N. 801 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 1999
Ordinanza emessa il 10 dicembre 1999 dal tribunale di Roma sui ricorsi riuniti proposti da de Vito Ludovico ed altri Consulente tecnico - Onorari fissi - Determinazione mediante determinate tabelle, con riferimento alle tariffe professionali contemperate con la natura pubblicistica dell'incarico - Adeguamento periodico, ogni tre anni, a partire dall'ultimo decreto del Presidente della Repubblica, che dispone al riguardo - Mancata previsione Irragionevolezza - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 10. - Costituzione, artt. 3 e 97. Consulente tecnico - Onorari - Determinazione con riferimento alle tabelle professionali "contemperate dalla natura pubblicistica dell'incarico", anziche' "tenuto conto della natura pubblicistica dell'incarico" - Irragionevolezza e incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 2. - Costituzione, artt. 3 e 97. Consulente tecnico - Onorari - Determinazione mediante riferimento alle tabelle professionali - Determinazione in rapporto ad ogni singola valutazione con caratteristiche autonome - Mancata previsione - Irragionevolezza e incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 2, primo e secondo comma. - Costituzione, artt. 3 e 97. Consulente tecnico - Onorari - Determinazione mediante riferimento alle tabelle professionali - Possibilita' per il giudice, in casi estremi e con provvedimento motivato, di adeguare il compenso alla concreta attivita' svolta dal consulente - Mancata previsione - Irragionevolezza e incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 2, primo e secondo comma. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.52 del 20-12-2000 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile n. 18549 del 1997 e riuniti, trattato in camera di consiglio promosso da Lodovico de Vito ed altri, con l'avv. Francesco Giorgianni; Avverso il decreto di liquidazione degli onorari, in data 10 aprile 1997 nella consulenza tecnica d'ufficio, nella causa civile n. 69293 del 1991. Svolgimento del processo Con atto depositato l'8 maggio 1997, Lodovico de Vito, Maurizio Grippa ed Enrico Migliardi, premesso di essere stati nominati consulenti tecnici d'ufficio, nel 1995, in una causa civile, promossa dalla impresa Salini Costruttori S.p.a. nei confronti del Ministero dei LL.PP. ed altri, concernente una vertenza insorta in ordine al-l'esecuzione dell'appalto per la realizzazione degli invasi di Acerenza e Genzano in Basilicata, con l'incarico di verificare il fondamento tecnico, revisionale e finanziario di 72 riserve formulate dall'impresa appaltatrice nel corso dell'esecuzione dell'appalto, ricorrevano (ex art. 11 della legge n. 319 del 1980) avverso il decreto del giudice istruttore che, al termine delle indagini, aveva liquidato in loro favore l'onorario di L. 177.487.200, in base alle tabelle previste dagli artt. 2 e 11 del d.P.R. n. 352 del 1988, oltre a riconoscere, a titolo di rimborso delle spese documentate, le somme di L. 77.362.899 all'ing. de Vito, di L. 91.941.000 all'ing. Grippa e di L. 140.315.220 all'ing. Migliardi. Nel ricorso si lamentava l'esiguita' dei compensi liquidati, determinata da una erronea interpretazione della normativa, da parte del giudice istruttore, che non aveva considerato la pluralita' degli incarichi e degli accertamenti ed applicato agli onorari tabelle non corrispondenti alla natura della consulenza, omettendo, inoltre, di liquidare alcun onorario eccedente il limite massimo previsto dall'ultimo scaglione, nonostante che il valore dei beni oggetto degli accertamenti ed il valore della causa fosse di gran lunga superiore agli importi stabiliti dallo scaglione predetto. Concludevano chiedendo che il tribunale, in parziale riforma del provvedimento emesso dal giudice istruttore, rideterminasse i compensi loro spettanti, tenendo conto della necessita' vuoi di considerare la pluralita' e diversita' di natura dei compiti affidati ai consulenti, vuoi di compensare anche i valori eccedenti quello massimo previsto dall'ultimo scaglione. In via subordinata e per l'ipotesi di relezione delle richieste formulate in via principale, i ricorrenti evidenziavano, peraltro, diversi profili di incostituzionalita' delle disposizioni applicabili alla fattispecie, chiedendo al tribunale di disporre la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. In via ulteriormente gradata, i ricorrenti chiedevano poi al tribunale di disapplicare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, legge n. 2248 del 1865 all. E, la normativa ritenuta incostituzionale e procedere alla determinazione dei compensi loro dovuti secondo le vigenti tariffe professionali, ovvero anche in via