N. 271 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 febbraio 2003
Ordinanza emessa il 14 febbraio 2003 dal tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Hamed Salah Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Irragionevole disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato piu' gravi. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, art. 3.(GU n.20 del 21-5-2003 )
IL TRIBUNALE Sulla richiesta del p.m. di convalida di Hamed Salah nato a Orano (Algeria) nel giugno 1975, arrestato a Bologna il 14 febbraio 2003, ai sensi dell'art. 14 comma 5 quinques d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge 189/2002 per la contravvenzione prevista e punita dall'art. 14 comma 5 ter stessa legge; Premesso che l'arrestato e' stato colpito la provvedimento di espulsione del Prefetto di Bologna in data 30 gennaio 2003 e in data 30 gennaio 2003 il Questore di Bologna gli ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni, ai sensi dell'art. 14 comma 5 bis d.lgs 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002; Dato atto che l'arrestato e' privo di documenti di identificazione validi ed e' a sottoposto a rilievi dattiloscopici per la sua identificazione, in base ai quali si e' accertato che lo stesso e' privo di precedenti di qualunque natura, essendo stato solo fermato per l'identificazione il giorno 29 gennaio 2003 (all'esito di tale controllo, non essendo in regola con le norme sul soggiorno degli stranieri, gli fu notificato il provedimento di espulsione de quo); Osservato che il decreto legislativo n. 286/1998 come recentemente modificato dalla legge 189/2002 prevede l'espulsione dello straniero che sia entrato nel territorio dello stato sottraendosi ai controlli di frontiera o vi si sia trattenuto senza permesso di soggiorno valido (art. 13 comma 2 lett. A-B); l'espulsione e' disposta dal Prefetto ed e' sempre eseguita dal Questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13 comma 4), salvo nei casi concernenti lo straniero il cui permesso di soggiorno sia scaduto da piu' di sessanta giorni e non ne sia stato chiesto il rinnovo, per il quale l'espulsione eseguita mediante accompagnamento alla frontiera viene sostituita dall'intimazione a lasciare il territorio dello stato entro 15 giorni (art. 13 comma 5); la regola fissata dal comma 4 dell'art. 13 puo' essere derogata quando non e' possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perche' occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identita' o nazionalita', ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo (art. 14 comma 1); in tal caso il Questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza piu' vicino; come rimedio ulteriore ed estremo, qualora non sia stato possibile trattenere lo straniero nel centro, o trattenerlo ulteriormente (essendo decorso il termine massimo di giorni 30+30 di cui al comma 5 dell'art. 14), il Questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello stato entro 5 giorni (art, 14 comma 5 bis); orbene, implicitamente confermando che la clandestinita' in se' non e' reato ma solo l'inottemperanza al relativo provvedimento di espulsione, il legislatore ha contemplato diverse ipotesi sanzionatorie per l'inosservanza dei diversi tipi di espulsione; la disobbedienza che si realizzi per la prima volta, di regola, e' un illecito contravvenzionale (l'eccezione e' costituita dalla trasgressione all'espulsione disposta dal giudice a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione; art. 16 commi 1 e 5); le condotte sanzionate sono il rientro nel territorio dello stato senza speciale autorizzazione del ministero dell'interno (art. 13 comma 13) e il trattenimento ingiustificato nel territorio dello stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi dell'art. 14 comma 5 bis; per entrambe le contravvenzioni la pena prevista e' l'arresto da sei mesi ad un anno ed e' previsto che si proceda a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera (art. 13 comma 13 in fine e art. 14 comma 5 ter in fine); la reiterazione della condotta disobbediente (ovverosia il rientro dello straniero gia' denunciato per il reato di cui all'art. 13 comma 13 il rinvenimento nel territorio dello Stato dello straniero espulso ai sensi dell'art. 14 comma 5 ter) realizza un delitto, punito con la reclusione da 1 a 4 anni (art. 13 comma 13 bis in fine e art. 14 comma 5 quater); quanto agli aspetti processuali, gli art. 13 e 14 prevedono per i reati in ciascuno di essi contemplati rispettivamente l'arresto facoltativo in flagranza (art. 13 comma 13 ter; per la violazione dell'art. 13 bis e' consentito anche il fermo fuori dei casi di flagranza) e l'arresto obbligatorio (art. 14 comma 5 quinquies) e sempre il rito direttissimo; Ritenuto che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5 quinquies nella parte in cui prevede come obbligatorio l'arresto per il reato di cui