N. 801 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 1999

Ordinanza  emessa  il  10  dicembre  1999  dal  tribunale di Roma sui
ricorsi riuniti proposti da de Vito Ludovico ed altri

Consulente   tecnico   -  Onorari  fissi  -  Determinazione  mediante
determinate  tabelle,  con  riferimento  alle  tariffe  professionali
contemperate  con la natura pubblicistica dell'incarico - Adeguamento
periodico,   ogni   tre  anni,  a  partire  dall'ultimo  decreto  del
Presidente  della  Repubblica,  che  dispone  al  riguardo  - Mancata
previsione Irragionevolezza - Incidenza sui principi di imparzialita'
e buon andamento della pubblica amministrazione.
- Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 10.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Consulente  tecnico  -  Onorari - Determinazione con riferimento alle
  tabelle  professionali  "contemperate  dalla  natura  pubblicistica
  dell'incarico",  anziche'  "tenuto conto della natura pubblicistica
  dell'incarico"  -  Irragionevolezza  e  incidenza  sui  principi di
  imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione.
- Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 2.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Consulente  tecnico  -  Onorari - Determinazione mediante riferimento
  alle  tabelle  professionali  -  Determinazione in rapporto ad ogni
  singola   valutazione   con   caratteristiche  autonome  -  Mancata
  previsione   -   Irragionevolezza   e  incidenza  sui  principi  di
  imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione.
- Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 2, primo e secondo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Consulente  tecnico  -  Onorari - Determinazione mediante riferimento
  alle  tabelle  professionali - Possibilita' per il giudice, in casi
  estremi  e con provvedimento motivato, di adeguare il compenso alla
  concreta  attivita'  svolta  dal  consulente - Mancata previsione -
  Irragionevolezza  e  incidenza sui principi di imparzialita' e buon
  andamento della pubblica amministrazione.
- Legge 8 luglio 1980, n. 319, art. 2, primo e secondo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.52 del 20-12-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento civile
  n. 18549  del  1997  e  riuniti,  trattato  in  camera di consiglio
  promosso  da  Lodovico  de  Vito  ed  altri,  con  l'avv. Francesco
  Giorgianni;
    Avverso  il  decreto  di  liquidazione  degli onorari, in data 10
  aprile  1997 nella consulenza tecnica d'ufficio, nella causa civile
  n. 69293 del 1991.

                      Svolgimento del processo

    Con  atto  depositato l'8 maggio 1997, Lodovico de Vito, Maurizio
  Grippa  ed  Enrico  Migliardi,  premesso  di  essere stati nominati
  consulenti  tecnici  d'ufficio,  nel  1995,  in  una  causa civile,
  promossa  dalla impresa Salini Costruttori S.p.a. nei confronti del
  Ministero  dei LL.PP. ed altri, concernente una vertenza insorta in
  ordine  al-l'esecuzione  dell'appalto  per  la  realizzazione degli
  invasi  di  Acerenza  e  Genzano  in  Basilicata, con l'incarico di
  verificare  il  fondamento tecnico, revisionale e finanziario di 72
  riserve    formulate    dall'impresa    appaltatrice    nel   corso
  dell'esecuzione  dell'appalto,  ricorrevano (ex art. 11 della legge
  n. 319  del 1980) avverso il decreto del giudice istruttore che, al
  termine  delle  indagini, aveva liquidato in loro favore l'onorario
  di L. 177.487.200, in base alle tabelle previste dagli artt. 2 e 11
  del  d.P.R.  n. 352  del  1988,  oltre  a  riconoscere, a titolo di
  rimborso  delle  spese  documentate,  le  somme  di  L.  77.362.899
  all'ing.  de  Vito,  di  L.  91.941.000  all'ing.  Grippa  e  di L.
  140.315.220 all'ing. Migliardi.
    Nel  ricorso  si  lamentava  l'esiguita'  dei compensi liquidati,
  determinata  da  una  erronea  interpretazione  della normativa, da
  parte   del  giudice  istruttore,  che  non  aveva  considerato  la
  pluralita'  degli  incarichi e degli accertamenti ed applicato agli
  onorari  tabelle  non  corrispondenti alla natura della consulenza,
  omettendo, inoltre, di liquidare alcun onorario eccedente il limite
  massimo  previsto  dall'ultimo  scaglione, nonostante che il valore
  dei  beni oggetto degli accertamenti ed il valore della causa fosse
  di  gran  lunga  superiore  agli  importi stabiliti dallo scaglione
  predetto.
    Concludevano  chiedendo che il tribunale, in parziale riforma del
  provvedimento  emesso  dal  giudice  istruttore,  rideterminasse  i
  compensi  loro  spettanti,  tenendo  conto della necessita' vuoi di
  considerare  la  pluralita'  e  diversita'  di  natura  dei compiti
  affidati ai consulenti, vuoi di compensare anche i valori eccedenti
  quello massimo previsto dall'ultimo scaglione. In via subordinata e
  per  l'ipotesi  di  relezione  delle  richieste  formulate  in  via
  principale,  i  ricorrenti evidenziavano, peraltro, diversi profili
  di   incostituzionalita'   delle   disposizioni   applicabili  alla
  fattispecie,  chiedendo  al  tribunale  di disporre la trasmissione
  degli atti alla Corte costituzionale. In via ulteriormente gradata,
  i  ricorrenti chiedevano poi al tribunale di disapplicare, ai sensi
  e  per  gli  effetti dell'art. 5, legge n. 2248 del 1865 all. E, la
  normativa ritenuta incostituzionale e procedere alla determinazione
  dei  compensi loro dovuti secondo le vigenti tariffe professionali,
  ovvero anche in via equitativa.