equitativa. Il ricorso, con il decreto di convocazione delle parti davanti al collegio per la data del 4 dicembre 1997, veniva notificato alle altre parti del processo civile. Nel contempo, con atto depositato il successivo 9 maggio 1997, la Salini Costruttori S.p.a. ricorreva (sempre ex art. 11, della legge n. 319 del 1980) avverso il suddetto decreto del giudice istruttore, lamentando l'erroneita' del provvedimento in punto di liquidazione delle spese sostenute dai consulenti tecnici e chiedendo la riforma del provvedimento stesso sul punto, previa sospensione della esecutorieta' del medesimo. Anche tale ricorso, con il decreto di convocazione delle parti davanti al collegio per la data del 9 giugno 1997, veniva notificato ai consulenti ed alle altre parti del processo civile. All'udienza del 9 giugno 1997, in relazione al ricorso proposto dalla Salini Costruttori S.p.a., si costituivano gli ingg. Lodovico de Vito, Maurizio Grippa ed Enrico Migliardi, eccependo l'inammissibilita' del ricorso stesso perche' i termini intercorsi tra la notifica del ricorso con il pedissequo decreto e l'udienza fissata per la comparizione risultavano inferiori rispetto a quelli di legge; chiedendo, comunque, la riunione del ricorso in questione a quello preventivamente da essi proposto e recante il numero 18549/1997 di r.g. Si costituiva altresi l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia. La ricorrente Salini Costruttori S.p.a. insisteva per la sospensione della esecutivita' del provvedimento. Con provvedimento emesso nella camera di consiglio tenutasi in pari data e depositato il 14 giugno 1997, il tribunale disponeva la sospensione della esecutivita' dell'ordinanza di liquidazione del giudice istruttore del 7-10 aprile 1997, rimettendo le parti all'udienza del 4 dicembre 1997, per la decisione sulla riunione dei procedimenti. Con provvedimento in data 2 agosto 1997, il tribunale disponeva la riunione dei ricorsi 18785 e 18549 del 1997 e fissava per la comparizione delle parti l'udienza del 14 novembre 1997. Alla udienza del 14 novembre 1997, gli ingg. Lodovico de Vito, Maurizio Grippa ed Enrico Migliardi si costituivano nel procedimento introdotto con il ricorso della Salini Costruttori S.p.a. Quest'ultima chiedeva fosse riunito al presente procedimento anche quello ulteriormente promosso dalla stessa Salini Costruttori S.p.a. con ricorso ex art. 11 della legge n. 319 del 1980 proposto avverso una nuova ordinanza di liquidazione delle spese di consulenza emessa dal giudice istruttore in data 25 agosto-3 settembre 1997. Con tale ricorso la Salini Costruttori S.p.a. chiedeva annullarsi il provvedimento in questione, previa sospensione della sua esecutivita'. Con provvedimento in data 2-3 dicembre 1997, il tribunale disponeva la riunione al presente procedimento, per ragioni di connessione, anche del ricorso n. 36341 del 1997 e rinviava all'udienza camerale del 7 maggio 1998. Con atto depositato il 23 febbraio 1998, interveniva nel presente procedimento l'ordine degli ingegneri della Provincia di Roma, concludendo per l'accoglimento del ricorso proposto dagli ingg. Lodovico de Vito, Maurizio Grippa ed Enrico Migliardi e per il rigetto dei due separati ricorsi proposti dalla Salini Costruttori S.p.a. All'udienza del 7 maggio 1998 si costituivano gli ingg. Lodovico De Vito e Maurizio Grippa, l'ing. Migliardi e l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, in relazione al procedimento introdotto con il secondo ricorso della Salini Costruttori S.p.a., nonche' il Ministero LL.PP. La Salini Costruttori S.p.a. eccepiva l'inammissibilita' dell'intervento spiegato dall'ordine degli ingegneri della Provincia di Roma, chiedendone l'estromissione dal giudizio. All'esito dell'udienza, il giudice delegato riservava la decisione al tribunale, concedendo alle parti termine di sessanta giorni per memorie, attraverso le quali le parti stesse hanno insistito nelle loro rispettive richieste. Motivi della decisione Sulla eccezione di inammissibilita' dell'intervento spiegato nel presente procedimento ai sensi dell'art. 105, secondo comma, c.p.c., dall'ordine degli ingegneri della Provincia di Roma, avanzata dalla Salini Costruttori S.p.a. all'udienza del 7 maggio 1998, il collegio osserva che l'intervento stesso e' certamente ammissibile. La norma sopra richiamata, infatti, consente la partecipazione al processo anche di colui che, pur non vantando diritti verso le parti originarie del processo stesso, sia portatore di un interesse giuridicamente rilevante ad un esito della controversia favorevole alla parte a sostegno della quale e' spiegato l'intervento. Nel caso di specie, poi, non puo' dubitarsi che l'ordine professionale in questione