N. 341 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo 2002

Ordinanza   emessa   il   13   marzo   2002   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  28  aprile  2003) dal tribunale di S. Maria Capua
Vetere nel procedimento penale a carico di Di Caprio Nicola

Processo  penale  -  Giudizio  immediato  -  Richiesta  del  pubblico
  ministero  - Obbligatorieta' della notifica al difensore al fine di
  consentire  il  deposito di memorie scritte prima della decisione -
  Mancata  previsione - Lesione del principio del contraddittorio tra
  le parti, in condizioni di parita'.
- Codice di procedura penale (nuovo), art. 455.
- Costituzione, artt. 24 e 111.
(GU n.24 del 18-6-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    A scioglimento della riserva formulata:

                            O s s e r v a

    In  data 19 novembre 2001, il g.i.p. del Tribunale di Santa Maria
Capua  Vetere,  su  richiesta  del  p.m.  sede  del 16 novembre 2001,
emetteva  decreto  di  giudizio  immediato nei confronti di Di Caprio
Nicola  (Casapulla 25 novembre 1964), sottoposto al divieto di dimora
nel cofine di Casapulla, in relazione ai contestati reati di cui agli
artt. 609  bis c.p, 572 c.p, 570 I e II comma c.p. All'udienza del 12
febbraio  2002  preliminarmente  il  difensore  ha  sollevato  alcune
eccezioni in relazione al decreto di giudizio immediato.
    In primo luogo ha eccepito la nullita' del decreto per il mancato
rispetto  del  termine di 90 giorni tra l'iscrizione della notizia di
reato  nel  registro di cui all'art. 335 c.p.p. e la trasmissione del
p.m.  della  richiesta  di  giudizio  immediato al g.i.p. (Iscrizione
avvenuta  in  data  11  luglio 2001 - Richiesta di giudizio immediata
avvenuta in data 16 novembre 2001);
    In  secondo luogo ha eccepito la nullita' del decreto di giudizio
immediato   per   la  mancata  effettuazione  dell'interrogatorio  ex
art. 453  c.p.p  da  parte  del  p.m., ritenendo che l'interrogatorio
disposto dal g.i.p. ex art. 294 c.p.p, in seguito alla sottoposizione
del   Di   Caprio  alla  misura  del  divieto  di  dimora,  non  puo'
considerarsi  equipollente  rispetto all'interrogatorio richiesto dai
p.m.
    Ha inoltre eccepito la nullita' del decreto di giudizio immediato
per  omesso deposito e notifica alla persona sottoposta alle indagini
dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-
bis  c.p.p,  e,  nell'ipotesi  in  cui  il  Tribunale  non  ritenesse
sussistente   siffatta   nullita',   ha  eccepito  la  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 415-bis  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non
prevede  specificamente che l'avviso della conclusione delle indagini
vada   notificato   anche  nell'ipotesi  di  giudizio  immediato  per
violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Il  p.m.  ha ritenuto infondate le eccezioni di nullita' relative
all'omesso    interrogatorio    ed    all'omesso    avviso   di   cui
all'art. 415-bis c.p.p.
    Le  questioni  prospettate  dalla  difesa  e  che  coinvolgono, a
diverso  titolo, l'intera disciplina normativa del giudizio immediato
«tipico» (in quanto instaurato con richiesta del p.m.), ad avviso del
Collegio non possono trovare accoglimento.
    Tuttavia il Tribunale ritiene di individuare ex officio un dubbio
di  costituzionalita',  relativamente alla assenza di contraddittorio
(sia  pure  nella  sua  forma  di  prospettazione  «cartolare» di una
ipotesi alternativa) nel momento procedimentale che intercorre tra la
richiesta  del  Pubblico Ministero ex art. 454 e la decisione assunta
dal  g.i.p.  ex art. 455, per contrasto con i principi costituzionali
di  cui  agli artt. 24 e 111 della Costituzione (questione analoga e'
stata  sollevata  dal  Tribunale  di  Avellino  con  ordinanza  del 6
novembre 2001).
