N. 241 ORDINANZA 5 - 14 giugno 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione  Lazio  -  Personale  dipendente - Personale gia' in servizio
  presso  l'Istituto per il diritto allo studio universitario (Idisu)
  -  Reinquadramento nei ruoli regionali - Mancata equiparazione, nel
  trattamento  economico,  al personale gia' destinatario di benefici
  di legge - Lamentata arbitraria discriminazione, con violazione del
  diritto alla retribuzione adeguata e del principio di imparzialita'
  e buon andamento - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge Regione Lazio 12 settembre 1994, n. 39, art. 8, comma 5.
- Costituzione, artt. 3, 36, primo comma, e 97, primo comma.
(GU n.24 del 19-6-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 5,
della   legge   della   Regione   Lazio   12 settembre   1994,  n. 39
(Individuazione  delle  strutture organizzative degli Istituti per il
diritto  allo studio universitario - Idisu del Lazio e determinazione
dell'organico  del  ruolo del personale degli istituti), promossi con
sei  ordinanze emesse il 7 dicembre 2000 dal Tribunale amministrativo
del  Lazio, rispettivamente iscritte ai nn. da 602 a 607 del registro
ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 34, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Petruio Michele, Ferruzzi
Sabatino,  Pochinu  Carta  Vincenza,  nonche'  gli atti di intervento
della Regione Lazio;
    Udito nell'udienza pubblica del 26 marzo 2002 il giudice relatore
Riccardo Chieppa;
    Udito  l'avvocato  Paolo  Montaldo  per Petruio Michele, Ferruzzi
Sabatino,  Pochinu  Carta  Vincenza  e  l'avvocato Mario Racco per la
Regione Lazio.
    Ritenuto  che  nel corso di identici giudizi, promossi innanzi al
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio da ex dipendenti Idisu
(Istituto  per  il  Diritto  allo  Studio Universitario), tendenti ad
ottenere  il  riconoscimento del diritto alla percezione dei benefici
economici derivanti dal reinquadramento nei ruoli della Regione Lazio
ai   sensi   della   legge   regionale   12 settembre   1994,   n. 39
(Individuazione  delle  strutture organizzative degli Istituti per il
diritto  allo studio universitario - Idisu del Lazio e determinazione
dell'organico del ruolo del personale degli istituti), con decorrenza
1  febbraio  1981,  con interessi e rivalutazione, il Collegio adito,
accogliendo   la   relativa  eccezione  delle  parti  ricorrenti,  ha
sollevato,  con  sette  ordinanze  di  identico  contenuto, decise il
7 dicembre  2000 e pubblicate il 5 aprile 2002 (r.o. da nn. 602 a 607
del  2001),  in riferimento agli artt. 3, 36 primo comma, e 97, primo
comma, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 5,
della citata legge regionale n. 39 del 1994;
        che  il  giudice  a  quo  ricostruisce  l'assetto  normativo,
delineatosi  nel  tempo  con  riguardo  alla  disciplina  relativa al
personale  dipendente della Regione Lazio ed, in particolare, prima a
quello  appartenente  alle  Opere  universitarie e, poi, all'Istituto
sopra   menzionato,  con  inizio  dalla  legge  della  Regione  Lazio
17 gennaio   1981,   n. 5   (Attuazione   del   diritto  allo  studio
universitario),  che  aveva  stabilito  in  favore di detto personale
l'applicazione,  a  decorrere  dal  1 novembre 1979, della disciplina
sullo  stato  giuridico  ed economico dei dipendenti regionali, a cui
faceva  seguito  la  legge  regionale  7 marzo 1983, n. 14 (Norme per
l'attuazione  del  diritto  allo  studio  nell'ambito  universitario)
istitutiva  degli  Idisu,  nel cui ruolo veniva inserito il personale
delle  ex Opere Universitarie trasferito alla Regione Lazio ex d.P.R.
