N. 196 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 gennaio 2000

Sindaco  - Regione Siciliana - Mozione di sfiducia votata per appello
nominale  dal  60  per  cento  dei componenti del Consiglio comunale,
oppure  dai  due  terzi  dei componenti nei comuni aventi popolazione
fino  a  10.000  abitanti  -  Conseguente obbligo di dimissioni senza
consultazione del corpo elettorale mediante referendum, come previsto
dalla    legislazione   previgente   -   Inidoneita'   dell'impugnata
disciplina,  ispirata  alla  legislazione  statale,  ad assicurare il
rispetto  del  principio  della  sovranita'  popolare  in  un sistema
elettorale    caratterizzato   (diversamente   da   quello   statale)
dall'elezione  diretta  del sindaco - Incidenza sul diritto di voto e
sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a.
- Legge  Regione  Siciliana 15 settembre 1997, n. 35, artt. 10, comma
  2.
- Costituzione, artt. 1, 48 e 97.
(GU n.19 del 3-5-2000 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 2575 del
  1999,  proposto  da  Sottosanti  Fulvio  Salvatore  rappresentato e
  difeso  dall'avv.  prof.  Giuseppe  Barone nel cui studio e' elett.
  domiciliato in Catania piazza della Repubblica n. 31;     Contro il
  Consiglio  comunale  di  piazza  Armerina in persona del presidente
  pro-tempore non costituito in giudizio;     L'assessorato agli enti
  locali   della   Regione   siciliana,   in  persona  dell'assessore
  pro-tempore   rappresentato  e  difeso  ope  legis  dall'avvocatura
  distrettuale  dello  stato  di  Catania,  domiciliataria;     e nei
  confronti di Onofrio Zaccone, non costituito in giudizio;     e con
  l'intervento  Grillo Lina, Filetti Vincenzo, Cimino Calogero, Rausa
  Giuseppe,  Ferraro  Patrizio,  De  Simone Giovanni, Marino Oreste e
  Pernicone  Dario,  rappresentati  e  difesi dall'avv. prof. Antonio
  Vitale nel cui studio sono elettivamente domiciliati in Catania via
  V.    E.   Orlando   n. 56,   per   l'annullamento:           della
  deliberazione dal Consiglio comunale di piazza Armerina n. 32 del 9
  aprile 1999 di approvazione della mozione di sfiducia nei confronti
  del   sindaco;          del  decreto  assessoriale  di  nomina  del
  commissario  straordinario  dott.  Onofrio  Zaccone;      Visto  il
  ricorso introduttivo del giudizio;     Visto l'atto di costituzione
  in  giudizio  dell'amministrazione  regionale;      Visto l'atto di
  intervento  ad  opponendum;      Designato  relatore  alla pubblica
  udienza  del  25  gennaio  2000  il consigliere Vincenzo Salamone e
  uditi,  altresi'  per  il ricorrente l'avv. Toscano in sostituzione
  per  delega  dell'avv. prof. Giuseppe Barone, per l'amministrazione
  regionale  l'avvocato  dello  stato  Vittorio  Maiorana  e  per gli
  intervenienti l'avv. Salvatore Cittadino in sostituzione per delega
  dell'avv.  prof.  Antonio Vitale;     Vista la documentazione tutta
  in  atti;      Ritenuto  in  fatto  e considerato in diritto quanto
  segue;

                              F a t t o

    Con  il  gravame  introduttivo del giudizio il ricorrente sindaco
  del   comune   di   piazza  Armerina  chiede  l'annullamento  della
  deliberazione dal Consiglio comunale di piazza Armerina n. 32 del 9
  aprile 1999 di approvazione della mozione di sfiducia nei confronti
  del  sindaco  e  del decreto assessoriale di nomina del commissario
  straordinario  dott.  Onofrio  Zaccone.      Agli atti impugnati si
  muovono   le   censure   di:          1. - Violazione  della  legge
  regionale  30 aprile 1991 n. 10 ed eccesso di potere per difetto di
  istruttoria e della motivazione;         2. - Eccesso di potere per
  travisamento  dei  fatti,  errore  e  difetto di motivazione, sotto
  ulteriori  profili, violazione degli articoli 5, 48, 51 e 128 della
  Costituzione.      L'assessorato  agli  enti  locali  della Regione
  siciliana  e  gli intervenienti di cui in epigrafe, nel costituirsi
  in  giudizio,  hanno  chiesto  il  rigetto  del  gravame.      Alla
  pubblica  udienza  del  25  gennaio  1999  la  causa  e' passata in
  decisione.