    Ma  conviene  esaminare,  preliminarmente, le questioni sollevate
dalla difesa.
    1.  - E' stato infatti in primo luogo sostenuto che il decreto di
giudizio  immediato  e'  affetto da nullita', per il mancato rispetto
del termine di novanta giorni tra l'iscrizione della notizia di reato
nel  registro  di  cui all'art. 335 c.p.p. e la trasmissione del p.m.
della richiesta di giudizio immediato al g.i.p. L'eccezione, a parere
del Tribunale, va disattesa in quanto il termine di novanta giorni ha
si  natura  tassativa  per  quanto  riguarda  il  completamento delle
indagini,  ma ha natura puramente ordinatoria per quanto attiene alla
materiale  presentazione della richiesta di giudizio immediato (Cass.
12 gennaio 1996 n. 273, imp. Pellegrino).
    2.  -  La  difesa ha altresi' eccepito la nullita' del decreto in
quanto   l'atto  di  interrogatorio  (presupposto  indefettibile  per
l'adozione  del  rito speciale) risulta compiuto non gia' dal p.m. ex
art. 453  c.p.p,  quanto  dal  g.i.p.,  in  sede  di sub-procedimento
cautelare ex art. 294 c.p.p.
    La  difesa,  tuttavia, non contesta l'esistenza di difformita' di
carattere  contenutistico  tra  la contestazione in fatto operata dal
g.i.p.  in  sede di interrogatorio ex art. 294 c.p.p ed il successivo
atto  di  esercizio  dell'azione  penale, ma sottolinea la violazione
della  norma (art. 453) `attributiva del potere' (in capo al p.m.) di
procedere all'interrogatorio, finalizzato alla corretta instaurazione
del  rito  in questione. Ritiene, infatti, che non si possa ravvisare
equipollenza   tra   i  due  interrogatori,  quello  del  p.m.  volto
all'accertamento   dell'evidenza   della   prova,   quello   del  GIP
finalizzato  all'accertamento  della  sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza.
    Sul  punto,  osserva  il Tribunale che non puo' dirsi sussistente
alcuna nullita' del decreto e cio' in relazione al generale principio
di  sanatoria  di  cui  all'articolo  183  comma  1 lettera b) c.p.p.
(sanatoria  per  avvenuto  esercizio della facolta' cui l'atto omesso
era  preordinato).  Ed  invero,  seppure la norma di cui all'art. 453
c.p.p.  non  fa  espressa  menzione  dell'interrogatorio  operato dal
g.i.p.  quale  presupposto  (sia pure alternativo) per l'adozione del
rito  speciale, va osservato che cio' che rileva e' l'esistenza di un
contesto  all'interno  dell'iter procedimentale, sia pure diverso, in
cui   sia   stata  offerta  all'imputato  la  facolta'  di  conoscere
l'addebito  e  le  relative  fonti  di accusa, per poter orientare le
successive scelte ed esercitare pienamente il diritto di difesa.
    Pertanto,  purche'  non  via  sia difformita' di contenuti tra la
contestazione  effettuata  in  tale  sede  ed  il  successivo atto di
esercizio    dell'azione   penale,   puo'   sostenersi   -   aderendo
all'orientamento   della   giurisprudenza   di   legittimita'  -  che
l'interrogatorio del g.i.p. sia `equipollente' a quello espressamente
richiesto ai sensi dell'art. 453 c.p.p.
    Cio', come si diceva, in aderenza all'orientamento espresso dalla
S.C.,  tra cui - da ultimo, Sez. III, 17 gennaio 2000, imp. Fusco: In
tema  di  giudizio  immediato,  quando  il  giudice  per  le indagini
preliminari  abbia  proceduto all'interrogatorio dell'arrestato o del
fermato, secondo le prescrizioni di cui agli artt. 60 e 61 cod. proc.
pen.,  coinvolgendo  aspetti  della prova sul reato in contestazione,
tale  atto  e' idoneo a supplire l'interrogatorio di cui all'art. 453
c.p.p. ad opera del p.m.
