N. 250 ORDINANZA 5 - 14 giugno 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sopravvenienza  legislativa  - Applicabilita' alle successioni aperte
  in  date  successive alle ordinanze di rimessione della questione -
  Esclusione.
Imposta  sulle successioni e donazioni - Beni caduti in successione -
  Partecipazioni  azionarie  in  societa'  non  quotate  in  borsa  -
  Determinazione   dell'imponibile   con  riferimento  al  valore  di
  bilancio  o  inventario anziche' sulla base dell'effettivo valore -
  Prospettata disparita' di trattamento, rispetto alle partecipazioni
  societarie quotate o ai beni immobili, con violazione del principio
  di  capacita'  contributiva  e  dei  criteri  direttivi della legge
  delega - Manifesta infondatezza della questione.
- D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 16, comma 1, lettera b).
- Costituzione,  artt. 3, 53 e 76 (in relazione all'art. 8, numero 2,
  della legge 9 ottobre 1971, n. 825).
(GU n.24 del 19-6-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Valerio  ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 16, comma 1,
lettera   b)   del   decreto   legislativo  31 ottobre  1990,  n. 346
(Approvazione   del   testo   unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta  sulle  successioni  e  donazioni),  promossi con ordinanze
emesse  il  31 marzo 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di
Cremona  e  il  12 luglio  2000  dalla  Corte  di cassazione, sezione
tributaria,  iscritte ai nn. 859 del registro ordinanze 2000 e 73 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 3 e 6, prima serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto l'atto di costituzione di Cazzuffi Antonella ed altre;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  23 aprile  2002  il  giudice
relatore Annibale Marini;
    Udito  l'avvocato  Francesco  Moschetti per Cazzuffi Antonella ed
altre.
    Ritenuto che, con ordinanze, rispettivamente, del 31 marzo 2000 e
del  12 luglio 2000, la Commissione tributaria provinciale di Cremona
e  la  Corte  di  cassazione,  sezione  tributaria,  hanno sollevato,
entrambe  in  riferimento  agli  artt. 3 e 53 della Costituzione e la
seconda   anche   in   riferimento  all'art. 76  della  Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 16,  comma  1,
lettera   b)   del   decreto   legislativo  31 ottobre  1990,  n. 346
(Approvazione   del   testo   unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta sulle successioni e donazioni);
        che  i  rimettenti dubitano della legittimita' costituzionale
della norma nella parte in cui dispone che, ai fini del calcolo della
imposta   sulle   successioni,   la   base   imponibile  quanto  alle
partecipazioni  societarie  non  quotate  -  e' determinata in misura
proporzionale al valore, alla data di apertura della successione, del
patrimonio  netto  della  societa'  risultante  dall'ultimo  bilancio
pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato;
        che  tale  disciplina,  ad avviso dei medesimi rimettenti, si
porrebbe  in  contrasto  con  il  principio  di  eguaglianza,  per la
disparita'  di  trattamento  che  ne  deriverebbe  tra chi riceve per
successione  partecipazioni  societarie  non quotate, assoggettato ad
imposta  sulla  base  del  mero  valore di bilancio, e chi riceve per
successione partecipazioni societarie quotate ovvero la proprieta' di
beni  immobili,  assoggettato  ad  imposta  sulla base dell'effettivo
valore venale del bene o della partecipazione sociale;
        che il diverso criterio di valutazione della base imponibile,
in  presenza  di  cespiti  aventi uguale valore venale, comporterebbe
altresi'  la  violazione  del principio di capacita' contributiva, di
cui all'art. 53 della Costituzione;
        che  ad avviso della Corte di cassazione - la norma impugnata
si  porrebbe poi in contrasto anche con l'art. 76 della Costituzione,
in   quanto   essa   violerebbe   il  criterio  direttivo,  contenuto
nell'art. 8,  numero  2, della legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825
(Delega  legislativa  al  Governo  della  Repubblica  per  la riforma
tributaria), secondo il quale l'imposta sulle successioni deve essere
commisurata al valore netto dei beni ricevuti dall'erede;
        che   sebbene   la   norma   di   delega   non  si  riferisca
specificamente  al  valore di mercato risultando, pertanto, legittime
forme  di  tassazione  fondate  su  parametri  presuntivi, come nella
valutazione  automatica  degli  immobili  -  non  potrebbe, tuttavia,
svincolarsi   la  base  imponibile  da  ogni  riferimento  al  valore
effettivo,   come   appunto   si  verificherebbe  secondo  lo  stesso
rimettente nell'ipotesi disciplinata dalla norma impugnata;
        che  nel  giudizio promosso dalla Corte di cassazione si sono
costituite  le  parti  private  Antonella  Cazzuffi, Paola Cazzuffi e
Elena Casarotti, concludendo per la infondatezza della questione;
        che,   ad   avviso   delle   stesse   parti,   il  rimettente
trascurerebbe  di  considerare  che  il  valore di una partecipazione
societaria  e'  rappresentato  dal  suo  valore  di  scambio, che non
coincide  con  il  valore  della  corrispondente quota del patrimonio
sociale;
        che,  mentre  per le societa' quotate in borsa tale valore di
scambio  sarebbe  agevolmente ricavabile dalle quotazioni di mercato,
