N. 366 ORDINANZA 10 - 18 luglio 2002
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza sociale - Soggetti privi di reddito o con reddito al disotto della soglia di poverta' - Accesso al reddito minimo di inserimento - Condizione negativa di disponibilita' patrimoniali - Mancata fissazione di un congruo limite al valore economico dei beni mobiliari e immobiliari eventualmente posseduti dall'istante - Lamentata irragionevole lesione del principio di parita' di trattamento - Mancata verifica in ordine ad una possibile interpretazione adeguatrice - Manifesta inammissibilita' della questione. - D.Lgs. 18 giugno 1998, n. 237, art. 6, comma 4. - Costituzione, art. 3.(GU n.29 del 24-7-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 4, del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237 (Disciplina dell'introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell'istituto del reddito minimo di inserimento, a norma dell'articolo 59, commi 47 e 48, della legge 27 dicembre 1997, n. 449) promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 2001 dal giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Crotone nel procedimento penale a carico di G.F., iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, 1a serie speciale, dell'anno 2002. Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2002 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che, con ordinanza emessa il 16 novembre 2001, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 4, del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237 (Disciplina dell'introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell'istituto del reddito minimo di inserimento, a norma dell'articolo 59, commi 47 e 48, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), nella parte in cui - prevedendo, ai fini dell'accesso al reddito minimo di inserimento, che l'istante, oltre a percepire un reddito inferiore ad una determinata soglia, sia privo di patrimonio, tanto mobiliare (sotto forma di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e depositi bancari) che immobiliare (eccettuata, a certe condizioni, l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale) - non considera "che dei redditi da tali beni ricavati si deve tener conto ai fini della quantificazione del reddito annualmente goduto e/o, in ogni caso, non prevede un congruo limite al valore economico di tali beni", al superamento del quale sia condizionata l'esclusione dal beneficio; che il giudice a quo premette di essere investito, quale giudice dell'udienza preliminare, della richiesta di rinvio a giudizio di persona imputata dei reati di cui agli artt. 483, 640 e 640-bis cod. pen., per aver percepito somme a titolo di integrazione del reddito minimo di inserimento, attestando falsamente, nella relativa domanda, di possedere i requisiti previsti dal d.lgs. n. 237 del 1998; che il rimettente ricorda come, ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 237 del 1998, l'accesso al reddito minimo di inserimento - istituto introdotto in via sperimentale dal medesimo decreto legislativo in alcune aree del territorio nazionale, quale misura di sostegno a favore delle persone in situazione di difficolta' ed esposte al rischio della marginalita' sociale - sia riservato ai soggetti privi di reddito, ovvero con reddito che, tenuto conto di qualsiasi emolumento percepito, non superi la "soglia di poverta'", stabilita (per il 1998) in lire 500.000 mensili, quanto alle persone che vivano da sole, e in un importo maggiorato sulla base di una "scala di equivalenza", in presenza di nucleo familiare; che l'ammissione al beneficio comporta, ai sensi dell'art. 8 del medesimo decreto legislativo, l'attribuzione di una "integrazione del reddito" pari alla differenza tra la "soglia di poverta'" ed il reddito effettivamente goduto; che in forza dell'art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 237 del 1998 non possono comunque fruire del reddito minimo di inserimento coloro che dispongono di un patrimonio, sia mobiliare, sotto forma di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e depositi bancari; sia immobiliare, fatta eccezione per l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale, se posseduta a titolo di proprieta', il cui valore non superi la soglia indicata dal comune; che ai fini dell'ottenimento della prestazione - ricorda ancora il giudice a quo - e' richiesta la presentazione di una domanda al comune, cui va allegata una dichiarazione, sottoscritta a norma della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni e integrazioni, con la quale il richiedente attesta di essere in possesso dei prescritti requisiti; che nel caso di specie era emerso che l'imputato - il quale aveva presentato nel 1998 domanda al Comune di Isola di Capo Rizzuto (incluso fra quelli individuati ai fini della sperimentazione), dichiarando in essa e nell'allegata "autocertificazione" di non aver goduto di alcun reddito negli anni 1997 e 1998 e di essere privo di patrimonio nei sensi indicati dall'art. 6, comma 4, del citato decreto legislativo - risultava in realta' intestatario, unitamente alla moglie, di un deposito bancario presso un locale istituto di credito con saldo di lire ventisettemila per gli anni 1997, 1998 e 1999; che ad avviso del rimettente, a fronte di tale risultanza, la richiesta di