N. 208 SENTENZA 20 - 23 maggio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso  tributario  -  Commissioni tributarie - Rappresentanza e
  difesa  in giudizio - Abilitazione all'assistenza tecnica conferita
  ai  soggetti  iscritti nei ruoli dei periti ed esperti delle camere
  di  commercio (c.d. tributaristi) alla data del 30 settembre 1993 -
  Mancata  estensione  dell'abilitazione  anche agli iscritti in data
  successiva  -  Prospettato  eccesso di delega - Riferibilita' della
  disposizione   censurata  ad  atto  legislativo  successivo  -  Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12.
- Costituzione,  art.  76 (in relazione all'art. 30, comma 1, lettera
  i), della legge 30 dicembre 1991, n. 413).
Contenzioso  tributario  -  Commissioni tributarie - Rappresentanza e
  difesa  in giudizio - Abilitazione all'assistenza tecnica conferita
  ai  soggetti  iscritti nei ruoli dei periti ed esperti delle camere
  di  commercio (c.d. tributaristi) alla data del 30 settembre 1993 -
  Mancata  estensione  dell'abilitazione  anche agli iscritti in data
  successiva  -  Prospettata  irragionevole disparita' di trattamento
  tra  soggetti  in  possesso  di  identici requisiti professionali -
  Natura  eccezionale  della  disciplina,  non  estensibile  ad altri
  beneficiari  oltre  quelli  gia'  previsti  -  Non fondatezza della
  questione.
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.21 del 29-5-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della  legge  30 dicembre  1991,  n. 413), promosso con
ordinanza  emessa  il  7 giugno  2001  dalla Corte d'appello di Roma,
iscritta  al  n. 886  del  registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 44,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visti  l'atto  di  costituzione  della parte privata nel giudizio
principale  nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 26 marzo 2002 il giudice relatore
Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Santina  Bernardi  per  la  parte  privata nel
giudizio  principale  e  l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Nel corso di un giudizio di appello avverso una sentenza di
primo grado, con la quale era stata rigettata una domanda tendente al
riconoscimento  del diritto alla iscrizione nello speciale elenco dei
soggetti  abilitati  all'assistenza  tecnica dinanzi alle commissioni
tributarie  provinciali  e  regionali,  la  Corte  d'appello di Roma,
sezione  prima civile, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 76
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.   12  del  decreto  legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
nella  parte in cui abilita alla rappresentanza e difesa dinanzi alle
commissioni  tributarie  i  soggetti  iscritti nei ruoli dei periti e
degli  esperti delle camere di commercio (sub-categoria tributi) alla
data  del  30 settembre  1993,  precludendo  tale  abilitazione  agli
iscritti in data successiva.
    La    disposizione    oggetto   di   censura,   nel   riconoscere
l'abilitazione   all'assistenza   tecnica  dinanzi  alle  commissioni
tributarie   ad   una   serie   di   categorie   di   professionisti,
specificamente   prevede   che,   "in  attesa  dell'adeguamento  alle
direttive  comunitarie  in  materia  di  esercizio  di  attivita'  di
consulenza tributaria e del conseguente riordino della materia", sono
abilitati  all'assistenza  tecnica  i soggetti iscritti alla data del
30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere
di   commercio,   industria,   artigianato   e   agricoltura  per  la
sub-categoria   tributi,   in  possesso  del  diploma  di  laurea  in
giurisprudenza  o in economia e commercio o equipollenti o di diploma
di  ragioniere,  limitatamente alle materie concernenti le imposte di
registro,  di  successione,  i  tributi  locali, l'imposta sul valore
aggiunto  (IVA), l'imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF),
l'imposta  locale  sui  redditi  (ILOR) e l'imposta sui redditi delle
persone giuridiche (IRPEG).
    Secondo  il  remittente,  la limitazione temporale introdotta dal
d.lgs.  oggetto  di censura non sarebbe stata autorizzata dalla legge
di   delega,   e   comunque   darebbe   luogo  ad  una  irragionevole
discriminazione  in danno di quanti, pur possedendo requisiti formali
e  sostanziali  analoghi  a  quelli  posseduti dai soggetti abilitati
all'assistenza  tecnica,  si  siano  iscritti  negli albi predetti in
epoca successiva al 30 settembre 1993.
