N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 febbraio 2003

Ordinanza  emessa  il  12 febbraio  2003 dal tribunale di Bologna nel
procedimento penale a carico di Morad Chirif

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio  dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  ad ipotesi di
  reato   analoghe  o  piu'  gravi  -  Carenza  del  requisito  della
  necessita'  ed  urgenza  per  l'adozione  da  parte  della  polizia
  giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla
  liberta' personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3, 13, comma terzo.
(GU n.17 del 30-4-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di  convalida  dell'arresto di Morad
Chirif,  nato  in  Marocco l'11 febbraio 2003, per la contravvenzione
prevista  e  punita  dall'art. 14,  5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998  come
modificato dalla legge n. 189/2002.
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento  del  prefetto  di  Bologna  in data 2 gennaio 2003 che
successivamente  in  pari data il questore di Bologna gli ha ordinato
di  allontanarsi  dal  territorio  dello Stato entro cinque giorni ai
sensi  dell'art. 14,  comma  5-bis  d.lgs n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002,  e che egli non ha ottemperato all'ordine,
venendo arrestato a Bologna l'11 febbraio 2003 ai sensi dell'art. 14,
5-quinquies d.lgs. n. 286/1998.
    Rilevato   che   l'ordine   di   espulsione  del  prefetto  e  di
allontanamento   del   questore   risultano  regolarmente  notificati
all'arrestato anche in traduzione.
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato  o  eventualmente  con  diverse  generalita'  - ha un unico
precedente giudiziario a carico relativo alla condanna in primo grado
per  una contravvenzione identica a quella oggi contestatagli, emessa
dal Tribunale di Bologna il 2 gennaio 2003.
    Osservato  che sussistono dubbi sulla legittimita' costituzionale
dell'arresto   obbligatorio   come   previsto   dall'art. 14,   comma
5-quinquies   d.lgs.   n. 286/1998  -  come  modificato  dalla  legge
n. 189/0202  -  e  che  la  questione  di legittimita' di tale norma,
sollevata  dalla  difesa,  appare non manifestamente infondata per le
ragioni   che   seguono,  con  essenziale  riferimento  ai  parametri
costituzionali di cui agli artt. 13 e 3 Costituzione.
    Quanto  al parametro dell'art. 13, terzo comma, Costituzione, che
consente  provvedimenti  limitativi della liberta' personale da parte
della  PS solo «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza indicati
tassativamente  dalla legge». La previsione dell'arresto obbligatorio
contenuta  nell'art. 14  comma 5-quinquies appare contrastarvi per le
seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad  opera della PS solo se successivamente convalidata dall'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  «eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza»
previsti  dalla legge. Al terzo comma - diversamente dal secondo - e'
prevista   quindi   una  riserva  di  legge  qualificata  poiche'  al
legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi in
cui la liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata dalla
PS, ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed urgenza.
        la  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche'  l'art. 14  comma 5-quinquies prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14  comma  5-ter,  le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto.
        la  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente pericoloso (vedi Corte costituzionale n. 64/1977
in  cui  la  legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente
accertamento  giudiziale  delle condizioni di pericolosita' sociale),
ne'  versa  in  una  condizione di pericolosita' specifica per le sue
condizioni personali (vedi Corte costituzionale n. 126/1972 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va
infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello stato,
cioe'  la  permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che
la  legittimano formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione
ma  che  non  integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata
alla  formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se'
di    una    specifica   pericolosita'   del   soggetto   (si   pensi
all'innumerevole  numero  di  «badanti»  che  per periodi lunghissimi
lavorano  irregolarmente  nelle  famiglie  italiane  in condizioni di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale  da  parte  della  PS ai sensi del terzo comma dell'art. 13
Cost.
    L'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per una
contravvenzione  punita  con  l'arresto  da  sei  mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 cpp), il che
rende  evidente  come  in questo caso l'arresto non sia in alcun modo
collegato  alla successiva applicazione di una misura cautelare. Esso
si  affianca ad altri eccezionali casi in cui e' consentito l'arresto
a  prescindere  dalla successiva applicazione di misura cautelare, ma
si   discosta   da   tali   ipotesi   per  aspetti  molto  rilevanti.