    Il ricorso, con il decreto di convocazione delle parti davanti al
  collegio  per  la  data del 4 dicembre 1997, veniva notificato alle
  altre parti del processo civile.
    Nel contempo, con atto depositato il successivo 9 maggio 1997, la
  Salini Costruttori S.p.a. ricorreva (sempre ex art. 11, della legge
  n. 319   del   1980)   avverso  il  suddetto  decreto  del  giudice
  istruttore,  lamentando  l'erroneita' del provvedimento in punto di
  liquidazione   delle  spese  sostenute  dai  consulenti  tecnici  e
  chiedendo  la  riforma  del  provvedimento stesso sul punto, previa
  sospensione della esecutorieta' del medesimo.
    Anche  tale  ricorso,  con il decreto di convocazione delle parti
  davanti  al  collegio  per  la  data  del  9  giugno  1997,  veniva
  notificato ai consulenti ed alle altre parti del processo civile.
    All'udienza  del  9 giugno 1997, in relazione al ricorso proposto
  dalla Salini Costruttori S.p.a., si costituivano gli ingg. Lodovico
  de   Vito,   Maurizio   Grippa   ed   Enrico  Migliardi,  eccependo
  l'inammissibilita'  del ricorso stesso perche' i termini intercorsi
  tra  la  notifica del ricorso con il pedissequo decreto e l'udienza
  fissata per la comparizione risultavano inferiori rispetto a quelli
  di legge; chiedendo, comunque, la riunione del ricorso in questione
  a  quello  preventivamente  da  essi  proposto  e recante il numero
  18549/1997  di  r.g.  Si  costituiva altresi l'Ente per lo sviluppo
  dell'irrigazione  e  la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania
  ed  Irpinia.  La ricorrente Salini Costruttori S.p.a. insisteva per
  la sospensione della esecutivita' del provvedimento.
    Con  provvedimento  emesso  nella camera di consiglio tenutasi in
  pari data e depositato il 14 giugno 1997, il tribunale disponeva la
  sospensione  della  esecutivita' dell'ordinanza di liquidazione del
  giudice  istruttore  del  7-10  aprile  1997,  rimettendo  le parti
  all'udienza  del  4  dicembre 1997, per la decisione sulla riunione
  dei procedimenti.
    Con  provvedimento  in data 2 agosto 1997, il tribunale disponeva
  la  riunione  dei  ricorsi  18785 e 18549 del 1997 e fissava per la
  comparizione delle parti l'udienza del 14 novembre 1997.
    Alla  udienza  del  14 novembre 1997, gli ingg. Lodovico de Vito,
  Maurizio   Grippa   ed   Enrico   Migliardi   si  costituivano  nel
  procedimento  introdotto  con  il  ricorso della Salini Costruttori
  S.p.a. Quest'ultima chiedeva fosse riunito al presente procedimento
  anche quello ulteriormente promosso dalla stessa Salini Costruttori
  S.p.a.  con ricorso ex art. 11 della legge n. 319 del 1980 proposto
  avverso   una  nuova  ordinanza  di  liquidazione  delle  spese  di
  consulenza  emessa  dal  giudice  istruttore  in  data  25 agosto-3
  settembre  1997.  Con  tale  ricorso  la  Salini Costruttori S.p.a.
  chiedeva   annullarsi   il   provvedimento   in  questione,  previa
  sospensione della sua esecutivita'.
    Con  provvedimento  in  data  2-3  dicembre  1997,  il  tribunale
  disponeva  la  riunione  al  presente  procedimento, per ragioni di
  connessione,  anche  del  ricorso  n. 36341  del  1997  e  rinviava
  all'udienza camerale del 7 maggio 1998.
    Con atto depositato il 23 febbraio 1998, interveniva nel presente
  procedimento  l'ordine  degli  ingegneri  della  Provincia di Roma,
  concludendo  per  l'accoglimento  del  ricorso proposto dagli ingg.
  Lodovico  de  Vito,  Maurizio  Grippa  ed Enrico Migliardi e per il
  rigetto  dei due separati ricorsi proposti dalla Salini Costruttori
  S.p.a.
    All'udienza  del 7 maggio 1998 si costituivano gli ingg. Lodovico
  De  Vito  e  Maurizio  Grippa,  l'ing.  Migliardi  e  l'Ente per lo
  sviluppo  dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia,
  Lucania  ed Irpinia, in relazione al procedimento introdotto con il
  secondo   ricorso  della  Salini  Costruttori  S.p.a.,  nonche'  il
  Ministero    LL.PP.   La   Salini   Costruttori   S.p.a.   eccepiva
  l'inammissibilita'   dell'intervento   spiegato  dall'ordine  degli
  ingegneri  della Provincia di Roma, chiedendone l'estromissione dal
  giudizio.
    All'esito   dell'udienza,   il   giudice  delegato  riservava  la
  decisione  al  tribunale, concedendo alle parti termine di sessanta
  giorni  per  memorie,  attraverso  le  quali  le parti stesse hanno
  insistito nelle loro rispettive richieste.

                       Motivi della decisione

    Sulla  eccezione di inammissibilita' dell'intervento spiegato nel
  presente   procedimento  ai  sensi  dell'art. 105,  secondo  comma,
  c.p.c.,  dall'ordine  degli  ingegneri  della  Provincia  di  Roma,
  avanzata  dalla  Salini Costruttori S.p.a. all'udienza del 7 maggio
  1998,  il  collegio  osserva  che l'intervento stesso e' certamente
  ammissibile.  La  norma  sopra  richiamata,  infatti,  consente  la
  partecipazione  al  processo  anche  di colui che, pur non vantando
  diritti   verso  le  parti  originarie  del  processo  stesso,  sia
  portatore  di  un  interesse  giuridicamente  rilevante ad un esito
  della  controversia favorevole alla parte a sostegno della quale e'
  spiegato  l'intervento. Nel caso di specie, poi, non puo' dubitarsi
  che  l'ordine  professionale  in questione sia titolare, al pari di
  tutti   gli  ordini  e  collegi  professionali,  di  una  posizione
  giuridica  soggettiva  tale da legittimarlo ad agire nell'interesse
  del gruppo rappresentato e, comunque, a concorrere alla definizione
  del presente procedimento in senso favorevole ai propri iscritti.
