N. 237 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 2002

Ordinanza  emessa  il  6  febbraio  2002 dal tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  sul  ricorso  proposto  da De Placido Giuseppe
contro Universita' degli studi di Napoli "Federico II" ed altri

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla   Facolta'   di   medicina  e  chirurgia,  nominati  in  ruolo
  successivamente  all'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo
  censurato  -  Previsione  della possibilita' di svolgere unicamente
  l'attivita'  assistenziale  esclusiva  e  di optare per l'attivita'
  professionale  extramuraria  nei  casi e modi stabiliti dal decreto
  legislativo  stesso  -  Previsione,  altresi',  fino all'entrata in
  vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario,
  che  lo  svolgimento dell'attivita' extramuraria comporta l'opzione
  per  il  tempo  definito  -  Incidenza  sul  principio di autonomia
  universitaria e sullo stato giuridico del sanitario universitario -
  Irragionevolezza  -  Lesione  dei  principi di imparzialita' e buon
  andamento della P.A. - Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 12.
- Costituzione, artt. 3, 33, 76 e 97.
(GU n.21 del 29-5-2002 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 13961/2001
proposto  da  De  Placido  Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv.
Mario  Racco  ed  elettivamente  domiciliato  nel suo studio in Roma,
viale Mazzini, 114/B,
    Contro  Universita'  degli  studi  di Napoli "Federico II", n.c.;
Ministero  della  salute e Ministero dell'universita' e della ricerca
scientifica  e  tecnologica,  rappresentati  e difesi dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ex  lege  domiciliataria  in  Roma,  via dei
Portoghesi  n. 12; Azienda universitaria Policlinico dell'Universita'
degli studi di Napoli "Federico II", n.c.;
    Per  l'accertamento del diritto del ricorrente, in quanto docente
universitario   della  facolta'  di  medicina,  a  vedersi  garantita
l'applicazione     della     normativa    vigente    sull'ordinamento
universitario,  quale  risulta  dal  d.P.R.  n. 382/1980 e successive
modificazioni   e   integrazioni   e   dalle  ulteriori  disposizioni
legislative   intervenute   in   materia,   in   tema   di  esercizio
dell'attivita'  istituzionale  di  didattica  e  ricerca  e regime di
impegno a tempo pieno o definito;
    Nonche'  per  l'annullamento,  previa  sospensione,  delle note a
firma  del  rettore  dell'Universita' degli studi di Napoli "Federico
II" del 19 ottobre 2001, prot. n. 58781 e del 6 novembre prot. 61628,
recanti  entrambe  in oggetto: "Opzione ex art. 5, commi 7 - 8 d.lgs.
n. 517/1999",  e di ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e/o
conseguenziale.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  delle  indicate
amministrazioni;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore,  per  la  camera di consiglio del 19 dicembre
2001, il consigliere Bruno Mollica;
    Udito, altresi', l'avv. Racco per il ricorrente;
    Vista l'ordinanza cautelare della sezione n. 7874/2001;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

                           Fatto e diritto
    1. - Il ricorrente, docente universitario afferente alla facolta'
di medicina e chirurgia, in servizio presso l'Universita' degli studi
di  Napoli  "Federico  II",  impugna  il  provvedimento  con  cui  si
stabilisce  l'incompatibilita' tra il regime di impegno a tempo pieno
e l'attivita' libero professionale extra moenia, a norma dell'art. 5,
comma 12,   d.lgs.   21  dicembre  1999  n. 517,  di  cui  deduce  la
illegittimita' costituzionale.
    2. - Il  ricorso investe vari profili della legislazione delegata
di  riforma  del  settore  sanitario  per  farne  discendere,  in via
derivata,  l'incostituzionalita'  della  norma  precitata:  va allora
definito  e circoscritto l'oggetto del giudizio, in quanto l'esame di
questo  giudice  deve incentrarsi esclusivamente sull'oggetto diretto
ed  immediato  della  contestazione  giudiziale, e cioe' l'automatica
correlazione   tra   opzione  per  l'attivita'  libero  professionale
intramuraria ed il regime di tempo pieno nonche' fra attivita' libero
professionale extramuraria ed il regime di tempo definito imposto dal
detto art. 5, comma 12.
