N. 284 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 2002
Ordinanza emessa il 5 dicembre 2002 dal G.I.P. del tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di Madih Mohamed Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo - Violazione del principio di ragionevolezza - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale - Lesione del principio di inviolabilita' della liberta' personale - Contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione artt. 2, 3, 13, primo comma, 27, comma secondo, e 97.(GU n.21 del 28-5-2003 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento penale indicato in epigrafe nei confronti di: Madih Mohamed nato a Casablanca il 26 febbraio 1977, domiciliato a Livorno, via Veldroni, 152, non comparso, irreperibile, difeso d'ufficio dall'avv. Manuela Casini del Foro di Firenze sostituita ex art. 97, quarto comma dall'avv. Sigfrido Fenyes del Foro di Firenze; sottoposto ad indagini per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002; R i l e v a t o Che in data 19 novembre 2002, alle ore 19.10 in Firenze, veniva effettuato l'arresto di Madih Mohamed, in applicazione della previsione di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002; Che in data 20 novembre 2002 il p.m. - ritenuto che l'arresto fosse stato eseguito legittimamente, dal momento che il predetto si stava intrattenendo senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione degli ordini impartitigli dal questore di Livorno ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter, nelle date rispettivamente del 1° ottobre 2002 e 31 ottobre 2002, ossia in epoca in cui era gia' vigente la riforma del t.u. sull'immigrazione avvenuta con legge 30 luglio 2002, n. 189, e pertanto, nella nuova ipotesi di arresto obbligatorio prevista dall'art. 14, comma 5-quinquies - chiedeva la convalida dell'arresto e, contestualmente, preso atto dell'impossibilita' di richiedere l'emissione di misura cautelare coercitiva, correttamente disponeva la scarcerazione di Madih Mohamed, ai sensi dell'art. 121 disp.att.; Che, al contempo, il p.m. chiedeva di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies nel testo risultante dalla predetta novella legislativa rilevando che essa, imponendo l'arresto obbligatorio per un'ipotesi di reato contravvenzionale in ragione della quale non puo', all'evidenza, richiedersi misura cautelare coercitiva, risulterebbe in contrasto con gli artt. 3, 13, comma 1, 27 comma 2 e 97 della Costituzione; Che all'udienza di convalida originariamente fissata per la data del 27 novembre 2002 questo giudice, rilevato che non era stato possibile effettuare valida notifica all'indagato presso il domicilio dallo stesso indicato e che, inoltre, lo stesso non era comparso, disponeva fissarsi nuova udienza per la data odierna, rinnovando altresi' la notifica all'indagato da effettuarsi nelle forme previste per gli indagati irreperibili; Che all'odierna udienza l'indagato non e' comparso e che il difensore ha concluso in tesi perche' l'arresto non venisse convalidato e in ipotesi associandosi alla richiesta del p.m.; Che he questo giudice si riservava sulla questione sollevata. Valutata la questione di conformita' costituzionale del dettato normativo processuale posto a fondamento del provvedimento restrittivo della liberta' personale adottato in danno dell'indagato preliminarmente alla decisione sulla convalida dell'arresto dell'indagato stesso, condividendo l'eccezione di costituzionalita' proposta dal p.m., questo giudice ritiene di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' sulla norma sopra indicata, la quale deve intendersi motivata in punto di rilevanza e non manifesta infondatezza secondo quanto segue: Sul carattere di pregiudizialita' e rilevanza della questione. In base all'art. 23 della legge n. 87/53 il giudice a quo deve in primo luogo verificare la rilevanza della questione che intende sottoporre al giudizio della Consulta, al fine di accertarne in concreto il carattere di pregiudizialita' rispetto alla decisione di merito di cui e' investito. In sostanza, dovra' ritenersi «rilevante» per il giudizio a quo quella questione dalla cui risoluzione potranno discendere concreti effetti per la decisione finale del giudizio di merito. Ecco, quindi, che la verifica di rilevanza implica per il giudice a quo una valutazione di «prevedibile applicabilita» della norma impugnata, ossia l'accertamento che la norma ordinaria - sia essa di natura sostanziale o processuale - di cui si contesta la conformita' a Costituzione, sia di applicazione indispensabile per giudicare sul processo in concreto. Nel caso di specie questo giudice ritiene di dover convalidare l'arresto dell'indagato, emergendo dagli atti che il medesimo e', l'avvenuto in presenza dei presupposti previsti dal disposto di cui nell'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002 e pertanto, ne discende in re ipsa il carattere di rilevanza della questione sulla costituzionalita' della norma in oggetto, dovendo in proposito