n. 616  del  1977. E' seguita la legge regionale 25 marzo 1988, n. 15
(Reinquadramento del personale gia' inquadrato alla Regione con leggi
regionali  n. 2  e  n. 3  del  15 gennaio  1983),  che  stabiliva  il
trattamento  economico-giuridico  in  favore del personale inquadrato
nei  nuovi ruoli regionali, con decorrenza 1 febbraio 1981, fino alla
legge  regionale  12 settembre  1994, n. 39, volta a risolvere i vari
problemi sorti in sede di applicazione delle leggi sopra riportate ed
a   realizzare   l'attesa  perequazione,  con  estensione,  anche  al
personale  di  ruolo  degli  Idisu,  il trattamento di cui alla legge
regionale n. 15 del 1988;
        che con tale ultima legge, tuttavia, l'attesa perequazione si
sarebbe  realizzata  solo  parzialmente,  poiche' i benefici previsti
dalla surriferita legge n. 15 del 1988 sono stati estesi al personale
in  questione  solo  ai  fini  giuridici  - con il riconoscimento del
possesso  della  professionalita' connessa ad una superiore qualifica
funzionale dal 1 febbraio 1981 - e non anche a quelli economici;
        che  cosi'  delineato  il quadro normativo di riferimento, il
giudice  a  quo  pone  l'accento  sulla rilevanza della questione nel
giudizio   in  corso,  sottolineando  che,  alla  luce  della  chiara
disposizione  legislativa, le richieste dei ricorrenti non potrebbero
essere  accolte,  difettando  al sistema giurisdizionale il potere di
disapplicare una disciplina introdotta con una disposizione di legge;
        che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  tale  disciplina
contrasterebbe   con   l'art. 3   della   Costituzione,  poiche'  non
rispettosa del principio di eguaglianza e di perequazione; infatti la
disposizione in questione non eliminerebbe le sperequazioni esistenti
tra  i  vari  dipendenti regionali, in quanto indica, come decorrenza
economica,  una  data meno vantaggiosa per i ricorrenti rispetto agli
originari  destinatari  della  legge n. 15 del 1988 e non soddisfa le
esigenze,  peraltro  condivise  dal  legislatore,  come si evince dai
lavori  preparatori, di eliminare le discriminazioni a danno degli ex
dipendenti Idisu;
        che,  inoltre,  la  norma  denunciata  comporterebbe,  sempre
secondo  il  giudice  rimettente,  la  violazione dell'art. 36, primo
comma,  della  Costituzione,  poiche'  la  retribuzione  non  sarebbe
adeguata  o  proporzionale alle qualita' professionali, di cui e' pur
riconosciuta  la  sussistenza,  dalla  data  di  decorrenza giuridica
dell'inquadramento;
        che,  infine,  secondo il Tribunale amministrativo regionale,
la  norma  impugnata  si  porrebbe  in contrasto con l'art. 97, primo
comma,  della Costituzione, atteso che il principio di buon andamento
e di imparzialita' ivi indicato e' un principio di carattere generale
dell'ordinamento, mentre, nella specie, non sembrerebbe adeguatamente
rispettato;  infatti, la norma in questione continuerebbe a mantenere
inalterata,    sotto    il    profilo    economico,   la   situazione
discriminatoria, che pur il legislatore aveva ritenuto irragionevole,
ma che, tuttavia, non ha eliminato;
        che nei giudizi introdotti con le ordinanze nn. 602 e 603 del
2001  si  e'  costituita  la  Regione  Lazio,  che ha concluso per la
infondatezza della questione sollevata;
        che,  secondo la regione, il diverso trattamento spettante ai
dipendenti  del  ruolo  Idisu  non  costituirebbe una discriminazione
irragionevole   ed   arbitraria,   poiche'  corrisponderebbe  ad  una
oggettiva  diversita' delle situazioni; in particolare, la scelta dei
tempi  e  dei  modi  per  realizzare  una tendenziale omogeneita' nel
trattamento dei diversi ruoli del personale regionale sarebbe rimessa
alla   discrezionalita'  del  legislatore  regionale  e  non  sarebbe