sia titolare, al pari di tutti gli ordini e collegi professionali, di una posizione giuridica soggettiva tale da legittimarlo ad agire nell'interesse del gruppo rappresentato e, comunque, a concorrere alla definizione del presente procedimento in senso favorevole ai propri iscritti. Per quanto attiene, poi, al merito della controversia sulla determinazione degli onorari spettanti ai consulenti per l'opera prestata, ritiene il collegio di dovere, in via preliminare, sollevare d'ufficio la questione della incostituzionalita' della normativa che stabilisce la misura ed i criteri per la liquidazione dei compensi, sia in generale che nel particolare caso degli onorari variabili. A tale proposito, infatti, va rilevato che l'ordinanza ha fatto applicazione, oltre che delle misure stabilite con il regolamento del 1988, anche di alcuni criteri di determinazione, certamente penalizzanti per i consulenti tecnici, ricavabili dalla normativa di legge e da quella regolamentare. In particolare, il giudice istruttore, nel richiamare ed applicare "i coefficienti massimi previsti" dagli artt. 2 (valutazione del danno) e 11 (determinazione dei maggiori oneri) del d.P.R. 352 del 1988, ha, da un canto, evidentemente ritenuto che la determinazione dell'onorario a percentuale per le consulenze tecniche in materia civile, deve essere compiuta tenendo conto che l'ultimo scaglione di riferimento, previsto da ognuna delle disposizioni surrichiamate, ai fini del calcolo e' quello che va da L. 500.000.001 fino e non oltre L. 1.000.000.000, anche nel caso in cui il consulente abbia accertato valori superiori al limite massimo di detto scaglione, con la conseguenza che nessun compenso puo' essere riconosciuto in riterimento ai valori superiori al miliardo accettati dai consulenti. Dall'altro canto, il giudice istruttore ha espressamente affermato "il divieto di attribuzione di separati compensi in relazione alla unitarieta' dell'incarico conferito" pur rilevando che detto divieto "sussiste soltanto per quelle attivita' materiali (sopralluoghi, accertamenti tecnici, ispezioni, redazione dell'elaborato) ovvero per la risoluzione di quei quesiti che rivestono carattere necessitato in quanto propedeutici o strumentali allo stesso espletamento dell'indagine". Sulla base della relazione e della stessa motivazione del provvedimento del giudice istruttore, a prescindere dall'esame concreto dell'opera prestata dai consulenti, da compiersi eventualmente nel proseguimento del giudizio, non vi e' dubbio e non e' contestato che i consulenti abbiano valutato beni per importi complessivamente di molto superiori al miliardo di lire e che la risposta ai numerosi quesiti posti agli stessi consulenti abbia comportato l'esame e l'accertamento del valore di numerose ed autonome opere edili, all'esito di operazioni, di carattere tecnico, revisionale e finanziario, tra di loro diverse. La liquidazione dei compensi al consulente tecnico nominato nel corso di un procedimento civile, per quanto attiene agli "onorari variabili", e' regolata in base all'art. 2 della legge 8 luglio 1980, n. 319, che rimanda, per la loro determinazione alle "tabelle redatte con riferimento alle tariffe professionali, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate dalla natura pubblicistica dell'incarico, ed approvate con decreto del Presidente della Repubblica". Il successivo art. 4, poi prevede la possibilita' che gli onorari vengano commisurati al tempo impiegato "in base alle vacazioni", quando si tratti di "prestazioni non previste nelle tabelle" di cui alle disposizioni precedenti. Il primo rilievo da farsi, su tale normativa e' che, in base all'art. 10 della legge, la misura degli onorari di cui agli artt. 2 e 4 avrebbe "potuto" essere aggiornata, ogni tre anni, "in relazione alla variazione accertata dall'I.S.T.A.T. dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nel triennio precedente". Il decreto con le tabelle e' stato emanato il 14 novembre 1983, con il numero 820 e gli onorari sono stati "adeguati" con il d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352. Tale adeguamento periodico, a distanza di quasi dieci anni dal primo, non e' piu' intervenuto e l'omissione ha comportato, di fatto, una perdita di valore delle tabelle in vigore e dei compensi ai periti ed ai consulenti tecnici) dell'ordine di circa il 40%. La situazione verificatasi, non ha alcuna giustificazione ed incide notevolmente in modo irragionevole ed irrazionale sui compensi da liquidarsi (non piu' corrispondenti a quelli degli altri professionisti), e, in definitiva, sul buon andamento dell'amministrazione della giustizia, che, di riflesso, risente della difficolta' di trovare validi ausiliari non essendo