fra l'altro ricordare che la stessa Corte costituzionale, con sent. n. 54/1993, ha precisato che e' comunque necessario stabilire se la liberazione dell'arrestato sia conseguente alla caducazione con effetto retroattivo della disposizione in base alla quale l'arresto e' stato eseguito o se, viceversa, essa dipenda da altra causa. Sulla non manifesta infondatezza della questione. Sempre secondo quanto previsto dall'art. 23 e ss. della legge n. 37/1953, la possibilita' riconosciuta al giudice di merito di attivare il giudizio incidentale sulla costituzionalita' di una norma e' condizionato alla previa verifica della non manifesta infondatezza della medesima, ossia ad una sommaria delibazione dalla quale emergano profili di contrasto con disposizioni costituzionali. Nel caso di specie ritiene questo giudice che profili di dubbia costituzionalita' dell'art. 14 comma 5-quinquies si evidenzino con riferimento agli artt. 2, 3, 13 comma 1, 27 comma 2 e 97 della Costituzione. Al riguardo,in via preliminare, pare opportuno rilevare che tale norma prevede l'arresto obbligatorio e la necessita' di procedere con rito direttissimo nei confronti degli autori dei fatti reato previsti dagli artt. 14, comma 5-ter e 5-quater del t.u. sull'immigrazione. In tali disposizioni e' punita rispettivamente, da un lato, la condotta dello straniero che si trattenga senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartitogli dal questore ai sensi del comma 5-bis (quando, cioe', il questore con provvedimento scritto recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione - nelle ipotesi in cui non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero dopo che siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento - ordina allo straniero di lasciare entro il termine di cinque giorni il territorio dello Stato), dall'altro, il comportamento dello straniero il quale, espulso ai sensi del comma 5-ter, venga trovato nel territorio dello Stato, in violazione delle norme sul t.u. dell'immigrazione. In particolare, nell'ipotesi che qui rileva direttamente, ossia quella del comma 5-ter, il legislatore ha previsto quale sanzione per l'autore del fatto la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno, oltre a stabilire che si proceda a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione. Ebbene,il fatto che il legislatore della novella abbia previsto per un'ipotesi di reato contravvenzionale qual'e' quella appena descritta la misura dell'arresto obbligatorio in flagranza, si rileva scelta non soltanto di dubbia opportunita' sotto il profilo della legislazione politico-criminale costituzionalmente orientata ma, soprattutto, pare inevitabilmente configgere con i contenuti di ragionevolezza che devono guidare la discrezionalita' del legislatore nell'assolvimento delle proprie prerogative istituzionali. Sotto il primo profilo, infatti, si osserva come il progressivo affermarsi di principi democratici e di ispirazione solidaristica posti a fondamento della concezione personalistica della nostra Carta costituzionale, impongono sempre piu' al legislatore che intenda correttamente assolvere alle funzioni propulsive e di promozione della persona umana, di attivarsi in modo da consentire che le proprie scelte normative possano rendere concreti gli obiettivi fissati nell'art. 3 Cost., ossia la rimozione di quegli «... ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana ...». In tal senso, si rileva, come non possa ad oggi permanere dubbio circa il significato da attribuire all'inciso di «... cittadini», il quale, essendo il parametro di identificazione dei destinatari di diritti di solidarieta' politica, economica e sociale, ossia di tipiche situazioni soggettive appartenenti al novero dei diritti inviolabili della persona costituzionalmente tutelati ex art. 2, dovra' essere interpretato come idoneo ad individuare non solo i cittadini in senso proprio, ma anche gli stranieri, ancorche' - e forse tanto piu' - essi abbiano raggiunto il nostro Stato senza idonei documenti di identita', circostanza quest'ultima che normalmente contraddistingue coloro che provengono de paesi aff1itti da tragici eventi politici, bellici, economici. Per quanto attiene, invece, piu' specificamente al profilo del rispetto del parametro di ragionevolezza richiesto direttamente dall'art. 3 Cost., deve sottolinearsi come il nostro ordinamento prevede ai sensi dell'art. 380 c.p.p la misura dell'arresto obbligatorio in flagranza per reati che si caratterizzino da una parte, per la loro natura delittuosa - e, conseguentemente, contraddistinti sotto il profilo psicologico per la natura dolosa, espressione massima della capacita' a delinquere e tale, quindi, essa soltanto, di giustificare l'adozione della misura restrittiva della liberta' personale - dall'altra, per la particolare gravita' del fatto o comunque perche' connotati da spiccata pericolosita' sociale. Invero, il disposto normativo in questione non appare rispondente ai criteri appena menzionati. Come detto, trattasi