N. 198 SENTENZA 23 maggio - 5 giugno 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  -  Minore  sottoposto  a  tutela - Permesso di soggiorno -
  Conversione da motivo di «minore eta» a motivo di «lavoro» - Omessa
  previsione  - Lamentata disparita' di trattamento rispetto a minori
  in   affidamento  -  Possibilita'  di  interpretazione  conforme  a
  Costituzione  -  Non  fondatezza,  nei sensi di cui in motivazione,
  della questione.
- D.Lgs.  25 luglio 1998, n. 286, art. 32, comma 1 (come integrato ad
  opera dell'art. 25 della legge 30 luglio 2002, n. 189).
- Costituzione, artt. 3, 30, secondo comma, e 31, secondo comma.
(GU n.23 del 11-6-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'  costituzionale  dell'articolo 32,
comma 1,  del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme  sulla  condizione dello straniero), promosso con ordinanza del
23 maggio     2002    dal    Tribunale    amministrativo    regionale
dell'Emilia-Romagna,  sul  ricorso proposto da Gallani Jani contro il
Questore  di  Bologna  ed  altro,  iscritta  al  n. 397  del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 37, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il giudice
relatore Ugo De Siervo,

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ordinanza  del  23 maggio  2002  la  prima  sezione del
Tribunale  amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna ha sollevato,
in   riferimento   all'art. 3   della   Costituzione,   questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 32  del  decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nella  parte in cui non prevede che, al compimento della
maggiore eta', il permesso di soggiorno possa essere rilasciato anche
nei  confronti  dei  minori  stranieri «sottoposti a tutela, ai sensi
degli artt. 343 e seguenti del Codice civile».
    2. - Premette  il remittente di essere chiamato a giudicare su un
ricorso  proposto  avverso  un  provvedimento  con  il quale e' stata
rigettata   l'istanza   di   rinnovo  del  permesso  di  soggiorno  e
contestuale  conversione  da  «minore eta» a «lavoro». Il ricorrente,
cittadino  straniero,  aveva  ottenuto  un permesso di soggiorno «per
affidamento»  in  seguito  alla  nomina  del  cognato  quale  tutore;
raggiunta  successivamente la maggiore eta', aveva presentato istanza
per  ottenere  il  rinnovo del permesso, con conversione del motivo a
«lavoro»,   disponendo   di   una   regolare   attivita'  lavorativa.
L'amministrazione  competente  ha ritenuto di rigettare tale istanza,
in  quanto  la  «trasformazione  in  lavoro» sarebbe consentita «solo
qualora  il  permesso di soggiorno per affidamento sia stato disposto
ai sensi della legge n. 184 del 1983».
    3. - Il    remittente   evidenzia   come   il   diniego   opposto
dall'amministrazione  si  fondi  sul  disposto di cui all'art. 32 del
d.lgs n. 286 del 1998, che non comprende fra coloro a cui puo' essere
convertito  il  permesso di soggiorno i minori stranieri sottoposti a
tutela, ai sensi degli artt. 343 e seguenti del Codice civile.
    Nell'ordinanza  si  mostra  di essere a conoscenza di come questa
disposizione  sia stata interpretata da alcuni organi giurisdizionali
in  senso  estensivo,  in  modo da ricomprendere non solo il caso ivi
espressamente  previsto  -  ossia quello dei vari tipi di affidamento
contemplati  dall'art. 2  della  legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto
del  minore  a  una  famiglia)  -  ma  anche la tutela prevista dagli
artt. 343 e segg. del Codice civile.
    Malgrado  che il remittente reputi una simile lettura della norma
l'unica  conforme  alle  prescrizioni  costituzionali,  tuttavia  non
ritiene   possibile   il  percorso  interpretativo  utilizzato  dalla
giurisprudenza  sopra  citata,  in  quanto  non  conforme  «al tenore
letterale della disposizione de qua, e dunque nemmeno al fondamentale
canone   ermeneutico   posto  dal  comma 1  dell'art. 12  delle  c.d.
preleggi». Il legislatore avrebbe infatti fatto riferimento a tutti i
tipi  di  «affidamento»  previsti dalla legge 184, ma non ad istituti
diversi.