    Quanto  alla ipotizzata violazione dell'art. 76 Cost., il giudice
a  quo  assume che la norma delegante faccia dipendere l'abilitazione
tecnica  dal  solo  requisito della iscrizione nei ruoli dei periti e
degli esperti tenuti presso le camere di commercio, e dunque nega che
da  essa potesse desumersi l'autorizzazione ad introdurre, in sede di
attuazione  della delega, un requisito ulteriore qual e' l'anzianita'
di   iscrizione   negli   albi.   La  delimitazione  temporale  posta
dall'art. 12  sarebbe anche discriminatoria, in quanto limiterebbe la
facolta'  difensiva  di  cui  e'  questione  non  in base a requisiti
professionali,  ma  secondo un criterio meramente temporale, e in tal
modo    introdurrebbe    un    regime   giuridico   irragionevolmente
differenziato   all'interno   di   una   categoria  di  soggetti  con
caratteristiche   omogenee.  Non  potrebbe  rilevarsi  in  contrario,
secondo   il   remittente,  che  la  disciplina  censurata  e'  stata
dichiaratamente  adottata  "in attesa dell'adeguamento alle direttive
comunitarie  in  materia  di  esercizio  di  attivita'  di consulenza
tributaria  e  del  conseguente riordino della materia", in quanto il
carattere  transitorio  della  disciplina  non  varrebbe  comunque  a
tenerla immune dai vizi di costituzionalita' denunciati.
    2.  -  Si e' costituita la parte privata nel giudizio principale,
che   ha   integralmente  aderito  alle  prospettazioni  del  giudice
remittente ed ha concluso per la fondatezza della questione.
    3.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, ed
ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata infondata, in quanto
frutto  di  un lapsus calami. Osserva in proposito la difesa erariale
che, nella sua formulazione originaria, la disposizione censurata non
prevedeva  la limitazione temporale della cui legittimita' si dubita,
la  quale  sarebbe  stata  introdotta  solo successivamente, ad opera
dell'art. 69  del  d.l.  30 agosto 1993, n. 331 (Armonizzazione delle
disposizioni  in  materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole,
sulle  bevande  alcoliche,  sui tabacchi lavorati e in materia di IVA
con  quelle  recate  da  direttive  CEE e modificazioni conseguenti a
detta  armonizzazione, nonche' disposizioni concernenti la disciplina
dei  centri  autorizzati  di  assistenza  fiscale,  le  procedure dei
rimborsi  di  imposta,  l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa
fino  all'ammontare  corrispondente al contributo diretto lavorativo,
l'istituzione  per  il  1993  di un'imposta erariale straordinaria su
taluni  beni  ed  altre  disposizioni  tributarie),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427. Non sussisterebbe
dunque  alcuna  violazione della legge-delega, in quanto la norma del
decreto   legislativo   sulla  quale  si  incentra  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  non sarebbe stata introdotta in sede di
attuazione della delega, ma risulterebbe dalle modifiche apportate da
un atto fonte successivo di pari forza formale.
    Inconsistente,  secondo  l'Avvocatura, sarebbe pure la censura di
violazione  dell'art. 3  della  Costituzione.  La  fissazione  di  un
termine ad quem per la iscrizione nei ruoli delle camere di commercio
troverebbe  infatti  giustificazione,  da  un  lato, nella tutela del
contribuente,  assicurata  attraverso  la  indicazione  dei requisiti
professionali  necessari  per l'abilitazione alla difesa; dall'altro,
nella  salvaguardia  delle  posizioni  lavorative di tutti i soggetti
gia' abilitati alla difesa.
    4. - Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica,
la parte privata, in replica ai rilievi della Avvocatura dello Stato,
ha  negato che il vizio di eccesso di delega possa dirsi superato per
il  fatto  che  la  norma censurata sia contenuta in un decreto-legge
successivamente  convertito  e  non nel decreto legislativo attuativo
della delega.