di ipotesi contravvenzionale e non delittuosa, essendo per essa prevista la sanzione dell'arresto da sei mesi ad un anno, la quale non puo' certo considerarsi particolarmente grave, soprattutto se posta in confronto alle ipotesi delittuose per le quali e' consentito l'arresto in flagranza anche al di sotto dei limiti previsti dal comma 1 dell'art. 380 c.p.p., ad esempio, il furto, per il quale il legislatore obbliga di procedere alla misura limitativa della liberta' personale evidentemente in considerazione della spiccata pericolosita' sociale del fatto. Inoltre, non puo' sottovalutarsi un ulteriore e significativo aspetto, ossia che il nostro ordinamento, mentre con la disposizione in oggetto configura l'arresto obbligatorio per un reato contravvenzionale, al contempo lo esclude per altre fattispecie, pur sempre di natura contravvenzionale, punite astrattamente in modo analogo se non piu' severo, quali ad esempio, la fabbricazione senza le prescritte cautele di materie esplodenti (art. 678 c.p., punito con l'arresto fino a diciotto mesi oltre all'ammenda), porto abusivo di armi per cui non e' ammessa licenza (art. 699, secondo comma c.p., punito con l'arresto da diciotto mesi a tre anni), smaltimento non autorizzato di rifiuti pericolosi art. 51, d.lgs. n. 22/1997, punito con l'arresto da sei mesi a due anni ed altri ancora. Tutto cio', a giudizio di questo giudice, contribuisce a palesare evidenti sintomi di irrazionalita' nella scelta legislativa in questione, al punto di farla apparire come frutto di logiche sintomatiche di finalita' non del tutto compatibili con il principio di ragionevolezza costituzionalmente sancito. Ora, il principio generale sotteso ad ogni Stato di diritto secondo cui, nel pieno rispetto della separazione dei poteri spetta al legislatore qualsiasi scelta normativa di politica criminale e, conseguentemente, che attiene alla discrezionalita' di quest'ultimo anche ogni determinazione in ordine all'individuazione sia della quantita' che della qualita' della sanzione penale, non puo' comunque far dimenticare che alla Corte costituzionale spetti al contempo il compito di giudicare in concreto dell'uso proprio - ossia conforme a Costituzione - di tale discrezionalita'. In proposito pare doveroso ricordare come proprio la Consulta in precedenti pronunce abbia ribadito esplicitamente questi concetti, laddove ha affermato che «... il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, comma 1, Cost., esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali; ...le valutazioni all'uopo necessarie rientrano nell'ambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio puo' essere censurato, sotto il profilo della legittimita' costituzionale, soltanto nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza ...» (Corte cost., sent. n. 408/1989). Violazione dell'art. 13, comma 1 della Costituzione. L'art. 13 della Cost. proclama l'inviolabilita' della liberta' personale, ammettendone la limitazione per atto motivato dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali, pero', «... di necessita' ed urgenza», la polizia giudiziaria per finalita' di pubblica sicurezza puo' adottare provvedimenti provvisori che limitino la liberta' personale da sottoporre, entro breve tempo predeterminato, a convalida della autorita' giudiziaria. Appare evidente l'intento del legislatore costituzionale: la liberta' personale quale massima espressione della liberta' individuale, puo' cedere soltanto di fronte a particolari esigenze di rilevanza costituzionale non altrimenti tutelabili, e pur sempre, nel pieno rispetto di procedure costituzionalmente garantite. In proposito, onde sgombrare immediatamente il campo da possibili dubbi in ordine all'individuazione dei destinatari del tale sistema costituzionalmente garantito dello status libertatis pare opportuno ricordare che la stessa Corte costituzionale ha precisato che «... quando venga riferito al godimento dei diritti inviolabili dell'uomo, qual'e' nel caso la liberta' personale, il principio costituzionale di uguaglianza in generale non tollera discriminazioni tra la posizione del cittadino e quello dello straniero» (Corte cost., sent. n. 62/1994). Cio' premesso, resta da verificare quali possano essere nel caso previsto dall'art. 14, comma 5-ter le situazioni «eccezionali di necessita' ed urgenza» idonee a giustificare l'adozione della misura restrittiva della liberta' personale. Tali situazioni, a parere di questo giudice, risultano del tutto insussistenti. Quanto al requisito della «necessita» basti osservare che, come concordano ormai unanimamente giurisprudenza e dottrina, l'arresto costituisce mezzo di coazione preordinato a preparare le condizioni per l'attuazione della carcerazione preventiva. Laddove, peraltro, come nel caso di specie, il reato per cui si procede all'esecuzione del provvedimento restrittivo della liberta' personale non consenta al p.m. di chiedere al giudice della convalida l'applicazione di una misura custodiale coercitiva, obbligandolo quindi, in