    Per  quanto  attiene,  poi,  al  merito  della controversia sulla
  determinazione  degli  onorari  spettanti ai consulenti per l'opera
  prestata,  ritiene  il  collegio  di  dovere,  in  via preliminare,
  sollevare  d'ufficio  la  questione della incostituzionalita' della
  normativa che stabilisce la misura ed i criteri per la liquidazione
  dei  compensi,  sia  in  generale  che  nel  particolare caso degli
  onorari variabili.
    A  tale  proposito, infatti, va rilevato che l'ordinanza ha fatto
  applicazione,  oltre  che delle misure stabilite con il regolamento
  del  1988,  anche  di  alcuni criteri di determinazione, certamente
  penalizzanti  per  i consulenti tecnici, ricavabili dalla normativa
  di  legge  e  da  quella  regolamentare. In particolare, il giudice
  istruttore,  nel  richiamare  ed  applicare "i coefficienti massimi
  previsti"    dagli   artt. 2   (valutazione   del   danno)   e   11
  (determinazione dei maggiori oneri) del d.P.R. 352 del 1988, ha, da
  un    canto,   evidentemente   ritenuto   che   la   determinazione
  dell'onorario  a  percentuale per le consulenze tecniche in materia
  civile,  deve  essere compiuta tenendo conto che l'ultimo scaglione
  di    riferimento,    previsto   da   ognuna   delle   disposizioni
  surrichiamate,   ai   fini   del   calcolo  e'  quello  che  va  da
  L. 500.000.001 fino e non oltre L. 1.000.000.000, anche nel caso in
  cui  il  consulente  abbia  accertato  valori  superiori  al limite
  massimo  di detto scaglione, con la conseguenza che nessun compenso
  puo'  essere  riconosciuto  in  riterimento  ai valori superiori al
  miliardo  accettati  dai  consulenti.  Dall'altro canto, il giudice
  istruttore  ha  espressamente affermato "il divieto di attribuzione
  di  separati  compensi  in relazione alla unitarieta' dell'incarico
  conferito"  pur  rilevando che detto divieto "sussiste soltanto per
  quelle  attivita'  materiali  (sopralluoghi,  accertamenti tecnici,
  ispezioni,  redazione  dell'elaborato) ovvero per la risoluzione di
  quei   quesiti   che  rivestono  carattere  necessitato  in  quanto
  propedeutici o strumentali allo stesso espletamento dell'indagine".
    Sulla  base  della  relazione  e  della  stessa  motivazione  del
  provvedimento  del  giudice  istruttore,  a  prescindere dall'esame
  concreto   dell'opera   prestata   dai   consulenti,  da  compiersi
  eventualmente  nel  proseguimento  del giudizio, non vi e' dubbio e
  non  e'  contestato  che  i  consulenti  abbiano  valutato beni per
  importi  complessivamente  di molto superiori al miliardo di lire e
  che  la  risposta  ai numerosi quesiti posti agli stessi consulenti
  abbia comportato l'esame e l'accertamento del valore di numerose ed
  autonome   opere  edili,  all'esito  di  operazioni,  di  carattere
  tecnico, revisionale e finanziario, tra di loro diverse.
    La  liquidazione  dei compensi al consulente tecnico nominato nel
  corso  di  un procedimento civile, per quanto attiene agli "onorari
  variabili",  e'  regolata  in  base all'art. 2 della legge 8 luglio
  1980, n. 319, che rimanda, per la loro determinazione alle "tabelle
  redatte  con  riferimento alle tariffe professionali, eventualmente
  concernenti    materie    analoghe,   contemperate   dalla   natura
  pubblicistica   dell'incarico,   ed   approvate   con  decreto  del
  Presidente  della Repubblica". Il successivo art. 4, poi prevede la
  possibilita' che gli onorari vengano commisurati al tempo impiegato
  "in  base  alle  vacazioni",  quando  si tratti di "prestazioni non
  previste nelle tabelle" di cui alle disposizioni precedenti.
    Il  primo  rilievo  da  farsi,  su tale normativa e' che, in base
  all'art.  10 della legge, la misura degli onorari di cui agli artt.
  2  e  4  avrebbe  "potuto"  essere  aggiornata,  ogni tre anni, "in
  relazione alla variazione accertata dall'I.S.T.A.T. dell'indice dei
  prezzi   al   consumo  per  le  famiglie  di  operai  ed  impiegati
  verificatasi nel triennio precedente".
    Il  decreto  con le tabelle e' stato emanato il 14 novembre 1983,
  con il numero 820 e gli onorari sono stati "adeguati" con il d.P.R.
  27 luglio 1988, n. 352.
    Tale  adeguamento  periodico,  a distanza di quasi dieci anni dal
  primo,  non  e'  piu'  intervenuto  e l'omissione ha comportato, di
  fatto, una perdita di valore delle tabelle in vigore e dei compensi
  ai periti ed ai consulenti tecnici) dell'ordine di circa il 40%. La
  situazione  verificatasi,  non  ha alcuna giustificazione ed incide
  notevolmente  in  modo irragionevole ed irrazionale sui compensi da
  liquidarsi   (non   piu'   corrispondenti   a  quelli  degli  altri
  professionisti),    e,    in   definitiva,   sul   buon   andamento
  dell'amministrazione  della  giustizia,  che,  di riflesso, risente
  della  difficolta' di trovare validi ausiliari non essendo in grado
  di  compensarli  convenientemente,  ponendosi  in contrasto con gli
  artt. 3 e 97 della Carta costituzionale.