    Tale  conclusione  interpretativa  sarebbe  avvalorata  anche  da
considerazioni di ordine sistematico.
    4. - L'ordinanza  afferma  tuttavia l'esistenza di «seri dubbi in
ordine   all'intrinseca  conformita'  a  Costituzione»  dell'art. 32,
secondo l'interpretazione che ritiene di dover accogliere.
    I  parametri  di  questa  possibile illegittimita' costituzionale
sono   indicati   nel   canone   di   uguaglianza  ed  in  quello  di
ragionevolezza, entrambi riferibili all'art. 3 della Costituzione.
    A  tal  fine,  l'ordinanza di rimessione compie una ricostruzione
degli istituti della tutela e dell'affidamento: si evidenzia, innanzi
tutto, come al tutore spetterebbe una potesta' «comprensiva di poteri
che  attengono  cosi' al patrimonio come alla persona del minore»; in
secondo  luogo  si sottolinea che i presupposti in presenza dei quali
e'  possibile  dare  apertura  alla tutela «attengono a situazioni di
definitivita' (quale la morte di entrambi i genitori) ovvero comunque
provviste  assai piu' dei caratteri di una certa permanenza piuttosto
che della provvisorieta».
    Viceversa,   l'istituto   dell'affidamento   si  fonderebbe  «sul
presupposto  che il minore sia «temporaneamente» privo di un ambiente
familiare  idoneo»,  avendo  lo  scopo  di  provvedere ai bisogni del
minore  senza  far  venir  meno  il  legame di costui con la famiglia
d'origine.
    Sia   la   tutela   che   l'affido,  dunque,  sarebbero  istituti
caratterizzati  da  fondamentali  funzioni  di  cura,  educazione  ed
istruzione del minore: da questo punto di vista, sarebbero ampiamente
assimilabili.  Viceversa,  la  differenza maggiore che separerebbe la
tutela    dall'affido    sarebbe    individuabile    nel    carattere
«dichiaratamente  temporaneo»  e  reversibile  dell'affido,  a fronte
della  tendenziale stabilita' della tutela. Cio' nonostante - nota il
remittente   -   e'  invece  il  primo  ad  essere  «valorizzato  dal
legislatore  ai  fini  del  rilascio  del  permesso  di  soggiorno al
raggiungimento della maggiore eta».
    La  sostanziale  assimilabilita'  dei  due istituti, in relazione
agli  aspetti maggiormente rilevanti nel caso in questione, dovrebbe,
invece,  portare  ad una equiparazione degli stessi in relazione alla
disciplina oggetto del giudizio.
    5. - L'Avvocatura   generale   dello   Stato,  nel  suo  atto  di
intervento,  conclude  nel senso dell'infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale.
    In  via  preliminare, si rileva che l'ordinanza di rimessione non
avrebbe     tenuto     adeguatamente    conto    dell'interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione in questione che pure
la giurisprudenza, in varie occasioni, ha mostrato di accogliere.
    Nel  merito,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato ricostruisce i
caratteri   dell'affidamento  e  della  tutela  in  modo  decisamente
differente  rispetto  alla  prospettazione del remittente. Infatti ad
essere  «provvisorio»  e «strettamente temporaneo» sarebbe l'istituto
della  tutela,  mentre  l'affidamento determinerebbe un «nuovo legame
personale  e  di  stabilita'  nei riguardi del territorio nazionale».
Tali  argomentazioni, conseguentemente, dovrebbero portare a ritenere
non irragionevole la scelta legislativa.

                       Considerato in diritto

    1. - La  prima  sezione  del  Tribunale  amministrativo regionale
dell'Emilia-Romagna    dubita   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 32  del  d.lgs.  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero)  «nella parte in cui non prevede
che,  al  compimento  della  maggiore  eta', il permesso di soggiorno
possa  essere  rilasciato  anche  nei  confronti dei minori stranieri
sottoposti  a  tutela,  ai  sensi  degli  articoli 343 e seguenti del
Codice civile».
    L'illegittimita'  deriverebbe  dall'irragionevole  disparita'  di
trattamento  rispetto  ai  minori  stranieri  che siano stati dati in
affidamento,   a  cui  appunto  si  riferisce  l'art. 32  del  d.lgs.
