N. 259 SENTENZA 17 - 20 giugno 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Questione  prospettata  -  Termini normativi - Riferimento a norma di
  natura   interpretativa   -   Estensione   della   questione   alla
  disposizione interpretata.
Previdenza e assistenza - Postelegrafonici - Obbligo di contribuzione
  al  Fondo di previdenza postelegrafonici Questione riferita a norma
  non applicabile nel giudizio a quo - Inammissibilita'.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 68, comma 4.
- Costituzione, artt. 3 e 36.
Previdenza  e assistenza - Postelegrafonici - Cessazione del rapporto
  di  lavoro  - Trattamento economico - Obbligo di contribuzione, per
  il  finanziamento  del  Fondo  di  previdenza,  dovuto all'Istituto
  Postelegrafonici  -  Assunto  deteriore  trattamento dei lavoratori
  postali,  rispetto  alla  generalita'  dei  dipendenti privati, con
  illegittima  decurtazione della retribuzione - Non fondatezza della
  questione.
- D.L.  20  gennaio 1998, n. 4 (convertito nella legge 20 marzo 1998,
  n. 52),  art.  2, comma 4; legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53,
  comma 6, lettera a).
- Costituzione, artt. 3 e 36.
(GU n.25 del 26-6-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE,
Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 4, del
decreto-legge  20 gennaio 1998, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia
di  sostegno  al  reddito,  di  incentivazione  all'occupazione  e di
carattere previdenziale), convertito nella legge 20 marzo 1998, n. 52
(recte:   del   combinato   disposto   dell'art. 2,   comma   4,  del
decreto-legge  20 gennaio 1998, n. 4, convertito nella legge 20 marzo
1998,  n. 52  e  dell'art. 68, comma 4, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388)  e  dell'articolo  53,  comma  6,  lettera  a),  della  legge
27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza
pubblica), promosso con ordinanza emessa l'8 marzo 2001 dal Tribunale
di  Latina nel procedimento civile tra Giannetta Modesto contro Poste
Italiane  S.p.a.,  iscritta  al  n. 735 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata   nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 39,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto di costituzione delle Poste Italiane S.p.a. nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 2002 il giudice relatore
Francesco Amirante;
    Uditi  gli  avvocati  Luigi Fiorillo e Roberto Pessi per le Poste
Italiane  S.p.a.  e  l'avvocato  dello  Stato  Gaetano  Zotta  per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  procedimento  civile instaurato da un ex
dipendente  postale  contro  la  S.p.a.  Poste  Italiane  al  fine di
ottenere la restituzione delle trattenute operate dal 1 marzo 1998 al
1  giugno 2000 dalla S.p.a. Poste Italiane a titolo di contributo per
l'indennita'  di buonuscita, il Tribunale di Latina, con ordinanza in
data  8 marzo 2001, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 36
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 2,  comma  4, della legge 20 marzo 1998, n. 52 - recte: del
combinato disposto dell'art. 2, comma 4, del decreto-legge 20 gennaio
1998,  n. 4  (Disposizioni urgenti in materia di sostegno al reddito,
di  incentivazione  all'occupazione  e  di  carattere previdenziale),
convertito  nella legge 20 marzo 1998, n. 52 e dell'art. 68, comma 4,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, [Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato (legge finanziaria
2001)]  -  nella  parte  in  cui,  anche  dopo  la  soppressione  del
corrispondente  contributo  dovuto  dal datore di lavoro all'Istituto
postelegrafonici  (avente  effetto  dal 28 febbraio 1998), continua a
porre a carico dei dipendenti postali "gli oneri di contribuzione per
il   finanziamento  al  Fondo  di  previdenza  e  credito  in  favore
dell'IPOST  (Istituto  postelegrafonici)  nella  misura  del 2,50 per
cento  sino  all'anno  2000,  dell'1,75  per  cento per l'anno 2001 e
dell'uno  per  cento  per  l'anno  2002,  a  titolo di rivalsa di cui
all'art. 37 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032".