    Ne',  per  quanto  attiene  agli  "onorari  variabili"  che  sono
  calcolati   a  percentuale  secondo  le  tabelle,  puo'  valere  la
  considerazione  (in  cui  vi e' cenno nella sentenza n. 41 del 1996
  della  Corte  costituzionale)  che  tali  compensi  trovano il loro
  naturale  adeguamento, essendo collegati al valore dei beni o delle
  altre   attivita'   oggetto   dell'accertamento  peritale,  che  si
  incrementa nel tempo in termini di valore reale.
    Va  osservato,  infatti,  che, nella maggior parte dei casi, tali
  valori   sono   ancorati,   nell'ambito   del  procedimento  ad  un
  accertamento  da  farsi  con  riferimento  ad epoche, a volte assai
  remote  e  che, come si vedra' in seguito, le tabelle impongono dei
  limiti  insuperabili,  in  relazione  ai  valori  di  tali  beni od
  utilita', rendendo inconferente qualsiasi collegamento tra i valori
  stessi  e  le  percentuali  previste (vedi in questo senso Cass. 27
  agosto 1991, n. 9194 e Cass. 16 settembre 1993, n. 9558 secondo cui
  "ai  fini  della liquidazione dell'onorario a percentuale spettante
  tecnico  di  ufficio  in  materia  di estimo, per cui l'art. 13 del
  d.P.R.  14  novembre  1983,  n. 820,  prevede  che  l'onorario  sia
  calcolato,  per scaglioni, sull'importo stimato, deve farsi in ogni
  caso  riferimento  al  valore  determinato  dal consulente nel dare
  esecuzione  all'incarico  conferitogli dal giudice, e non invece al
  valore  del  bene  all'epoca  dell'effettuazione  della consulenza,
  anche  quando  la  stima  sia  compiuta  in  relazione  ad un'epoca
  passata,   salvo   la   possibilita'  di  attenuare  gli  svantaggi
  derivabili   al   consulente  in  tale  ultima  ipotesi  attraverso
  l'esercizio  del  potere  discrezionale del giudice di liquidare il
  compenso tra il minimo ed il massimo fissati dalla legge")
    Tali  considerazioni inducono il collegio a porre la questione di
  costituzionalita'  dell'art.  10 della legge 8 luglio 1980, n. 319,
  nella  parte  in  cui  non  prevede che la misura degli onorari "e'
  automaticamente adeguata" ogni tre anni, secondo i criteri previsti
  dalla  stessa  norma,  a partire dall'ultimo decreto, per contrasto
  con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Il secondo rilievo attiene alla misura dei compensi ed ai criteri
  che  debbono  usarsi  per  le  relative  determinazioni  essendo il
  collegio  chiamato  ad applicare le tabelle degli onorari variabili
  in  favore  del  consulente  tecnico  che  reclama una piu' congrua
  liquidazione.
    Per  la consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile o
  fiscale,  come  per  quella in materia di costruzioni edilizie etc.
  (nelle  quali  sembrano rientrare i compiti in concreto affidati ai
  consulenti ed all'origine alla presente controversia) gli artt. 2 e
  11 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, prevedono una liquidazione di
  onorari  variabili  a  percentuale  secondo una tabella in cui sono
  riportati   scaglioni   di   calcolo  che  giungono  a  quello  "da
  L. 500.000.001   fino   e  non  oltre  L.  1.000.000.000".  Analoga
  limitazione e' posta, per altri tipi di consulenza o perizia, dagli
  artt. 3, 4, 6, 8, 13, 14, 15 e 17.
    Tale   limitazione  comporta  la  conseguenza  che  l'onorario  a
  percentuale  (entro  i  limiti  minimi e massimi previsti) non puo'
  superare  la  cifra  determinabile  in  base  all'ultimo scaglione,
  qualunque sia il valore superiore oggetto dell'accertamento o della
  causa.
    Va considerato, inoltre, che l'unicita' dell'incarico affidato al
  consulente   consente  non  senza  difficolta'  una  pluralita'  di
  liquidazioni, sulla base di scaglioni calcolati singolarmente, solo
  quando  oggetto  della consulenza sia una pluralita' di valutazioni
  tra di loro autonome, ne' sembra consentire alcun altro compenso "a
  vacazione"   alternativamente   o  congiuntamente  al  criterio  di
  valutazione a scaglioni.
    La  situazione  che  ne  risulta, appare, ad avviso del collegio,
  irragionevole   ed   irrazionale,  perche'  determina  una  abnorme
  contrazione della possibilita' di liquidazione degli onorari, nelle
  ipotesi  in  cui  il  valore dell'oggetto della consulenza, o della
  causa,  sia  superiore  ai  limiti massimi imposti dalle tabelle, e
  quando  oggetto della consulenza sia una pluralita' di valutazioni,
  tra  di  loro  del  tutto  autonome,  la cui somma deve interamente
  rapportarsi  agli  scaglioni  previsti,  senza  che  le limitazioni
  stesse,  possano,  in  casi  estremi, essere comunque adeguatamente
  compensate  con  l'applicazione  della  facolta'  di cui all'art. 5
  della legge n. 319 del 1980, sul raddoppio degli onorari.
