N. 437 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2002
Ordinanza emessa il 26 giugno 2002 dal tribunale di Lecce sez. distaccata di Nardo' nel procedimento penale a carico di Paolucci Giorgio Processo penale - Disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale - Inosservanza dichiarata erroneamente dal giudice nell'udienza preliminare - Rimessione in termini dell'imputato per la richiesta di applicazione di pena o di giudizio abbreviato - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento, a parita' di reato, dell'imputato giudicato con errore di procedura - Incidenza sul diritto di difesa e sui principi del "giusto processo". - Codice di procedura penale, art. 33-sexies. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.40 del 9-10-2002 )
IL TRIBUNALE Decidendo sulle eccezioni della difesa, sentito il p.m., Osserva quanto segue Paolucci Giorgio e' stato rinviato a giudizio con decreto del g.i.p. presso il tribunale di Lecce del 14 febbraio 2002, per rispondere del delitto "di cui all'art. 624 e 625 n. 4 c.p., vigenti all'epoca e poi sostituiti dall'art. 624-bis cpv c.p.". Al dibattimento, dinanzi al giudice in composizione monocratica, la difesa dell'imputato ha chiesto di essere rimessa in termini per proporre istanza di applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. sostenendo che il rito seguito non era stato quello previsto dalla legge per l'ipotesi di reato contestata e che quindi l'imputato si era visto applicare degli sbarramenti temporali, nei quali non sarebbe incorso se si fosse diversamente proceduto. La scelta del rito da applicare nel procedimento instaurato e per il reato contestato passa inevitabilmente attraverso un argomento di natura sostanziale: in applicazione del principio stabilito dall'art. 2 comma 3 c.p., poiche' l'art. 624-bis c.p., introdotto dalla legge n. 128/2001, ha previsto un'autonoma disciplina per il furto con destrezza, gia' disciplinato dall'art. 625 n. 4 c.p., ed ha, pero', introdotto un regime sanzionatorio piu' severo rispetto al precedente, ovvero una pena piu' elevata nel minimo edittale, la legge piu' favorevole al reo e', in questo caso, la norma abrogata, che deve essere applicata con la conseguente disciplina processuale. Nessuno dubita, infatti, della circostanza che, nell'applicare il principio della legge piu' favorevole al reo, sancito in materia di successione di leggi nel tempo, devono essere valutati tutti gli elementi che influiscono sul trattamento del reo e non solo la durata della pena. Devono infatti essere considerate anche le condizioni processuali quali la querela, l'istanza o l'autorizzazione a procedere: cosi nell'ipotesi che la vecchia legge punisca piu' lievemente il reato, perseguendolo pero' d'ufficio e la nuova lo punisca piu' gravemente, perseguendolo, pero', a querela di parte, si potra' decidere di applicare la nuova normativa nell'ipotesi in cui in concreto, nella fattispecie, la parte offesa non abbia querelato. La norma piu' favorevole, puo', quindi, tornare a rivivere non solo quoad penam ma in toto, anche per i suoi aspetti processuali. In altri termini la scelta del rito da applicare non dipende direttamente dalla soluzione di un problema di natura processuale, ma sostanziale, per il quale non vige il principio del tempus regit actum. Cio' premesso, si deve rilevare che la legge n. 128/2001 ha omesso di prevedere l'inserimento dell'art. 624-bis c.p. tra quelli di cui all'art. 550 c.p.p., che devono essere giudicati dal giudice monocratico a seguito di citazione diretta, benche' la fattispecie sia identica, eccetto che per la pena, a quella disciplinata dall'art. 625 n. 4 c.p., che, invece, e' inclusa nell'elenco suddetto; cosi' nel caso del Paolucci, in applicazione della successione di leggi nel tempo, avrebbe dovuto seguirsi la procedura prevista per l'art. 625 n. 4 c.p., in vigore al momento del fatto, perche' proprio l'art. 625 c.p. e' la norma piu' favorevole, per i motivi sopra esposti, e, quindi, si sarebbe dovuto prevedere la citazione diretta dell'imputato dinanzi al giudice del dibattimento. Questa procedura in concreto, avrebbe consentito margini temporali piu' ampi, ad esempio, per adire ai riti alternativi, ed ottenere, quindi, l'irrogazione di una sanzione piu' mite. E' invece, accaduto che il pubblico ministero abbia richiesto il rinvio a giudizio al g.i.p. il quale ha disposto in conformita', fissando la comparizione dell'imputato dinanzial giudice monocratico. E' proprio questa l'ipotesi in cui l'art. 33-sexies c.p.p. avrebbe consentito al g.i.p. di rilevare d'ufficio l'errore e di trasmettere gli atti al p.m., avendo, evidentemente, il