irragionevole la decisione di graduare nel tempo l'attuazione di tale
omogeneizzazione, attraverso una norma di carattere transitorio;
        che  in  ordine  alla  pretesa violazione dell'art. 36, primo
comma,   della  Costituzione,  la  regione  rileva  che  non  sarebbe
possibile  instaurare  un  raffronto  significativo  tra  prestazioni
svolte  da  dipendenti regionali per amministrazioni distinte, dotate
di  organizzazione  diversa  e  svolgimento di funzioni diverse, ne',
peraltro, la norma costituzionale stabilirebbe un principio giuridico
di comparazione intersoggettiva;
        che,   infine,   in   relazione   alla   pretesa   violazione
dell'art. 97  della  Costituzione,  la  regione  assume  che  il buon
andamento sarebbe stato pregiudicato qualora si fosse addivenuti, per
l'adeguamento  retroattivo  delle retribuzioni, ad una rilevantissima
spesa per le finanze regionali;
        che  nei  giudizi  introdotti con le ordinanze nn. 604, 605 e
607  si sono costituiti i rispettivi ricorrenti nei giudizi a quo che
hanno  concluso  per la declaratoria di illegittimita' costituzionale
della normativa impugnata;
        che nell'imminenza della data fissata per la pubblica udienza
la  Regione  Lazio ha depositato memorie, con le quali insiste per le
conclusioni  gia'  rassegnate  nell'atto  di costituzione, ponendo in
rilievo  la diversita' dellesituazioni esistenti tra i dipendenti del
ruolo  Idisu  ed  altre categorie di dipendenti della regione stessa,
nonche'  l'ampia  discrezionalita'  riservata  al  legislatore  nella
realizzazione  della  perequazione tra dette categorie e il carattere
transitorio della disciplina in questione;
        che  anche  le  parti private costituite (r.o. nn. 604, 605 e
607)  hanno  depositato  memorie, con cui insistono nelle conclusioni
gia' rassegnate, illustrandole ampiamente.
    Considerato  che  stante  la  identita'  delle  questioni si puo'
procedere alla riunione dei giudizi;
        che  questa Corte ha avuto modo di precisare, con riferimento
agli  artt. 36 e 97 della Costituzione, che la scelta in concreto dei
meccanismi  di perequazione e' riservata al legislatore ordinario (v.
ordinanza  n. 439 del 2001), chiamato a compiere il bilanciamento tra
le  varie  esigenze  nel  quadro  della politica economica generale e
delle  disponibilita' finanziarie e che questa valutazione va operata
non nel senso di un doveroso, costante allineamento, ma nel senso che
il  verificarsi  di  un  macroscopico ed irragionevole scostamento e'
indice  sintomatico  della  non idoneita' del meccanismo, in concreto
prescelto, a preservare la sufficienza dei trattamenti per assicurare
al  lavoratore  e  alla  sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza
libera  e  dignitosa  (sentenza n. 126 del 2000; ordinanza n. 254 del
2001);
        che  la  finalita'  di  omogeneizzazione  e  perequazione  di
trattamenti  di  varie  categorie di dipendenti devono portare ad una
armonizzazione   tra   loro,   con   caratteristiche  e  qualita'  di
trattamento  e  attribuzioni non divergenti, in una unita' di disegno
complessivo; tuttavia nella fase di transizione - come quella per cui
si    controverte,   che   presupponeva   precedenti   divergenze   e
divaricazioni  di  ordinamenti  e di trattamento economico - potevano
persistere  diversita',  proprio  in relazione ai differenti punti di
partenza, per arrivare alla omogeneizzazione perequativa complessiva,
attuata con il sistema a regime (sentenza n. 451 del 2000);
        che queste anteriori e preesistenti diversita' di situazioni,
anche  in  relazione  alle  differenze originarie di ordinamento e di
funzioni,  come  giustificavano  un regime differenziato di passaggio