    La  stessa  situazione,  ad avviso del collegio, viene a porre il
  sospetto della incostituzionalita' (per contrasto con gli artt. 3 e
  97 della Carta) delle norme di legge che, ponendosi in posizione di
  indirizzo, rispetto a quelle del regolamento n. 352 del 1988, hanno
  consentito  una  tale  interpretazione  pur  non essendovi traccia,
  nella legge, di alcuna delle limitazioni poi consentite nel decreto
  presidenziale autorizzato.
    Va infatti rilevato il costante orientamento della giurisprudenza
  della  Corte  di  cassazione,  nel  senso sopra indicato, che ormai
  costituisce "diritto vivente" risolvendosi nella impossibilita', da
  parte  dei  giudici  di  merito  di  giungere a diverse conclusioni
  "disapplicando"  la normativa "secondaria" per contrasto con quella
  "primaria".
    Sul  costante  orientamento  uniforme sulla insuperabilita' della
  limitazione  degli  onorari sino al massimo previsto dalle tabelle,
  possono essere citate, infatti:
        cass.  27  luglio  1991,  n. 9193, secondo cui "al fine della
  liquidazione dell'onorario per consulenza tecnica avente ad oggetto
  la  valutazione  di  azienda, secondo le disposizioni della legge 8
  luglio  1980, n. 319, e le tabelle approvate con d.P.R. 14 novembre
  1983,  n. 820,  (in  attuazione  dell'art. 2  di  detta  legge), lo
  scaglione   massimo   di  valore,  per  il  calcolo  a  percentuale
  dell'onorario  medesimo, fissato a partire da L. 500.000.001 fino a
  L. 1.000.000.000,  configura  un limite non superabile, pure quando
  la stima di detta azienda sia di ammontare eccedente";
        cass.  16 settembre 1993, n. 9558, secondo cui "al fine della
  liquidazione dell'onorario per consulenza tecnica avente ad oggetto
  la  valutazione  di  azienda, secondo le disposizioni della legge 8
  luglio  1980,  n. 319,  e le tabelle approvate con d.P.R. 27 luglio
  1988,  n. 352,  (in  attuazione  dell  art. 2  di  detta legge), lo
  scaglione   massimo   di  valore,  per  il  calcolo  a  percentuale
  dell'onorario  medesimo, fissato a partire da L. 500.000.001 fino a
  L. 1.000.000.000,  configura  un limite non superabile, pure quando
  la stima di detta azienda sia di ammontare eccedente";
        cass.  16  maggio  1994,  n. 4791, secondo cui "ai fini della
  liquidazione   dell'onorario  per  consulenze  tecniche  aventi  ad
  oggetto  l'accertamento  di  abusi edilizi, secondo le disposizioni
  della  legge  8  luglio  1980,  n. 319,  e le tabelle approvate con
  d.P.R.  27 luglio 1988, n. 352, lo scaglione massimo di valore, per
  il  calcolo  a  percentuale dell'onorario medesimo, fissato in "non
  oltre il miliardo", configura un limite non superabile, pure quando
  la  stima  di  dette  costruzioni sia di ammontare eccedente. Detta
  limitazione di valore non contrasta con il disposto dell'art. 2233,
  capoverso,  cod.  civ.  -  secondo  cui la misura del compenso deve
  essere  adeguata  all'importanza  dell'opera  ed  al  decoro  della
  professione  -  in  quanto  l'art. 2  della  legge n. 319 del 1980,
  impone  di  contemperare  la  misura  degli  onorari  con la natura
  pubblicistica dell'incarico;
        cass.  26  giugno  1995,  n. 7214,  secondo cui "l'art. 2 del
  d.P.R.  27  luglio  1988,  n. 352  -  secondo  cui per la perizia o
  consulenza  tecnica  in materia amministrativa, contabile e fiscale
  spetta  al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale
  calcolato  per  scaglione  fino  alla  soglia  massima  di  lire un
  miliardo,  riferita  al valore dell'oggetto dell'indagine, ha posto
  un  limite  massimo alla liquidabilita' dell'onorario a percentuale
  con  la  conseguenza che i valori superiori allo scaglione massimo,
  non utilizzabili come base di calcolo a percentuale, possono essere
  valutati   dal   giudice  soltanto  come  indice  rivelatore  della
  eccezionale    importanza,   complessita'   e   difficolta'   delle
  prestazioni  richieste  al perito o consulente tecnico e consentire
  quindi  l'applicazione  dell'aumento  fino  al doppio dell'onorario
  liquidato a norma dell'art. 5 della legge 8 luglio 1980 n. 319";
        cass.  21  novembre 1996 n. 10277, secondo cui "al fine della
  liquidazione dell'onorario per consulenza tecnica avente ad oggetto
  la  valutazione  di  azienda,  secondo  le disposizioni della legge
  n. 319  del  1980 e le tabelle approvate con decreto del Presidente
  della  Repubblica  n. 352  del 1988, lo scaglione massimo di valore
  per  il  calcolo  a  percentuale  dell'onorario medesimo, fissato a
  partire  da  L. 500.000.001  fino  a L. 1.000.000.000, configura un
  limite non superabile, pure quando la stima di detta azienda ecceda
  la misura indicata dalla legge".
        cass.  14  maggio  1997 n. 4243, secondo cui lo "stimatore" o
  "l'esperto",  dei  quale  l'organo giudiziario si avvale al fine di
  determinare  il  valore  di beni assoggettati a procedure esecutive
  (anche  concorsuali),  appartiene  alla  categoria  residuale degli
  "altri ausiliari del giudice" contrapposta a quella degli ausiliari
  tipici  e  "nominati", quali il consulente tecnico o il custode; ad
  esso  pertanto  si  applica,  per  quanto  concerne la procedura di
  liquidazione  (in  relazione  agli  aspetti  formali  dei  relativi
  provvedimenti),  la  disciplina  di cui agli articoli 52 e 53 disp.
