N. 254 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 gennaio 2002

Ordinanza  emessa  l'8  gennaio  2002  dal  tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio  sul  ricorso  proposto  da Di Girolamo Michele
contro Universita' degli studi di Roma "Tor Vergata" ed altri

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina  e  chirurgia  -  Esercizio  o rinnovo
  dell'opzione per l'attivita' assistenziale intramuraria, ovvero per
  l'attivita'  libero professionale extramuraria - Termine perentorio
  di  quarantacinque  giorni  dalla  data  di  entrata  in vigore del
  decreto  legislativo censurato - Previsione dell'equivalenza legale
  della mancata comunicazione dell'opzione entro il termine predetto,
  alla   scelta  dell'attivita'  assistenziale  esclusiva  -  Mancata
  subordinazione  dell'esercizio  dell'opzione  alla  previa concreta
  disponibilita'  di strutture adeguate in cui esercitare l'attivita'
  assistenziale  intramuraria  -  Irragionevolezza - Contrasto con il
  principio di buon andamento della P.A.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 8.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla facolta' di medicina e chirurgia - Previsione, quale requisito
  necessario   per   l'attribuzione  di  incarichi  di  direzione  di
  struttura  nonche'  dei  programmi,  della  scelta  per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva  -  Lesione  del  principio  di  autonomia
  didattico-scientifica  e di compenetrazione tra attivita' sanitaria
  assistenziale  e  attivita'  didattica  e  di ricerca scientifica -
  Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 7.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina e chirurgia - Irretrattabilita', salvo
  limitate  eccezioni,  della  scelta  per  l'attivita' assistenziale
  intramuria     -     Lesione    del    principio    di    autonomia
  didattico-scientifica.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 10.
- Costituzione, art. 33.
Sanita'  pubblica  -  Norme relative all'organizzazione interna delle
  aziende  sanitarie  e  in  materia  di  personale  delle  stesse  -
  Assoggettamento    dell'attivita'   assistenziale   del   sanitario
  universitario   alle  determinazioni  organizzative  del  Direttore
  generale  dell'Azienda  ospedaliera  -  Attribuzione  al  Direttore
  generale  del  potere  di  conferimento e revoca degli incarichi di
  strutture  semplici  e  di  natura  professionale,  su proposta del
  responsabile   della   struttura   complessa  di  appartenenza  del
  sanitario,  nonche'  degli  incarichi  di  direzione  di  strutture
  complesse  sulla  base  di  mera  intesa con il Rettore - Incidenza
  delle  determinazioni  del Direttore generale sulle attribuzioni in
  materia didattica e scientifica riservate all'Universita' - Lesione
  del   principio   della   liberta'  di  insegnamento  in  relazione
  all'attribuzione  di  un  incarico  assistenziale  che non consente
  un'adeguata  e  proficua utilizzazione di strutture e personale per
  esigenze di didattica e ricerca - Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 3 e 5, commi da 1 a 6 e da 8
  a 11.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
(GU n.22 del 5-6-2002 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 11364/01,
proposto   da   Di   Girolamo   Michele,   rappresentato   e   difeso
dall'avv. Mario  Racco ed elettivamente domiciliato nel suo studio in
Roma, Viale Mazzini n. 114/B.
    Contro, Universita' degli studi di Roma "Tor Vergata", in persona
del  rettore  p.t.; Ministero della sanita' e Ministero universita' e
ricerca   scientifica   e   tecnologica,   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ex lege domiciliati in Roma,
Via   dei  Portoghesi  n. 12;  per  l'accertamento  del  diritto  del
ricorrente,   in  quanto  docente  universitario  della  facolta'  di
medicina,  a vedersi garantita l'applicazione della normativa vigente
sull'ordinamento  universitario, quale risulta dal d.P.R. n. 382/1980
e   successive   modificazioni   e  integrazioni  e  dalle  ulteriori
disposizioni legislative intervenute in materia, in tema di esercizio
dell'attivita'  istituzionale  di  didattica  e  ricerca  e regime di
impegno a tempo pieno o definito.