    Osserva  il  remittente  che  fino  al  28 febbraio 1998 (data di
trasformazione  dell'Ente  poste  italiane in societa' per azioni, in
base   a   quanto   stabilito  dall'art. 2,  comma  27,  della  legge
23 dicembre  1996,  n. 662) l'indennita' di buonuscita dei dipendenti
postali  era  disciplinata dal citato d.P.R. n. 1032 del 1973, il cui
art. 37 conferiva all'Amministrazione postale prima ed all'Ente poste
italiane poi il diritto di rivalersi a carico dei dipendenti iscritti
al  relativo  fondo  previdenziale  in  misura pari al 2,50 per cento
della   base   contributiva   cui   era   commisurato  il  contributo
previdenziale obbligatorio versato dai suddetti enti al fondo stesso,
onde consentire la corresponsione della indennita' medesima.
    A   decorrere   dalla  suddetta  data,  secondo  quanto  disposto
dall'art. 53,  comma  6,  della  legge  27 dicembre  1997, n. 449, ai
dipendenti  postali  spettano  il trattamento di fine rapporto di cui
all'art. 2120  cod.  civ.  e,  per  il periodo lavorativo precedente,
l'indennita'  di buonuscita calcolata in base alla normativa vigente,
mentre  e' stato "soppresso il contributo dovuto dal datore di lavoro
all'Istituto   postelegrafonici   ai   sensi  dell'art. 37  del  t.u.
approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032".
    Peraltro,  la  societa' Poste Italiane anche dopo il 1 marzo 1998
ha  continuato  ad operare le trattenute di cui si discute, basandosi
sull'art. 2,  comma  4,  del  d.l. n. 4 del 1998, che ha interpretato
autenticamente l'art. 53, comma 6, della citata legge n. 449 del 1997
nel senso di mantenere "fermo, a carico del lavoratore, il contributo
di finanziamento al Fondo di previdenza e credito dovuto all'Istituto
postelegrafonici  nella  misura  del  2,50 per cento, derivante dalla
rivalsa  di  cui  all'art. 37  del  testo  unico  delle  norme  sulle
prestazioni  previdenziali  a favore dei dipendenti civili e militari
dello  Stato,  approvato  con decreto del Presidente della Repubblica
29 dicembre 1973, n. 1032".
    La     riportata     disposizione,    a    parte    l'inesattezza
dell'attribuzione  della  natura di "rivalsa" al contributo di cui si
tratta,   si   porrebbe  in  contrasto  con  gli  invocati  parametri
costituzionali  in  quanto,  per il periodo successivo all'abolizione
dell'obbligo  di  contribuzione  a  carico  della societa' datrice di
lavoro, la permanente operativita' delle trattenute in argomento che,
peraltro,  l'art. 68,  comma  4,  della  legge  n. 388  del  2000  ha
soppresso   a  decorrere  dal  1  gennaio  2003,  non  solo  viene  a
configurarsi   come   una   indebita   decurtazione  del  trattamento
retributivo  dei  dipendenti  postali  (non  essendo  giustificata da
alcuna  controprestazione  ulteriore  o  aggiuntiva rispetto a quelle
spettanti  per  legge), ma del tutto irragionevolmente sottopone tali
dipendenti ad una disciplina deteriore rispetto a quella prevista per
la  generalita'  dei  dipendenti  del  settore  privato in materia di
trattamento  di  fine  rapporto;  l'art. 2120  cod. civ. che, dopo la
trasformazione  dell'Ente  poste  italiane in societa' per azioni, e'
divenuto   applicabile  anche  ai  dipendenti  postali  non  prevede,
infatti,  alcun pagamento a carico del dipendente, ponendo ogni onere
di accantonamento ad esclusivo carico del datore di lavoro.
    Conclude  il  rimettente  affermando  che  la sollevata questione
appare "rilevante ai fini del decidere".