                            D i r i t t o

    Il  collegio  ritiene  che non appaiono fondate le censure con le
  quali  si  lamentano  vizi  del procedimento e della motivazione in
  quanto:          il  sindaco  con  la comunicazione dell'ordine del
  giorno   del  Consiglio  comunale  e'  posto  nelle  condizioni  di
  partecipare  al  procedimento  di  approvazione  della  mozione  di
  sfiducia  (caratterizzzato,  peraltro,  da  principi di specialita'
  rispetto  a quanto previsto dalla legge Regione siciliana n. 10 del
  1991);         la mozione di sfiducia e la delibera di approvazione
  che  la  fa  propria  evidenziano  le  ragioni  (  anche  di natura
  politica)  che  la  supportano;          sfugge alla cognizione del
  giudizio  di  leggittimita'  la  valutazione  di  adeguatezza delle
  ragioni   che   supportano   la   mozione   di   sfiducia  (  Corte
  costituzionale  18 gennaio 1996 n. 7).     Con assorbente motivo di
  censura  si  lamenta  la incostituzionalita' dell'art. 10, comma 2,
  della  legge  Regione  siciliana  n. 35  del  1997,  che  prevede e
  disciplina  l'istituto  della mozione di sfiducia per contrasto con
  gli  artt.  1,  48  e  97  della costituzione.     Tale censura e',
  pertanto,   rilevante   ai   fini   della  decisione  del  gravame.
      Osserva   il   Collegio   che  va  ritenuta  la  non  manifesta
  infondatezza  della  questione  di  costituzionalita' dell'art. 10,
  comma  2, della legge Regione siciliana n. 35 del 1997, che prevede
  e disciplina l'istituto della mozione di sfiducia per contrasto con
  gli  artt.  1, 48 e 97 della Costituzione.     Giova premettere che
  la  legge  regionale  n. 7  del  1992, nell'introdurre per la prima
  volta il sistema di elezione diretta dei sindaci da parte del corpo
  elettorale  (in  anticipo  rispetto alla legislazione nazionale) in
  attuazione   della   competenza   legislativa   esclusiva  prevista
  dall'art.  14,  comma 1, lett. O) dello statuto regionale, all'art.
  18  ha  disciplinato  la  "Consultazione del corpo elettorale sulla
  rimozione   del  sindaco"  prevedendo  che:          1) avverso  il
  sindaco  e la giunta dallo stesso nominata, secondo quanto disposto
  dall'art.  12,  non  puo'  essere  presentata  mozione di sfiducia;
          2) ove  il  consiglio,  a  maggioranza  assoluta  dei  suoi
  componenti,    valuti    l'esistenza    di    gravi    inadempienze
  programmatiche, puo' promuovere, una sola volta nel quadriennio, la
  consultazione  del  corpo  elettorale  sulla rimozione del sindaco;
          3) la consultazione avviene secondo modalita' stabilite con
  decreto  dell'assessore  regionale  per gli enti locali da emanarsi
  entro  tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge su
  schede  recanti  la seguente dizione: l'elettore intende confermare
  l'attuale sindaco? SI/NO;         4) la consultazione non e' valida
  se  non  vi ha preso parte almeno la meta' piu' uno degli elettori;
          5) l'accoglimento della proposta determina la decadenza del
  sindaco,  che  viene  dichiarata  con  decreto del presidente della
  regione,  su proposta dell'assessore regionale per gli enti locali,
  entro quindici giorni dalla comunicazione;         6) con lo stesso
  decreto  viene  nominato  un  commissario straordinario, secondo il
  disposto  dell'art.  55  dell'ordinamento amministrativo degli enti
  locali (D.L.P. 6/55), approvato con legge regionale n. 16 del 1963,
  e  successive  modificazioni ed integrazioni, per l'esercizio delle
  funzioni sindacali, fino alla elezione del sindaco da indirsi entro
  novanta  giorni  dalla  data  in  cui  e'  dichiarata la decadenza;
          7) il sindaco eletto resta in carica sino alla scadenza del
  consiglio comunale;         8) se la decadenza e' dichiarata a meno
  di  un  anno  dalla data di scadenza del consiglio, le funzioni del
  sindaco  sono  esercitate  da un commissario straordinario nominato
  secondo  le  disposizioni  dei  commi  6  e  7;          9) il  non
  accoglimento  della  proposta  determina la decadenza del consiglio
  che  viene  dichiarata con decreto del presidente della regione, su
  proposta  dell'assessore  regionale  per  gli  enti  locali,  entro