Significativo  e' il raffronto con le ipotesi di arresto in flagranza
previsto  per il delitto p.p. daIl'art. 189 cds (la cui pena edittale
e'  inferiore  ai  limiti  che  consentono  l'applicazione  di misure
cautelari)  e  per  le contravvenzioni p.p. dai commi primo e secondo
art. 4  legge n. 110/1975  o  dai  commi quarto e quinto dello stesso
articolo,   in   questo   caso   se   aggravate  dalla  finalita'  di
discriminazione  o  odio  etnico,  razziale  ecc. Nella prima ipotesi
l'arresto  e'  consentito  per  consentire  «la  possibilita'  di  un
intervento  immediato di chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato
le  vittime  di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo
in   pericolo   la   sicurezza   individuale   e  collettiva»  (Corte
costituzionale n. 305/1996).
    Nel  secondo  caso l'arresto consente che le forze di PS limitino
la  liberta' personale di soggetti in possesso di armi o oggetti atti
ad  offendere nel corso di riunioni pubbliche (commi quarto e sesto o
con  armi od oggetti atti ad offendere fuori dalla propria abitazione
il   cui   possesso  sia  destinato  specificamente  a  finalita'  di
discriminazione  o  odio  razziale  (commi primo e secondo, aggravati
dall'art. 3    comma   1   d.l.   n. 122/1993),   condotte   entrambe
evidentemente   riconducibili   ad   un  pericolo  per  la  sicurezza
individuale   e   collettiva  evitabile  soltanto  con  la  materiale
apprensione  del  soggetto  armato ed il suo allontanamento dal luogo
pericoloso.   In   entrambi   i  casi,  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  e  non  come  obbligatorio  (art. 189  comma sesto csd e
art. 6  comma  secondo  legge  n. 654/1975).  In  entrambe le ipotesi
citate   di   resto   consentito   a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto  dall'art. 14, comma 5-quinquies
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  PS  che  lo  sorprenda  in  flagranza,  nel caso di cui
all'art. 14 comma 5-quinquies non emerge alcuna necessita' ed urgenza
di  procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa e priva
di concreta pericolosita'. Sul punto va aggiunto che il giudice delle
leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha  confermato  la  legittimita'
dell'arresto   previsto   dall'art. 189   cds  ancorandola  alla  sua
facoltativita',  in  quanto  tale  arresto  «richiede  pur  sempre la
sussistenza,  nei  singoli  casi  concreti,  dei presupposti ai quali
l'art. 381  comma quarto subordina in via generale l'adozione di tale
misura».  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta  e nella sua generale ed astratta necessita' di applicazione
si  pone in contrasto con i requisiti della eccezionale necessita' ed
urgenza della misura imposti dall'art. 13 terzo comma Costituzione.
    L'arresto  obbligatorio  non  potrebbe  neppure  trovare  ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14  comma  5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14  comma 5-ter. II
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  cpp  comma secondo che espressamente dispone le regole
processuali  per  l'ipotesi  di  citazione a giudizio dell'imputato a
piede  libero,  oltre  che  nei  casi  previsti  dallo  stesso  d.lgs
n. 286/1998  come modificato dalla legge n. 189/2002, che all'art. 13
comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in
ogni  caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non
sia  stata  esercitata  e  quindi  l'imputato  resti  libero - contro
l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo.
    Non puo' infine ritenersi che l'eccezionale necessita' ed urgenza
dell'arresto  sia  collegata alla necessita' di eseguire l'espulsione
dell'arrestato,   che   di   per   se'   puo'   essere  eseguita  con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo  ed indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13 comma 4
d.lgs n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    L'arresto    obbligatorio    qui    previsto    potrebbe   essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma  Cost.  solo  se  si  ritenesse  eccezionalmente  necessario ed
urgente  limitare  la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui
egli abbia violato l'ordine di allontanamento del Questore successivo
alla  sua espulsione dal territorio nazionale. Tale limitazione della
liberta' puo' perdurare comunque soltanto poche ore (e cioe' soltanto
fino  a  che il p.m. non ritenga di avvalersi dei poteri conferitigli
dall'art. 121  disp.  att.  cpp  o  al  massimo  fino  all'udienza di
convalida,  alla quale comunque il p.m. non puo' chiedere l'emissione
di  misure cautelari) e non e' necessaria ne' per l'instaurazione del
giudizio  direttissimo,  ne' per la successiva applicazione di misure
cautelari,  ne'  perche'  in  tale  arco  di  tempo  possa  ottenersi
l'identificazione   dell'arrestato,  ne'  perche'  con  l'arresto  si
interrompe  una  situazione  di  pericolo, ne' perche' sia funzionale
all'espulsione,  che  invece  e'  presupposto  dell'arresto  stesso e
comunque   puo'   essere   autonomamente   disposta:  non  e'  quindi
apprezzabile  alcun  profilo di eccezionale necessita' ed urgenza che
renda l'arresto obbligatorio qui in esame rientrante nella previsione
dell'art. 13,  terzo comma Costituzione e quindi non in contrasto con
la inviolabilita' della liberta' personale sancita dall'art. 13 Cost.