    Nonche'  per  l'annullamento,  previa  sospensione,  della nota a
firma   del  rettore  dell'Universita'  di  Roma  "Tor  Vergata"  del
6 settembre    2001,   prot.   n. 32919/2001,   avente   ad   oggetto
"Comunicazione", nonche' di ogni altro atto presupposto, connesso e/o
conseguenziale.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto   l'atto   di   costituzione  in  giudizio  delle  indicate
amministrazioni;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore,  per  la  camera di consiglio del 14 novembre
2001, il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', gli avv. Racco e Greco;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

                           Fatto e diritto

    1.  - Il ricorrente docente universitario afferente alla facolta'
di medicina e chirurgia, in servizio presso l'Universita' degli Studi
di  Roma  "Tor  Vergata",  impugna  il  provvedimento  con  cui viene
disposta l'applicazione del tempo definito a norma dell'art. 5, comma
12,  d.lgs.  21  dicembre  1999,  n. 517;  deduce  la  illegittimita'
costituzionale di tale disposizione nonche' del sistema normativo che
introduce  l'opzione  per  l'esercizio  dell'attivita'  assistenziale
intramuraria    (definita   anche   come   "attivita'   assistenziale
esclusiva")  o  dell'attivita'  libero  professionale extramuraria ai
sensi dell'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. n. 517 cit.
    2.  - Il ricorso investe vari profili della legislazione delegata
di  riforma  del settore sanitario: va allora definito e circoscritto
l'oggetto  del  giudizio,  restando estranee allo stesso alcune delle
argomentazioni  esposte  dalla difesa dell'istante, in quanto l'esame
di   questo  giudice  deve  incentrarsi  esclusivamente  sull'oggetto
diretto  ed  immediato della contestazione giudiziale, e cioe', da un
lato,   l'esercizio   della  detta  opzione  da  parte  dei  sanitari
universitari  e le conseguenze che ne derivano alla loro posizione di
status  nell'una  e  nell'altra ipotesi; dall'altro, in via derivata,
l'automatica   correlazione   tra   opzione  per  l'attivita'  libero
professionale  extramuraria  ed  il regime di tempo pieno nonche' fra
attivita'  libero  professionale  extramuraria  ed il regime di tempo
definito imposto dal detto art. 5, comma 12.
    Ed  invero,  la  disposizione  del  comma  12  trova  il  proprio
presupposto  logico-giuridico  nella stessa esistenza della norma che
intima  l'opzione, costituendo, nel disegno del legislatore delegato,
mera conseguenza automatica della scelta per l'uno o l'altro sistema.
    3.  -  In sede di delibazione dell'istanza cautelare proposta dal
ricorrente,  la  sezione  ha meditatamente ritenuto di accordare, sia
pure   interinalmente,   il  chiesto  provvedimento  di  sospensione,
rinviando  a  separata  contestuale  ordinanza  la proposizione della
questione  di  costituzionalita'  del  relativo sistema normativo per
possibile  contrasto, quantomeno, con gli artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.,
anche  in riferimento all'art. 11 d.P.R. n. 382/1980, come modificato
dall'art. 3 legge n. 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge n. 118/1989.
    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
l'orientamento   della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale  il
requisito  della rilevanza non viene meno nel caso in cui il giudice,
contemporaneamente  all'ordinanza  di rimessione, abbia disposto, con
separato  provvedimento,  la sospensione stessa, in via provvisoria e
temporanea,  sino  alla  ripresa  del giudizio cautelare (cfr. sentt.
nn. 444  del  1990,  367  del 1991 e 4 del 2000); e cio' anche per il
caso   che  la  dedotta  incostituzionalita'  di  una  o  piu'  norme
legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al giudice
a  quo,  essendo  comunque  individuabile  nel giudizio principale un
petitum   separato   e   distinto  dalle  questioni  di  legittimita'
costituzionale,  sul  quale questo giudice e' chiamato a pronunciarsi
(cfr. sentt. nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del 2000 cit.).