  quindici  giorni  dalla  comunicazione;          10) con  lo stesso
  decreto  viene  nominata  una  terna di commissari straordinari per
  l'esercizio  delle  funzioni  consiliari  fino  alla  elezione  del
  consiglio  da  indirsi  entro  novanta  giorni dalla data in cui e'
  dichiarata  la  decadenza;         11) il consiglio eletto resta in
  carica  sino alla scadenza del sindaco;         12) se la decadenza
  e' dichiarata a meno di un anno dalla data di scadenza del sindaco,
  le   funzioni  del  consiglio  sono  esercitate  da  una  terna  di
  commissari   straordinari  nominati  secondo  le  disposizioni  dei
  commi 6  e  7.      Il  referendum  popolare  per  la rimozione del
  sindaco  per  gravi inadempienze di quest'ultimo al programma a suo
  tempo  sottoposto agli elettori, di cui all'art. 18 legge regionale
  siciliana  del  26 agosto 1992 n. 7, si configurava quale strumento
  previsto  dal legislatore per temperare il principio dell'autonomia
  del sindaco rispetto al consiglio ( principio del quale costituisce
  corollario  il  divieto della mozione di sfiducia).     La relativa
  valutazione   compiuta  dal  Consiglio  comunale  si  sottraeva  al
  sindacato   di   legittimita',   rilevando,   in  tale  ipotesi,  a
  legittimare  la  richiesta  di  consultazione del corpo elettorale,
  l'astratta  idoneita'  della  motivazione  addotta, dato che e' pur
  sempre  l'azione  del  sindaco  e  la  sua  attivita'  di  gestione
  dell'ente  ad essere posta in discussione (Tribunale amministrativo
  regionale  Palermo  19  maggio 1997 n. 866 C.G.A., sezione giur. 21
  novembre    1997   n. 512,   Tribunale   amministrativo   regionale
  SiciliaCatania,  sez.  I,  8  luglio  1996  n. 1262).      La legge
  statale  25 marzo 1993, n. 81, nel disciplinare in ambito nazionale
  la  "Elezione  diretta del sindaco, del presidente della provincia,
  del  consiglio  comunale e del consiglio provinciale", ha previsto,
  invece, la mozione di sfiducia e all'art. 18, nel sostituire l'art.
  37   della   legge   8   giugno   1990,  n. 142  ha  previsto  che:
          "1) il   voto   del  Consiglio  comunale  o  del  Consiglio
  provinciale  contrario  ad una proposta del sindaco, del presidente
  della   provincia   o  delle  rispettive  giunte  non  comporta  le
  dimissioni degli stessi;         2) il sindaco, il presidente della
  provincia  e  le  rispettive giunte cessano dalla carica in caso di
  approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale
  dalla  maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione
  di  sfiducia  deve  essere  motivata  e  sottoscritta da almeno due
  quinti  dei  consiglieri assegnati e viene messa in discussione non
  prima  di  dieci  giorni  e  non  oltre  trenta  giorni  dalla  sua
  presentazione.  Se  la  mozione  viene  approvata,  si procede allo
  scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi
  delle  leggi  vigenti".      La legge regionale siciliana n. 35 del
  1997   all'art.   10   ha  abbandonato  il  metodo  del  referendum
  introducendo  (in  analogia  alla disciplina statale) la mozione di
  sfiducia,  che  e'  cosi'  disciplinata:          "1) il  voto  del
  Consiglio  comunale  o  del  Consiglio provinciale contrario ad una
  proposta  del  sindaco,  del  presidente  della  provincia  o delle
  rispettive   giunte,  non  comporta  le  dimissioni  degli  stessi;
          2) il   sindaco,   il   presidente  della  provincia  e  le
  rispettive  giunte, cessano dalla carica in caso di approvazione di
  una mozione di sfiducia per appello nominale dal sessanta per cento
  dei  componenti  il consiglio; nei comuni aventi popolazione sino a
  10.000  abitanti,  per tale approvazione occorre la maggioranza dei
  due  terzi  i  componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve
  essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri
  assegnati  e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e
  non  oltre  trenta  giorni  dalla  sua presentazione. Se la mozione
  viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio ed alla
  nomina  di  un  commissario  ai  sensi  dell'articolo 11, comma 4".