    Ad avviso della difesa della parte si dimostrerebbe inoltre privo
di   consistenza   l'argomento   dell'Avvocatura   per  il  quale  la
delimitazione   temporale,   della   cui   legittimita'   si  dubita,
risponderebbe   "all'esigenza   di   tutelare  il  contribuente,  con
l'individuazione di requisiti professionali specifici per i difensori
abilitati",  in quanto i requisiti di idoneita' per la iscrizione nel
ruolo  sarebbero rimasti invariati nel tempo, sicche' gli iscritti in
data  successiva al 30 settembre 1993, cui e' preclusa l'abilitazione
difensiva,  versereb-bero in posizione identica ai soggetti abilitati
sia  quanto  ai requisiti sostanziali di accesso al ruolo, sia quanto
alla capacita' ed idoneita' professionale.
    Neppure  potrebbe  lo  sbarramento  temporale in discorso trovare
fondamento  nella  necessita'  di conformarsi a norme comunitarie, in
quanto  in materia di esercizio di attivita' di consulenza tributaria
non e' stata ancora emanata alcuna normativa di fonte europea.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Corte  d'appello  di  Roma,  sezione  prima civile, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 76 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 12 del decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in
cui  abilita  alla  rappresentanza  e difesa dinanzi alle commissioni
tributarie  i  soggetti iscritti nei ruoli dei periti e degli esperti
delle  camere  di  commercio  (sub-categoria  tributi)  alla data del
30 settembre  1993,  precludendo  tale  abilitazione agli iscritti in
data successiva.
    Il  remittente  assume che la delimitazione temporale in tal modo
posta  non  sia  autorizzata  dalla legge di delega 30 dicembre 1991,
n. 413   (Disposizioni   per   ampliare   le   basi  imponibili,  per
razionalizzare,  facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento;
disposizioni  per  la  rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale)   e  comunque  determini  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento  tra  soggetti che sono in possesso di identici requisiti
professionali.
    2.  -  La  questione  non e' fondata in riferimento a nessuno dei
parametri invocati.
    Quanto alla ipotizzata violazione della disciplina costituzionale
della  delegazione  legislativa,  essa  appare  frutto  di una errata
ricostruzione   della   sequenza   normativa  che  ha  condotto  alla
formulazione  attuale  della  disposizione  censurata. In effetti, il
testo  originario  dell'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992,
il  quale  soltanto  puo'  formare oggetto di valutazione ai fini del
rispetto  della  norma delegante [art. 30, comma 1, lettera i), legge
n. 413  del  1991]  e  conseguentemente della rilevazione del dedotto
vizio  di  eccesso  di  delega,  nel  conferire  l'abilitazione  alla
assistenza  tecnica  innanzi alle commissioni tributarie ad una serie
di  categorie  di  professionisti,  non  contemplava la categoria dei
periti  tributari.  L'abilitazione  dei  cosiddetti "tributaristi" e'
sopravvenuta  in  forza dell'art. 69 del d.l. 30 agosto 1993, n. 331,
convertito,  con  modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427,
che ha anche introdotto lo sbarramento temporale di cui e' questione.
La  disposizione  oggetto  del giudizio di costituzionalita' e' stata
posta,  all'evidenza,  da  un  atto  avente forza di legge successivo
rispetto  al  decreto  legislativo censurato, e quindi prevalente, in
base  al  criterio  della  lex posterior. Trattandosi di una legge di
conversione,  essa  non era in alcun modo vincolata al rispetto della
legge  di  delega:  il  nesso che il remittente assume sussistere tra
decreto  legislativo  e  legge  di  delegazione e' stato nella specie
sciolto  dalla  legge  sopravvenuta,  che  ha  assunto  in proprio la
disciplina  della  abilitazione dei periti tributari. E' quindi priva
di fondamento la censura di eccesso di delega svolta sull'assunto che
la norma delegante non autorizzasse alcuna delimitazione temporale.