per   le  altre  societa'  il  legislatore,  facendo  uso  della  sua
discrezionalita'  in materia di determinazione della base imponibile,
avrebbe legittimamente individuato un diverso criterio di riferimento
rappresentato dal valore di bilancio o di inventario;
        che,  pertanto,  la  norma  non  contrasterebbe  ne'  con  il
principio di eguaglianza ne' con quello di capacita' contributiva;
        che   per  quanto  riguarda,  infine,  il  parametro  di  cui
all'art. 76  della Costituzione, le parti rilevano, per un verso, che
il  legislatore delegante non farebbe alcun riferimento al "valore di
mercato"  del  bene  caduto in successione, ma ai diversi concetti di
"valore  netto"  e  di  "valore  globale",  e, per altro verso, che i
limiti  della  delega contenuta nella legge n. 825 del 1971 sarebbero
stati  ampliati dall'art. 1, terzo comma, della legge 12 aprile 1984,
n. 68  (Proroga del termine per l'emanazione dei testi unici previsti
dall'articolo  17  della  legge  9 ottobre  1971, n. 825 e successive
modificazioni);
    Considerato  che  i  due giudizi, concernenti la medesima norma e
caratterizzati  da evidenti profili di connessione, vanno riuniti per
essere decisi con unica sentenza;
        che  non incidono sul presente giudizio ne' la modifica della
norma  censurata  introdotta dall'art. 69, comma 1, lettera i), della
legge  21 novembre  2000,  n. 342 (Misure in materia fiscale), ne' la
stessa    soppressione   dell'imposta   sulle   successioni,   recata
dall'art. 13  della  legge  18 ottobre 2001, n. 383 (Primi interventi
per  il rilancio dell'economia), trattandosi di modifiche legislative
applicabili esclusivamente alle successioni aperte in date successive
alle ordinanze di rimessione;
        che,  secondo  la costante giurisprudenza di questa Corte, e'
rimessa  alla  discrezionalita'  del  legislatore, con il solo limite
della  non  arbitrarieta',  la determinazione dei fatti espressivi di
capacita'  contributiva  e  la individuazione dei relativi criteri di
valutazione  (cfr.,  da ultimo, sentenze n. 156 del 2001 e n. 362 del
2000);
        che,   facendo   uso   di   siffatta   discrezionalita',   il
legislatore,   negli   artt. da  14  a  19  del  decreto  legislativo
31 ottobre   1990,   n. 346   (Approvazione  del  testo  unico  delle
disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), ha
individuato,  in  funzione delle diverse tipologie dei beni caduti in
successione,  distinti  criteri  per la determinazione della relativa
base imponibile;
        che,  per  quanto  riguarda  le  partecipazioni azionarie non
quotate,   il   riferimento  al  valore  risultante  dal  bilancio  o
dall'inventario  appare  tutt'altro che irragionevole, considerata la
mancanza   di  un  valore  di  mercato  della  quota  e  la  evidente
impossibilita',  per  l'acquirente  mortis causa, di procedere ad una
autonoma  valutazione  degli elementi attivi e passivi del patrimonio
sociale;   ferma   sempre   restando   la   possibilita',   da  parte
dell'amministrazione  finanziaria,  di contestare il mancato rispetto
dei criteri legali di redazione del bilancio o dell'inventario;
        che  non  sussiste,  pertanto,  violazione  del  principio di
capacita' contributiva;
        che,  sotto  altro  aspetto,  la  diversita'  del criterio di
determinazione  della base imponibile delle partecipazioni societarie
non  quotate  rispetto  a  quelle  quotate  e  ai beni immobili trova
giustificazione  nelle diverse caratteristiche dei cespiti oggetto di
valutazione;   sicche',   anche  la  censura  riguardante  l'asserita
violazione   del  principio  di  eguaglianza  risulta  manifestamente
infondata;
        che  la norma impugnata neppure eccede i limiti della delega,
originariamente contenuta nell'art. 1, punto V, della legge 9 ottobre
1971,  n. 825  (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la
riforma   tributaria),   e   ripetutamente   rinnovata  con  numerose
disposizioni legislative succedutesi nel tempo;
        che,  in  particolare,  essa  per  le  considerazioni sin qui
svolte  - soddisfa il criterio direttivo, fissato dall'art. 8, numero
2), della citata legge n. 825 del 1971, secondo il quale l'imposta e'
commisurata  al  valore netto dei beni caduti in successione, essendo
il   bilancio   della  societa'  e  l'inventario  dei  beni  ad  essa
appartenenti  gli  strumenti funzionalmente destinati a rappresentare
il valore netto della stessa societa' e, di conseguenza, quello delle
singole quote di partecipazione;
        che,  conclusivamente,  la  questione  prospettata  e', sotto
tutti i profili, manifestamente infondata;
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza della
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 16,  comma  1,
lettera   b)   del   decreto   legislativo  31 ottobre  1990,  n. 346
(Approvazione   del   testo   unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta  sulle  successioni e donazioni), sollevata, in riferimento
agli  artt. 3  e  53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria
provinciale  di Cremona e, in riferimento agli artt. 3, 53 e 76 della
Costituzione,  dalla  Corte di cassazione, sezione tributaria, con le
ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Marini
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 giugno 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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