N. 531 ORDINANZA 6 - 18 dicembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Magistratura  -  Trattamento  economico  e  di quiescenza - Personale
  collocato  a  riposo  anteriormente  al  1 luglio 1983 - Esclusione
  dell'adeguamento  automatico  del  trattamento  pensionistico  agli
  stipendi  del  personale  in  servizio  Prospettata  violazione del
  principio   di   pari   trattamento  e  di  proporzionalita'  della
  retribuzione (differita) - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge 8 agosto 1991, n. 265, art. 2, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 36 e 38.
(GU n.1001 del 27-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'articolo 2, primo
comma,  della legge 8 agosto 1991, n. 265 (Disposizioni in materia di
trattamento  economico  e di quiescenza del personale di magistratura
ed  equiparato),  promosso  con  ordinanza emessa il 28 febbraio 2002
dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia,
sul  ricorso  proposto  da Larini Donato contro Ministero di grazia e
giustizia,   iscritta   al  n. 177  del  registro  ordinanze  2002  e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica del 2 maggio
2002, 1a serie speciale, edizione straordinaria.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 ottobre 2002 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto  che  nel  giudizio avanti alla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale  per  la  Regione  Puglia, il ricorrente dott. Donato
Larini,   magistrato   di   Cassazione  in  pensione,  aveva  chiesto
l'accertamento  del  diritto alla costante riliquidazione del proprio
trattamento pensionistico in applicazione dei miglioramenti economici
previsti dall'art. 2 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze
per  il  personale di magistratura), oltre interessi e rivalutazione,
richiamando  la  sentenza n. 501 del 1988 della Corte costituzionale,
nonche' talune decisioni della Corte dei conti;
        che  nel  giudizio a quo si era costituito il Ministero della
giustizia  allegando  il  decreto (n. 88631 del 2 giugno 1989) con il
quale  era  stato  riliquidato,  a  decorrere  dal 1 gennaio 1988, il
trattamento  pensionistico  del  ricorrente,  in  applicazione  della
sentenza della Corte costituzionale n. 501 del 1988;
        che  nel  corso  del  giudizio,  la Corte dei conti disponeva
l'accertamento  dell'entita'  dello  scostamento  tra  il trattamento
pensionistico  spettante  al  dott. Larini e il trattamento economico
dei  magistrati in servizio di pari qualifica ed anzianita' e che dai
conteggi  effettuati  dal Ministero della giustizia, relativamente al
periodo  1988/2000,  era  emerso  una  accentuata  divaricazione  fra
l'aumento   del   trattamento   pensionistico  del  ricorrente  e  il
trattamento  economico del personale in servizio di pari qualifica ed
anzianita' del dott. Larini;
        che,  sulla  base  di  tali  risultanze,  il giudice a quo ha
ritenuto di dover sollevare la questione di legittimita' dell'art. 2,
primo  comma,  della  legge  8 agosto  1991,  n. 265 (Disposizioni in
materia  di  trattamento  economico  e di quiescenza del personale di
magistratura   ed   equiparato)  in  quanto  tale  norma,  escludendo
espressamente   l'applicabilita'   del   meccanismo   di  adeguamento
stipendiale  - di cui all'art. 2, della legge 19 febbraio 1981, n. 27
- ai trattamenti pensionistici, non consente il costante allineamento
delle pensioni al trattamento dell'attivita' di servizio;
        che  il  rimettente,  pur  richiamando le precedenti pronunce
della  Corte sulla norma impugnata (in particolare, la sentenza n. 42
del  1993,  con cui e' stata dichiarata inammissibile la questione di
legittimita'   dell'art. 2,   della   legge   n. 27   del  1981)  che
sottolineano  la  discrezionalita'  del  legislatore nel limitare gli
adeguamenti  al  personale  in  servizio  nonche'  la  giurisprudenza
costituzionale  che  esclude  l'esistenza di un principio che imponga
l'automatico adeguamento delle pensioni agli stipendi, ritiene che la
scelta  del  legislatore  di  "cristallizzare la riliquidazione delle
pensioni  alle  misure  stipendiali  del  1  luglio  1983, escludendo
l'applicabilita'  del  meccanismo  di adeguamento automatico, finisce
per  rendere del tutto inidoneo il meccanismo in concreto prescelto a
preservare  la  costante sufficienza della pensione" alle esigenze di
vita del lavoratore per un'esistenza libera e dignitosa;
        che,  ad  avviso del rimettente, i dati forniti dal Ministero
inducono  a  dubitare  della idoneita' "dello strumento prescelto dal
legislatore  (riliquidazione)  a  garantire un sufficiente livello di
adeguatezza  delle prestazioni pensionistiche", con la conseguenza di