    2. - E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    La   difesa   erariale,   dopo   aver   rilevato   che  la  norma
interpretativa  di  cui  all'art. 2,  comma 4, del d.l. n. 4 del 1998
appare  tendenzialmente  incompatibile  con  la  disposta  abolizione
dell'obbligo  contributivo  a  carico  del  datore di lavoro previsto
dall'art. 37  del  d.P.R.  n. 1032  del  1973,  osserva  che, poiche'
l'obbligo  contributivo  a  carico  dei  dipendenti postali di cui si
discute  e'  stato  soppresso  con effetto dal 1 gennaio 2003, la sua
operativita'  ha  assunto  carattere meramente transitorio. In base a
tale circostanza, la normativa denunciata non appare irragionevole in
quanto  la  permanenza  del  contestato obbligo contributivo, pur non
potendosi  piu' considerare immediatamente collegata con l'indennita'
di  buonuscita,  essendo  tuttavia  circoscritta  nel tempo, risponde
all'esigenza   di   provvedere   con   gradualita'  ad  allineare  il
trattamento  retributivo  di  fine  rapporto dei dipendenti postali a
quello  degli  altri lavoratori del settore privato, evitando brusche
ed insostenibili ricadute in ordine al conseguente onere finanziario.
    3. - Si  e'  costituita  in giudizio, con complessa ed articolata
memoria,  la  S.p.a.  Poste  Italiane, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    Dopo  aver  ricostruito  l'intero  quadro  normativo nel quale si
inserisce il sistema di corresponsione della buonuscita ai dipendenti
postali,  la societa' osserva che la normativa attualmente impugnata,
oltre  ad essere rispettosa dei principi affermati da questa Corte in
materia  di  norme  interpretative  e  di  norme  dotate di efficacia
retroattiva,  e'  stata  dettata  al fine di evitare che venisse meno
improvvisamente  qualsiasi  finanziamento di tipo solidaristico delle
indennita' di buonuscita ancora da liquidare agli aventi diritto, con
evidente  danno  di  questi  ultimi  a  causa  del  generale dissesto
economico-finanziario che si sarebbe prodotto per l'IPOST.
    Ne'  assumerebbe  alcun rilievo in contrario la circostanza della
abolizione del contributo, corrispondente a quello di cui si discute,
posto  a  carico del datore di lavoro. La societa' Poste italiane non
avrebbe potuto, infatti, sopportare due oneri e, precisamente, quello
proprio   della  gestione  a  ripartizione  (oltretutto  notoriamente
incompatibile  con i principi che regolano il bilancio delle societa'
per   azioni  e  la  correlativa  adozione  del  sistema  di  cassa),
comportante  il  versamento  di una contribuzione (parametrata su una
analoga  aliquota  di  "equilibrio")  per  finanziare l'indennita' di
buonuscita,  e quello relativo agli accantonamenti per il trattamento
di fine rapporto.
    Gli   indicati   rilievi,   unitamente   con   le  considerazioni
dell'Avvocatura  dello  Stato  in  merito  alla  transitorieta' della
disciplina,   renderebbero  insussistente  qualsiasi  violazione  dei
parametri costituzionali invocati.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Giudice  del  lavoro  del Tribunale di Latina dubita, in
riferimento   agli   articoli 3   e   36  Cost.,  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 4, della legge 20 marzo 1998, n. 52
[recte:   del   combinato   disposto   dell'art. 2,   comma   4,  del
decreto-legge  20 gennaio 1998, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia
di   sostegno  al  reddito,  d'incentivazione  all'occupazione  e  di
carattere  previdenziale),  convertito  nella  legge  20 marzo  1998,
n. 52,  e dell'art. 68, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2001)].
    Secondo  il giudice remittente, le norme suindicate, imponendo ai
lavoratori  postali  il  contributo  del  2,50 per cento fino a tutto
l'anno 2000, dell'1,75 per cento per il 2001 e dell'uno per cento per
il 2002, periodi tutti successivi alla trasformazione dell'Ente Poste
in   societa'  per  azioni,  avvenuta  il  28 febbraio  1998,  ed  al
correlativo  passaggio,  per quanto concerne i dipendenti, dal regime
della  buonuscita erogata dall'Istituto Postelegrafonici a quello del
trattamento  di  fine  rapporto regolato dall'art. 2120 cod. civ., il
quale   non   prevede  alcun  contributo  a  carico  dei  lavoratori,
assoggettano   i   dipendenti  delle  Poste  Italiane  S.p.a.  ad  un
trattamento  ingiustificatamente  deteriore  rispetto a quello di cui
fruisce  la  generalita'  dei dipendenti privati, e cio' in contrasto
con l'art. 3 della Costituzione.