al comma 5 ter appare non manifestamente infondata e rilevante e va sollevata d'ufficio per le ragioni che seguono, con riferimento ai parametri costituzionali di cui all'art. 3 Cost.; i reati contravvenzionali previsti dagli artt. 13 e 14 rivestono quanto meno pari gravita'; infatti sono sanzionati con la medesima pena edittale, prevedono identiche conseguenze sul piano amministrativo (nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera) e penale (lo straniero che, dopo essere stato denunciato per la contravvenzione, viene nuovamente colto nel territorio dello Stato commette un delitto punito con la reclusione da 1 a 4 anni) in caso di reiterazione della condotta; in realta', a ben vedere, la condotta descritta all'art. 14 comma 5 ter appare meno grave di quella di cui all'art. 13 comma 13; in quest'ultimo caso lo straniero che, dopo essere stato accompagnato coattivamente alla frontiera a mezzo della forza pubblica e fisicamente espulso dal territorio dello Stato, vi rientra, pone in essere una condotta attiva di trasgressione non solo ad un ordine legalmente dato ma anche ad attivita' che hanno impegnato lo Stato con risorse umane e materiali, e ha quindi mostrato un atteggiamento volitivo particolarmente forte; la condotta di cui all'art. 14 comma 5 ter e' invece meramente omissiva, nel senso che lo straniero «intimato» si limita a non adempiere l'ordine e a non presentarsi alla frontiera nel termine indicato, atteggiamento che e' compatibile anche con la semplice colpa; se e' dunque corretto ritenere che la contravvenzione di cui all'art. 14 comma 5 ter e' di gravita' pari o addirittura minore rispetto a quella di cui all'art. 13 comma 13 non vi e' alcuna ragione che giustifichi la previsione di un arresto obbligatorio nel primo caso e facoltativo nel secondo; ma v'e' di piu'; l'art. 13 comma 13 ter prevede come facoltativo l'arresto anche in caso di commissione di uno dei delitti previsti dal precedente comma 13 bis; e fra essi, oltre a quello dello straniero che, gia' denunciato per la contravvenzione di cui al comma 13 e nuovamente espulso con nuovo accompagnamento alla frontiera, sia rientrato nel territorio dello Stato, vi e' anche quello di violazione dell'espulsione disposta dal giudice; orbene, tale espulsione ai sensi dell'art. 16 del decreto puo' essere disposta con la sentenza, come sanzione sostitutiva di condanna per reato non colposo ad una pena detentiva entro il limite di due anni e quindi anche in relazione a soggetti che hanno dimostrato gia', in concreto, di essere pericolosi, tenuto conto dell'entita' della condanna loro inflitta; non vi e' alcun dubbio che tali soggetti debbano essere ritenuti piu' pericolosi e il loro reingresso nel territorio dello Stato piu' allarmante del semplice permane e di uno straniero la cui unica «colpa» e' quella di avere trasgredito ad un ordine del Questore che gli intimava di uscire dallo Stato entro 5 giorni; sembra pertanto, indiscutibile che nel sistema degli artt. 13 e 14 il legislatore abbia trattato in maniera difforme situazioni quanto meno uguali (prevedendo l'arresto obbligatorio per la contravvenzione di cui all'art.14 comma 5 ter e quello facoltativo per la contravvenzione di cui all'art. 13 comma 13) e maniera piu' grave reati di minore gravita' (la contravvenzione di cui all'art. 14 comma 5 ter rispettosi delitti di cui all'art 13 comma 13 bis); peraltro l'arresto obbligatorio e' istituto riservato, nell'attuale ordinamento, solo ai delitti e fra essi a quelli particolarmente gravi indicati nell'art. 380 c.p.p.; nessuna contravvenzione prevede l'arresto obbligatorio e solo una (art. 6 d.l. 122/1993 convertito in legge 205/1993) lo consente come facolta'; anche in tale ultima ipotesi, inoltre, la condotta che viene sanzionata in via preprocessuale con l'arresto in flagranza appare di notevole pericolosita' sociale (porto nelle pubbliche riunioni di armi o strumenti atti ad offendere e porto di armi o strumenti atti ad offendere per ragioni di odio razziale, etnico ecc.) in confronto alla condotta di chi contravviene all'obbligo del Questore di lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni; ne' la disparita' di trattamento sembra trovare alcuna giustificazione di natura processuale o di politica criminale; infatti da un lato, poiche' nel nostro ordinamento e' consentito procedere nella contumacia dell'imputato, non appare necessario garantirne fisicamente la presenza di fronte al giudice, ne' l'obbligatorieta' dell'arresto e' necessariamente collegata al rito processuale adottabile (rito direttissimo), giacche' lo stesso decreto legislativo 286/1998 prevede il rito direttissimo obbligatorio anche per i reati di cui all'art. 13 commi 13 bis e 13 ter, per i quali - come detto - l'arresto e' facoltativo, in tal modo introducendo una deroga al generale principio secondo cui l'adozione del rito direttissimo e' generalmente collegata