    3.  -  Anche la censura relativa alla violazione del principio di
eguaglianza  deve  essere respinta, per l'impossibilita' di estendere
al  di  la'  dei  casi  specificamente  previsti la disciplina avente
carattere eccezionale contenuta nella norma impugnata.
    Per  comprendere  in  quali  termini questo carattere si presenti
nella  disposizione  censurata  e' necessario rammentare che il testo
originario   del   decreto  legislativo  non  menzionava  affatto  la
categoria  dei  periti  tributari,  facendo  cosi'  sorgere,  in sede
parlamentare,  la  preoccupazione  che  una  categoria  di lavoratori
numericamente  consistente  (designata  usualmente  con il termine di
"tributaristi"),  che  aveva  fino  ad  allora esercitato funzioni di
assistenza tecnica, fosse costretta ad interrompere una attivita' che
praticava  gia'  da  anni.  La  finalita'  di  preservare  uno status
professionale  ormai  acquisito, che rendeva necessario un intervento
in  senso  correttivo  sul  decreto  legislativo n. 546 del 1992, era
d'altronde   contrastata   dalla  scelta  generalmente  condivisa  di
impedire  la  prosecuzione  di  una attivita' difensiva fondata su un
titolo  di  abilitazione  sulla  legittimita'  del  quale  era  stato
avanzato piu' di un dubbio nella giurisprudenza amministrativa.
    Il  punto  di  mediazione tra tali contrapposte esigenze e' stato
raggiunto  con  la  disposizione  oggetto  di  censura.  Le posizioni
lavorative  dei  "tributaristi"  sono  state salvaguardate, non senza
alcuni   accorgimenti  finalizzati  alla  tutela  dell'interesse  dei
contribuenti,  parti  nel  processo  tributario: in primo luogo si e'
previsto  che  debba  trattarsi di persone in possesso del diploma di
laurea  in giurisprudenza o in economia e commercio ed equipollenti o
di   diploma  di  ragioniere;  secondariamente,  l'abilitazione  alla
assistenza  difensiva e' stata limitata alle sole materie concernenti
le  imposte di registro e di successione, i tributi locali, l'imposta
sul  valore  aggiunto  (IVA),  l'imposta  sui  redditi  delle persone
fisiche  (IRPEF), l'imposta locale sui redditi (ILOR) e l'imposta sui
redditi   delle   persone  giuridiche  (IRPEG).  Con  lo  sbarramento
temporale del 30 settembre 1993 si e' quindi provveduto a chiudere il
"ruolo"  dei  tributaristi  per  il  futuro, cosi' trasformandolo, di
fatto,   in   "ruolo   ad   esaurimento".   Nonostante  il  complesso
bilanciamento  operato  dal  legislatore,  e'  agevole scorgere nella
disciplina   in  questione  i  tratti  caratteristici  di  una  legge
eccezionale  su  cui  non  puo'  fondarsi  la pretesa di estendere il
trattamento  di  favore agli iscritti nei ruoli dei periti ed esperti
oltre  il  limite temporale che e' stato assunto dal legislatore come
elemento   di   identificazione  dei  beneficiari  di  una  forma  di
abilitazione  rimossa  per  il  futuro. Se dunque appare non priva di
giustificazione  la  scelta  del legislatore di chiudere il ruolo dei
tributaristi,   non  puo'  essere  rivolto  allo  stesso  legislatore
l'addebito di non consentire in quel ruolo ulteriori iscrizioni.
    Non  e'  nuova,  del  resto,  nella giurisprudenza costituzionale
l'affermazione  per la quale, quando si sia ritenuta giustificata una
disciplina eccezionale, per lo stretto collegamento che essa presenta
con  le  specifiche  particolarita'  del  caso, non puo' considerarsi
lesiva  del principio di eguaglianza la sua delimitazione temporale e
soggettiva (sentenza n. 178 del 2000).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.   12  del  decreto  legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dalla
Corte  d'appello  di  Roma,  sezione  prima  civile,  con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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