in grado di compensarli convenientemente, ponendosi in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Carta costituzionale. Ne', per quanto attiene agli "onorari variabili" che sono calcolati a percentuale secondo le tabelle, puo' valere la considerazione (in cui vi e' cenno nella sentenza n. 41 del 1996 della Corte costituzionale) che tali compensi trovano il loro naturale adeguamento, essendo collegati al valore dei beni o delle altre attivita' oggetto dell'accertamento peritale, che si incrementa nel tempo in termini di valore reale. Va osservato, infatti, che, nella maggior parte dei casi, tali valori sono ancorati, nell'ambito del procedimento ad un accertamento da farsi con riferimento ad epoche, a volte assai remote e che, come si vedra' in seguito, le tabelle impongono dei limiti insuperabili, in relazione ai valori di tali beni od utilita', rendendo inconferente qualsiasi collegamento tra i valori stessi e le percentuali previste (vedi in questo senso Cass. 27 agosto 1991, n. 9194 e Cass. 16 settembre 1993, n. 9558 secondo cui "ai fini della liquidazione dell'onorario a percentuale spettante tecnico di ufficio in materia di estimo, per cui l'art. 13 del d.P.R. 14 novembre 1983, n. 820, prevede che l'onorario sia calcolato, per scaglioni, sull'importo stimato, deve farsi in ogni caso riferimento al valore determinato dal consulente nel dare esecuzione all'incarico conferitogli dal giudice, e non invece al valore del bene all'epoca dell'effettuazione della consulenza, anche quando la stima sia compiuta in relazione ad un'epoca passata, salvo la possibilita' di attenuare gli svantaggi derivabili al consulente in tale ultima ipotesi attraverso l'esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo fissati dalla legge") Tali considerazioni inducono il collegio a porre la questione di costituzionalita' dell'art. 10 della legge 8 luglio 1980, n. 319, nella parte in cui non prevede che la misura degli onorari "e' automaticamente adeguata" ogni tre anni, secondo i criteri previsti dalla stessa norma, a partire dall'ultimo decreto, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Il secondo rilievo attiene alla misura dei compensi ed ai criteri che debbono usarsi per le relative determinazioni essendo il collegio chiamato ad applicare le tabelle degli onorari variabili in favore del consulente tecnico che reclama una piu' congrua liquidazione. Per la consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile o fiscale, come per quella in materia di costruzioni edilizie etc. (nelle quali sembrano rientrare i compiti in concreto affidati ai consulenti ed all'origine alla presente controversia) gli artt. 2 e 11 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, prevedono una liquidazione di onorari variabili a percentuale secondo una tabella in cui sono riportati scaglioni di calcolo che giungono a quello "da L. 500.000.001 fino e non oltre L. 1.000.000.000". Analoga limitazione e' posta, per altri tipi di consulenza o perizia, dagli artt. 3, 4, 6, 8, 13, 14, 15 e 17. Tale limitazione comporta la conseguenza che l'onorario a percentuale (entro i limiti minimi e massimi previsti) non puo' superare la cifra determinabile in base all'ultimo scaglione, qualunque sia il valore superiore oggetto dell'accertamento o della causa. Va considerato, inoltre, che l'unicita' dell'incarico affidato al consulente consente non senza difficolta' una pluralita' di liquidazioni, sulla base di scaglioni calcolati singolarmente, solo quando oggetto della consulenza sia una pluralita' di valutazioni tra di loro autonome, ne' sembra consentire alcun altro compenso "a vacazione" alternativamente o congiuntamente al criterio di valutazione a scaglioni. La situazione che ne risulta, appare, ad avviso del collegio, irragionevole ed irrazionale, perche' determina una abnorme contrazione della possibilita' di liquidazione degli onorari, nelle ipotesi in cui il valore dell'oggetto della consulenza, o della causa, sia superiore ai limiti massimi imposti dalle tabelle, e quando oggetto della consulenza sia una pluralita' di valutazioni, tra di loro del tutto autonome, la cui somma deve interamente rapportarsi agli scaglioni previsti, senza che le limitazioni stesse, possano, in casi estremi, essere comunque adeguatamente compensate con l'applicazione della facolta' di cui all'art. 5 della legge n. 319 del 1980, sul raddoppio degli onorari. La stessa situazione, ad avviso del collegio, viene a porre il sospetto della incostituzionalita' (per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Carta) delle norme di legge che, ponendosi in posizione di indirizzo, rispetto a quelle del regolamento n. 352 del 1988, hanno consentito una tale