N. 431 ORDINANZA 21 - 29 ottobre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo   penale   -   Dibattimento   -  Formazione  della  prova  -
  Contestazioni   -   Dichiarazioni  rese  da  testimoni  nella  fase
  d'indagine  -  Limiti alla loro utilizzazione processuale - Difetto
  di  motivazione  in  ordine  alla  non manifesta infondatezza della
  questione - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., art. 500, comma 2.
- Costituzione,  artt.  3, 111, primo e quarto comma, 112 e 24, primo
  comma.
Processo   penale   -   Dibattimento   -  Formazione  della  prova  -
  Contestazioni  -  Limiti  alla  utilizzabilita' delle dichiarazioni
  rese  da testimoni nella fase preliminare - Prospettata lesione del
  principio    di    eguaglianza   e   di   ragionevolezza,   nonche'
  compromissione  dei  diritti  fondamentali, del diritto di azione e
  difesa,  del  principio  di legalita', del libero convincimento del
  giudice  e  della  indefettibilita' della giurisdizione - Questione
  gia'  esaminata  -  Mancata  prospettazione  di  argomenti  nuovi o
  diversi - Manifesta infondatezza.
- Cod. proc. pen., art. 500, commi 2, 4 e 7.
- Costituzione, artt. 2, 3, 24, primo e secondo comma, 25, 101 e 111,
  secondo, terzo e sesto comma.
(GU n.44 del 6-11-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 500, commi 2, 4,
6  e  7, del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 16
della  legge  1  marzo  2001,  n. 63 (Modifiche al codice penale e al
codice  di  procedura  penale  in materia di formazione e valutazione
della  prova  in  attuazione  della  legge  costituzionale di riforma
dell'art. 111  della  Costituzione), promossi con ordinanze emesse il
3 maggio  2001  dal Tribunale di Ascoli Piceno, il 3 ottobre 2001 dal
Tribunale di Castrovillari, il 5 novembre 2001 dal Tribunale di Busto
Arsizio,   sezione  distaccata  di  Saronno,  il  6 aprile  2001  dal
Tribunale  di  Firenze  e il 15 ottobre 2001 dal Tribunale di Napoli,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 57,  58,  60, 82 e 95 del registro
ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 7, 10 e 11, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 25 settembre 2002 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto   che   il   Tribunale  di  Ascoli  Piceno  solleva,  in
riferimento  agli  artt. 2,  3,  25,  101,  111,  sesto  comma, della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 500,
comma  7,  del  codice  di  procedura  penale, nella parte in cui non
prevede  che  le  dichiarazioni  lette  per  le contestazioni possano
essere acquisite e valutate come prova dei fatti;
        che   il   giudice  a  quo  sottolinea  come  le  censure  di
"irragionevolezza"  poste a fondamento della sentenza di questa Corte
n. 255  del 1992, siano proponibili anche in relazione al nuovo testo
dell'art. 500  cod.  proc. pen., giacche' non puo' reputarsi coerente
con  il  principio  sancito  dall'art. 3  Cost.  l'impossibilita'  di
utilizzare  le  dichiarazioni rese dal teste nel corso delle indagini
come materiale probatorio "pieno";
        che  sarebbe  leso  anche  l'art. 111, sesto comma, Cost., in
quanto   per   il   giudice   risulterebbe  impossibile  contemperare
logicamente  - nella motivazione della sentenza - "l'esclusione della
credibilita'  del  teste,  che  renda  in  dibattimento dichiarazioni
difformi  rispetto  a  quanto  ha dichiarato nel corso delle indagini
preliminari,   con   l'affermazione   di   una   verita'  processuale
sicuramente    parziale,   derivante   dall'inutilizzabilita'   delle
dichiarazioni rese nel corso delle indagini";
        che   nella   specie   sarebbero  ravvisabili,  altresi',  la
violazione   dell'art. 2   Cost.,   in   quanto  la  norma  impugnata
risulterebbe  di  fatto  ostativa  "al  libero  esercizio dei diritti
fondamentali";  e, correlativamente, quella dell'art. 24 Cost., sotto
il  profilo  della limitazione che in concreto deriverebbe al diritto
di azione in capo alle vittime dei reati;
        che,  infine,  alla  luce dei rilievi svolti, la disposizione
censurata  violerebbe  anche  l'art. 101,  secondo  comma, Cost., che
assoggetta  i  giudici  soltanto  alla  legge,  ed  il  principio  di
legalita', sancito dall'art. 25 della medesima Carta;
        che   anche   il   Tribunale  di  Castrovillari  solleva,  in
riferimento  agli artt. 3, 111, primo e quarto comma, 112 e 24 Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 500, comma 2, cod.