    3. - Rileva  preliminarmente  il  collegio  che,  con  precedente
ricorso   giurisdizionale   n. 3854/2000,   il   ricorrente  ha  gia'
impugnato, unitamente ad altri sanitari, l'intimazione di opzione tra
attivita'  assistenziale intramuraria (definita anche come "attivita'
assistenziale   esclusiva"),   e   attivita'   libero   professionale
extramuraria  ai  sensi  dell'art. 5, commi 7 e 8, d.lgs. n. 517/1999
cit.; e che, con ordinanza n. 10904/2000, la sezione ha sollevato, in
relazione a tale ricorso, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 5  comma  8  del  d.lgs.  n. 517 cit. per contrasto con gli
artt.  3  e 97 Cost., dell'art. 5 comma 7 per contrasto con gli artt.
33  e  76 Cost., dell'art. 5 commi da 1 a 6 e da 8 a 11 e dell'art. 3
in parte qua per contrasto con gli artt. 33 e 76 Cost.
    4. - In  sede  di delibazione dell'istanza cautelare odiernamente
proposta  dal  ricorrente,  la  sezione  ha meditatamente ritenuto di
accordare,  sia  pure  interinalmente,  il  chiesto  provvedimento di
sospensione,   rinviando   a   separata   contestuale   ordinanza  la
proposizione   della   questione  di  costituzionalita'  del  sistema
normativo  posto  a  base  dell'impugnato provvedimento per possibile
contrasto,  quantomeno,  con gli artt. 3, 97, 33 e 76 Cost., anche in
riferimento all'art. 11 d.P.R. n. 382/1980, come modificato dall'art.
3 legge n. 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge n. 118/1989.
    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
l'drientamento   della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale  il
requisito  della rilevanza non viene meno nel caso in cui il giudice,
contemporaneamente  all'ordinanza  di rimessione, abbia disposto, con
separato  provvedimento,  la sospensione stessa, in via provvisoria e
temporanea,  sino  alla  ripresa  del giudizio cautelare (cfr. sentt.
n. 444 del 1990, 367 del 1991 e 4 del 2000); e cio' anche per il caso
che  la  dedotta  incostituzionalita' di una o piu' norme legislative
costituisca  l'unico  motivo  del  ricorso  innanzi al giudice a quo,
essendo  comunque  individuabile  nel  giudizio principale un petitum
separato  e  distinto dalle questioni di legittimita' costituzionale,
sul  quale  questo  giudice  e'  chiamato a pronunciarsi (cfr. sentt.
nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del 2000 cit.).
    5. - Sempre  in  punto di rilevanza, va ricordato che la ritenuta
incompatibilita'  scaturisce  dall'art.  5  comma  12,  del d.lgs. 21
dicembre  1999,  n. 517 cit.: si' che, dovendosi fare necessariamente
applicazione  della  detta  disposizione, il giudizio non puo' essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
costituisce puntuale applicazione della disposizione medesima, con la
conseguenza  che  l'eventuale eliminazione della stessa dalla realta'
giuridica    determinerebbe    il    soddisfacimento   dell'interesse
sostanziale del ricorrente.
    6. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
infondata;  ed  invero,  come gia' esposto e ritenuto nella precitata
ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  della  norma  posta  a  base del detto provvedimento:
ritiene  pertanto  di  dover sollevare, anche d'ufficio per i profili
non    trattati    dal   ricorrente,   la   relativa   questione   di
costituzionalita'  per contrasto con i gia' ricordati artt. 3, 97, 33
e 76 Cost., anche in riferimento all'art. 11 d.P.R. n. 382/1980, come
modificato  dall'art.  3  legge n. 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge
n. 118/1989.
    7. - Ragioni di economia processuale imporrebbero di non ripetere
le   considerazioni   gia'   esposte  nella  ricordata  ordinanza  di
rimessione n. 10904/2000; peraltro, per comodita' di giudizio nonche'
di  esposizione  dei  profili  specificatamente oggetto della odierna
ordinanza,  si  ritiene  opportuno  riportare i contenuti della detta
ordinanza n. 10904.