    4. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata
opzione  e'  imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
1999, n. 517 cit. e che la detta "correlazione" e' prevista dal comma
12:  si' che, dovendosi fare necessariamente applicazione delle dette
disposizioni,  il giudizio non puo' essere definito indipendentemente
dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
costituisce puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con la
conseguenza  che  l'eventuale eliminazione delle stesse dalla realta'
giuridica    determinerebbe    il    soddisfacimento   dell'interesse
sostanziale del ricorrente.
    5. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
infondata;  ed  invero, come gia' esposto e ritenuto nella precitata,
ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  delle  norme  poste  a base del detto provvedimento e
delle disposizioni allo stesso sottese (o comunque connesse): ritiene
pertanto  di  dover  sollevare,  anche  d'ufficio  per  i profili non
trattati  dal  ricorrente, la relativa questione di costituzionalita'
per contrasto con i gia' ricordati artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.
    6.   -   Con   riferimento   all'opzione   tra  attivita'  libero
professionale,  intra  ed  extra  moenia,  viene  in  primo  luogo in
considerazione la norma dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999,
che  impone  un termine perentorio (che sia di tale natura non sembra
revocabile  in  dubbio,  attese  le conseguenze derivanti dall'omesso
esercizio  dell'opzione  nel  termine  fissato,  previste dall'ultima
parte  del  comma stesso) per l'esercizio dell'opzione ai sensi e per
gli  effetti  di  cui  al comma 7: tale ultimo comma stabilisce che i
professori  ed  i ricercatori universitari afferenti alla facolta' di
medicina  e  chirurgia  optano  rispettivamente  per  l'esercizio  di
attivita'   assistenziale   intramuraria   ai   sensi   dell'articolo
15-quinquies  del  d.lgs.  30  dicembre  1992,  n. 502  e  successive
modificazioni  e "secondo le tipologie di cui alle lettere a), b), c)
e  d)  del  comma  2 dello stesso articolo" ovvero per l'esercizio di
attivita'  libero  professionale extramuraria: tali "tipologie" fanno
espresso   riferimento  alle  "strutture  aziendali  individuate  dal
direttore  generale  d'intesa con il collegio di direzione", con cio'
ponendo una stretta correlazione tra l'individuazione delle strutture
destinate    all'attivita'   libero   professionale   e   l'esercizio
dell'attivita' medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
"compenetrazione  tra  l'attivita'  sanitaria  assistenziale e quella
didattico-scientifica  dei  docenti  universitari  della  facolta' di
medicina, che operano nelle cliniche e negli istituti universitari di
ricovero  e  cura",  che costituisce "il dato caratterizzante le loro
funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico" (cfr. Corte cost. 16
maggio 1997, n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
del  personale  universitario  da quelle di didattica e di ricerca si
pone anche l'art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 1997, che reca
le   linee   guida   per   la   stipula   dei   protocolli   d'intesa
universita-regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999    e    dall'art. 15-quinquies,   comma 2,   del   d.lgs.