    Dunque, l'eccezione di nullita' va rigettata.
    3. - La difesa ha inoltre sostenuto che:
        a) il decreto di giudizio immediato e' affetto da nullita' in
quanto  l'atto  di  esercizio  dell'azione  non  e'  preceduto  dagli
adempimenti richiesti dall'art. 415-bis c.p.p.;
        b)  in  ipotesi  di  rigetto di tale questione, la disciplina
normativa  (per  l'assenza della applicabilita' dell'art. 415 bis) e'
affetta  da vizio di costituzionalita', per preteso contrasto con gli
artt. 3 e 24 Cost.
    Sul  punto,  osserva  il  Tribunale  che  non  puo' prescindersi,
nell'esaminare  tali  questioni, dalla ricostruzione dei caratteri di
specialita' del giudizio immediato `tipico' in relazione al contenuto
di  garanzia come offerto dall'art. 111 Cost., al fine di comprendere
la  effettiva  disciplina  vigente  e  la sua rispondenza ai principi
costituzionali.
    Ed   invero,   attraverso  un'interpretazione  logico-sistematica
dell'attuale  disciplina positiva normativa che richieda, nell'ambito
del  procedimento  speciale  in questione, il rispetto dell'avviso di
cui all'articolo 415 bis c.p.p.
    L'art. 415 bis c.p. e' infatti collocato immediatamente prima del
Titolo   IX  dell'udienza  preliminare  e  precede  l'art. 416  c.p.p
relativo  alla  richiesta  di  rinvio  a  giudizio del p.m. al g.i.p,
laddove il giudizio immediato e' collocato in altro libro e non opera
alcun richiamo all'art. 415-bis c.p.p.
    Cio'  deriva dalla natura `acceleratoria' del rito, fondata da un
lato  sulla  esistenza  di  un  momento  di contraddittorio interno e
peculiare   al  rito  stesso,  quale  l'interrogatorio  ex  art. 453,
dall'altro  su  un  potere  di  controllo  particolarmente  intenso e
penetrante  da  parte  del  g.i.p.  che  e'  chiamato a verificare la
sussistenza  dell'evidenza probatoria (dato che permette di superare,
in  questo  caso  su  richiesta  dell'organo  dell'accusa,  l'udienza
preliminare).
    Siffatta   situazione  processuale,  peraltro,  non  puo'  essere
comparata  al  giudizio immediato atipico di cui all'art. 419 comma 5
c.p.p   (su   richiesta   dell'imputato),   preceduto  dall'ordinaria
richiesta  di  rinvio  a giudizio (con i necessari adempimenti di cui
all'art. 415-bis).  Si  assiste,  in  tal caso, ad una vera e propria
`rinunzia'   dell'imputato   al   momento   di  controllo  costituito
dall'udienza  preliminare.  Il passaggio diretto alla fase successiva
e'  determinato  da  un  atto  di  volonta'  della parte `debole' del
processo,  e  poiche'  siffatta rinunzia avviene solo in seguito alla
fissazione dell'udienza preliminare e dunque in un momento successivo
all'ordinaria  richiesta  di  rinvio  a giudizio, non puo' non essere
preceduto  dall'avviso  di  cui all'art. 415 bis c.p.p. E' proprio la
differenza   struttturale   tra  i  due  giudizi  (tipico/atipico)  a
giustificare  la diversa disciplina positiva, senza comportare alcuna
violazione dell'art. 3 Cost.
    Dunque,  puo'  dirsi  che la `specialita'' del giudizio immediato
tipico   sta   proprio   nella   esistenza   di   un  `meccanismo  di
accelerazione'  che  fonda  la  sua  legittimazione,  da  un lato nel
necessario  `coinvolgimento' dell'indagato (interrogatorio o invito a
Presentarsi  rimasto senza effetto), dall'altro nel rafforzamento dei
poteri valutativi del g.i.p.