forza del disposto dell'art. 121 disp. Att., a rimettere l'arrestato immediatamente in liberta', risulta di lapalissiana evidenza l'assenza di qualunque esigenza di «necessita». Del pari assente appare il requisito dell'«urgenza», non potendosi quest'ultima certo individuare nell'esigenza di provvedere ad un'immediata espulsione dello straniero, possibilita' quest'ultima consentita di per se' gia' in via amministrativa, addirittura ancor prima del configurarsi dell'ipotesi contravvenzionale di cui al comma 5-ter, di permanenza sul territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis. In sostanza, deve ritenersi contrario al principio della liberta' personale l'arresto obbligatorio in questione, palesandosi come l'intento con esso perseguito dal legislatore della novella sia ultroneo e straordinario rispetto ai requisiti anzidetti. Violazione dell'art. 27, comma 2 - 3 della Costituzione. Evidente, a parere di questo giudice, risulta altresi' la violazione da parte del disposto in questione dell'art. 27 Cost. Al riguardo ci si limita ad osservare l'intrinseca irrazionalita' della disciplina prevista dall'art. 14 comma 5-ter, innanzitutto nella parte in cui prevede l'immediata espulsione dello straniero contravventore, rendendo in tal modo di per se' ineseguibile - almeno nell'immediato - la pena irrogata, e negando al contempo, la funzione ontologicamente assegnata dalla Costituzione alla pena quale strumento di rieducazione del condannato. In secondo luogo, seppur nella consapevolezza di quanto sopra affermato in tema di discrezionalita' del legislatore, pare censurabile anche il quantum di pena previsto dalla norma, la quale risulta del tutto sproporzionata rispetto al grado di effettivo disvalore del fatto,considerato nella sua dimensione di materialita' nonche' dell'atteggiamento psicologico dell'agente. In proposito si ricorda come la stessa Consulta abbia piu' volte ribadito l'importanza del rispetto del principio di proporzione nella determinazione del trattamento sanzionatorio dei fatti reato, considerando tale criterio un'essenziale premessa per l'accettazione della pena da parte del condannato, e primo passo essenziale verso la realizzazione del fine rieducativo e risocializzante della stessa («... la palese sproporzione del sacrificio della liberta' personale ... produce ... una vanificazione del fine rieducativo della pena pescritto dall'art. 27 comma 3 Cost. ...» cosi' Corte cost., sent. n. 343/1993). Violazione dell'art. 97 della Costituzione. Infine, il disposto della novella del t.u., sull'immigrazione sembra contrario ai parametri di buon andamento che debbono ispirare il funzionamento della pubblica amministrazione. In tal senso, infatti, alla gia' rilevata inutilita' dell'arresto obbligatorio in flagranza si debbono aggiungere ulteriori profili di indiscutibile irrazionalita' conseguenti all'applicazione del sistema configurato dalla riforma, il quale inevitabilmente comportera' un appesantimento del funzionamento della macchina amministrativa, sia giudiziaria che di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria. Sotto il primo aspetto basti segnalare come l'attivita' dei tribunali, gia' notoriamente oberata, rischia di risultare ulteriormente rallentata per effetto del considerevole aumento delle udienze di convalida (nelle quali, fra l'altro, e' necessario quasi sempre la presenza dell'interprete, che comporta ulteriori ed inevitabili costi; a cio', si aggiunge l'irrazionale conseguenza rappresentata dalla necessita' di dover adire due diversi giudici, quello per le indagini preliminari per la convalida, e quello del dibattimento per la direttissima (stante il disposto dell'art. 450 comma 2 c.p.p., che stabilisce per i casi di imputato libero, la citazione per comparizione all'udienza almeno tre giorni prima della fissazione della stessa) Sotto il secondo profilo, pare evidente come la novella comporti un notevole appesantimento anche per l'attivita' degli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, obbligati ormai a procedere sempre all'arresto per i casi previsti dal comma 5-ter cui va ad aggiungersi l'impegno della polizia penitenziaria. Tutto cio', tenuto conto di una complessiva valutazione in termini di costi-benefici che deve ormai ispirare l'agere di qualunque settore della pubblica amministrazione, non pare in grado di soddisfare quelle esigenze di efficienza, efficacia ed economicita' sottese aI principio del buon andamento previsto dall'art. 97 Cost.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286/1998 come sostituito dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede che il reato previsto dal comma 5-ter, sia obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto per violazione degli artt. 2, 3, 13 comma primo, 27 comma secondo e 97 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio di convalida sino all'esito del giudizio incidentale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Firenze, addi' 4 dicembre 2002 Il giudice: De Luca 03C0518