n. 502/1992,  e' quindi configurabile un obbligo dell'amministrazione
di  individuare  le  strutture  aziendali  entro  cui  va  esercitata
l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le soluzioni alternative,
di  cui all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448),
si'  da  rendere  concretamente  disponibili le strutture stesse ed i
servizi  (in  tal senso, cfr., anche, Cons. Stato, VI Sez., ordinanza
24  marzo  2000  n. 1431).  E  tale  obbligo  dell'amministrazione e'
correlato al "diritto all'esercizio di attivita' libero professionale
individuale    ....    nell'ambito    delle    strutture   aziendali"
(art. 15-quinquies,  punto  2, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502  nel  testo  introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999
n. 229)  da parte dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio
sembra di dubbia attuabilita' in assenza della detta individuazione e
predisposizione  delle  strutture, non apparendo rilevante, sul piano
della effettivita' del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela
nelle  competenti  sedi nei confronti dei funzionari inadempienti (ex
art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
contraddittorieta', pur nel medesimo contesto normativo, tra il comma
8  dell'art. 5 d.lgs. n. 517/1999 cit. - nella parte in cui introduce
il   censurato  termine  "perentorio"  per  l'opzione,  omettendo  di
subordinare  o  comunque  correlare  l'opzione medesima alla concreta
disponibilita'  delle  strutture  - ed il comma 7, nella parte in cui
(rinviando  alle  tipologie  di  cui  alle  lettere  a),  b), c), d),
comma 2,   art. 15-quinquies  del  d.lgs.  n. 502/1992  e  successive
modificazioni)  fa  riferimento  all'individuazione  delle  strutture
medesime,  con  conseguente configurabilita', per tale profilo, di un
ipotesi  di contrasto tra la censurata disposizione dell'art. 5 comma
8,  del  d.lgs. n. 517/1999, sub specie di manifesta irragionevolezza
ed  intrinseca  contraddittorieta'  col  sistema  normativo in cui si
colloca  e l'art. 3 Cost. - inteso come generale canone di coerenza e
ragionevolezza  dell'ordinamento  (Corte cost. n. 204/1982) - nonche'
col  principio  di  buon  andamento  ex  art. 97  della Costituzione:
quest'ultimo,  in  particolare,  sotto  il  profilo della mancanza di
proporzionalita'   dei   mezzi  prescelti  dal  legislatore  delegato
rispetto  alle  esigenze  obiettive da soddisfare o alle finalita' da
perseguire,  nonche'  sotto il profilo della razionale organizzazione
dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella
parte  in  cui,  imponendo  di  compiere  una scelta entro un termine
perentorio,  e  attribuendo  alla mancata opzione dell'interessato un
significato  legale  tipico  (equivalenza alla scelta per l'attivita'
assistenziale   esclusiva),  non  condiziona  o  correla  l'esercizio
dell'opzione   alla  concreta  disponibilita'  delle  strutture,  per
contrasto  con  gli  artt. 3  e 97 della Costituzione sotto i profili
indicati.
    7.  -  Il  collegio  dubita  nel  contempo  della  conformita' ai
parametri  costituzionali  ex art. 33 della Costituzione dell'art. 5,
comma  7,  del d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta
opzione  relativamente  al  personale sanitario universitario, in uno
con  le disposizioni allo stesso sottese (o comunque connesse, art. 5
commi  da  1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in quanto sembra
porsi  ex se - indipendentemente, cioe', dal profilo della necessita'
di   prescrizione  della  previa  individuazione  delle  strutture  -
altresi'  in  contrasto con il principio dell'autonomia universitaria
nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  cit.  che  "l'opzione  per  l'attivita'
assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai
professori  e  ricercatori  universitari di incarichi di direzione di
struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
di   una   prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
derivanti alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi 4,
5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al comma
4,  infra  o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente finalizzati
"alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di
ricerca,  con  particolare  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed
assistenziali,  nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche
di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
gestione  dei detti programmi per i sanitari universitari non optanti
per  l'attivita'  assitenziale  esclusiva  appare  con tutta evidenza
lesiva  di  quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria
assistenziale  e  attivita'  didattica  e di ricerca scientifica, che
costituisce    dato    caratterizzante   l'attivita'   dei   sanitari
universitari  e  che  trova  tutela (anche) nei principi di autonomia
didatticoscientifica postulati dall'art. 33 della Costituzione.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