rinvio a giudizio - salva la riconducibilita' del fatto alla nuova e piu' favorevole previsione punitiva di cui all'art. 316-ter cod. pen., in luogo di quella degli artt. 640 e 640-bis cod. pen. - dovrebbe essere accolta, poiche' il comma 4 dell'art. 6 del d.lgs. n. 237 del 1998 richiede, come condicio sine qua non per l'accesso al beneficio, che l'istante ed i suoi familiari siano privi di patrimonio mobiliare, comprendendovi espressamente la titolarita' di depositi bancari; che il giudice a quo ritiene, tuttavia, che "la rigida e letterale applicazione" della norma impugnata determini una irragionevole disparita' di trattamento tra chi - non godendo di alcun reddito, ovvero godendo di un reddito di gran lunga inferiore alla "soglia di poverta'" - resta escluso dall'accesso al reddito minimo di inserimento solo perche' titolare di un deposito bancario (ovvero di altri beni mobili o immobili) anche di modestissima entita'; e chi - pur godendo di un reddito di una certa consistenza, ma comunque rientrante nei limiti della "soglia" - e' viceversa ammesso al beneficio, in quanto privo dei suddetti beni; che tale illogica sperequazione si determinerebbe sia perche', nel formulare la disposizione oggetto di censura, il legislatore non avrebbe considerato che i redditi prodotti dai beni in essa indicati vanno a costituire il redditocomplessivo dell'interessato; sia perche', in ogni caso - ove pure si ritenga che la disponibilita' dei beni stessi sia di per se' sola sintomatica del godimento di redditi (anche occulti) incompatibili con la finalita' dell'istituto - una simile presunzione sarebbe ragionevole solo quando il valore dei beni posseduti superi un "congruo limite"; che il rimettente sottolinea, infine, in punto di rilevanza, che se la norma denunciata non escludesse "sic et simpliciter" dal reddito minimo di inserimento chi si trova nelle condizioni da essa indicate, ovvero subordinasse l'esclusione "al superamento di un certo limite" (di valore dei beni posseduti), l'imputato nel giudizio a quo - risultato, dalle indagini di polizia giudiziaria, privo di qualsiasi reddito e, dunque, in condizioni di assoluta indigenza, al pari dei suoi familiari - avrebbe chiesto e percepito legittimamente le provvidenze ed andrebbe pertanto esente da responsabilita' penale. Considerato che il giudice rimettente dubita della legittimita' costituzionale della condizione negativa di accesso, di ordine patrimoniale, all'istituto del reddito minimo di inserimento, prevista dall'art. 6, comma 4, del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237; che a fondamento del quesito di costituzionalita', formulato peraltro in maniera ambigua ed ancipite - la norma viene impugnata, infatti, da un lato, nella parte in cui non considera che dei redditi ricavati dai beni in essa indicati "si deve tener conto ai fini della quantificazione del reddito annualmente goduto" dall'interessato (censura di non chiaro significato, quanto al tipo di pronuncia invocata); dall'altro lato, e in via alternativa, nella parte in cui non prevede "un congruo limite" al valore economico dei beni la cui disponibilita' e' ostativa alla fruizione del beneficio - il giudice a quo adduce una irragionevole disparita' di trattamento derivante non gia' dalla norma in se', quanto piuttosto dalla sua "rigida e letterale applicazione"; che il rimettente non si da' carico, tuttavia, di verificare, ancor prima di sollevare la questione, se la disposizione si presti ad una interpretazione diversa da quella censurata: una interpretazione, cioe', che - avuto riguardo alla fattispecie oggetto del giudizio a quo - escluda la preclusione dell'accesso al beneficio nel caso di disponibilita' di beni di valore pari ad una esigua frazione del reddito mensile che segna la "soglia di poverta'" rilevante in subiecta materia, e talmente prossima allo zero da rendere la condizione di possidenza puramente "nominale"; che una simile indagine appariva invero doverosa a fronte sia della lettera che della ratio dalla norma: quest'ultima nega infatti la prestazione ai soggetti che dispongano non gia', puramente e semplicemente, di determinati beni mobili a carattere finanziario o di beni immobili, quanto piuttosto di un "patrimonio sotto forma" dei predetti beni; e cio' nella presunzione che siffatta disponibilita' patrimoniale - secondo quanto lo stesso rimettente del resto adombra - sia indice di una capacita' economica, ancorche' "minimale", incompatibile con il carattere "estremo" della misura di sostegno in questione; che il rimettente ha lasciato pertanto incompiuto quel tentativo di sperimentare la praticabilita' di un'interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato, al quale ciascun giudice e' tenuto prima di sollevare l'incidente di costituzionalita' (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 322 del 2001, n. 177 e n. 592 del 2000). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 4, del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237 (Disciplina dell'introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell'istituto del reddito minimo di inserimento, a norma dell'articolo 59, commi 47 e 48, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Flick Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 18 luglio 2002. Il direttore della cancelleria:Di Paola 02C0751