25 luglio  1998,  n. 286  (rectius:  art. 32,  comma 1, essendo stato
questo   articolo,   originariamente  composto  da  un  unico  comma,
integrato,  successivamente all'ordinanza di rimessione, da altri tre
commi  ad  opera  dell'art. 25  della  legge  30 luglio 2002, n. 189,
relativa  a  «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di
asilo»).
    2. - La questione e' infondata, nei termini di seguito precisati.
    Il  comma 1  dell'art. 32  del  d.lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,
prevede  che  possa  «essere  rilasciato un permesso di soggiorno per
motivi  di  studio,  di  accesso  al  lavoro, di lavoro subordinato o
autonomo, per esigenze sanitarie e di cura» ai soggetti stranieri che
compiano la maggiore eta' e che siano in condizione di affidamento ai
sensi  dello «articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati
ai  sensi dell'art. 2 della legge del 4 maggio 1983, n. 184» (Diritto
del minore a una famiglia).
    Questa  disposizione  viene  pacificamente  interpretata, secondo
quanto  riconosce  anche  l'organo  remittente, come relativa ad ogni
tipo  di  affidamento  previsto  dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, e
cioe'  sia  all'affidamento  «amministrativo»  di  cui al primo comma
dell'art. 4,  che  all'affidamento  «giudiziario»  di  cui al secondo
comma dello stesso articolo 4, sia anche all'affidamento di fatto, di
cui all'art. 9 della medesima legge.
    L'organo   remittente  conosce,  ma  non  condivide,  l'ulteriore
orientamento interpretativo presente nella giurisprudenza ordinaria e
amministrativa  che  ha  esteso  la disciplina di cui all'art. 32 del
d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, anche ai minori stranieri sottoposti a
tutela  ai  sensi  degli  articoli 343  e seguenti del Codice civile;
malgrado  il  riconoscimento  che  in  tal  modo si puo' giungere «ad
un'interpretazione    della    norma    conforme   a   Costituzione»,
l'argomentato    dissenso   della   prima   sezione   del   Tribunale
amministrativo   regionale  dell'Emilia-Romagna  muove  dall'asserita
impossibilita' di adottare nel caso di specie tecniche interpretative
di tipo estensivo.
    La disposizione di cui all'art. 32, comma 1, del d.lgs. 25 luglio
1998,  n. 286,  indubbiamente  lacunosa  nel  mancato  riferimento ai
minori   soggetti  a  tutela,  puo'  essere  -  se  non  interpretata
estensivamente  -  comunque  integrata  in  via analogica, sulla base
della  comparazione  fra  i  presupposti  e  le  caratteristiche  del
rapporto di tutela del minore e del rapporto di affidamento.
    I due istituti infatti, pur avendo presupposti diversi (la tutela
si   apre  con  la  morte  o  l'assenza  di  entrambi  i  genitori  o
l'impossibilita'  di  questi di esercitare la potesta', l'affidamento
puo'   essere   disposto   allorche'   la  famiglia  di  origine  sia
temporaneamente  inidonea  ad  offrire al minore un adeguato ambiente
familiare),  sono  entrambi  finalizzati  ad  assicurare  la cura del
minore.
    Infatti l'affidamento disciplinato dalla legge n. 184 del 1983 ha
il  fine  di  favorire  il  reingresso  del  minore nella famiglia di
origine,  ma  compito dell'affidatario e' quello di provvedere al suo
mantenimento,  alla sua educazione ed istruzione, tenendo conto delle
indicazioni dei genitori (art. 5, della legge n. 184 del 1983).
    Allo stesso modo, il tutore, oltre ad amministrare il patrimonio,
deve prendersi cura dei bisogni del pupillo e della sua istruzione ed
educazione,  sotto il controllo del giudice tutelare (artt. 357 e 371
del Codice civile).
    3. - I    profili    che    invece    differenziano   la   tutela
dall'affidamento   ineriscono,   come   gia'   detto,  ai  differenti
presupposti  in  presenza  dei  quali  si  puo'  fare  ricorso ai due
istituti, nonche' alla tendenziale definitivita' della prima a fronte
della  temporaneita'  del secondo. Cio', peraltro, conformemente alla
funzione  -  di sostituzione dei genitori - che l'ordinamento assegna
al tutore.