interpretazione pur non essendovi traccia, nella legge, di alcuna delle limitazioni poi consentite nel decreto presidenziale autorizzato. Va infatti rilevato il costante orientamento della giurisprudenza della Corte di cassazione, nel senso sopra indicato, che ormai costituisce "diritto vivente" risolvendosi nella impossibilita', da parte dei giudici di merito di giungere a diverse conclusioni "disapplicando" la normativa "secondaria" per contrasto con quella "primaria". Sul costante orientamento uniforme sulla insuperabilita' della limitazione degli onorari sino al massimo previsto dalle tabelle, possono essere citate, infatti: cass. 27 luglio 1991, n. 9193, secondo cui "al fine della liquidazione dell'onorario per consulenza tecnica avente ad oggetto la valutazione di azienda, secondo le disposizioni della legge 8 luglio 1980, n. 319, e le tabelle approvate con d.P.R. 14 novembre 1983, n. 820, (in attuazione dell'art. 2 di detta legge), lo scaglione massimo di valore, per il calcolo a percentuale dell'onorario medesimo, fissato a partire da L. 500.000.001 fino a L. 1.000.000.000, configura un limite non superabile, pure quando la stima di detta azienda sia di ammontare eccedente"; cass. 16 settembre 1993, n. 9558, secondo cui "al fine della liquidazione dell'onorario per consulenza tecnica avente ad oggetto la valutazione di azienda, secondo le disposizioni della legge 8 luglio 1980, n. 319, e le tabelle approvate con d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, (in attuazione dell art. 2 di detta legge), lo scaglione massimo di valore, per il calcolo a percentuale dell'onorario medesimo, fissato a partire da L. 500.000.001 fino a L. 1.000.000.000, configura un limite non superabile, pure quando la stima di detta azienda sia di ammontare eccedente"; cass. 16 maggio 1994, n. 4791, secondo cui "ai fini della liquidazione dell'onorario per consulenze tecniche aventi ad oggetto l'accertamento di abusi edilizi, secondo le disposizioni della legge 8 luglio 1980, n. 319, e le tabelle approvate con d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, lo scaglione massimo di valore, per il calcolo a percentuale dell'onorario medesimo, fissato in "non oltre il miliardo", configura un limite non superabile, pure quando la stima di dette costruzioni sia di ammontare eccedente. Detta limitazione di valore non contrasta con il disposto dell'art. 2233, capoverso, cod. civ. - secondo cui la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera ed al decoro della professione - in quanto l'art. 2 della legge n. 319 del 1980, impone di contemperare la misura degli onorari con la natura pubblicistica dell'incarico; cass. 26 giugno 1995, n. 7214, secondo cui "l'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352 - secondo cui per la perizia o consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile e fiscale spetta al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale calcolato per scaglione fino alla soglia massima di lire un miliardo, riferita al valore dell'oggetto dell'indagine, ha posto un limite massimo alla liquidabilita' dell'onorario a percentuale con la conseguenza che i valori superiori allo scaglione massimo, non utilizzabili come base di calcolo a percentuale, possono essere valutati dal giudice soltanto come indice rivelatore della eccezionale importanza, complessita' e difficolta' delle prestazioni richieste al perito o consulente tecnico e consentire quindi l'applicazione dell'aumento fino al doppio dell'onorario liquidato a norma dell'art. 5 della legge 8 luglio 1980 n. 319"; cass. 21 novembre 1996 n. 10277, secondo cui "al fine della liquidazione dell'onorario per consulenza tecnica avente ad oggetto la valutazione di azienda, secondo le disposizioni della legge n. 319 del 1980 e le tabelle approvate con decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1988, lo scaglione massimo di valore per il calcolo a percentuale dell'onorario medesimo, fissato a partire da L. 500.000.001 fino a L. 1.000.000.000, configura un limite non superabile, pure quando la stima di detta azienda ecceda la misura indicata dalla legge". cass. 14 maggio 1997 n. 4243, secondo cui lo "stimatore" o "l'esperto", dei quale l'organo giudiziario si avvale al fine di determinare il valore di beni assoggettati a procedure esecutive (anche concorsuali), appartiene alla categoria residuale degli "altri ausiliari del giudice" contrapposta a quella degli ausiliari tipici e "nominati", quali il consulente tecnico o il custode; ad esso pertanto si applica, per quanto concerne la procedura di liquidazione (in relazione agli aspetti formali dei relativi provvedimenti), la disciplina di cui agli articoli 52 e 53 disp. att. cod. proc. civ., mentre, per