      Il  successivo  art.  11 dispone che:         "1) la cessazione
  dalla  carica  di  sindaco  o  di  presidente  della  provincia per
  decadenza,  dimissioni,  revoca,  rimozione,  morte  o  impedimento
  permanente,  comporta  la  cessazione  dalla  carica dei componenti
  delle  rispettive  giunte  e dei rispettivi consigli.         2) la
  cessazione  del  Consiglio comunale o del Consiglio provinciale per
  dimissioni  contestuali della maggioranza assoluta dei componenti o
  per   altra  causa  comporta  la  nomina  da  parte  dell'assessore
  regionale  per  gli  enti  locali,  secondo  le disposizioni di cui
  l'articolo  11,  comma  4,  di un commissario, il quale restera' in
  carica  sino  al  rinnovo  degli  organi comunali e provinciali per
  scadenza   naturale".      Operata  la  ricostruzione  dell'assetto
  normativo  giova  ricordare  che  la giurisprudenza con riferimento
  alla  dialettica  Governo-Parlamento  ritiene  che  la  mozione  di
  sfiducia  -  quali  che ne possano essere le varianti (atto rivolto
  contro il Governo o contro il singolo ministro) - va annoverata tra
  gli   strumenti   funzionali  al  ruolo  proprio  delle  camere  di
  verificare  la  consonanza  con  il  Governo rispetto all'indirizzo
  politico  e,  comportando,  percio', un giudizio soltando politico,
  non   puo'   essere  ammissibilmente  sindacata  sotto  il  profilo
  teleologico  delle  ragioni  e  dei  fini della sua adozione (Corte
  costituzionale  18 gennaio 1996, n. 7).     La Corte costituzionale
  ha, in particolare, ritenuto che la mozione di sfiducia individuale
  nei   confronti  di  un  singolo  ministro,  pur  se  non  prevista
  espressamente in Costituzione, puo' essere proposta ed approvata da
  ciascuna Camera, in quanto essa rientra nella logica del sistema di
  governo  parlamentare secondo il disegno definito dagli art. 92, 94
  e  95  cost. e dalle fonti integrative del testo costituzionale, in
  relazione  alle  esigenze poste dallo sviluppo storico di tale tipo
  di  governo.      A diverse conclusioni deve, invece, pervenirsi in
  relazione  ad  un  sistema  ( non previsto dalla costituzione ma la
  stessa  non incompatibile) di elezione diretta dall'esecutivo delle
  autonomie locali.     La Regione siciliana che come sopra rilevato,
  ha  per  prima  nel  nostro  ordinamento  introdotto  un  metodo di
  elezione  diretta  alla  carica  di  sindaco ( e successivamente di
  presidente  della provincia regionale) ha risolto il problema della
  consonanza  tra  la  volonta'  del  corpo  elettorale e la gestione
  amministrativa  espressa  dai capi delle amministrazioni locali con
  il  sistema  innovativo  del referendum, incentrato sostanzialmente
  sulla  rinnovazione parziale della consultazione elettorale.     In
  quest'ultima,  infatti,  viene  ad  assumere  rilievo la sovranita'
  popolare  dalla  quale  ai  sensi  dell'art.  1  della Costituzione
  mutuano  le  attribuzioni  le  pubbliche  autorita'.      La  norma
  dell'art.  10  comma  2  della  legge regionale n. 35 del 1997, che
  sostituisce  il referendum con la mozione di sfiducia appare, sotto
  diversi  profili,  in contrasto con alcuni principi contenuti nella
  costituzione ed in particolare con gli artt. 1, 48 e 97.     L'art.