proc. pen., nella parte in cui non prevede che le dichiarazioni lette
per  le  contestazioni  possano  essere  acquisite  al  fascicolo del
dibattimento e valutate come prova dei fatti in esse affermati;
        che   il  giudice  a  quo,  per  motivare  la  non  manifesta
infondatezza  della questione, si limita a fare integrale rinvio alle
considerazioni  svolte in altra ordinanza, asseritamente acclusa, ma,
in effetti, non allegata al provvedimento di rimessione;
        che  il  Tribunale  di  Busto Arsizio - sezione distaccata di
Saronno,  solleva,  in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e
111,  terzo  comma,  Cost.,  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 500, commi 2, 4 e 7, cod. proc. pen;
        che il rimettente prospetta come "paradossali" le conseguenze
che  scaturiscono da un sistema in forza del quale al giudice - anche
quando  esso  si  convinca della fondatezza della originaria versione
testimoniale  e  della  inattendibilita'  della  deposizione resa dal
medesimo  soggetto in dibattimento - non sia consentito di utilizzare
"in  termini  decisori"  il  materiale  su  cui tale convincimento si
poggia;
        che la disciplina censurata sarebbe irragionevole anche nella
parte  in  cui  rimette al potere dispositivo delle parti la facolta'
"di   rendere  efficace,  sotto  il  profilo  probatorio,  ovvero  di
azzerarne la valenza, la dichiarazione raccolta dal testimone in fase
d'indagine";
        che,  alla  stregua  dei  contestati  limiti di utilizzazione
processuale,  risulterebbe  violata  anche  la  garanzia della "piena
esplicazione  del  diritto  di difesa", sancita dall'art. 24, secondo
comma,  Cost.,  e,  ad  un  tempo,  dall'art. 111, terzo comma, della
stessa Carta;
        che  il Tribunale di Firenze solleva una questione identica a
quella  proposta  dal  Tribunale  di  Ascoli  Piceno,  lamentando  la
violazione  degli  artt. 2,  3, 24, primo comma, 25, secondo comma, e
102,  secondo  comma,  della  Costituzione,  giacche'  -  secondo  il
Tribunale  rimettente  - la disciplina del procedimento di formazione
della  prova,  per  la  sua  natura  strumentale, non puo' introdurre
limitazioni  di  entita' tale da privare di efficacia la legge penale
sostanziale,  determinando,  per  questa  via,  la  compressione  del
diritto  costituzionale  di azione e la vanificazione della peculiare
funzione  del giudice penale, con la correlativa perdita di effettiva
tutela  per  i  diritti inviolabili riconosciuti dalla Costituzione e
salvaguardati dalla legge penale;
        che  sarebbero violati anche il principio di ragionevolezza e
quello di libero convincimento, poiche' la norma impugnata imporrebbe
al  giudice  di  contraddire  la  propria  motivata  convinzione  nel
contesto  della  stessa  decisione: cio' in quanto - se la precedente
dichiarazione  resa dal teste e' ritenuta veritiera e per cio' stesso
sufficiente a stabilire l'inattendibilita' del medesimo nella diversa
deposizione resa in dibattimento - risulterebbe irrazionale che essa,
una  volta  introdotta  nel giudizio ed esaminata nel contraddittorio
delle parti, non possa essere utilmente acquisita ai fini della prova
dei fatti in essa affermati;
        che anche il Tribunale di Napoli solleva, in riferimento agli
artt. 3,  24,  primo comma, 25, secondo comma, e 111 Cost., questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 500 cod. proc. pen., nella
parte   in   cui   non   prevede   che   le   dichiarazioni  difformi