    Siffatta  caratteristica  e'  ben evidenziata dalla Suprema Corte
nella  sentenza del 31 gennaio 1998, imp. Cusani: In tema di giudizio
immediato,  il  presupposto  di  ammissibilita'  del  rito costituito
dall'evidenza  della  prova  deve  essere inteso nel senso che; sulla
base  di  tutte  le  risultanze  delle  indagini  preliminari,  debba
escludersi  che  il  contraddittorio tra le parti possa condurre alla
pronuncia  di  una  sentenza  di  non  luogo a procedere nell'udienza
preliminare.
    Tuttavia  la  specialita'  del  rito,  se  da un lato esclude che
l'art. 415  bis c.p.p possa trovare applicazione (essendo previsto un
momento   interno  al  rito  stesso  di  conoscenza  e  contestazione
attraverso  il  presupposto  tipico  dell'interrogatorio), dall'altro
crea  un dubbio di illegittimita' costituzionale dell'art. 455 c.p.p,
in  rapporto  alla  necessita' di assoluto rispetto del principio del
contraddittorio, cosi' come espresso dall'art. 111 Cost.
    Se  e'  vero,  infatti  che  il decreto di giudizio immediato e',
comunque,  preceduto da una `forma' di contraddittorio (rappresentata
dall'avvenuto  interrogatorio), la decisione che il gip e' chiamato a
prendere  ex  art. 455 avviene senza alcuna possibilita' di `ascolto'
delle  ragioni  del soggetto imputato, nei cui confronti la decisione
e' destinata a produrre effetti;
    Cio'   determina  la  necessita'  di  interrogarsi  sul  rispetto
dell'art. 111  Cost.  (in rapporto all'art. 24 Cost.), nella parte in
cui  detta  norma,  al  comma 2, impone la regolamentazione normativa
della partecipazione al procedimento in `condizioni di parita''.
    Ed invero una lettura costituzionalmente orientata delle norme ci
porta  a  ritenere  che il contraddittorio, momento ineliminabile del
nostro  sistema  processuale,  assume  rilievo in relazione a diversi
profili:
        a)  con  riguardo  alla  `conoscenza' dell'addebito ed in tal
caso  e'  assicurato nel giudizio immediato dal previo interrogatorio
ex art. 453 c.p.p;
        b) con riguardo al momento di formazione della prova, ipotesi
non  in  rilievo per questa fase del giudizio immediato, in quanto e'
momento  non  pregiudicato  dalla  `semplice'  decisione sul rinvio a
giudizio);
        c) con riguardo alla possibilita' per la difesa dell'imputato
di  `prospettare una ipotesi alternativa' rispetto a quella formulata
dall'organo  dell'accusa  (nel  rispetto  del  principio  del `previo
ascolto'  delle  ragioni  della parte interessata), ed in tale ultimo
aspetto  e'  individuabile,  ad  avviso  del  Tribunale, il dubbio di
costituzionalita' della disciplina oggetto della presente ordinanza.
    Non  puo'  non  rilevarsi,  infatti,  che - pur non aderendo alle
argomentazioni   difensive   basate   sulla   pretesa  applicabilita'
dell'art. 415-bis  c.p.p. -, l'attuale disciplina normativa non offre
adeguata  tutela  a  tale  specifico  aspetto del contraddittorio, in
quanto  la decisione presa dal g.i.p. ex art. 455 non e' preceduta da
alcun   momento   di  `ascolto'  delle  ragioni  dell'imputato  sullo
specifico  `tema' della evidenza probatoria, ed in cio' va ipotizzata
la violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 24 e 111
Cost.  (per  constata  alterazione  della `parita' di condizioni). La
decisione  della  Suprema  Corte di Cassazione (Cass. 20 giugno 1991,
Pernice),   che   aveva  dichiaratola  manifesta  infondatezza  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 455  c.p.p  in
relazione  all'art. 24  Cost.  in  quanto  nessun  pregiudizio poteva
derivare dal decreto di giudizio immediato in quanto provvedimento di
carattere  endoprocessuale  assolutamente  privo di rilevanza ai fini
dell'eventuale condanna, appare in contrasto con il nuovo significato
riservato   al  principio  del  contraddittorio  dall'art. 111  Cost.