  10  della  legge  regionale n. 35 del 1997 prevede espressamente la
  mozione  di  sfiducia  nei  confronti del sindaco e della giunta. A
  tale istituto, nel silenzio della legge, dovrebbe essere attribuita
  quella  valenza  tipica  che  essa  possiede  a  livello  di organi
  parlamentari.     All'interno del sistema elettorale previsto dalla
  normativa    regionale,   tuttavia,   l'istituto   acquista   delle
  caratteristiche particolari, le quali fanno dubitare della corretta
  applicabilita'  di tale istituto al rapporto che intercorre tra gli
  organi  amministrativi  locali.      All'interno del nostro sistema
  elettorale  si  viene  a creare, infatti, un rapporto trilatero tra
  sindaco  (e  la sua giunta), consiglio comunale e corpo elettorale.
  Pur  con  le  modifiche  introdotte dalla legge regionale n. 35 del
  1997  rispetto  al  sistema  di elezione del sindaco previsto dalla
  l.r.  n. 7  del  1992,  non  si  puo'  affermare  che  il  rapporto
  fiduciario  -  il  cui venir meno e' punito dall'approvazione della
  mozione  di  sfiducia  -  intercorra  esclusivamente  tra sindaco e
  consiglio  comunale.     Cio' in quanto che, se e' vero nel vecchio
  sistema  non  vi era alcun collegamento tra i candidati sindaci con
  le liste di candidati al Consiglio comunale, mentre in quello della
  l.r.  n. 35 ciascun candidato sindaco deve presentare dichiarazione
  di  collegamento  ad  una lista o gruppo di liste, cio' non basta a
  far  si che il predetto rapporto politico da trilatero si trasformi
  in  bilatero.      Cio',  ad  avviso  del  collegio,  si evince dal
  disposto  normativo  dell'art.  3  della  legge regionale n. 35 del
  1997,  laddove  al  comma  terzo,  ultima  parte,  si  dispone che:
  "Ciascun elettore puo' altresi' votare per un candidato alla carica
  di  sindaco anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un
  segno  sul  relativo  rettangolo".      La presenza di quest'ultimo
  tipo  di voto, cosiddetto voto disgiunto, consente di affermare che
  il  sindaco  eletto ottiene la propria investitura direttamente dal
  corpo  elettorale  (espressione  della sovranita' popolare ai sensi
  degli artt. 1 e 48 della Costituzione) e non e' affatto espressione
  diretta  delle  liste  a  cui  egli e' collegato.     La mozione di
  sfiducia   prevista   dall'ordinamento  regionale  altera,  quindi,
  ingiustificatamente  il rapporto fiduciario esistente tra cittadini
  ed   esecutivo.       Ne   consegue  che  per  ridare  legittimita'
  costituzionale  all'istituto della mozione di sfiducia occorrerebbe
  o  modificare  la  lettera della legge o disporre una correzione in
  termini  di parziale declaratoria di illegittimita' costituzionale,
  ancorando  l'istituto a precisi stumenti di verifica dell'attivita'
  dell'esecutivo e cioe' alla contestazione della violazione di norme
  dell'ordinamento  (norme  primarie,  statuti,  atti  di indirizzo).
      Solo  nel  caso  in  cui,  infatti dovessero emergere risultati
  negativi  di  gestione, il Consiglio comunale sarebbe legittimato a
  diventare  effettivo  strumento  di  rappresentativita'  del  corpo
  elettorale  che  ha  espresso  la  figura del sindaco e solo in tal
  caso,  di  conseguenza,  legittimato ad irrogare l'estrema sanzione
  della   decadenza   dalla   carica.       Certamente   un   rilievo
  determinante  in  ordine  alla  valutazione  di  negativita'  di un
  istituto   giuridico   assume,  ad  avviso  del  collegio,  la  sua
  utilizzabilita',    senza    reale    possibilita'   di   sindacato
  giurisdizionale, per finalita' che contrastano con il principio del
  buon  andamento della pubblica amministrazione espresso all'art. 97
  della  Costituzione.      A  tal  proposito  giova osservare che il
  canone  costituzionale del buon andamento della p.a. riguarda anche
  gli  aspetti  attinenti  alle  funzioni ed all'esercizio dei poteri
  amministrativi,  cosicche'  i  relativi procedimenti debbono essere
  idonei   a  perseguire  la  migliore  realizzazione  dell'interesse
  pubblico  nel  rispetto dei diritti e degli interessi legittimi dei
  soggetti   coinvolti   nell'attivita'   amministrativa;   tuttavia,
  l'obiettivo  costituzionale  puo'  essere  realizzato con strumenti
  diversi,  egualmente  efficienti  ed  efficaci,  la  cui  scelta e'
  rimessa, nei limiti della ragionevolezza, alla discrezionalita' del
  legislatore (Corte costituzionale 23 aprile 1998, n. 135).