precedentemente  rese  dal testimone, lette per le contestazioni, non
possano  essere acquisite al fascicolo del dibattimento e valutate ai
fini della prova dei fatti in queste affermati;
        che, infatti - ad avviso del Tribunale rimettente - l'attuale
formulazione  della  disposizione oggetto di impugnativa, "prevedendo
una lettura contestazione senza acquisizione delle dichiarazioni rese
nella  fase  delle  indagini  preliminari,  consente di valutare tale
diversa  prospettazione  dell'accaduto,  esclusivamente ai fini della
credibilita'  delle  parti offese sentite quali testi, con esclusione
della   loro  valenza  probatoria,  cosi'  impedendo  al  giudice  la
possibilita'   di  utilizzazione  delle  stesse,  in  violazione  dei
principi del libero convincimento del, della funzione conoscitiva del
processo,     dell'indefettibilita'     della     giurisdizione     e
dell'obbligatorieta' dell'azione penale";
        che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dalla Avvocatura
generale  dello  Stato,  la  quale,  riportandosi alle considerazioni
svolte  in  altri  atti  di  intervento,  ha  chiesto dichiararsi non
fondate le questioni proposte.
    Considerato  che  le  ordinanze di rimessione sollevano questioni
fra loro del tutto analoghe e che, pertanto, i relativi giudizi vanno
riuniti per essere definiti con un'unica decisione;
        che, preliminarmente, la questione sollevata dal Tribunale di
Castrovillari deve essere dichiarata inammissibile per totale difetto
di  motivazione  in  punto  di  non manifesta infondatezza, avendo il
giudice  a  quo  omesso di trasmettere l'ordinanza cui - nell'atto di
rimessione - si e' limitato a formulare un integrale rinvio;
        che  i  quesiti sollevati dagli altri giudici rimettenti sono
stati  gia'  ampiamente  scrutinati,  sotto  tutti i profili dedotti,
nelle  ordinanze  nn. 36  e 365 del 2002, nelle quali questa Corte ha
rimarcato  in  particolare  "come l'art. 111 della Costituzione abbia
espressamente  attribuito  risalto  costituzionale  al  principio del
contraddittorio,  anche  nella  prospettiva della impermeabilita' del
processo,  quanto  alla formazione della prova, rispetto al materiale
raccolto  in  assenza  della dialettica delle parti": con conseguente
predisposizione,   per   la  fase  del  dibattimento,  di  meccanismi
normativi  idonei  alla  salvaguardia  "da  contaminazioni probatorie
fondate  su  atti  unilateralmente  raccolti nel corso delle indagini
preliminari";
        che,  pertanto,  non  essendo stati addotti argomenti nuovi o
diversi  rispetto  a  quelli  gia'  esaminati,  le questioni proposte
devono essere dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 500,  comma  2, del codice di
procedura  penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 111, primo
e  quarto  comma,  112  e  24,  primo  comma, della Costituzione, dal
Tribunale di Castrovillari con l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 500, commi 2, 4 e 7, del codice
di  procedura  penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24,
primo  e  secondo comma, 25, 101 e 111, secondo, terzo e sesto comma,
della  Costituzione, dal Tribunale di Ascoli Piceno, dal Tribunale di
Busto  Arsizio,  sezione  distaccata  di  Saronno,  dal  Tribunale di
Firenze e dal Tribunale di Napoli con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 ottobre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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