    Inoltre,   il   giudice  remittente  ritiene  che  il  contributo
suindicato    costituisca    una   illegittima   decurtazione   della
retribuzione, in violazione dell'art. 36 della Costituzione.
    2. - Occorre  anzitutto  rilevare,  valutando l'ordinanza nel suo
complesso e tenendo conto della circostanza che il giudice remittente
non contesta la natura interpretativa del citato art. 2, comma 4, del
d.  l.  n. 4  del  1998, che il dubbio di legittimita' costituzionale
investe anche la disposizione interpretata (art. 53, comma 6, lettera
a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449).
    3. - Non  e' ammissibile la questione relativa all'art. 68, comma
4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che disciplina il contributo
in  questione  per  periodi  successivi  alla cessazione del rapporto
all'esame  del  giudice  a  quo e che e' norma pertanto inapplicabile
alla fattispecie sottoposta al giudizio del medesimo.
    4. - Per   quel   che   riguarda   la   questione  relativa  alla
illegittimita'   costituzionale  dell'art. 2,  comma  4,  del  citato
decreto-legge  n. 4  del  1998,  e dell'art. 53, comma 6, lettera a),
della  legge  n. 449  del 1997 l'affermazione del giudice a quo della
rilevanza  risulta  non implausibilmente motivata, con la descrizione
della fattispecie quale si desume dall'ordinanza nel suo complesso ed
in  particolare  con  le  enunciazioni  che, anche successivamente al
28 febbraio  1998,  nei  confronti  dei  dipendenti  postali e' stata
praticata  la  trattenuta  del  2,50  per  cento e che il rapporto di
lavoro in questione e' cessato il 1 giugno 2000.
    5. - Tale questione non e' fondata.
    Occorre  premettere  che  la  previdenza  e  l'assistenza  per  i
lavoratori  postali,  gestita a partire dal 1 agosto 1994 per tutti i
dipendenti  dall'Istituto  Postelegrafonici-IPOST  (gestione  che  in
precedenza  era  limitata  ai  dipendenti degli uffici locali e delle
agenzie),  era  disciplinata  dalle  norme  previste per il personale
statale  (art. 6, comma 7, del decreto-legge 1 dicembre 1993, n. 487,
convertito  con  modificazioni  dalla  legge  29 gennaio  1994 n. 71,
recante  "Trasformazione  dell'Amministrazione  delle  poste  e delle
telecomunicazioni  in  ente pubblico economico e riorganizzazione del
Ministero").
    Ai   dipendenti  postali  spettava  pertanto,  al  momento  della
cessazione   del   rapporto,  la  buonuscita  commisurata  all'ultima
retribuzione  ed  agli  anni  di  servizio,  erogata  dal  suindicato
Istituto,   al  cui  finanziamento  concorreva  in  via  primaria  il
contributo  previdenziale  obbligatorio a carico dell'amministrazione
che  si rivaleva sui dipendenti nella misura del 2,50 per cento della
base  imponibile  (secondo  quanto  stabilito dall'art. 37 del d.P.R.
29 dicembre 1973, n. 1032).
    E'  da sottolineare che tale disciplina del trattamento spettante
alla  cessazione  del rapporto era prevista dalla stessa legge che in
altra  disposizione del medesimo articolo stabiliva la trasformazione
dei  rapporti di lavoro in rapporti di diritto privato (art. 6, comma
2),  in  correlazione  alla trasformazione dell'Amministrazione delle
poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico.
    Per  i  dipendenti  privati  era  intanto  intervenuta  la  legge
29 maggio  1982,  n. 297, che, modificando integralmente l'originario
testo  dell'art. 2120  cod.  civ.,  ha  sostituito  all'indennita' di
anzianita'  il  trattamento di fine rapporto, determinato con criteri
diversi   da   quelli  previsti  per  la  buonuscita  e  per  il  cui
finanziamento  e'  stabilito  il  sistema degli accantonamenti, senza
alcun contributo a carico dei lavoratori.