    Orbene  l'attuale disciplina della mozione di sfiducia, ancorche'
  motivata, e' sempre piu' frequentemente espressione di mutamenti (o
  trasformismi)  all'interno di schieramenti politici, volti spesso a
  condizionare  l'esecutivo  al  di  fuori  di  quella dialettica tra
  organi  dell'Ente  locale disegnata dal legislatore che ha separato
  nettamente  le  competenze degli organi assembleari da quelle dell'
  esecutivo.
    La possibilita' di presentare mozioni di sfiducia, anche soltanto
  dopo  pochi  mesi  dallo svolgimento della consultazione elettorale
  (fenomeno  divenuto  ormai ricorrente), incide, inoltre, sul valore
  della  stabilita' delle Istituzioni pubbliche, fortemente avvertito
  dalla  collettivita'  e  che, per quanto riguarda la organizzazione
  della  Pubblica  amministrazione,  e'  enunciato in termini di buon
  andamento nell'art. 97 della Costituzione.
    La  stabilita'  delle  istituzioni,  come  valore  costituzionale
  implica  che  il  "patto"  tra  corpo  elettorale ed organi eletti,
  fulcro  del  sistema  democratico,  si  esplichi  nei tempi fissati
  dall'Ordinamento senza interruzioni che si ripercuote in termini di
  inefficienza  e  deresponsabilizzazione  dei  soggetti investiti da
  cariche pubbliche.
    Ne'  puo'  ritenersi  che  una  piena  "copertura costituzionale"
  discende  in  ordine  all'istituto  della mozione di sfiducia dalla
  recente legge costituzionale n. 1 del 22 novembre 1999.
    L'art.  2  di  quest'ultima  legge  costituzionale  (che modifica
  dell'articolo  122 della Costituzione) dispone all'ultimo comma che
  "Il  presidente  della  Giunta  regionale,  salvo  che  lo  statuto
  regionale disponga diversamente, e' eletto a suffragio universale e
  diretto".
    L'art.  4,  che modifica dell'articolo 126 della Costituzione, ai
  commi  2 e 3, dispone che "Il consiglio regionale puo' esprimere la
  sfiducia nei confronti del presidente della Giunta mediante mozione
  motivata  sottoscritta  da  almeno  un quinto dei suoi componenti e
  approvato   per   appello   nominale  a  maggioranza  assoluta  dei
  componenti.
    La  mozione  non  puo'  essere  messa in discussione prima di tre
  giorni   dalla   presentazione.  L'approvazione  della  mozione  di
  sfiducia  nei  confronti  del  presidente  della  Giunta  eletto  a
  suffragio  universale  e diretto ... comportano le dimissioni della
  Giunta e lo scioglimento del Consiglio".
    L'art. 5 in via transitoria dispone che:
        "1)  Fino  alla  data  di entrata in vigore dei nuovi statuti
  regionali  e  delle nuove leggi elettorali ai sensi del primo comma
  dell'articolo 122 della Costituzione, come sostituito dall'articolo
  2  della  presente  legge costituzionale, l'elezione del presidente
  della  Giunta  regionale  e'  contestuale al rinnovo dei rispettivi
  consigli  regionali  e  si effettua con le modalita' previste dalle
  disposizioni  di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei
  consigli  regionali.        Sono  candidati  alla  presidenza della
  Giunta  regionale  i capilista delle liste regionali. E' proclamato
  eletto  presidente  della  giunta  regionale  il  candidato  che ha
  conseguito  il  maggior  numero di voti validi in ambito regionale.