quanto concerne i criteri di liquidazione, occorre fare riferimento a quelli previsti, in particolare per la materia estimativa, dall'art. 13, d.P.R. n. 352 del 1988, restando cosi' preclusa l'applicabilita' diretta dalle tariffe professionali, richiamate dal legislatore solo ai fini di una determinazione tabellare generale, i cui limiti, minimi e massimi, non sono superabili neppure quando la stima dei beni, con riferimento a scaglioni di valore contiguo e progressivo, sia eccedente il limite superiore dello scaglione massimo. Detta limitazione di valore non contrasta col disposto dell'art. 2233 cod. civ. - secondo cui la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione - posto che l'art. 2, legge n. 319 del 1980 impone di contemperare la misura degli onorari con la natura pubblicistica dell'ncarico, ne' e' configurabile una carenza di remunerazione per la parte di opera professionale correlata al valore eccedente il limite massimo, potendosi, ove ne ricorrano le condizioni, applicare l'art. 5, legge n. 319 del 1980 - che consente un incremento del compenso risultante dal calcolo tabellare ogni volta che l'incarico si presenti caratterizzato da particolare importanza, complessita' o difficolta' - previsione che consente di tenere conto di quelle ipotesi in cui la rilevante dimensione economica dell'incarico sia effettivamente sintomo rivelatore di una oggettiva peculiarita' di esso, come tale riflettentesi sull'impegno professionale richiesto"; cass. 22 agosto 1997 n. 7852, secondo cui "in tema di liquidazione dell'onorario del consulente tecnico d'ufficio, lo scaglione massimo di valore, per il calcolo a percentuale dell'onorario medesimo, fissato dall'art. 2 del d.P.R. n. 352 del 1988 in "non oltre il miliardo di lire , configura un limite insuperabile, che non contrasta ne' con gli articoli 35 e 36 cost., ne' con l'art. 2233 cod. civ. Infatti, la razionalita' della scelta legislativa e' suffragata dalla posizione stessa dei consulenti di ufficio, i quali, nella loro qualita' di ausiliari del giudice, non possono essere considerati, ai fini della valutazione delle loro prestazioni, come semplici lavoratori autonomi (nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, prescindendo dalla qualificazione del citato d.P.R. come atto amministrativo regolamentare o come fonte normativa primaria, ha escluso la possibilita' per il giudice ordinario di procedere alla disapplicazione del decreto stesso)". Sulla impossibilita' di considerare separatamente, ai fini della liquidazione degli onorari variabili, secondo gli scaglioni previsti dalle tabelle, piu' valutazioni autonome anche a vacazione compiute nella medesima consulenza, possono ancora essere citate: cass. 14 agosto 1990 n. 8270, secondo cui "per il combinato disposto dell'art. 11 del d.P.R. 14 novembre 1983 n. 820 e dell'art. 4 della legge 8 luglio 1980 n. 319 compete al consulente tecnico, per le consulenze in materia di costruzioni edilizie e di impianti idrici e fognari ad esse inerenti, un onorario percentuale calcolato per scaglioni (con possibilita' di aumento degli onorari sino al doppio ai sensi dell'art. 5 per le operazioni di particolare difficolta' e complessita') con esclusione dell'applicazione congiunta della liquidazione a vacazioni, essendo consentita quest'ultima soltanto nell'ipotesi di prestazioni professionali non specificamente contemplate nelle tabelle o che comunque non rientrano nelle materie analoghe a quelle previste dalle tabelle stesse"; cass. 23 agosto 1991 n. 9052, secondo cui "in tema di liquidazione degli onorari di un consulente tecnico di ufficio, la pluralita' delle valutazioni a lui affidate (nella specie, con riguardo ai danni subiti da diversi immobili di distinti proprietari) non esclude l'unicita' dell'incarico e conseguente unitarieta' del compenso, rilevando soltanto ai fini della determinazione giudiziale di quest'ultimo, che la legge fissa tra una misura minima ed una massima"; cass. 23 agosto 1991 n. 9053, secondo cui "tra le spese rimborsabili al consulente tecnico d'ufficio, nel caso in cui si sia proceduto alla determinazione degli onorari in misura fissa, non possono essere comprese ne' le vacazioni concernenti le convocazioni per le operazioni peritali, comportando tale forma di determinazione del compenso la liquidazione di una somma comprensiva di tutte le attivita' preordinate all'espletamento dell'incarico, ne' la spesa sostenuta per la scritturazione di prospetti contabili da parte di un amanuense, non essendo tale spesa prevista dall'art. 7 della legge 8 luglio 1980 n. 319"; cass. 9 luglio 1994 n. 6500, secondo cui "in tema di onorari dovuti al consulente tecnico d'ufficio per operazioni eseguite