    La   successiva   modificazione   del   sistema  previdenziale  e
soprattutto, per quel che qui interessa, del trattamento spettante ai
lavoratori  postali  alla cessazione del rapporto e' conseguente alla
trasformazione  del  loro datore di lavoro da ente pubblico economico
in  societa'  per  azioni, avvenuta ai sensi dell'art 1, comma 2, del
decreto-legge  1  dicembre  1993,  n. 487,  convertito,  nella  legge
29 gennaio   1994,   n. 71,   dell'art. 2,   comma  27,  della  legge
23 dicembre  1996, n. 662 e della delibera C.I.P.E. 18 dicembre 1997.
Infatti, l'art. 53, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ha
stabilito  che  "a  decorrere  dalla data di trasformazione dell'Ente
poste Italiane in societa' per azioni ai sensi dell'art. 2, comma 27,
della  legge  23 dicembre  1996, n. 662 al personale dipendente dalla
societa' medesima spettano: a) il trattamento di fine rapporto di cui
all'art. 2120   del  codice  civile  e,  per  il  periodo  lavorativo
antecedente,  l'indennita'  di buonuscita maturata, calcolata secondo
la  normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente
comma. Dalla stessa data e' soppresso il contributo dovuto dal datore
di  lavoro  all'Istituto  postelegrafonici  ai sensi dell'art. 37 del
testo  unico  approvato  con  d.P.R.  29 dicembre  1973, n. 1032". La
medesima  norma  ha  stabilito inoltre la soppressione della gestione
separata  esistente  presso  il detto Istituto per l'erogazione della
buonuscita  e  la  sua  liquidazione  ad  opera  di  un  commissario.
Successivamente  l'art. 2,  comma  4,  del  d.  l.  n. 4  del 1998 ha
stabilito che "la disposizione di cui all'art. 53, comma 6, lett. a),
della  legge  27 dicembre  1997,  n. 449, si interpreta nel senso che
resta  fermo, a carico del lavoratore, il contributo di finanziamento
al Fondo di previdenza e credito dovuto all'Istituto postelegrafonici
nella  misura  del  2,50  per  cento  derivante  dalla rivalsa di cui
all'art. 37   del   testo   unico   delle   norme  sulle  prestazioni
previdenziali  a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato,
approvato  con  decreto  del  Presidente della Repubblica 29 dicembre
1973, n. 1032".
    Infine, l'art. 68, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
ha  disposto  la  soppressione  dal  1  gennaio  2003  del suindicato
contributo  a carico dei lavoratori e ne ha fissato la misura per gli
anni  2001  e 2002 rispettivamente nell'1,75 per cento e nell'uno per
cento.
    Da tutto quanto esposto risulta chiaramente che l'attribuzione ai
dipendenti  postali  del  diritto  al  trattamento  di  fine rapporto
disciplinato  dall'art. 2120  cod.  civ.  costituisce l'approdo di un
iter  legislativo nel cui svolgimento i1 legislatore ha dovuto tenere
conto  del  fatto  che  al  regime previdenziale ed in particolare al
trattamento  dovuto  ai  lavoratori  alla  cessazione  del  rapporto,
riguardato  sia  nelle fonti di finanziamento, sia nella natura della
prestazione  erogata,  non poteva essere indifferente la qualita' del
datore  di  lavoro, dapprima amministrazione statale, successivamente
ente pubblico economico, infine societa' per azioni. Risulta altresi'
che   siffatta   attribuzione  quale  sbocco  della  esposta  vicenda
legislativa,  per  i dipendenti in servizio alla data del 28 febbraio
1998,  e' anche parziale e convive pro rata con il precedente sistema
della  buonuscita,  correlato  alla  pregressa  natura  pubblica  del
datore.
    Ne  consegue  l'inconferenza  della prospettazione, quale tertium
comparationis,  della  disciplina prevista per i lavoratori privati e
che tali sono sempre stati.
    Il contributo in oggetto, invero, non attiene alla disciplina del
trattamento  di  fine  rapporto  contenuta  nell'art. 2120 cod. civ.,
bensi'  a quella del finanziamento dell'indennita' di buonuscita alla
cui   erogazione,  per  quanto  a  loro  favore  maturato  prima  del
28 febbraio   1998,   i   dipendenti  postali  continuano  ad  essere
interessati.