transitorio,   cosi'   non  possono  comportare,  in  questo  periodo
transitorio, un trattamento economico non proporzionato alla qualita'
e  quantita' del lavoro prestato (ordinanza n. 451 del 2000), a parte
la considerazione - anche essa decisiva - che non e' configurabile un
raffronto   significativo   tra   prestazioni  svolte  da  dipendenti
regionali di distinte amministrazioni, con caratteristiche differenti
di organizzazione di funzioni;
        che,   sotto  i  profili  dell'art. 97  e  dell'art. 3  della
Costituzione,   le   lamentate  differenze,  in  regime  transitorio,
dell'assetto    giuridico-organizzativo,   attribuito   con   effetti
retroattivi  meramente  figurativi,  rispetto alla non retroattivita'
del  mutato trattamento economico per un periodo trascorso, in cui la
realta'  delle  prestazioni  lavorative  e'  stata effettuata secondo
l'ordinamento  e l'inquadramento preesistenti, non comportano, di per
se',  alcuna  lesione  sia  al  principio  di eguaglianza sia al buon
andamento  della  pubblica amministrazione (ordinanze n. 451 e n. 296
del 2000);
        che   il  beneficio  della  retroattivita'  della  decorrenza
giuridica  delle  posizioni di inquadramento (retroattiva e meramente
figurativa)   disposto   secondo   una   scelta   discrezionale   del
legislatore,  non  puo'  produrre  -  sul  piano  costituzionale - un
obbligo,  per lo stesso legislatore, di dare un analogo beneficio sul
piano   retributivo,   che   comporterebbe  retroattivi  aumenti  del
trattamento  economico  per  prestazioni  effettuate con ordinamento,
inquadramento e corrispondenti funzioni non coincidenti;
        che   non   e'  manifestamente  irragionevole  o  palesemente
arbitraria  la  scelta  del  legislatore  di  graduare  nel  tempo la
concessione  e  la  retroattivita' di benefici economico-retributivi,
anche  diversamente  rispetto  a  quelli giuridici e di inquadramento
(per  di  piu'  retroattivi),  in  una fase di attuazione progressiva
della  omogeneizzazione  dei trattamenti di personale, appartenente a
differenti ruoli e quindi con diverse provenienze;
        che,    ai    fini    anzidetti   della   valutazione   della
ragionevolezza,  giova  sottolineare  che  una retroattivita', estesa
agli   effetti  economici  degli  inquadramenti  di  cui  alla  norma
denunciata, e cioe' dal 1981 al 1994 (data di entrata in vigore della
legge) determinerebbe effetti finanziari, tutt'altro che a costo zero
- come sostenuto dalle parti private -, in quanto la previsione della
spesa  attualmente derivante dalla legge regionale n. 39 del 1994, si
noti  senza  effetti  economici  retroattivi  per  gli inquadramenti,
ammonta  a  un  miliardo  di  lire  per  il  solo  anno  1993  e che,
conseguentemente,  la richiesta estensione della retroattivita' degli
effetti  economici  determinerebbe una situazione incostituzionale di
sfondamento  notevolissimo  di copertura finanziaria, non rimediabile
con i normali assestamenti di bilancio;
        che,  pertanto,  la  questione  denunciata  e' manifestamente
priva di fondamento sotto tutti i profili denunciati.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 5, della legge della
Regione   Lazio   12 settembre   1994,  n. 39  (Individuazione  delle
strutture  organizzative  degli  Istituti  per il diritto allo studio
universitario  -  Idisu  del Lazio e determinazione dell'organico del
ruolo  del  personale degli istituti), sollevate, in riferimento agli
artt. 3,  36, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con  le  ordinanze
indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere:di paola
    depositata in cancelleria il 14 giugno 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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