    "5.  Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
comma  8,  del  d.lgs.  n. 517/1999, che impone un termine perentorio
(che  sia  di  tale natura non sembra revocabile in dubbio, attese le
conseguenze  derivanti dall'omesso esercizio dell'opzione nel termine
fissato, previste dall'ultima parte del comma stesso) per l'esercizio
dell'opzione  ai  sensi  e  per  gli  effetti di cui al comma 7: tale
ultimo   comma   stabilisce   che   i  professori  ed  i  ricercatori
universitari  afferenti  alla facolta' di medicina e chirurgia optano
rispettivamente    per   l'esercizio   di   attivita'   assistenziale
intramuraria   ai   sensi   dell'articolo  15-quinquies  del  decreto
legislativo  30  dicembre  1992  n. 502  e successive modificazioni e
secondo  le tipologie di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 2
dello  stesso  articolo  ovvero  per  l'esercizio di attivita' libero
professionale extramuraria; tali tipologie fanno espresso riferimento
alle  strutture aziendali individuate dal direttore generale d'intesa
con   il   collegio  di  direzione,  con  cio'  ponendo  una  stretta
correlazione   tra   l'individuazione   delle   strutture   destinate
all'attivita'   libero  professionale  e  l'esercizio  dell'attivita'
medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
compenetrazione  tra  l'attivita'  sanitaria  assistenziale  e quella
didattico-scientifica  dei  docenti  universitari  della  facolta' di
medicina, che operano nelle cliniche e negli istituti universitari di
ricovero  e  cura,  che  costituisce  il dato caratterizzante le loro
funzioni ed il conseguente stato giuridico (cfr. Corte costituzionale
16 maggio 1997 n. 134).
    E  nel senso della "inscindibilita' delle attivita' assistenziali
del  personale  universitario  da quelle di didattica e di ricerca si
pone anche l'art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 1997, che reca
le   linee   guida   per   la   stipula   dei   protocolli   d'intesa
universita-regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999   e   dall'art.   15-quinquies,   comma   2,  del  d.lgs.
n. 502/1992,  e' quindi configurabile un obbligo dell'amministrazione
di  individuare  le  strutture  aziendali  entro  cui  va  esercitata
l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le soluzioni alternative,
di  cui all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448),
si'  da  rendere  concretamente  disponibili le strutture stesse ed i
servizi  (in tal senso, cfr., anche, Cons. Stato, VI Sez., ordinanza,
24  marzo  2000  n. 1431).  E  tale  obbligo  dell'amministrazione e'
correlato  al diritto all'esercizio di attivita' libero professionale
individuale   ...   nell'ambito   delle  "strutture  aziendali  (art.
15-quinquies,  punto  2, lett. a, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502
nel  testo  introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229)
da  parte  dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio sembra
di  dubbia  attuabilita'  in  assenza  della  detta  individuazione e
predisposizione  delle  strutture, non apparendo rilevante, sul piano
della effettivita' del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela
nelle  competenti  sedi nei confronti dei funzionari inadempienti (ex
art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
contraddittorieta', pur nel medesimo contesto normativo, tra il comma
8  dell'art. 5 d.lgs. n. 517/1999 cit. - nella parte in cui introduce
il   censurato   termine  "perentorio  per  l'opzione,  omettendo  di
subordinare  o  comunque  correlare  l'opzione medesima alla concreta
disponibilita'  delle  strutture  - ed il comma 7, nella parte in cui
(rinviando  alle  tipologie di cui alle lettere a), b), c), d), comma
2, art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502/92 e successive modificazioni)
fa  riferimento  all'individuazione  delle  strutture  medesime,  con
conseguente  configurabilita',  per  tale  profilo,  di un'ipotesi di
contrasto  tra  la  censurata  disposizione  dell'art. 5 comma 8, del
d.lgs.  n. 517/1999,  sub  specie  di  manifesta  irragionevolezza ed
intrinseca contraddittorieta' col sistema normativo in cui si colloca
e  l'art.  3  Cost.  -  inteso  come  generale  canone  di coerenza e
ragionevolezza  dell'ordinamento  (Corte cost. n. 204/1982) - nonche'
col  principio  di  buon andamento ex art. 97 Cost.: quest'ultimo, in
particolare,  sotto il profilo della mancanza di proporzionalita' dei
mezzi  prescelti  dal  legislatore  delegato  rispetto  alle esigenze
obiettive da soddisfare o alle finalita' da perseguire, nonche' sotto
il profilo della razionale organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella
parte  in  cui,  imponendo  di  compiere  una scelta entro un termine
perentorio,  e  attribuendo  alla mancata opzione dell'interessato un
significato  legale  tipico  (equivalenza alla scelta per l'attivita'
assistenziale   esclusiva),  non  condiziona  o  correla  l'esercizio
dell'opzione   alla  concreta  disponibilita'  delle  strutture,  per
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili indicati.