legislatore preferito privilegiare il corretto svolgimento dell'azione penale piuttosto che soddisfare esigenze di economia processuale. Nel caso opposto, in cui il p.m. avesse invece citato direttamente l'imputato in una di quelle ipotesi in cui avrebbe dovuto richiedere il rinvio a giudizio al g.i.p., l'art. 550 comma 3 c.p.p. prevede l'eccezione di parte ed un termine di sbarramento per sollevare la questione nell'esaurimento delle questioni preliminari al dibattimento. La legge non disciplina, invece, l'ipotesi in cui il giudice dell'udienza preliminare, non accorgendosi dell'errore, disponga il rinvio a giudizio. Occorre in questo caso chiedersi se la parte abbia o meno l'interesse ad eccepire la questione e se veramente l'udienza preliminare, in questo caso, costituisca una maggiore garanzia per l'imputato. Se cosi' fosse non si spiegherebbe come mai la legge, nell'art. 33-sexies c.p.p., renda il vizio addirittura rilevabile d'ufficio dal g.i.p., privilegiando come si e' detto il corretto svolgimento dell'azione penale, a discapito dell'economia processuale, mentre richiederebbe l'eccezione di parte, con uno sbarramento temporale molto rigido, nell'ipotesi opposta di mancanza dell'udienza preliminare per essere stata erroneamente disposta la citazione diretta in un'ipotesi non prevista. Infatti, il regime della rilevabilita' ad eccezione di parte e' riservato, solitamente, dal legislatore a quei vizi ritenuti meno gravi, come ad esempio l'incompetenza territoriale, mentre il regime previsto dall'art. 33-sexies c.p.p. sembrerebbe assimilabile ad una nullita' prevista dall'art. 178, comma 1, lettera b). In realta' la spiegazione potrebbe trovarsi nel fatto che il nuovo rito prevede una serie di rigidissimi sbarramenti legati alla celebrazione dell'udienza preliminare, come, ad esempio, in materia di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. o di giudizio abbreviato ex art. 438 c.p.p., mentre nelle ipotesi di citazione diretta a giudizio l'imputato ha un termine a comparire di sessanta giorni per predisporre la sua difesa e per adire, quindi, ai riti alternativi, l'accesso ai quali deve ritenersi piu' agevole, anche perche' si verte in ipotesi di reati meno gravi. Se, dunque, per certi versi, il rito con citazione diretta offre minori garanzie, prevedendo il passaggio da un giudice in meno, per altro verso rende piu' elastico l'accesso ai riti alternativi, essendo riservato ad ipotesi delittuose di minore gravita'. Anche per l'ipotesi di rinuncia all'udienza preliminare sono previsti, infatti, sbarramenti temporali che collidono con il diritto dell'imputato di godere del tempo e delle condizioni che gli spettano per predisporre la sua difesa (vedi art. 419, comma 5). Sicche' sotto certi profili l'udienza preliminare penalizza l'imputato il quale si vede costretto a decidere in tempi molto piu' brevi la propria linea difensiva. Ne' puo' addebitarsi alla parte il fatto di non aver sollevato l'eccezione nell'udienza preliminare visto che il vizio avrebbe dovuto essere rilevato d'ufficio dal giudice. Alla luce di tutte queste considerazioni appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33-sexies nella parte in cui non prevede, nell'ipotesi di errore del g.i.p., come sopra configurata, la rimessione in termini dell'imputato per la richiesta di applicazione di pena o di giudizio abbreviato, per violazione degli articoli 3, 24, e 111 della Costituzione essendovi disparita' di trattamento tra gli imputati giudicati con errore di procedura e tutti gli imputati per lo stesso reato per i quali sia stata rispettata la procedura corretta, con conseguente pregiudizio del diritto ad ottenere la migliore delle difese in giudizio, disponendo del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la propria difesa. Appare altresi' rilevante la questione con riferimento al giudizio instaurato nei confronti di Paolucci Giorgio, potendo quest'ultimo, in ipotesi di accoglimento della questione di legittimita' costituzionale, chiedere l'applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., essendo indubbio che la richiesta di patteggiamento costituisce una forma di difesa, come dimostrano i vantaggi che il c.p.p. fa discendere dalla scelta di questo procedimento speciale.
P. Q. M. Visti gli articoli 1 legge n. 1/1948 e 23 legge n. 87/1953; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33-sexies c.p.p., nei sensi di cui in motivazione, per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che copia della presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti di Camera e Senato. Nardo', addi' 26 giugno 2002 Il giudice: Casciaro 02C0916