N. 129 ORDINANZA 27 marzo - 16 aprile 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Parametri  della  questione  -  Mancanza  di una espressa indicazione
  nell'atto  di rimessione - Possibilita' di una individuazione sulla
  base dei motivi esposti.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
Processo  penale  -  Modifica all'imputazione o nuova contestazione -
  Limitazione  dei  casi  di  trasmissione  degli  atti  al  pubblico
  ministero   -   Impossibilita'   conseguente  di  accesso  ai  riti
  alternativi e, in particolare, al giudizio abbreviato - Prospettata
  violazione  del diritto di difesa e del principio di ragionevolezza
  - Questione di carattere ipotetico - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., art. 521-bis.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.16 del 23-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:, Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE,  Giovanni  Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 521-bis,
comma 1,  del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un
procedimento  penale,  dal  Tribunale  di  Pistoia  con ordinanza del
20 settembre  2002,  iscritta al n. 506 del registro ordinanze 2002 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, 1a serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 12 marzo 2003 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  il Tribunale di Pistoia in composizione collegiale
ha     sollevato    questione    di    legittimita'    costituzionale
dell'art. 521-bis,  comma  1,  del  codice di procedura penale, nella
parte  in  cui  non  prevede  la  trasmissione degli atti al pubblico
ministero  in  tutte  le  ipotesi  in  cui,  a seguito della modifica
dell'imputazione  ex art. 516, commi 1-bis e 1-ter, cod. proc. pen. o
della  contestazione  di  un reato concorrente ex art. 517 cod. proc.
pen.,  in  relazione  a  fatti  che  gia'  risultavano  dagli atti di
indagine,  il  reato  e'  attribuito alla cognizione del tribunale in
composizione collegiale anziche' monocratica;
        che   il   rimettente   premette  che  in  esito  all'udienza
preliminare  era  stato  disposto il giudizio davanti al tribunale in
composizione   monocratica   per  il  reato  di  bancarotta  semplice
(art. 217  del  r.d.  16 marzo  1942,  n. 267)  e  che  nel corso del
dibattimento  il pubblico ministero aveva modificato l'imputazione in
quella  di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, primo comma,
n. 2) ed aveva contestato altresi' il reato concorrente di bancarotta
fraudolenta  patrimoniale (art. 216, primo comma, n. 1), in relazione
ad  un fatto - distrazione di somme di denaro - gia' risultante dagli
atti di indagine;
        che  a  norma  dell'art. 33-septies, comma 1, cod. proc. pen.
era  stata  disposta  la  trasmissione  degli  atti  al  tribunale in
composizione collegiale, e cioe' all'attuale rimettente, che, invece,
individuava   nell'art. 521-bis   cod.  proc.  pen.  la  disposizione
applicabile  nel  caso  di  specie,  concernente  la  modifica  della
composizione  del giudice a seguito di nuove contestazioni e non gia'
a seguito di una originaria, erronea individuazione del giudice;
        che  ad avviso del giudice a quo tale disposizione, limitando
i  casi  di  trasmissione  degli  atti  al pubblico ministero ai soli
giudizi    con   citazione   diretta,   sacrifica   la   possibilita'
dell'imputato  di  accedere  ai  riti alternativi e, segnatamente, al
giudizio  abbreviato  "nella  sede  appropriata  e  in relazione alla
complessiva, corretta imputazione";
        che,  al  riguardo, il rimettente richiama la sentenza n. 265
del  1994,  con  la quale la Corte ha dichiarato, in riferimento agli
artt. 3  e 24 Cost., la illegittimita' costituzionale degli artt. 516
e  517  cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono la facolta'
dell'imputato    di    richiedere   al   giudice   del   dibattimento
l'applicazione  della  pena ex art. 444 cod. proc. pen. relativamente
al  fatto  diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento,
quando  la  nuova  contestazione concerne un fatto che gia' risultava
dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale;
        che  il  rimettente  da'  atto  che con la stessa sentenza la
Corte  ha  dichiarato  inammissibile analoga questione concernente il
giudizio  abbreviato,  in  quanto, stante l'inconciliabilita' di tale
rito  con  la  struttura  del  dibattimento,  non era ravvisabile una
soluzione  costituzionalmente  obbligata,  ma  erano  possibili  piu'
opzioni   rientranti   nella   sfera   della   discrezionalita'   del
legislatore;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, "tale motivazione puo'
essere  ora  rivista"  in  quanto  in  tutti  i  casi in cui le nuove
contestazioni  trovino  fondamento  in elementi di prova raccolti nel
corso  delle  indagini  preliminari,  la  restituzione  degli atti al
pubblico ministero consentirebbe all'imputato di presentare richiesta
di giudizio abbreviato nell'udienza preliminare;
        che,  infine,  il  giudice  a quo ritiene che la questione e'
rilevante  "a prescindere dal fatto che l'imputato o il suo difensore
in  forza  di procura speciale abbia chiesto o meno [...] il giudizio
abbreviato  per  le  nuove  contestazioni,  poiche' in questa sede e'
certo che nessuna richiesta di tal genere sarebbe ammissibile";
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    Considerato  che  il  rimettente  lamenta  che l'art. 521-bis del
codice  di procedura penale non prevede la trasmissione degli atti al
pubblico  ministero  in  tutte  le  ipotesi  in  cui, a seguito della
modifica  dell'imputazione (art. 516, commi 1-bis e 1-ter, cod. proc.