su disposizioni dell'autorita' giudiziaria l'incarico avente ad oggetto la realizzazione di un progetto di utilizzazione edificatoria di un'area (da controllare nella sua esatta estensione e dimensione alla stregua degli atti di provenienza) in base alle norme dettate dal programma di fabbricazione del comune, ancorche' comporti una pluralita' di accertamenti non esclude l'unicita' dell'incarico stesso, il quale deve farsi rientrare in base al criterio analogico sancito come regola generale dall'art. 3, legge n. 319 del 1980 nelle ipotesi tipiche contemplate dall'art. 12, d.P.R. n. 820 del 1983 con la conseguenza che al suo riguardo deve trovare applicazione il criterio di liquidazione a percentuale ai sensi dell'art. 2 del citato decreto, essendo possibile data l'analogia delle situazioni l'inquadrabilita' dell'indagine nelle voci specificamente indicate nelle tariffe, con esclusione quindi del criterio di determinazione dell'onorario in base alle vacazioni di cui all'art. 4, legge n. 319 dei 1980, che puo' trovare applicazione solo in via sussidiaria e residuale limitatamente ai casi in cui manchi una previsione delle tariffe e non sia logicamente giustificata e possibile un'estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione in base al criterio delle percentuali; cass. 1o settembre 1997 n. 8298, secondo cui "in tema di liquidazione del compenso a periti e consulenti tecnici, la pluralita' delle valutazioni e degli accertamenti richiesti non esclude l'unicita' dell'incarico e la conseguente unitarieta' del compenso; pertanto, nell'ipotesi di consulenza consistente nella valutazione di un patrimonio nell'arco di alcuni anni, il compenso va determinato con riferimento ad un unico valore costituito dalla sommatoria dei valori riscontrati all'esito degli accertamenti esperiti". E' pur vero che a tale prevalente orientamento - come almeno in parte dimostra il provvedimento reso dal giudice istruttore - si contrappone qualche piu' recente pronuncia che ammette, entro certi limiti, la possibilita' di considerare separatamente, ai fini della liquidazione degli onorari variabili, secondo gli scaglioni previsti dalle tabelle, piu' valutazioni autonome, quali: cass. 23 settembre 1994 n. 7837, secondo cui "qualora la consulenza tecnica in materia di estimo abbia ad oggetto un complesso immobiliare composto da piu' unita', legittimamente il compenso al consulente viene liquidato raggruppando le unita' immobiliari aventi analoghe caratteristiche ed applicando, sul valore dei singoli gruppi, la percentuale massima"; cass. 6 maggio 1999 n. 4539, secondo cui "all'esperto che abbia provveduto alla valutazione di una pluralita' di cose pignorate competono distinti onorari per ognuno degli importi stimati, salva la necessita' di riaccorpare i beni artificiosamente frazionati o appartenenti ad un complesso di unita' uguali o simili, che abbiano richiesto operazioni peritali puramente ripetitive". Che tale situazione risulti irragionevole in relazione alle conseguenze che, sia pure in casi estremi, puo' condurre, con pregiudizio della buona funzionalita' dell'amministrazione della giustizia, che viene pregiudicata nella possibilita' di avvalersi di consulenti di grande esperienza, affidabilita' e specializzazione, per accertamenti di grande complessita' ed estensione, puo' essere dimostrato dal caso in esame in cui il giudice istruttore ha fatto applicazione delle disposizioni regolamentari e dei principi costantemente affermati dalla Corte di Cassazione, applicando sia il massimo delle percentuali previste dalle tabelle, sia il raddoppio degli onorari ex art. 5 della legge, giungendo ad una determinazione del compenso complessivamente dovuto al collegio dei consulenti di poco superiore ai 177.000.000 di lire, quale limite massimo assolutamente non superabile, di fronte ad un valore delle utilita' oggetto dell'accertamento peritale per oltre 158.000.000.000 di lire (L. 83.779.873.335 relativamente all'invaso di Acerenza e L. 74.249.473.601 relativamente a quello di Genzano). In particolare va osservato: la disposizione che autorizza la determinazione degli onorari, con riferimento alle tariffe professionali "contemperate dalla natura pubblica dell'incarico", e' troppo vaga e generica e se puo' consentire una formulazione delle tabelle in senso riduttivo, rispetto a quelle degli altri professionisti non puo' comunque ragionevolmente consentire la fissazione di tetti massimi invalicabili; la stessa disposizione, inoltre, nulla dice sulla impossibilita' di considerare separatamente, ai fini della liquidazione degli onorari, diverse valutazioni di beni o di complessi di beni che abbiano una loro distinta autonomia ed e' sicuramente