tra  l'altro  irretrattabile,  a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
fatta eccezione per limitate specifiche ipotesi - non sembra in linea
con  i  principi  di autonomia didattico-scientifica ex art. 33 della
Costituzione.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
del   sanitario   universitario   alle  determinazioni  organizzative
assistenziali  del  direttore  generale dell'azienda ospedaliera (sia
pure d'intesa col rettore o su proposta del responsabile di struttura
complessa;  cfr.  in particolare, commi 1, 2, 5, 6 dell'art. 5 cit.):
dell'adempimento   delle   attivita'  assistenziali  -  che  pur  "si
integrano"  con  quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2
dell'art. 5 - il personale universitario risponde al (solo) direttore
generale,  ai  sensi  dello  stesso comma; l'attribuzione e la revoca
degli  incarichi  di  struttura  semplice e degli incarichi di natura
professionale  e'  disposta  dal  direttore  generale su proposta del
responsabile  della struttura complessa di appartenenza del sanitario
(comma   6);  l'incarico  di  direzione  di  struttura  complessa  e'
attribuito  (e  revocato) dal direttore generale sulla base di (mera)
intesa  con  il  rettore, ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto
disposto  per  il  direttore  del dipartimento ad attivita' integrata
dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
direttore  generale  sulle  attribuzioni  in  materia  didattica e di
ricerca  riservate  all'istituzione universitaria (anche per cio' che
concerne  l'attivita'  di  programmazione di tali aspetti); la stessa
collocazione  e  assistenziale per effetto della esercitata opzione -
rimessa, in definitiva, al direttore generale - ben puo' incidere, in
concreto,  sulla  liberta'  d'insegnamento (si pensi, in particolare,
all'attribuzione  di  un  incarico  assistenziale  che  non  consenta
un'adeguata  e  proficua  utilizzazione  di strutture e personale per
esigenze  di  didattica e ricerca nel quadro della programmazione del
dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
condizionamenti   in   relazione   alle   determinazioni  in  materia
assistenziale   di  un  direttore  generale  che  ha  come  obiettivo
gestionale   essenzialmente   la  realizzazione  di  un  progetto  di
assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di  un  programma
universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
sistema normativo in esame agli organi istituzionali dell'universita'
in   materia   di  coordinamento  degli  interessi  che  sono  propri
dell'autonomia  dell'istituzione  (id  est, di insegnamento e ricerca
scientifica),   posizione   non   bilanciata   dalla   previsione  di
partecipazione  (recte, intesa) del rettore alla nomina del direttore
del  dipartimento  ad  attivita'  integrata ex art. 3, comma 4, quale
centro di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
del  detto  necessario  coordinamento,  e' pur vero che gli interessi
istituzionali    dell'universita'    restano    comunque   ampiamente
condizionati  dalle scelte gestionali del direttore del dipartimento:
e  cio'  in  termini  di  programmazione,  organizzazione  e gestione
dell'attivita'   di   insegnamento   e  di  aggiornamento  e  ricerca
scientifica,  che la Costituzione assegna primariamente all'autonomia
dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
la responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale in
ordine  alla  razionale  e  corretta  programmazione e gestione delle
risorse  assegnate  per  la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
tenendo  "anche"  conto  della  necessita' di soddisfare le peculiari
esigenze  connesse alle attivita' didattiche e scientifiche, con cio'
conferendo,   nelle   scelte   decisionali,   priorita'   ai  profili
dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in
violazione,  altresi',  del disposto dell'art. 6 lett. b) della legge
delega (vedasi al riguardo il successivo punto 8), laddove si intende
"assicurare" lo svolgimento delle attivita' assistenziali "funzionali
alle  esigenze  della  didattica  e  della  ricerca", con inversione,
quindi, del processo logico postulato dal legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
conformita'   al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema  di
organizzazione  interna  delle  aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
cit.,  per  i  riflessi  sulla  posizione  dei  sanitari  optanti per
l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui non prevedono
una   partecipazione  diretta  di  organi  universitari  alle  scelte
decisionali  in  tema  di  collegamento  tra  assistenza, didattica e
ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5,  comma 7,  del  d.lgs.  n. 517/1999 e
delle  norme  ad  esso  sottese,  o  comunque  connesse, in parte qua
(art. 5,  commi  da  1  a  6  e da 8 a 11 e art. 3) per contrasto con
l'art. 33 della Costituzione.
