N. 129 ORDINANZA 11 - 22 aprile 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sanita'  pubblica  - Medici universitari (professori e ricercatori) -
  Opzione  per  l'esercizio  di  attivita' assistenziale intramuraria
  ovvero  per l'attivita' libero-professionale extramuraria - Termine
  per  l'esercizio  ed  effetti  dell'opzione  - Carenza di strutture
  idonee  per  l'esercizio  dell'attivita'  intramuraria, e scelta di
  quest'ultima  quale  requisito  per  l'attribuzione di incarichi di
  direzione   -  Asserita  violazione  dei  principi  di  coerenza  e
  ragionevolezza,   di   buon  andamento  dell'amministrazione  e  di
  autonomia  universitaria,  nonche' dei principi e criteri direttivi
  della legge delega - Sopravvenuto mutamento del quadro normativo di
  riferimento  -  Necessita' di riesame dei termini della questione -
  Restituzione degli atti al giudice rimettente.
- D.Lgs 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, commi 7 e 8, e commi da 1 a
  6 e da 8 a 11; e art. 3.
- Costituzione, artt. 33, 3, 97 e 76.
(GU n.17 del 24-4-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Massimo VARI;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 5, commi
da   1   a  11  del  decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517
(Disciplina   dei   rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale  ed
universita',  a  norma  dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998,
n. 419),  promossi  con  n. 35  ordinanze emesse il 5 luglio 2000 dal
Tribunale   amministrativo   regionale   del  Lazio,  rispettivamente
iscritte  ai  nn. da  817  a  827,  da  832  a 841 e da 843 a 856 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 41 e 42, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli atti di costituzione di G. P. P. P. ed altri, di C. M.
ed altro e A. C. ed altri e della Regione Toscana nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 marzo 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio,
sezione  III,  solleva,  con trentacinque ordinanze del 5 luglio 2000
(pervenute   alla  Corte  il  26 settembre  ed  il  2 ottobre  2001),
questione  di legittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni
del  decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517 (Disciplina dei
rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale ed universita', a norma
dell'articolo  6 della l. 30 novembre 1998, n. 419): art. 5, comma 8,
in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 5, comma 7,
in  riferimento  agli artt. 33 e 76 della Costituzione; art. 5, commi
da  1 a 6 e da 8 a 11, nonche' art. 3 quest'ultimo nella parte in cui
non  prevede  una  partecipazione  diretta  degli organi universitari
nelle  scelte  delle  aziende ospedaliero-universitarie in materia di
collegamento  tra  le attivita' di assistenza, didattica e ricerca in
riferimento agli artt. 33 e 76 della Costituzione;
        che   le   ordinanze,  con  argomentazioni  in  larga  misura
coincidente, impugnano l'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999,
il quale stabilisce un termine perentorio entro il quale i professori
ed  i ricercatori universitari delle facolta' di medicina e chirurgia
(infra:  medici  universitari)  esercitano  o  rinnovano  l'opzione -
prevista  dal  comma  7  - per l'esercizio di attivita' assistenziale
intramuraria  (c.d.  attivita'  assistenziale  esclusiva),  ovvero di
attivita'   libero-professionale  extramuraria,  disponendo  che,  in
mancanza  di  comunicazione,  si  intende  effettuata  l'opzione  per
l'attivita' assistenziale esclusiva;
        che,  secondo il Tar, la norma, fissando il succitato termine
indipendentemente dalla individuazione delle strutture destinate allo
svolgimento dell'attivita' assistenziale intramuraria, violerebbe gli
artt. 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto  la  loro preventiva
identificazione configurerebbe un presupposto dell'opzione e, proprio
per   questo,   la   disposizione   inciderebbe  negativamente  sulla
compenetrazione    tra    attivita'    assistenziale   ed   attivita'
didattico-scientifica,  in  violazione  dei  principi  di  coerenza e
ragionevolezza    dell'ordinamento,   nonche'   di   buon   andamento
dell'amministrazione;
        che,  ad avviso dei rimettenti, l'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517  del 1999 e le disposizioni ad esso sottese e connesse - ossia
i  commi  da  1  a  6  e  da  8 ad 11 - nonche' l'art. 3, nella parte
riguardante      l'organizzazione      interna      delle     aziende
ospedaliero-universitarie,  recherebbero  vulnus  agli  artt. 33 e 76
della Costituzione;
        che,  in  particolare,  la  configurazione  dell'opzione  per
l'attivita'    assistenziale    esclusiva    quale    requisito   per
l'attribuzione  degli  incarichi di direzione dei programmi di cui al
comma   4   della   norma   impugnata   violerebbe  il  principio  di
compenetrazione  tra  attivita'  sanitaria assistenziale ed attivita'
didattica   e   di  ricerca  scientifica,  assoggettando  l'attivita'
assistenziale  svolta  dal  medico  universitario alle determinazioni
organizzative      del      direttore      generale      dell'azienda
ospedaliero-universitaria, in violazione del principio dell'autonomia
universitaria;
        che,   ad   avviso  del  Tar,  agli  organi  dell'universita'
sarebbero  stati attribuiti compiti marginali nel coordinamento degli
interessi  concernenti  l'insegnamento  e  la ricerca scientifica, in
considerazione   sia   dei   poteri   attribuiti   al  direttore  del
dipartimento,   sia  della  circostanza  che  questi  risponde  della
