a:
    L. 66.666 (200.000 : 12 = 16.666,6 x 4 mesi). Pertanto:
      400.000 - 66.666 di detrazione per 4 mesi =  333.334;
      333.334 al 90% = 300.000 come abitazione principale;
    300.000.000  x  6  per  mille  =  imposta  su  base annua di lire
1.800.000;
    1.800.000 : 12 = imposta di lire 150.000 al mese;
    150.000 x 2 mesi in cui l'immobile e' sfitto =  300.000;
    300.000 al 90% = 270.000 come immobile non affittato.
  Il  fabbricato  continua  ad  essere  tenuto sfitto per la restante
parte dell'anno 2000.
  La seconda rata da versare e' quindi pari a L. 963.000:
    (100.000 x 4 mesi di abitazione principale =  400.000;
    400.000 - 66.666 di detrazione = 333.334;
    333.334   -   300.000  gia'  versate  =  33.334  come  abitazione
principale;
    150.000 x 8 mesi in cui l'immobile e' sfitto =  1.200.000;
    1.200.000  -  270.000  gia'  versate  = 930.000 come immobile non
affittato).
Esempio n. 4
  Appartamento  per  il quale l'imposta annua dovuta per l'abitazione
principale, al lordo della detrazione, e' pari a L. 1.800.000.
  L'abitazione  e'  di  proprieta'  di tre fratelli: il fratello A e'
proprietario  per  il  50%; il fratello B, per il 46%; il fratello C,
per  il  4%,  ma soltanto i fratelli B e C dimorano nell'immobile per
l'intero anno 2000.
  L'imposta da versare per l'intero anno e' pari a:
    L.  900.000, da parte di A (50% di 1.800.000 =  900.000; ad A non
compete la detrazione in quanto non dimorante);
    L. 728.000, da parte di B: 46% di 1.800.000 =  828.000;
    828.000  -  100.000  (pari  alla  meta'  della  detrazione  di L.
200.000) = 728.000;
    nessuna imposta da parte di C (4% di 1.800.000 =  72.000;
    72.000  -  72.000  =  0.  Infatti,  l'ammontare  della detrazione
spettante,  pari a L. 100.000, non supera l'importo dell'imposta, per
cui C non deve versare nulla).
               3. Modalita' di versamento dell'I.C.I.
  Per  quanto  concerne  le  modalita'  di  versamento si fa rinvio a
quanto  precisato  con  la  circolare  n.  96/E del 29 aprile 1999 in
ordine   ai   suggerimenti   offerti  per  rendere  piu'  agevole  al
contribuente  l'esatto  adempimento  dell'obbligazione tributaria. E'
opportuno,  in  particolare, ribadire che a norma dell'art. 59, comma
1,  lettera  n),  del  decreto  legislativo n. 446 del 1997, i comuni
possono stabilire, con proprio regolamento, che l'I.C.I. debba essere
versata  dai  contribuenti  non  piu' tramite il concessionario della
riscossione,   bensi'   esclusivamente  sul  conto  corrente  postale
intestato  alla  tesoreria  del  comune,  presso  gli sportelli della
tesoreria  comunale  o  anche  tramite il sistema bancario. Il comune
puo'  anche  stabilire  che  tali  modalita'  siano  aggiuntive e non
sostitutive del normale metodo di pagamento tramite il concessionario
della  riscossione. In tal caso il contribuente puo' optare per l'una
o  l'altra  modalita'  di  pagamento.  E'  quindi  necessario  che il
contribuente  acquisisca  notizie  in  merito alle forme di pagamento
adottate dal comune.
  E'  opportuno  comunque  precisare  che i versamenti effettuati dai
contribuenti  sul  conto  corrente  postale  del concessionario della
riscossione  o  presso  i  suoi  sportelli,  anziche' direttamente al
comune,  devono  essere  assunti  come  validamente eseguiti, a norma
dell'art.  13, comma 3, del decreto legislativo del 18 dicembre 1997,
n.  471. A tal fine deve prendersi, come riferimento, la data apposta
sul   bollettino   dall'ufficio   postale   ovvero  dall'ufficio  del
concessionario.