    La  sussistenza  di  profili di analogia, rilevanti ai fini della
presente  decisione, tra il tutore e i genitori e' del resto mostrata
proprio  dalla  legge  n. 184 del 1983, che nel suo art. 4 stabilisce
che  l'affidamento familiare e' disposto «previo consenso manifestato
dai  genitori  o  dal  genitore  esercente  la  potesta',  ovvero dal
tutore».
    Proprio  il  ruolo analogo a quello dei genitori che ha il tutore
nella  legislazione sull'affidamento familiare mette bene in evidenza
una  ulteriore  incongruenza  che  deriverebbe da una interpretazione
meramente  letterale dell' art. 32 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286:
rientrerebbero  nella  previsione  di  questo  articolo sia il minore
straniero  iscritto  nel  permesso  di  soggiorno  o  nella  carta di
soggiorno  del  genitore,  sia il minore straniero comunque affidato,
mentre  ne  sarebbe  escluso  il  solo  minore straniero sottoposto a
tutela,  e  cioe'  ad  un  istituto giuridico assimilato dalla stessa
legislazione  in  parola  al  vincolo familiare e spesso originato da
situazioni  di  bisogno  anche  piu'  gravi  di  quelle che originano
l'affidamento familiare.
    Se le analogie rilevate tra affidamento e tutela giustificano una
applicazione   della   disposizione  impugnata  al  caso  del  minore
straniero  sottoposto  a  tutela,  ad identica conseguenza conduce la
considerazione  della  sostanziale  eguaglianza  delle  situazioni di
fatto  nelle quali si trovano i minori stranieri posti in affidamento
o sottoposti a tutela.
    4. - A   conferma   di   quanto  appena  argomentato  puo'  anche
considerarsi  che  l'art. 25  della  legge  30 luglio  2002,  n. 189,
successiva  all'ordinanza  di  rimessione, ha integrato l'art. 32 del
d.lgs.   25 luglio  1998,  n. 286,  prevedendo  che  il  permesso  di
soggiorno  possa  essere  rilasciato, a determinate condizioni, anche
«ai  minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un
periodo  non  inferiore  a  due  anni  in un progetto di integrazione
sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato» avente alcune
caratteristiche  determinate  dalle disposizioni legislative. Come e'
evidente,   sarebbe   del   tutto  irragionevole  una  normativa  che
consentisse il rilascio del permesso di soggiorno in situazioni quali
quella appena descritta e non, invece, in favore del minore straniero
sottoposto a tutela.
    Appare  quindi chiaro che una interpretazione meramente letterale
dell'   art. 32,   comma 1,   del   d.lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,
condurrebbe  ad  un  sicuro conflitto con i valori personalistici che
caratterizzano  la  nostra  Costituzione ed in particolare con quanto
previsto  dall'art. 30, secondo comma, e dall'art. 31, secondo comma,
e determinerebbe fondati dubbi di ragionevolezza.
    Questa  Corte  ha  evidenziato  piu' volte che «eventuali residue
incertezze  di  lettura sono destinate a dissolversi una volta che si
sia  adottato,  quale  canone ermeneutico preminente, il principio di
supremazia  costituzionale  che  impone all'interprete di optare, fra
piu'  soluzioni  astrattamente  possibili,  per  quella  che rende la
disposizione  conforme  a  Costituzione»  (sentenze n. 316 del 2001 e
n. 113  del  2000  nonche',  in  senso  analogo, ordinanza n. 277 del
2000).
    Non  resta  quindi che concludere che la disposizione del comma 1
dell' art. 32 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, va riferita anche ai
minori stranieri sottoposti a tutela, ai sensi del Titolo X del Libro
primo  del  Codice  civile, e che pertanto non si pone un problema di
costituzionalita' di questa disposizione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del
d.lgs.   25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello   straniero),   sollevata,   in  riferimento  all'art. 3  della
Costituzione,   dalla  prima  sezione  del  Tribunale  amministrativo
regionale dell'Emilia-Romagna con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 23 maggio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 5 giugno 2003.
              Il direttore della cancelleria. Di Paola
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