    6. Il collegio dubita nel contempo della conformita' ai parametri
costituzionali  ex  art.  33  Cost.  dell'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/99, nella parte in cui impone la detta opzione relativamente a
personale  sanitario  universitario,  in uno con le disposizioni allo
stesso  sottese  (o comunque connesse, art. 5 commi da 1 a 6 e da 8 a
11,  e  art.  3  in  parte  qua)  in  quanto  sembra  porsi  ex  se -
indipendentemente,   cioe',   dal   profilo   della   necessita'   di
prescrizione  della  previa individuazione delle strutture - altresi'
in  contrasto  con  il  principio  dell'autonomia  universitaria  nel
perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce   il  comma  7  cit.  che  l'opzione  per  l'attivita'
assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai
professori  e  ricercatori  universitari di incarichi di direzione di
struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4.
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
di   una   prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
derivanti alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi 4,
5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al comma
4, infra o interdipartimentali, sono dichiaratamente finalizzati alla
integrazione  delle attivita' assistenziali, didattiche e di ricerca,
con   particolare   riguardo   alle   innovazioni   tecnologiche   ed
assistenziali,  nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche
di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale.
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
gestione  dei detti programmi per i sanitari universitari non optanti
per  l'attivita'  assistenziale  esclusiva  appare con tutta evidenza
lesiva  di  quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria
assistenziale  e  attivita'  didattica  e di ricerca scientifica, che
costituisce    dato    caratterizzante   l'attivita'   dei   sanitari
universitari  e  che  trova  tutela (anche) nei principi di autonomia
didattico scientifica postulati dall'art. 33 Cost.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
tra  l'altro  irretrattabile,  a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
fatta eccezione per limitate specifiche ipotesi - non sembra in linea
con i principi di autonomia didattico-scientifica ex art. 33 Cost.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
del   sanitario   universitario   alle  determinazioni  organizzative
assistenziali  del  direttore  generale dell'Azienda ospedaliera (sia
pure d'intesa col rettore o su proposta del responsabile di struttura
complessa;  in  particolare,  commi  1,  2,  5,  6 dell'art. 5 cit.):
dell'adempimento delle attivita' assistenziali - che pur si integrano
con  quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2 dell'art. 5
-  il  personale universitario risponde al (solo) direttore generale,
ai  sensi  dello  stesso  comma;  l'attribuzione  e  la  revoca degli
incarichi   di   struttura  semplice  e  degli  incarichi  di  natura
professionale  e'  disposta  dal  direttore  generale su proposta del
responsabile  della struttura complessa di appartenenza del sanitario
(comma   6);  l'incarico  di  direzione  di  struttura  complessa  e'
attribuito  (e  revocato) dal direttore generale sulla base di (mera)
intesa  con  il  rettore, ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto
disposto  per  il  direttore  del  dipanimento ad attivita' integrata
dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
direttore  generale  sulle  attribuzioni  in  materia  didattica e di
ricerca  riservate  all'istituzione universitaria (anche per cio' che
concerne  l'attivita'  di  programmazione di tali aspetti); la stessa
collocazione  funzionale  assistenziale  per effetto della esercitata
opzione  -  rimessa,  in definitiva, al direttore generale - ben puo'
incidere,  in  concreto,  sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
particolare,  all'attribtizione  di un incarico assistenziale che non
consenta   un'adeguata   e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
personale  per  esigenze  di  didattica  e  ricerca  nel quadro della
programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
condizionamenti   in   relazione   alle   determinazioni  in  materia
assistenziale   di  un  direttore  generale  che  ha  come  obiettivo
gestionale   essenzialmente   la  realizzazione  di  un  progetto  di
assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di  un  programma
universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
sistema normativo in esame agli organi istituzionali dell'universita'
in   materia   di  coordinamento  degli  interessi  che  sono  propri
dell'autonomia  dell'istituzione  (id  est, di insegnamento e ricerca
scientifica),   posizione   non   bilanciata   dalla   previsione  di
partecipazione  (recte, intesa) del rettore alla nomina del direttore
del  dipartimento  ad  attivita'  integrata  ex art. 3 comma 4, quale
centro di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
del  detto  necessario  coordinamento,  e' pur vero che gli interessi
istituzionali    dell'universita'    restano    comunque   ampiamente
condizionati  dalle scelte gestionali del direttore del dipartimento:
e  cio'  in  termini  di  programmazione,  organizzazione  e gestione
dell'attivita'   di   insegnamento   e  di  aggiornamento  e  ricerca
scientifica, che la Costituzione assegna primariamente alla autonomia
dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
la responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale in
ordine  alla  razionale  e  corretta  programmazione e gestione delle
risorse  assegnate  per  la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
tenendo  "anche  conto  della  necessita'  di soddisfare le peculiari
esigenze  connesse alle attivita' didattiche e scientifiche, con cio'
conferendo,   nelle   scelte   decisionali,   priorita'   ai  profili
dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in
violazione,  altresi',  del disposto dell'art. 6 lett. b) della legge
delega (vedasi al riguardo il successivo punto 7), laddove si intende
"assicurare  lo  svolgimento delle attivita' assistenziali funzionali
alle  esigenze  della  didattica  e  della  ricerca,  con inversione,
quindi, del processo logico postulato dal legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
conformita'   al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema  di
organizzazione  interna  delle  aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
cit.  per  i  riflessi  sulla  posizione  dei  sanitari  optanti  per
l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui non prevedono
una   partecipazione  diretta  di  organi  universitari  alle  scelte
decisionali  in  tema  di  collegamento  tra  assistenza, didattica e
ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517/99 e delle
norme  ad  esso  sottese,  o comunque connesse, in parte qua (art. 5,
commi  da  1  a  6 e da 8 ad 11 e art. 3) per contrasto con l'art. 33
Cost.