     4. Modalita' di compilazione del bollettino di versamento.
  Con  il  decreto  interministeriale  del 12 maggio 1993, pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 116 del successivo 20 maggio, e' stato
approvato  un  apposito  bollettino  di conto corrente postale per il
versamento   dell'I.C.I.,  che,  pur  con  i  necessari  adattamenti,
costituisce  la  modalita'  di  riferimento per i comuni per quel che
riguarda   il  contenuto  e  le  caratteristiche  tecniche  che  ogni
bollettino deve presentare.
  Si  deve  pertanto,  ancora  una volta, richiamare l'attenzione dei
contribuenti sulla necessita' di assumere informazioni in ordine alle
modalita' di pagamento del tributo e, nella specie, sul bollettino da
utilizzare.
  Per  quanto riguarda le modalita' di compilazione del bollettino si
evidenzia quanto segue:
    gli  importi,  che vanno arrotondati a L. 1.000 per difetto se la
frazione  non  e'  superiore  a L. 500 o per eccesso se e' superiore,
devono continuare ad essere espressi in lire;
    nelle  caselle  dedicate alla "abitazione principale" va indicato
soltanto  l'importo  dovuto  per l'immobile adibito a dimora abituale
del  contribuente,  titolare  del  diritto di proprieta' o di diritto
reale di godimento sullo stesso;
    gli  importi  dovuti  per le eventuali pertinenze dell'abitazione
principale,  nonche' quelli che si versano per i fabbricati ai quali,
per  disposizione  di legge o a seguito di deliberazione comunale, e'
riconosciuto    un   trattamento   di   favore   analogo   a   quello
dell'abitazione  principale,  vanno  indicati  nelle caselle dedicate
agli "altri fabbricati";
    nelle   caselle   dedicate   alla  "detrazione  per  l'abitazione
principale"  va  indicato  l'importo  complessivo delle detrazioni di
imposta,  (anche  se  non  riguardante o riguardante solo in parte la
dimora  abituale  del  contribuente),  computato,  agli effetti della
determinazione  della somma versata, sulla base delle disposizioni di
legge   o   delle  deliberazioni  del  comune  che  riconoscono  tale
agevolazione;
    nelle  caselline  dedicate al "numero dei fabbricati" va indicato
il  numero  delle  unita'  immobiliari  per  le  quali si effettua il
versamento,  intendendosi  per tali quelle che sono iscritte o devono
essere  iscritte  nel catasto edilizio urbano con attribuzione di una
autonoma rendita catastale;
    se  il versamento e' effettuato in unica soluzione, vanno barrate
entrambe le caselle, quella per l'acconto e quella per il saldo.
                         5. Importi minimi.
  Non  si fa luogo al versamento se l'imposta da versare e' uguale od
inferiore a L. 4000.
  Se  l'importo  da versare supera le quattromila lire, il versamento
deve essere effettuato per l'intero ammontare dovuto.
  Esempio:
    se  l'imposta  dovuta  per  l'intero anno e' pari a L. 10.000, in
sede  di acconto bisognerebbe versare L. 4.000, vale a dire il 90% di
5.000 = 4.500 che diventano L. 4.000 per effetto dell'arrotondamento;
poiche'   detto   importo   e'  uguale  a  L.  4.000,  il  versamento
dell'acconto non deve essere effettuato. Al momento del pagamento del
saldo   bisognera'  invece  versare  L. 10.000  (imposta  dovuta  per
l'intero anno meno l'acconto che e' pari a zero).
  Si  rammenta  che  il  comune  puo' deliberare un importo minimo di
versamento  superiore  a  L.  4.000,  per  cui, anche riguardo a tale
fattispecie, il contribuente deve interpellare il comune destinatario
del versamento.
                    6. Divieto di compensazione.
  E'  necessario  infine  ribadire che nel caso in cui per annualita'
precedenti   siano  stati  effettuati  indebiti  versamenti,  non  e'
consentito procedere autonomamente alla compensazione con le somme da
versare per l'anno 2000.

                                            Il direttore generale
                                       del Dipartimento delle entrate
                                                    Romano