  att.  cod.  proc.  civ.,  mentre,  per quanto concerne i criteri di
  liquidazione,  occorre  fare  riferimento  a  quelli  previsti,  in
  particolare  per la materia estimativa, dall'art. 13, d.P.R. n. 352
  del  1988,  restando  cosi' preclusa l'applicabilita' diretta dalle
  tariffe  professionali,  richiamate dal legislatore solo ai fini di
  una  determinazione  tabellare  generale,  i  cui  limiti, minimi e
  massimi,  non sono superabili neppure quando la stima dei beni, con
  riferimento  a  scaglioni  di  valore  contiguo  e progressivo, sia
  eccedente  il  limite  superiore  dello  scaglione  massimo.  Detta
  limitazione  di  valore  non  contrasta col disposto dell'art. 2233
  cod. civ. - secondo cui la misura del compenso deve essere adeguata
  all'importanza dell'opera e al decoro della professione - posto che
  l'art. 2,  legge  n. 319  del 1980 impone di contemperare la misura
  degli  onorari  con  la  natura  pubblicistica dell'ncarico, ne' e'
  configurabile  una  carenza  di remunerazione per la parte di opera
  professionale  correlata  al  valore  eccedente  il limite massimo,
  potendosi,  ove  ne  ricorrano  le  condizioni, applicare l'art. 5,
  legge  n. 319  del  1980  - che consente un incremento del compenso
  risultante  dal  calcolo  tabellare  ogni  volta  che l'incarico si
  presenti  caratterizzato  da particolare importanza, complessita' o
  difficolta'  -  previsione  che  consente di tenere conto di quelle
  ipotesi  in cui la rilevante dimensione economica dell'incarico sia
  effettivamente  sintomo rivelatore di una oggettiva peculiarita' di
  esso,    come   tale   riflettentesi   sull'impegno   professionale
  richiesto";
        cass.  22  agosto  1997  n. 7852,  secondo  cui  "in  tema di
  liquidazione  dell'onorario  del  consulente  tecnico d'ufficio, lo
  scaglione   massimo   di  valore,  per  il  calcolo  a  percentuale
  dell'onorario  medesimo,  fissato dall'art. 2 del d.P.R. n. 352 del
  1988  in  "non  oltre  il  miliardo  di  lire , configura un limite
  insuperabile, che non contrasta ne' con gli articoli 35 e 36 cost.,
  ne' con l'art. 2233 cod. civ. Infatti, la razionalita' della scelta
  legislativa  e' suffragata dalla posizione stessa dei consulenti di
  ufficio, i quali, nella loro qualita' di ausiliari del giudice, non
  possono  essere  considerati,  ai fini della valutazione delle loro
  prestazioni,  come  semplici  lavoratori autonomi (nella specie, la
  S.C.,  in applicazione dell'enunciato principio, prescindendo dalla
  qualificazione   del   citato   d.P.R.   come  atto  amministrativo
  regolamentare  o  come  fonte  normativa  primaria,  ha  escluso la
  possibilita'   per   il   giudice   ordinario   di  procedere  alla
  disapplicazione del decreto stesso)".
    Sulla  impossibilita' di considerare separatamente, ai fini della
  liquidazione   degli   onorari  variabili,  secondo  gli  scaglioni
  previsti dalle tabelle, piu' valutazioni autonome anche a vacazione
  compiute nella medesima consulenza, possono ancora essere citate:
        cass.  14  agosto 1990 n. 8270, secondo cui "per il combinato
  disposto   dell'art. 11  del  d.P.R.  14  novembre  1983  n. 820  e
  dell'art. 4  della legge 8 luglio 1980 n. 319 compete al consulente
  tecnico,  per le consulenze in materia di costruzioni edilizie e di
  impianti idrici e fognari ad esse inerenti, un onorario percentuale
  calcolato  per scaglioni (con possibilita' di aumento degli onorari
  sino   al   doppio  ai  sensi  dell'art. 5  per  le  operazioni  di
  particolare    difficolta'    e    complessita')   con   esclusione
  dell'applicazione congiunta della liquidazione a vacazioni, essendo
  consentita   quest'ultima   soltanto  nell'ipotesi  di  prestazioni
  professionali  non  specificamente  contemplate nelle tabelle o che
  comunque  non  rientrano  nelle  materie analoghe a quelle previste
  dalle tabelle stesse";
        cass.  23  agosto  1991  n. 9052,  secondo  cui  "in  tema di
  liquidazione  degli onorari di un consulente tecnico di ufficio, la
  pluralita'  delle  valutazioni  a  lui  affidate (nella specie, con
  riguardo   ai   danni   subiti  da  diversi  immobili  di  distinti
  proprietari)  non  esclude  l'unicita'  dell'incarico e conseguente
  unitarieta'   del   compenso,  rilevando  soltanto  ai  fini  della
  determinazione  giudiziale  di quest'ultimo, che la legge fissa tra
  una misura minima ed una massima";
        cass.  23  agosto  1991  n. 9053,  secondo  cui "tra le spese
  rimborsabili  al  consulente  tecnico d'ufficio, nel caso in cui si
  sia  proceduto  alla  determinazione degli onorari in misura fissa,
  non  possono  essere  comprese  ne'  le  vacazioni  concernenti  le
  convocazioni  per le operazioni peritali, comportando tale forma di
  determinazione   del   compenso   la   liquidazione  di  una  somma