    Quanto  al  parametro  dell'art. 3  Costituzione,  che  impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   Corte   costituzionale   n. 26/1979;
n. 103/1982;    n. 409/1989;    n. 341/1994    (vedi    anche   Corte
costituzionale  n. 53/58  secondo  cui  «non  si  controlla l'uso del
potere  discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio
dell'uguaglianza  e'  violato quando il legislatore assoggetta ad una
indiscriminata  disciplina  situazioni  che  esso  stesso considera e
dichiara  diverse), la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta
nell'art. 14  comma  5-quinquies  appare contrastarvi per le seguenti
ragioni:
        l'art. 13  comma  13  del  d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  prevede la contravvenzione dello straniero
che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel
territorio  nazionale, punendola con l'arresto da sei mesi ad un anno
(si  tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto  alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14  comma  5-ter
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo (art. 13 comma 13-ter), nel secondo caso esso e' previsto
come obbligatorio (art.14 comma 5-quinquies).
        l'art. 13,   comma   13-bis   del   d.lgs.  n. 286/1998  come
modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero
che  rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale,
punendolo  con la reclusione da uno a quattro anni. In questo caso di
delitto  con  pena edittale fino a quattro anni e' previsto l'arresto
come  facoltativo  dall'art. 13  comma  13-ter,  mentre nel caso piu'
lieve  della  contravvenzione  dell'art. 14  comma  5-ter  punita con
l'arresto  fino a un anno l'arresto e' previsto come obbligatorio dal
citato art. 14 comma 5-quinquies.
    Dall'esame  delle  disposizioni  sopra  citate  emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma  5-quinquies  dell'art. 14  e'  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di   analoga  gravita'  (art. 13  comma  13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi, sia perche' a situazioni di maggiore gravita' (art. 13 comma
13-bis)  conseguono  addirittura  modalita'  di arresto facoltative e
quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano  ragioni  specifiche  che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase  della previsione delle misure precautelari; che la questione e'
«rilevante  per  la  pronuncia  sulla  convalida dell'arresto poiche'
l'eventuale   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dello
stesso  farebbe venir meno il fondamento normativo della richiesta di
convalida  proposta dal PM. Infatti nella fattispecie Morad Chirif e'
stato   tratto  m  arresto  perche'  tale  misura  e'  prevista  come
obbligatoria   dall'art. 14  comma  5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998,
mentre  egli  non  sarebbe  stato passibile di arresto se tale misura
fosse  stata prevista come facoltativa in quanto non sussistono nella
fattispecie  le condizioni richieste dall'art. 381 comma quarto della
gravita' del fatto (il reato contestato e' una contravvenzione punita
da  sei mesi a un anno), ne' della pericolosita' del soggetto desunta
dalla  sua  personalita'  (l'arrestato  ha una sola condanna in primo
grado per una contravvenzione); il fatto che egli sia clandestino sul
territorio   nazionale   non   e'  previsto  come  reato  dal  nostro
ordinamento) o dalle circostanze del fatto (la condotta contestata e'
meramente passiva, di disobbedienza ad un ordine dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, settimo
comma  cpp  e  «(..)  trova  ragione  nell'interesse  generale ad una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione dell'art. 391 settimo comma ovvero piu' radicalmente
alla  caducazione  con effetto retroattivo della disposizione in base
alla   quale  gli  arresti  furono  eseguiti»  (Corte  costituzionale
n. 54/1993;
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 come
modificato  dalla  legge  189/2002,  nella  parte in cui prevede come
obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto  dall'art. 14 comma
5-ter,  appare  non manifestamente infondata e rilevante nel giudizio
di  convalida  in  corso,  per  cui va sollevata per le ragioni sopra
esposte.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge n. 87/1953;
    Ritenuta  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato dalla legge
n. 189/2002,  per  contrasto  con  gli  artt. 13,  terzo  comma  e 3,
Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere.
        Bologna, addi' 12 febbraio 2003
                          Il giudice: Betti
03C0412