    8.  -  La  normativa  delegata in materia di opzione dei sanitari
universitari  non  sembra  inoltre  avere  compiutamente realizzato -
attese  le  evidenziate  incongruenze  del  sistema  - il disegno del
legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza  fra  l'attivita'
assistenziale  e  le  esigenze  della  formazione  e  della  ricerca"
(art. 6, lett. b), c), della legge 30 novembre 1998, n. 419, anche in
relazione a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
laddove   si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  7  -  una
organizzazione  dipartimentale  al  fine  di  assicurare  l'esercizio
integrato  delle  attivita'  assistenziali,  didattiche  e di ricerca
(art. 3)  anche  sotto  l'aspetto della utilizzazione delle strutture
assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che  debba  ragionevolmente
dubitarsi  della effettivita' della richiesta "coerenza" tra le dette
esigenze  e  l'attivita'  assistenziale  (oltre che per i motivi gia'
illustrati)  in  presenza  di un espresso disposto della legislazione
delegata  che non consente al sanitario universitario non optante per
l'attivita'  assistenziale  esclusiva  la preposizione, non solo alla
direzione   di   strutture,   con   conseguente   impossibilita'   di
impostazione   dei  programmi,  delle  modalita'  e  degli  specifici
contenuti  della  ricerca  scientifica,  ma  addirittura ai programmi
espressamente   finalizzati   alla   "integrazione   delle  attivita'
assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle
innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
dal sistematico rinvio a futuri (ed incerti nei contenuti) protocolli
d'intesa.
    D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se
il  sistema  e'  "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle
esigenze  assistenziali;  ne'  il  legislatore  delegato  si e' mosso
nell'ottica  di  un  rafforzamento dei processi di collaborazione tra
universita'  e  servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett. a) della
legge  delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne risulta
ampiamente "sacrificata", giusta le pregresse considerazioni.
    Non  sembra  altresi' che la delega ex art. 6 lett. c) cit. abbia
ad oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del personale
sanitario  universitario:  nel  momento  in  cui  si  va ad alterare,
quantomeno per il personale universitario non optante per l'attivita'
assistenziale esclusiva, il quadro di ragionevole compenetrazione fra
attivita'  didattico-scientifica  e  attivita' assistenziale, siccome
consolidato   anche   dal  complessivo  andamento  della  pluriennale
legislazione in materia, si va invero ad incidere in modo sostanziale
sulla   particolare   connotazione   della   posizione  dei  sanitari
universitari,  che  costituisce  il  "dato  caratterizzante  le  loro
funzioni  ed il conseguente stato giuridico" (Corte cost. n. 134/1997
cit).
    L'art. 6  della  legge  delega,  alla  lett. c), si e' limitato a
demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione   di   "idonee
disposizioni  in  materia  di  personale" nel quadro dell'esigenza di
assicurare  la  "coerenza"  fra l'attivita' assistenziale e quella di
formazione  e  ricerca,  e  non ha inteso assolutamente consentire lo
stravolgimento  dello  stato  giuridico dei sanitari universitari: ed
invero,   l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e  chiaramente
definito  nella  prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
intesa  all'emanazione di decreti legislativi specificatamente "volti
a   ridefinire   i   rapporti  tra  servizio  sanitario  nazionale  e
universita'", ed in tali limiti deve mantenersi l'attivita' normativa
del legislatore delegato.
    Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
per  la  collocazione  sistematica  della  norma  che per il richiamo
inequivoco  al "solo personale della dirigenza sanitaria" in servizio
al  31  dicembre 1998 - il criterio direttivo di cui all'art. 2 lett.
q)  della  legge  n. 419/1998  cit.,  in  ordine  alla  previsione di
modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto di lavoro quale
scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
(e  delle  norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
canoni costituzionali ex art. 76 della Costituzione.
    9.  -  Considerazioni analoghe vanno esposte con riferimento alla
norma  dell'art. 5,  comma 12, secondo cui, fino alla data di entrata
in vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario
"lo   svolgimento  di  attivita'  libero  professionale  intramuraria
comporta l'opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell'attivita'
extramuraria  comporta  l'opzione  per  il  tempo  definito  ai sensi
dell'art. 11  del  decreto  del Presidente della Repubblica 11 luglio
1980 n. 382".
    Ed  invero,  la  norma deve ritenersi viziata, in primo luogo, in
via  derivata  in  quanto  l'eventuale  caducazione  delle  norme  in
precedenza  indicate comporterebbe, attesa la correlazione automatica
con  le  norme stesse, l'eliminazione dalla realta' giuridica (anche)
della disposizione del comma 12.