Siffatto  articolo  ha  fissato il principio di carattere generale in
base  al  quale il processo si svolge nel contraddittorio delle parti
in   condizione  di  parita'  e  ha  poi  ulteriormente  ribadito  la
sussistenza  del principio del contraddittorio nella formazione della
prova.  Cio'  significa  che la posizione di parita' delle parti deve
essere  assicurata e garantita non solo nella fase processuale vera e
propria  e  dunque  nel  momento della formazione della prova, ma sin
dalla fase delle indagini preliminari.
    Ed  e' proprio il `previo ascolto' della difesa dell'imputato, in
regime   di   perfetta  parita',  con  conseguente  arricchimento  ed
integrazione  del  fascicolo,  su  suggerimento delle parti, che puo'
stimolare l'imputato all'accesso ai riti alternativi.
    In  altre  parole,  ad  avviso  del  Tribunale,  la  mancanza  di
garanzia,  in  rapporto  al contenuto dell'art. 111 comma 2 Cost., va
individuato nel `momento procedimentale' successivo alla richiesta di
emissione   del  decreto  formulata  dal  p.m.  ed  antecedente  alla
decisione  del g.i.p. ex art. 455, nella parte in cui detta nonna non
prevede  (analogamente  a  quanto  avviene,  ad  esempio,  in tema di
proroga  della custodia cautelare ex art. 305 c.p.p., come ipotesi di
contraddittorio `cartolare) che la richiesta del P.m. vada notificata
al  difensore  dell'imputato,  al  fine  di consentire, in un congruo
termine,  il  deposito  di deduzioni contrarie all'accoglimento della
stessa.
    In   cio'  consiste,  infatti,  il  contraddittorio  inteso  come
`prospettazione   alternativa'   difesa  della  dell'imputato  e  che
l'attuale  disciplina  non  assicura, ed in tal senso - non potendosi
definire il presente giudizio senza la previa soluzione del dubbio di
-   costituzionalita'   -   va   prospettata  la  questione  relativa
all'articolo 455 c.p.p.
    La  questione  appare, alla luce delle considerazioni ora svolte,
non manifestamente infondata,; appare altresi' rilevante nel presente
procedimento  posto  che,  nell'ipotesi di accoglimento della stessa,
deriverebbe  la nullita' di ordine generale di cui all'art. 178 primo
comma)  c.p.p  del  decreto  di  giudizio  immediato e la conseguente
regressione del procedimento.
                              P. Q. M.
    Rigetta  le questioni proposte dalla difesa, di cui al verbale di
udienza del 12 febbraio 2002.
    Solleva   d'ufficio   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo  455 c.p.p., nella parte in cui detta norma non prevede
l'obbligatorieta'  della  notifica  al  difensore dell'imputato della
richiesta  di emissione del decreto di giudizio immediato, al fine di
consentire  il deposito di memorie scritte prima della decisione, per
contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost.
    Sospende  il procedimento sino alla definizione dell'incidente di
costituzionalita'  e dispone la notifica della presente ordinanza, di
cui  e'  data  lettura  in  udienza  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  nonche'  la  comunicazione  al  Presidente del Senato della
Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati.
    Manda la Cancelleria per i conseguenti adempimenti.
        Santa Maria Capua Vetere, addi' 12 marzo 2002
                       Il Presidente: Foschini
                                           Il giudice estensore:Pilla
03C0581