all'arresto (peraltro gia' il comma 5 dell'art. 449 c.p.p prevede una ipotesi diversa di rito direttissimo, collegato alla confessione dell'imputato e non all'avvenuto arresto; analogamente l'art. 12 bis d.l. 8 giugno 1992 n. 302 stabilisce che per i reati concernenti le armi e gli esplosivi il pubblico ministero procede al giudizio direttissimo anche fuori dei casi previsti dagli artt. 449 e 558 c.p.p.); per quanto concerne le eventuali ragioni di politica criminale perseguite dal legislatore, va rammentato che la ratio della norma incriminatrice e' quella di sanzionare un soggetto che si e' sottratto all'esecuzione volontaria di un ordine dell'autorita', ordine che e' stato emanato perche' egli si trova bensi' in una condizione soggettiva particolare (senza documenti di identificazione e dunque non passibile di espulsione coatta verso un determinato Stato) ma in se' non illecita, non integrando alcuna ipotesi di reato l'essere clandestino e non identificato; inoltre, scegliendo il reato di natura contravvenzionale (del resto conformemente ad altre fattispecie analoghe; v. art. 650 c.p. e art. 2 legge 1423/1956) lo stesso legislatore ha qualificato la condotta in termini di minore gravita', rendendo anche impossibile l'adozione di qualunque misura cautelare; e' ben vero che nella sfera della discrezionalita' legislativa rientrano le scelte sulla qualita' e quantita' delle sanzioni e sui presupposti di applicabilita' delle misure cautelari e precautelari, ma e' altrettanto vero che l'uso della discrezionalita' legislativa puo' essere censurato sotto il profilo della legittimita' costituzionale nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza (crf. sentenze Corte cost. 26/1979, 103/1982, 409/1989, 341/1994; secondo Corte cost. 53/1958 «non si compiono valutazioni di natura politica e nemmeno si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il legislatore assoggetta ad una indiscriminata disciplina situazioni che esso stesso considera e dichiara diverse»); ne' puo' dubitarsi che il principio di uguaglianza nonostante il riferimento letterale dell'art. 3 Cost. ai «cittadini», debba ritenersi esteso anche agli stranieri, allorche' si tratti della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo (Corte cost. 104/1969); nella fattispecie concreta la questione e' anche rilevante; infatti Hamed Salah e' stato privato della liberta' personale a seguito di arresto obbligatorio, a prescindere da qualunque valutazione di pericolosita' personale (che nella fattispecie non sussisteva, trattandosi di soggetto privo di pregiuzi rilevanti) per la violazione dell'art. 14 comma 5 ter e condotto avanti al giudice per la convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo ai sensi dell'art. 558 c.p.p.; la circostanza che la mancata convalida dell'arresto del prevenuto nel termine previsto dagli artt. 558 e 391 u. co. c.p.p. determinera' la caducazione della misura, non puo' influire sulla rilevanza della questione di legittimita', come puntualmente osservato dalla Corte cost. con sentenza 54/1993 nella quale si legge «il provvedimento di liberazione dell'arrestato era imposto dalla disposizione dell'art 391 settimo comma ultima parte del codice di rito ... poiche' tale disposizione ricollega la perdita di efficacia dell'arresto alla carenza, per qualsiasi ragione, di un provvedimento positivo di convalida nello stesso termine, e' ovvio che l'impossibilita' di rispettarlo conseguente all'elevazione della questione comportava (o avrebbe di li' a poco ineludibilmente comportato) l'intervento di tale autonoma causa di carenza di valido titolo di detenzione, a prescindere dall'esaurimento del procedimento di convalida che ... era stato contestualmente sospeso. Tale procedimento non puo' percio' ritenersi esaurito, ne' di esso i giudici si sono spogliati: e la sua persistenza nonostante la liberazione trova ragione nell'interesse generale ad una pronuncia sulla legittimita' dell'arresto, che ha pur sempre determinato una privazione della liberta'. La rilevanza della questione, dunque, permane, trattandosi di stabilire se la liberazione dell'arrestata debba considerarsi conseguente all'applicazione dell'art. 391 settimo comma, ovvero, piu' radicalmente, alla caducazione con effetto retroattivo della disposizione in base alla quale gli arresti furono eseguiti». Sulla base delle considerazioni fin qui svolte la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede come obbligatorio l'arresto per il reato previsto dal comma 5 ter, in relazione all'art. 3 della costituzione appare non manifestamente infondata e rilevante.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 87/53; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies d.lgs. 286/1998 come modificato dalla legge 189/2002 per contrasto con l'art. 3 Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bologna, addi' 14 febbraio 2003 Il giudice:Zavatti 03C0479