    7.  La  normativa  delegata  in  materia  di opzione dei sanitari
universitari  non  sembra  inoltre  avere  compiutamente realizzato -
attese  le  evidenziate  incongruenze  del  sistema  - il disegno del
legislatore   delegante  in  ordine  alla  coerenza  fra  l'attivita'
assistenziale e le esigenze della formazione e della ricerca (art. 6,
lett. b), c), della legge 30 novembre 1998 n. 419, anche in relazione
a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
laddove   si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  6  -  una
organizzazione  dipartimentale  al  fine  di  assicurare  l'esercizio
integrato  delle  attivita'  assistenziali,  didattiche  e di ricerca
(art.  3)  anche  sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che  debba  ragionevolmente
dubitarsi  della  effettivita' della richiesta "coerenza tra le dette
esigenze  e  l'attivitta'  assistenziale (oltre che per i motivi gia'
illustrati)  in  presenza  di un espresso disposto della legislazione
delegata  che non consente al sanitario universitario non optante per
l'attivita'  assistenziale  esclusiva  la preposizione, non solo alla
direzione   di   strutture,   con   conseguente   impossibilita'   di
impostazione   dei  programmi,  delle  modalita'  e  degli  specifici
contenuti  della  ricerca  scientifica,  ma  addirittura ai programmi
espressamente   finalizzati   alla   integrazione   delle   attivita'
assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle
innovazioni tecnologiche ed assistenziali.
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
dal sistematico rinvio a futuri (ed incerti nei contenuti) protocolli
d'intesa.
    D'altro  canto, non puo' esservi "coerenza tra i detti profili se
il  sistema  e'  "sbilanciato  verso la primaria considerazione delle
esigenze assistenziali; ne' il legislatore delegato si e' mosso nella
ottica  di  un  rafforzamento  dei  processi  di  collaborazione  tra
universita'  e  servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett. a) della
legge  delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne risulta
ampiamente "sacrificata , giusta le pregresse considerazioni.
    Non  sembra  altresi' che la delega ex art. 6 lett. c) cit. abbia
ad oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del personale
sanitario  universitario:  nel  momento  in  cui  si  va ad alterare,
quantomeno per il personale universitario non optante per l'attivita'
assistenziale esclusiva, il quadro di ragionevole compenetrazione fra
l'attivita'  didattico-scientifica e attivita' assistenziale, siccome
consolidato   anche   dal  complessivo  andamento  della  pluriennale
legislazione in materia, si va invero ad incidere in modo sostanziale
sulla   particolare   connotazione   della   posizione  dei  sanitari
universitari,   che  costituisce  il  dato  caratterizzante  le  loro
funzioni  ed  il conseguente stato giuridico (Corte cost. n. 134/1997
cit.).
    L'art.  6  della  legge  delega,  alla lett. c), si e' limitato a
demandare al legislatore delegato l'emanazione di idonee disposizioni
in  materia  di  personale  nel quadro dell'esigenza di assicurare la
"coerenza  fra  l'attivita'  assistenziale  e  quella di formazione e
ricerca,  e  non ha inteso assolutamente consentire lo stravolgimento
dello stato giuridico dei sanitari universitari: ed invero, l'oggetto
della  delega  e'  espressamente  e  chiaramente definito nella prima
parte  del comma 1, laddove la delega stessa e' intesa all'emanazione
di decreti legislativi specificatamente volti a ridefinire i rapporti
tra  servizio  "sanitario nazionale e universita' ; ed in tali limiti
deve mantenersi l'attivita' normativa del legislatore delegato.
    Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
per  la  collocazione  sistematica  della  norma  che per il richiamo
inequivoco  al  "solo personale della dirigenza sanitaria in servizio
al  31  dicembre 1998 - il criterio direttivo di cui all'art. 2 lett.
q)  della  legge  n. 419/1998  cit.,  in  ordine  alla  previsione di
modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto di lavoro quale
scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
(e  delle  norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
canoni costituzionali ex art. 76 Cost.".
    8. - Cio'  premesso,  considerazioni  analoghe  vanno esposte con
riferimento  alla  norma  dell'art.  5,  comma 12, oggetto di odierno
esame,  secondo  cui, fino alla data di entrata in vigore della legge
di  riordino  dello  stato giuridico universitario "lo svolgimento di
attivita' libero professionale intramuraria comporta l'opzione per il
tempo  pieno  e  lo  svolgimento dell'attivita' extramuraria comporta
l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382".
    Ed  invero,  la  norma deve ritenersi viziata, in primo luogo, in
via  derivata  in  quanto  l'eventuale  caducazione  delle  norme  in
precedenza    sottoposte    alla    verifica   di   costituzionalita'
comporterebbe, attesa la correlazione automatica con le norme stesse,
l'eliminazione dalla realta' giuridica (anche) della disposizione del
comma 12.
    La  norma  appare altresi' viziata ex se, ove si ponga mente alla
disciplina del regime dell'impegno di servizio - a tempo pieno ovvero
definito  -  per  i  professori  universitari,  giusta  la previsione
dell'art.  11  d.P.R.  382/1980,  come  modificato  dall'art. 3 legge
n. 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge n. 118/1989.
    L'ordinamento  universitario impone una scelta meditata tra tempo
pieno   e  tempo  definito,  entro  un  termine  perentorio  riferito
all'inizio dell'anno accademico e con impegno almeno biennale.
    A seconda dell'impegno prescelto, i docenti universitari assumono
una  diversa collocazione nel quadro della struttura universitaria e,
in  definitiva,  un diverso status professionale, anche in termini di
completa   (o   minore)  dedizione  ai  compiti  istituzionali  delle
universita', e cioe' l'insegnamento e la ricerca.
    Si'  che  la scelta del legislatore delegato nel senso della piu'
volte   ricordata   (nell'ordinanza   n. 10904   cit.,  "correlazione
automatica  da' adito a dubbi di costituzionalita' con riferimento al
principio  dell'autonomia  universitaria  nel  perseguimento dei fini
istituzionali didattici e scientifici ex art. 3 Cost. e, incidendo in
definitiva  sullo stato giuridico del sanitario univerario, anche con
riferimento  all'art.  76  Cost.,  attesi  i gia' evidenziati (sempre
nell'ordinanza  n. 10904)  limiti  ex  art.  6  lett.  c) della legge
delega.
    Ne' puo' non essere rilevata quella manifesta irragionevolezza ed
intrinseca  contraddittorieta',  nel  contesto  normativo inerente al
regime  di  servizio  dei  docenti  universitari, tra la disposizione
dell'art. 5 comma 12, d.lgs. n. 517 cit. e quella dell'art. 11 d.P.R.
n. 382/1980,  che gia' nell'ordinanza n. 10904/2000 e' stata rilevata
tra  altre  norme per poi farne derivare una ipotesi di contrasto con
l'art.  3  Cost.,  quale canone generale di coerenza e ragionevolezza
dell'ordinamento,  e  con  l'art.  97  Cost.,  sotto il profilo della
mancanza di proporzionalita' rispetto alle finalita' da perseguire.
    Sembra  pertanto che la norma dell'art. 5 comma 12 non sia esente
da  dubbi  di costituzionalita', oltre che in via derivata, anche per
contrasto  con  gli  artt.  3,  33,  76 e 97 Cost., ed in riferimento
all'art. 11 d.P.R. n. 382/1980 cit. e successive modificazioni.
    9. - Per  le  considerazioni  che  precedono, va conseguentemente
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
comma  12, d.lgs. n. 517/99 cit., in via derivata e per contrasto con
gli artt. 3, 33, 76 e 97 Cost.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art.  23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle suindicate norme.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art.   5,   comma   12,   d.lgs.
n. 517/1999,  in via derivata e per contrasto con gli artt. 3, 33, 76
e 97 Cost.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre
2001.
                        Il Presidente: Cossu
                 Il consigliere estensore: Mollica
02C0445