  comprensiva  di  tutte  le  attivita'  preordinate all'espletamento
  dell'incarico,  ne'  la  spesa  sostenuta  per la scritturazione di
  prospetti  contabili  da  parte  di  un amanuense, non essendo tale
  spesa prevista dall'art. 7 della legge 8 luglio 1980 n. 319";
        cass.  9 luglio 1994 n. 6500, secondo cui "in tema di onorari
  dovuti  al  consulente tecnico d'ufficio per operazioni eseguite su
  disposizioni   dell'autorita'   giudiziaria  l'incarico  avente  ad
  oggetto   la   realizzazione   di   un  progetto  di  utilizzazione
  edificatoria di un'area (da controllare nella sua esatta estensione
  e  dimensione  alla stregua degli atti di provenienza) in base alle
  norme  dettate dal programma di fabbricazione del comune, ancorche'
  comporti  una  pluralita'  di  accertamenti  non esclude l'unicita'
  dell'incarico  stesso,  il  quale  deve  farsi rientrare in base al
  criterio  analogico sancito come regola generale dall'art. 3, legge
  n. 319  del  1980  nelle  ipotesi tipiche contemplate dall'art. 12,
  d.P.R.  n. 820 del 1983 con la conseguenza che al suo riguardo deve
  trovare  applicazione  il criterio di liquidazione a percentuale ai
  sensi  dell'art. 2  del  citato  decreto,  essendo  possibile  data
  l'analogia  delle  situazioni l'inquadrabilita' dell'indagine nelle
  voci  specificamente  indicate nelle tariffe, con esclusione quindi
  del criterio di determinazione dell'onorario in base alle vacazioni
  di  cui  all'art. 4,  legge  n. 319  dei  1980,  che  puo'  trovare
  applicazione  solo  in via sussidiaria e residuale limitatamente ai
  casi  in  cui  manchi  una  previsione  delle  tariffe  e  non  sia
  logicamente  giustificata e possibile un'estensione analogica delle
  ipotesi   tipiche   di  liquidazione  in  base  al  criterio  delle
  percentuali;
        cass.  1o  settembre  1997  n. 8298,  secondo cui "in tema di
  liquidazione  del  compenso  a  periti  e  consulenti  tecnici,  la
  pluralita'  delle  valutazioni  e  degli accertamenti richiesti non
  esclude  l'unicita'  dell'incarico e la conseguente unitarieta' del
  compenso;  pertanto,  nell'ipotesi  di consulenza consistente nella
  valutazione  di un patrimonio nell'arco di alcuni anni, il compenso
  va  determinato con riferimento ad un unico valore costituito dalla
  sommatoria  dei  valori  riscontrati  all'esito  degli accertamenti
  esperiti".
    E'  pur  vero che a tale prevalente orientamento - come almeno in
  parte  dimostra  il  provvedimento reso dal giudice istruttore - si
  contrappone qualche piu' recente pronuncia che ammette, entro certi
  limiti, la possibilita' di considerare separatamente, ai fini della
  liquidazione   degli   onorari  variabili,  secondo  gli  scaglioni
  previsti dalle tabelle, piu' valutazioni autonome, quali:
        cass.  23  settembre  1994  n. 7837,  secondo cui "qualora la
  consulenza  tecnica  in  materia  di  estimo  abbia  ad  oggetto un
  complesso  immobiliare  composto  da piu' unita', legittimamente il
  compenso  al  consulente  viene  liquidato  raggruppando  le unita'
  immobiliari  aventi  analoghe  caratteristiche  ed  applicando, sul
  valore dei singoli gruppi, la percentuale massima";
        cass.  6  maggio  1999  n. 4539, secondo cui "all'esperto che
  abbia  provveduto  alla  valutazione  di  una  pluralita'  di  cose
  pignorate  competono  distinti  onorari  per  ognuno  degli importi
  stimati, salva la necessita' di riaccorpare i beni artificiosamente
  frazionati  o  appartenenti  ad  un  complesso  di  unita' uguali o
  simili,   che   abbiano  richiesto  operazioni  peritali  puramente
  ripetitive".
    Che  tale  situazione  risulti  irragionevole  in  relazione alle
  conseguenze  che,  sia  pure  in  casi  estremi, puo' condurre, con
  pregiudizio  della  buona  funzionalita' dell'amministrazione della
  giustizia,  che  viene pregiudicata nella possibilita' di avvalersi
  di    consulenti    di    grande    esperienza,   affidabilita'   e
  specializzazione,   per  accertamenti  di  grande  complessita'  ed
  estensione,  puo'  essere  dimostrato  dal  caso in esame in cui il
  giudice   istruttore   ha  fatto  applicazione  delle  disposizioni
  regolamentari e dei principi costantemente affermati dalla Corte di
  Cassazione,  applicando  sia  il massimo delle percentuali previste
  dalle  tabelle,  sia  il  raddoppio  degli  onorari ex art. 5 della
  legge,    giungendo    ad    una    determinazione   del   compenso
  complessivamente   dovuto   al  collegio  dei  consulenti  di  poco
  superiore   ai   177.000.000   di   lire,   quale   limite  massimo
  assolutamente non superabile, di fronte ad un valore delle utilita'
  oggetto  dell'accertamento  peritale  per  oltre 158.000.000.000 di
  lire  (L.  83.779.873.335 relativamente all'invaso di Acerenza e L.
  74.249.473.601 relativamente a quello di Genzano).