rendere necessario un nuovo esame della questione gia' valutata dalla
Corte  con  le sentenze n. 42 del 1993 e n. 409 del 1995, dal momento
che  non  vi  sarebbe  una ragionevole corrispondenza tra la dinamica
delle  pensioni  e  la  dinamica  delle retribuzioni, con conseguente
violazione degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione;
        che  in  ordine  alla rilevanza della questione, la Corte dei
conti  ritiene  che  soltanto la dichiarazione di incostituzionalita'
della norma impugnata consentirebbe il riconoscimento del diritto del
ricorrente  di  ottenere  la  riliquidazione  del proprio trattamento
pensionistico;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso   per  la  dichiarazione  di  manifesta  infondatezza  della
questione  prospettata,  dal  momento  che  la  norma  impugnata, da'
attuazione  alla  sentenza  n. 501 del 1988 della Corte, in quanto si
sono  riliquidati i trattamenti pensionistici del personale collocato
a  riposo  prima del 1 luglio 1983, in applicazione degli artt. 3 e 4
della   legge   6 agosto   1984,  n. 425  (Disposizioni  relative  al
trattamento economico dei magistrati);
        che l'Avvocatura ricorda come la Corte, con le sentenze n. 42
del  1993  e  n. 409  del  1995, ha affermato che e' riservato in via
esclusiva  all'apprezzamento discrezionale del legislatore ordinario,
nel  quadro  della  politica  economica  generale,  la disciplina del
meccanismo di perequazione dei trattamenti pensionistici;
    Considerato   che  la  Corte,  data  la  natura  di  retribuzione
differita  che  deve  riconoscersi  al  trattamento pensionistico, ha
costantemente  affermato  il  principio  della proporzionalita' della
pensione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato, nonche' della
sua  adeguatezza  alle  esigenze  di  vita del lavoratore e della sua
famiglia  (sentenze n. 243 del 1992; n. 96 del 1991; n. 501 del 1988;
n. 173 del 1986; n. 26 del 1980 e n. 124 del 1968);
        che   ha,  altresi',  riconosciuto  che  il  requisito  della
proporzionalita' deve sussistere non solo al momento del collocamento
a  riposo  del  lavoratore, ma anche successivamente, in relazione al
mutamento  del  potere  di  acquisto della moneta (sentenze n. 96 del
1991 e n. 26 del 1980);
        che,  tuttavia,  ha altrettanto costantemente specificato che
tale  principio  non  impone  affatto  il  necessario adeguamento del
trattamento   pensionistico   agli   stipendi,  ma  che  spetta  alla
discrezionalita'   del   legislatore   determinare  le  modalita'  di
attuazione del principio sancito dall'art. 38 della Costituzione;
        che,  piu'  precisamente,  tale  determinazione  consegue  al
bilanciamento   del   complesso   dei   valori   e   degli  interessi
costituzionali coinvolti, anche in relazione alle risorse finanziarie
disponibili e ai mezzi necessari per far fronte agli impegni di spesa
(sentenze n. 457 del 1998; n. 226 del 1993 e n. 119 del 1991), con il
limite  comunque  di assicurare "la garanzia delle esigenze minime di
protezione della persona" (sentenza n. 457 del 1998);
        che,  sotto  altro  aspetto,  l'esigenza di adeguamento delle
pensioni   alle   variazioni  del  costo  della  vita  e'  assicurata
attraverso   il   meccanismo   della   perequazione   automatica  del
trattamento   pensionistico   (attualmente  disciplinato  dal  d.lgs.
30 dicembre  1992,  n. 503,  recante  norme  per il riordinamento del
sistema  previdenziale  dei  lavoratori  privati  e pubblici, a norma
dell'art. 3   della   legge  23 ottobre  1992,  n. 421  e  successive
modifiche ed integrazioni);
        che,  pertanto, l'esclusione della applicazione alle pensioni
spettanti  ai magistrati collocati a riposo anteriormente al 1 luglio
1983,  del  meccanismo  di  adeguamento  triennale degli stipendi dei
magistrati previsto dall'art. 2 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 -
esclusione  disposta  dalla  norma  censurata  -  non contrasta con i
principi sanciti dagli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione;
        che,  sulla  base  delle  suesposte motivazioni, la questione
sollevata e' manifestamente infondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 2,  comma  1,  della  legge
8 agosto   1991,  n. 265  (Disposizioni  in  materia  di  trattamento
economico   e   di   quiescenza  del  personale  di  magistratura  ed
equiparato)  sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale
per  la  Regione  Puglia,  in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della
Costituzione, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2002.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 18 dicembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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