    6. - Il  giudice  remittente  adduce  quale  ulteriore profilo di
contrasto    delle   norme   denunciate   con   l'art. 3   Cost.   la
irragionevolezza  del perdurare dell'imposizione di un contributo cui
non  corrisponde  alcuna  controprestazione  a  favore  di coloro che
devono pagarlo.
    Anche  sotto  questo  riguardo la questione e' infondata, per una
pluralita' di convergenti ragioni.
    Anzitutto, in un sistema a ripartizione, quale quello che informa
la  disciplina  della  buonuscita,  il principio di solidarieta', che
ispira  la  previdenza  sociale in senso lato considerata soprattutto
nel  suo  aspetto funzionale (cfr. le sentenze n. 187 del 1975; n. 30
del  1976;  n. 169  del  1986;  n. 173  del  1986), assume il massimo
rilievo.
    In  questo  ordine  di  idee,  come  e'  stato gia' affermato (v.
sentenza  n. 264  del  1994),  non e' necessario, per la legittimita'
costituzionale   del   contributo,   che   a  ciascuna  contribuzione
corrisponda un incremento della prestazione previdenziale.
    In  secondo luogo, l'imposizione dell'obbligo contributivo di cui
si discute ha assunto carattere transitorio per effetto dell'art. 68,
comma  4,  della  legge  23 dicembre  2000, n. 388, che ne prevede la
soppressione   a   decorrere   dal  1  gennaio  2003,  ed  e'  quindi
strettamente  legata  alla  particolare  situazione  di passaggio dal
regime  della buonuscita a quello del trattamento di fine rapporto, a
sua  volta  correlata  alla  trasformazione  del  soggetto  datore di
lavoro.
    Infine,   non   puo'   trascurarsi  il  rilievo  secondo  cui  il
legislatore,   imponendo   il  contributo,  ha  dovuto  tener  conto,
nell'esercizio  della  propria  discrezionalita',  delle  esigenze di
bilancio,  come osserva l'Avvocatura dello Stato. Infatti, il comma 8
del   citato  art. 68  stabilisce  che  "al  fine  di  migliorare  la
trasparenza  delle  gestioni previdenziali l'eventuale differenza tra
l'indennita'  di  buonuscita,  spettante ai dipendenti della societa'
Poste  Italiane S.p.a. maturata fino al 27 febbraio 1998, da un lato,
e  l'ammontare  dei contributi in atto posti a carico dei lavoratori,
delle  risorse  dovute  dall'INPDAP  e  delle risorse derivanti dalla
chiusura  della  gestione  commissariale  dell'IPOST,  dall'altro, e'
posta a carico del bilancio dello Stato".
    7. - Le   considerazioni   che  precedono  valgono  a  dimostrare
l'infondatezza  del  dubbio  sulla  legittimita' costituzionale delle
norme  denunciate  anche  riguardo all'art. 36 Cost., altro parametro
evocato dal giudice remittente.
    Il  permanere dell'obbligo contributivo, peraltro per un limitato
periodo  di  tempo, non ha comportato alcun peggioramento del livello
retributivo  dei  lavoratori  postali,  essendo indifferente sotto il
profilo  economico che sia dovuto a titolo di contributo diretto cio'
che prima era dovuto a titolo di rivalsa. Si puo' infine ribadire che
l'adeguatezza  della  retribuzione,  ai  sensi dell'art. 36 Cost., va
valutata nel suo complesso (v. ex plurimis sentenza n. 164 del 1994).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
        Dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 68,  comma 4, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria 2001), sollevata, in
riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale di
Latina, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
        Dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 2,  comma  4,  del decreto-legge 20 gennaio
1998,  n. 4  (Disposizioni urgenti in materia di sostegno al reddito,
di  incentivazione  all'occupazione  e  di  carattere previdenziale),
convertito, nella legge 20 marzo 1998, n. 52 e dell'art. 53, comma 6,
lettera  a),  della  legge  27 dicembre  1997,  n. 449 (Misure per la
stabilizzazione  della  finanza  pubblica), sollevata, in riferimento
agli  articoli 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale di Latina con
la medesima ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                       Il redattore: Amirante
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 giugno 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
02C0599