    In particolare va osservato:
        la   disposizione   che  autorizza  la  determinazione  degli
  onorari,  con  riferimento alle tariffe professionali "contemperate
  dalla  natura  pubblica dell'incarico", e' troppo vaga e generica e
  se   puo'  consentire  una  formulazione  delle  tabelle  in  senso
  riduttivo,  rispetto  a  quelle degli altri professionisti non puo'
  comunque  ragionevolmente consentire la fissazione di tetti massimi
  invalicabili;
        la   stessa   disposizione,   inoltre,   nulla   dice   sulla
  impossibilita'   di   considerare   separatamente,  ai  fini  della
  liquidazione  degli  onorari,  diverse  valutazioni  di  beni  o di
  complessi  di  beni  che  abbiano una loro distinta autonomia ed e'
  sicuramente  irrazionale  che  una  serie  di molteplici operazioni
  ripetute,   ma   del   tutto   identiche   in  termini  di  impegno
  professionale debbano essere considerate come un tutto unico;
        la  situazione  che  ne  risulta,  infine, appare al collegio
  irrazionale  e  penalizzante  anche perche' troppo rigida e tale da
  giungere alla estrema conseguenza - una volta liquidati gli onorari
  massimi, con il raddoppio degli stessi - secondo cui il compenso e'
  unico  per tutte le consulenze che raggiungono un altissimo livello
  di importanza, senza alcuna possibilita' di distinzione.
    Al collegio non sfugge, peraltro, che una recente e non dissimile
  questione  di  legittimita'  costituzionale,  sollevata  da  questo
  stesso  tribunale  con  ordinanza  del  22  novembre 1997, e' stata
  respinta  dalla  Corte  costituzionale  con ordinanza n. 356 del 22
  luglio  1999. Con tale decisione, tuttavia, la Corte costituzionale
  non  e' entrata nel merito delle questioni concernenti le modalita'
  di  determinazione  e  la misura dei compensi spettanti ai periti e
  consulenti   tecnici,   risolvendo   nel   senso  della  "manifesta
  infondatezza  la  prima  delle  questioni sollevate, concernente le
  modalita'  di  instaurazione  del  procedimento  di cui all'art. 11
  della  legge  n. 319 del 1980, e concludendo che "conseguentemente,
  perdono  la loro rilevanza e vanno quindi dichiarate manifestamente
  inammissibili  le  altre questioni, rispetto alle quali la prima si
  palesa come preliminare di rito" dal momento che "solo ove si fosse
  pervenuti   ad  una  declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale
  dell'art. 11,  sesto  comma,  della  legge 319 del 1980, si sarebbe
  potuto  evitare  -  secondo  la  tesi  dello  stesso  rimettente  -
  l'"altrimenti  imposta pronuncia di estinzione" del giudizio a quo,
  la  quale invece verra' ovviamente a precludere qualsiasi esame del
  merito   e,   dunque,   l'applicabilita'   delle   ulteriori  norme
  denunciate".
    Tali considerazioni e rilievi, inducono il tribunale:
        a  porre  la  questione  di costituzionalita' dell'articolo 2
  della  legge  8  luglio  1980  n. 319, commi primo e secondo, nella
  parte  in  cui  prevede  che le tabelle per gli onorari fissi siano
  redatte  con  riferimento  alle tariffe professionali "contemperate
  dalla    natura   pubblicistica   dell'incarico"   e   non   invece
  semplicemente    "tenuto    conto    della   natura   pubblicistica
  dell'incarico" per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Carta;
        a  porre la questione di costituzionalita' della stessa norma
  nella   parte   in   cui  non  prevede  espressamente,  che,  nella
  determinazione  degli  onorari  i  criteri  di liquidazione debbano
  essere   rapportati   ad   ogni   singola  valutazione,  che  abbia
  caratteristiche  autonome,  per  contrasto  con gli articoli 3 e 97
  della Carta;
        a porre la questione di costituzionalita' della stessa norma,
  nella  parte  in cui non prevede, che il giudice, in casi estremi e
  con  provvedimento  specificatamente  motivato,  possa  prescindere
  dalle  tabelle  per  adeguare  il  compenso alla concreta attivita'
  svolta  dal consulente, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della
  Carta.
                              P. Q. M.
    Solleva questione di legittimita' costituzionale:
        1)  dell'articolo  10 della legge 8 luglio 1980 n. 319, nella
  parte   in  cui  non  prevede  che  la  misura  degli  onorari  "e'
  automaticamente adeguata" ogni tre anni, secondo i criteri previsti
  dalla  stessa  norma,  a partire dall'ultimo decreto, per contrasto
  con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
        2)  dell'articolo  2  della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi
  primo  e secondo, nella parte in cui prevede che le tabelle per gli
  onorari   fissi   siano   redatte   con  riferimento  alle  tariffe
  professionali     "contemperate    dalla    natura    pubblicistica
  dell'incarico"  e  non  invece  semplicemente  "tenuto  conto della
  natura  pubblicistica dell'incarico" per contrasto con gli articoli
  3 e 97 della Carta;
        3)  dell'articolo  2  della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi
  primo  e  secondo,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che, nella
  determinazione  degli  onorari  i  criteri  di liquidazione debbano
  essere   rapportati   ad   ogni   singola  valutazione,  che  abbia
  caratteristiche  autonome,  per  contrasto  con gli articoli 3 e 97
  della Carta;
        4)  dell'articolo  2  della legge 8 luglio 1980 n. 319, commi
  primo  e secondo, nella parte in cui non prevede che il giudice, in
  casi  estremi  e con provvedimento specificatamente motivato, possa
  prescindere  dalle  tabelle  per adeguare il compenso alla concreta
  attivita' svolta dal consulente, per contrasto con gli articoli 3 e
  97 della Carta.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
  costituzionale.
    Sospende il giudizio in corso.
    Visto  l'articolo  23,  ultimo  comma,  della legge 11 marzo 1953
  n. 87,  dispone  che  a  cura  della  cancelleria  l'ordinanza  sia
  notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio
  dei  ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due Camere del
  Parlamento.
    Cosi'  deciso  nella  camera  di consiglio del giorno 10 dicembre
  1999.
                   Il Presidente estensore: Bucci
00C1407