irrazionale che una serie di molteplici operazioni ripetute, ma del tutto identiche in termini di impegno professionale debbano essere considerate come un tutto unico; la situazione che ne risulta, infine, appare al collegio irrazionale e penalizzante anche perche' troppo rigida e tale da giungere alla estrema conseguenza - una volta liquidati gli onorari massimi, con il raddoppio degli stessi - secondo cui il compenso e' unico per tutte le consulenze che raggiungono un altissimo livello di importanza, senza alcuna possibilita' di distinzione. Al collegio non sfugge, peraltro, che una recente e non dissimile questione di legittimita' costituzionale, sollevata da questo stesso tribunale con ordinanza del 22 novembre 1997, e' stata respinta dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 356 del 22 luglio 1999. Con tale decisione, tuttavia, la Corte costituzionale non e' entrata nel merito delle questioni concernenti le modalita' di determinazione e la misura dei compensi spettanti ai periti e consulenti tecnici, risolvendo nel senso della "manifesta infondatezza la prima delle questioni sollevate, concernente le modalita' di instaurazione del procedimento di cui all'art. 11 della legge n. 319 del 1980, e concludendo che "conseguentemente, perdono la loro rilevanza e vanno quindi dichiarate manifestamente inammissibili le altre questioni, rispetto alle quali la prima si palesa come preliminare di rito" dal momento che "solo ove si fosse pervenuti ad una declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, sesto comma, della legge 319 del 1980, si sarebbe potuto evitare - secondo la tesi dello stesso rimettente - l'"altrimenti imposta pronuncia di estinzione" del giudizio a quo, la quale invece verra' ovviamente a precludere qualsiasi esame del merito e, dunque, l'applicabilita' delle ulteriori norme denunciate". Tali considerazioni e rilievi, inducono il tribunale: a porre la questione di costituzionalita' dell'articolo 2 della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi primo e secondo, nella parte in cui prevede che le tabelle per gli onorari fissi siano redatte con riferimento alle tariffe professionali "contemperate dalla natura pubblicistica dell'incarico" e non invece semplicemente "tenuto conto della natura pubblicistica dell'incarico" per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta; a porre la questione di costituzionalita' della stessa norma nella parte in cui non prevede espressamente, che, nella determinazione degli onorari i criteri di liquidazione debbano essere rapportati ad ogni singola valutazione, che abbia caratteristiche autonome, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta; a porre la questione di costituzionalita' della stessa norma, nella parte in cui non prevede, che il giudice, in casi estremi e con provvedimento specificatamente motivato, possa prescindere dalle tabelle per adeguare il compenso alla concreta attivita' svolta dal consulente, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta.
P. Q. M. Solleva questione di legittimita' costituzionale: 1) dell'articolo 10 della legge 8 luglio 1980 n. 319, nella parte in cui non prevede che la misura degli onorari "e' automaticamente adeguata" ogni tre anni, secondo i criteri previsti dalla stessa norma, a partire dall'ultimo decreto, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. 2) dell'articolo 2 della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi primo e secondo, nella parte in cui prevede che le tabelle per gli onorari fissi siano redatte con riferimento alle tariffe professionali "contemperate dalla natura pubblicistica dell'incarico" e non invece semplicemente "tenuto conto della natura pubblicistica dell'incarico" per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta; 3) dell'articolo 2 della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi primo e secondo, nella parte in cui non prevede che, nella determinazione degli onorari i criteri di liquidazione debbano essere rapportati ad ogni singola valutazione, che abbia caratteristiche autonome, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta; 4) dell'articolo 2 della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi primo e secondo, nella parte in cui non prevede che il giudice, in casi estremi e con provvedimento specificatamente motivato, possa prescindere dalle tabelle per adeguare il compenso alla concreta attivita' svolta dal consulente, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il giudizio in corso. Visto l'articolo 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87, dispone che a cura della cancelleria l'ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 1999. Il Presidente estensore: Bucci 00C1407