pen.)  o  della  contestazione di un reato concorrente (art. 517 cod.
proc.  pen.)  in relazione a fatti che gia' risultavano dagli atti di
indagine,  il  reato  e'  attribuito alla cognizione del tribunale in
composizione collegiale anziche' monocratica;
        che,   in  effetti,  la  disposizione  censurata  prevede  la
trasmissione  degli atti al pubblico ministero nell'ipotesi in cui, a
seguito  delle  nuove  contestazioni,  il  reato  risulti  tra quelli
attribuiti   alla  cognizione  del  tribunale  per  cui  e'  prevista
l'udienza  preliminare  e  questa non si e' tenuta, e non anche nella
situazione  -  ricorrente  nel  caso  di  specie  -  in  cui il reato
originariamente   contestato   rientri  tra  quelli  attribuiti  alla
cognizione  del  tribunale in composizione monocratica per i quali e'
prevista l'udienza preliminare, e questa si e' regolarmente tenuta;
        che  il giudice a quo non indica espressamente i parametri in
riferimento   ai   quali   solleva   la   questione  di  legittimita'
costituzionale,  ma questi possono essere indirettamente individuati,
attraverso  il  richiamo  alla  sentenza  n. 265  del  1994 contenuto
nell'ordinanza  di rimessione, negli artt. 3 e 24 Cost., posto che il
rimettente  si duole del fatto che il diritto di difesa dell'imputato
rimanga  sacrificato  da  una  disciplina  che  irragionevolmente gli
preclude  di  chiedere il giudizio abbreviato in relazione alle nuove
imputazioni;
        che  il  rimettente da' atto che l'imputato non ha presentato
alcuna richiesta di giudizio abbreviato, ma ritiene che tale mancanza
non  incida  sulla  rilevanza della questione, in quanto la richiesta
avanzata   nella   sede   dibattimentale   sarebbe   stata   comunque
inammissibile;
        che,  tuttavia, dipendendo il rito alternativo in esame dalla
iniziativa  della parte, ed essendo escluso ogni potere officioso del
giudice,  in  mancanza  di  una  concreta  manifestazione di volonta'
dell'imputato   di   accedere   al  giudizio  abbreviato  difetta  il
necessario  requisito della pregiudizialita' della questione rispetto
alla definizione del giudizio a quo;
        che,  contrariamente  a  quanto  ritiene  il  Tribunale,  ove
l'imputato  avesse formulato una simile richiesta, questa non avrebbe
dovuto  essere  dichiarata  inammissibile, atteso che rispetto a tale
decisione si sarebbe posta appunto come pregiudiziale la questione di
costituzionalita'   di   una   disciplina  che,  stando  alla  stessa
prospettazione  del  rimettente, priverebbe l'imputato della facolta'
di accedere al giudizio abbreviato;
        che  pertanto  la questione si rivela del tutto ipotetica, in
quanto  la  sua  rilevanza  e' condizionata all'eventualita' non solo
futura,  ma  anche  del  tutto  incerta che, in caso di accoglimento,
l'imputato presenti effettivamente richiesta di giudizio abbreviato;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 521-bis del codice di procedura
penale,   sollevata,   in   riferimento   agli  artt. 3  e  24  della
Costituzione, dal Tribunale di Pistoia, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 aprile 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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