programmazione e della gestione delle risorse al direttore generale e
sarebbe    tenuto   a   privilegiare   le   esigenze   dell'attivita'
assistenziale   rispetto   a   quelle   dell'attivita'   didattica  e
scientifica,  cosi'  da  non garantire lo svolgimento delle attivita'
assistenziali  "funzionali  alle  esigenze  della  didattica  e della
ricerca"  in  violazione dell'art. 6, comma 1, lettera b) della legge
30 novembre 1998, n. 419;
        che,  secondo i rimettenti, "la normativa delegata in materia
di  opzione"  (ossia  l'art. 5,  commi  da 1 a 6 e da 8 a 11, nonche'
l'art. 3  del  d.lgs. n. 517 del 1999 "in parte qua"), si porrebbe in
contrasto  con  gli  artt. 33  e  76 della Costituzione, in quanto il
divieto  di  attribuire  al  medico  universitario il quale non abbia
scelto   l'attivita'   assistenziale  esclusiva  la  direzione  delle
strutture  e  dei  programmi  finalizzati alla integrazione di queste
attivita' non garantirebbe "la coerenza fra l'attivita' assistenziale
e  le  esigenze  della  formazione e della ricerca" (art. 6, comma 1,
lettere  b)  e  c) della legge n. 419 del 1998), modificando lo stato
giuridico  del  personale universitario, in violazione dei principi e
dei criteri direttivi della legge-delega;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i giudizi con separati atti di contenuto sostanzialmente coincidente,
chiedendo  che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque
infondate;
        che,  ad  avviso  della  difesa erariale, il d.lgs. 28 luglio
2000,  n. 254,  attribuendo  ai  medici  universitari  la facolta' di
esercitare  l'attivita'  libero-professionale  intramuraria in regime
ambulatoriale presso i propri studi, nei casi di carenza di strutture
e      di      spazi     idonei     all'interno     delle     aziende
ospedaliero-universitarie, inciderebbe sulla fondatezza delle censure
riferite all'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999;
        che,   secondo  l'interveniente,  detta  norma,  fissando  un
termine perentorio per l'esercizio dell'opzione in esame, non sarebbe
legata  da  alcun  nesso  con  il  comma  7,  e,  comunque,  i medici
universitari,  allorquando  effettuano  la  scelta,  sono consapevoli
degli effetti che ne derivano;
        che,   ad   avviso   dell'Avvocatura,   le  censure  riferite
all'art. 5,  comma  7,  cit.,  ed  alle disposizioni ad esso sottese,
sarebbero  infondate,  in  quanto  gli  incarichi  di  direzione  dei
programmi  del comma 4 sono stati ragionevolmente riservati ai medici
universitari  i  quali,  scegliendo il rapporto esclusivo, assicurano
piena disponibilita' per la loro realizzazione;
        che,  secondo  la  difesa  erariale,  le  norme censurate non
violerebbero   il   principio   di   compenetrazione   tra  attivita'
assistenziale  ed  attivita' didattica e di ricerca in riferimento ai
medici universitari che scelgono il rapporto non esclusivo, in quanto
essi  continuano  a  svolgere  l'attivita'  di  ricerca  e  didattica
strumentale rispetto a quella assistenziale e, inoltre, sarebbe stata
ragionevolmente  realizzata una convergenza delle strutture sanitarie
ed  universitarie, attribuendo priorita' all'assistenza sanitaria, in
vista della tutela della salute del singolo e della collettivita';
        che,  a  suo  avviso,  le  censure riferite all'art. 76 della
Costituzione  sarebbero infondate, dato che la legge-delega ha inteso
rafforzare  la  collaborazione  tra  universita' e Servizio sanitario
nazionale;
        che  nei  giudizi  instaurati  con le ordinanze di rimessione
iscritte  ai  numeri  838, 843 e 851 del registro ordinanze dell'anno
2001,  si  sono  costituiti  i  ricorrenti  nei  processi principali,
facendo sostanzialmente proprie le conclusioni del Tar;
        che  nei  giudizi promossi dalle ordinanze iscritte ai numeri
832  ed  851  del  registro  ordinanze  dell'anno 2001 si e' altresi'
costituita  la  Regione  Toscana  -  parte  nei  processi a quibus -,
chiedendo  che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque
infondate.
    Considerato  che l'identita' delle norme impugnate, delle censure
proposte   e   dei  parametri  costituzionali  invocati,  nonche'  la
coincidenza delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione
rendono opportuna la riunione dei giudizi;
        che,  nel decidere identiche questioni sollevate dallo stesso
Tar  del  Lazio,  questa  Corte,  con  ordinanza  n. 394 del 2001, ha
affermato  che  gli  atti  legislativi  e  regolamentari,  nonche' la
sentenza  n. 71  del  2001, sopravvenuti alle ordinanze di rimessione
hanno  influito  sul  complessivo quadro normativo di riferimento nel
quale   si   inscrivono  i  molteplici  profili  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale, richiedendo, conseguentemente, un nuovo
esame  da  parte  dei  giudici a quibus dei termini delle questioni e
della loro perdurante rilevanza;
        che  le  argomentazioni  svolte in detta ordinanza conservano
validita'  anche  in relazione ai provvedimenti di rimessione oggetto
del presente giudizio;
        che,  alla  luce delle modificazioni sopra indicate, gli atti
devono  essere  restituiti  ai  rimettenti, affinche' procedano ad un
nuovo esame della perdurante rilevanza delle questioni.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Ordina  la  restituzione  degli  atti al Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, sezione III.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2002.
                         Il Presidente: Vari
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 aprile 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
02C0331