      Il  presidente  della  Giunta  regionale fa parte del Consiglio
  regionale.
    E'  eletto alla carica di consigliere il candidato alla carica di
  presidente  della  Giunta  regionale che ha conseguito un numero di
  voti   validi  immediatamente  inferiore  a  quello  del  candidato
  proclamato  eletto presidente.         2) Fino alla data di entrata
  in  vigore  dei  nuovi  statuti  regionali si osservano le seguenti
  disposizioni ...  b) nel caso in cui il Consiglio regionale approvi
  a  maggioranza  assoluta  una  mozione  motivata  di  sfiducia  nei
  confronti  del  presidente  della  Giunta  regionale, presentata da
  almeno  un  quinto  dei  suoi componenti e messa in discussione non
  prima  di tre giorni dalla presentazione, entro tre mesi si procede
  all'indizione  di  nuove  elezioni  del  consiglio e del presidente
  della  giunta".      Dalle  predette  disposizioni  si  evincono  i
  seguenti principi:
        l'elezione  a  suffragio  universale e diretto del presidente
  della  Giunta  regionale  e'  un principio derogabile dallo statuto
  regionale;
        gli  effetti  della mozione di sfiducia (ed in particolare di
  scioglimento  anche  del  Consiglio  regionale),  anche  in caso di
  elezione  diretta  del  Presidente  dalla  Giunta  regionale,  sono
  previsti  al  fine  di  impedire  mutamenti  di maggioranze che non
  corrispondono  alla  volonta' del corpo elettorale (si vedano a tal
  proposito  i  lavori parlamentari sul sito Internet www.senato.it);
          il   sistema   elettorale  disciplinato  con  la  normativa
  transitoria  di  cui all'art. 5, lungi dal consentire un sistema di
  voto  disgiunto,  come  previsto nella normativa regionale, prevede
  una  connessione  diretta tra l'elezione del consiglio e quella del
  presidente della giunta regionale;
        l'elettore,  infatti,  nell'espressione  del  voto, opera una
  scelta della lista dei candidati da eleggere al Consiglio, che deve
  coincidere  con  la  scelta  del  Presidente  della Giunta alla cui
  carica e' eletto il capolista;
        la  inscindibilita'  del  voto  di lista rispetto a quello di
  scelta  del  Presidente  della  giunta comporta che tra consiglio e
  presidente della giunta deve esistere il rapporto fiduciario voluto
  dal  corpo  elettorale ed a consegue che il necessario collegamento
  previsto  in  sede  di candidatura e prescelto dal corpo elettorale
  deve  permanere  durante  la  legislatura  e  puo'  essere superato
  soltanto  attraverso  una  nuova consultazione elettorale originata
  dalla  mozione  di  sfiducia.      E'  agevole  rilevare  che detto
  sistema  di  elezione  e' del tutto diverso da quello della Regione
  siciliana   sopra   delineato  nel  quale  la  volonta'  del  Corpo
  elettorale si articola con scelte autonome di Consiglio e Sindaco.
    In quest'ultimo contesto la possibilita' di sfiduciare il Sindaco
  costituisce  una violazione del principio della sovranita' popolare
  che si manifesta nell'esercizio del voto.
    Il Collegio, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo
  1953  n. 87,  ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei
  termini  di  cui  in motivazione, la questione di costituzionalita'
  dell'art. 10,  comma  2,  della legge reg. sic. n. 35 del 1997, per
  contrasto con gli artt. 1, 48 e 97 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei termini di
  cui in motivazione, la questione di costituzionalita' dell'art. 10,
  comma  2,  della  legge  Regione  siciliana  n. 35  del  1997,  per
  contrasto con gli artt. 1, 48 e 97 della Costituzione;     Sospende
  il  giudizio  in  corso  e  dispone la trasmissione degli atti alla
  Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza sia notificata al presidente
  della  Regione  Siciliana e comunicata al Presidente dell'Assemblea
  regionale siciliana.
    Cosi'  deciso in Catania, nella camera di consiglio del giorno 25
  gennaio 2000.
                  Il presidente estensore: Salamone
00C0361