    La  norma  appare  altresi'  viziata ex se, in relazione a quanto
gia'   esposto,  ove  si  ponga  mente  alla  disciplina  del  regime
dell'impegno  di  servizio  -  a  tempo pieno ovvero definito - per i
professori  universitari,  giusta  la  previsione dell'art. 11 d.P.R.
n. 382/1980,  come  modificato  dall'art. 3 legge n. 705/1985 e dagli
artt. 3 e 4 legge n. 118/1989.
    L'ordinamento  universitario impone una scelta meditata tra tempo
pieno   e  tempo  definito,  entro  un  termine  perentorio  riferito
all'inizio dell'anno accademico e con impegno almeno biennale.
    A seconda dell'impegno prescelto, i docenti universitari assumono
una  diversa collocazione nel quadro della struttura universitaria e,
in  definitiva,  un diverso status professionale, anche in termini di
completa   (o   minore)  dedizione  ai  compiti  istituzionali  delle
universita', e cioe' l'insegnamento e la ricerca.
    Si'  che  la scelta del legislatore delegato nel senso della piu'
volte  ricordata  "correlazione  automatica"  da'  adito  a  dubbi di
costituzionalita'   con   riferimento   al  principio  dell'autonomia
universitaria  nel  perseguimento  dei fini istituzionali didattici e
scientifici  ex  art. 3 della Costituzione e, incidendo in definitiva
sullo   stato   giuridico  del  sanitario  universitario,  anche  con
riferimento all'art. 76 della Costituzione, attesi i gia' evidenziati
limiti ex art. 6 lett. c) della legge delega.
    Ne' puo' non essere rilevata quella manifesta irragionevolezza ed
intrinseca  contraddittorieta',  nel  contesto  normativo inerente al
regime  di  servizio  dei  docenti  universitari, tra la disposizione
dell'art. 5  comma 12 d.lgs. n. 517 cit. e quella dell'art. 11 d.P.R.
n. 382/1980,  che  gia' al punto 6) della presente ordinanza e' stata
rilevata  tra  altre  norme  per  poi  farne  derivare una ipotesi di
contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione, quale canone generale di
coerenza  e  ragionevolezza  dell'ordinamento,  e con l'art. 97 della
Costituzione,  sotto  il  profilo  della mancanza di proporzionalita'
rispetto alle finalita' da perseguire.
    Sembra  pertanto  che  la  norma  dell'art. 5,  comma 12, non sia
esente  da  dubbi  di  costituzionalita',  oltre che in via derivata,
anche  per contrasto con gli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione,
ed  in  riferimento  all'art. 11 d.P.R. n. 382/1980 cit. e successive
modificazioni.
    10.  -  Per  le considerazioni che precedono, va conseguentemente
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
comma  8,  del  d.lgs  21  dicembre 1999 n. 517 per contrasto con gli
artt. 3  e  97  della  Costituzione;  dell'art. 5, comma 7, del d.lgs
n. 517/1999  per  contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione;
dell'art. 5,  comma  da  1  a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs.
n. 517/1999  cit.,  in parte qua, per contrasto con gli artt. 33 e 76
della  Costituzione; nonche' dell'art. 5, comma 12, d.lgs n. 517/1999
cit.,  in  via  derivata e per contrasto con gli artt. 3, 33, 76 e 97
della Costituzione.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle suindicate norme.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 5,  comma  8,  del  d.lgs  21
dicembre  1999  n. 517  per  contrasto  con  gli  artt. 3  e 97 della
Costituzione;   dell'art. 5,  comma  7,  del  d.lgs  n. 517/1999  per
contrasto  con  gli  artt. 33  e  76 della Costituzione; dell'art. 5,
commi  da  1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs n. 517/1999, in
parte  qua,  per  contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione;
dell'art. 5,  comma  12,  d.lgs  n. 517/1999,  in  via derivata e per
contrasto con gli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre
2001.

                        Il Presidente: Cossu

                 Il consigliere estensore: Mollica

02c0478