N. 483 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 - 14 marzo 2003

Ordinanze  da  483  a  486  - di contenuto sostanzialmente identico -
emesse il 13 e 14 marzo 2003 dal Tribunale di Napoli nei procedimenti
penali  rispettivamente  a  carico  di  Lazar  Bazar (R.O. 483/2003);
Milonek  Agnieszka  Elzbieta  (R.O.  484/2003);  Jovanovic Radovan ed
altra (R.O. 485/2003); Diop Mustafa' (R.O. 486/2003).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito   dal   questore  Arresto  obbligatorio  in  flagranza  -
  Convalida  -  Rito  direttissimo - Disparita' di trattamento per la
  previsione  dell'arresto  per  ipotesi  contravvenzionali di scarso
  rilievo  penale  -  Contrasto  con  il  principio di solidarieta' -
  Lesione  del  principio  della  finalita'  rieducativa della pena -
  Lesione    del    diritto    di   difesa   (attesa   l'immediatezza
  dell'espulsione,  a  seguito  dell'obbligatorieta' del rilascio del
  nulla  osta  all'espulsione  e  le  difficolta'  burocratiche dello
  straniero  espulso  di  rientrare  per  partecipare  al processo) -
  Lesione della tutela della condizione giuridica dello straniero (in
  particolare   in   relazione   alla   Convenzione  europea  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) -
  Violazione del diritto ad un giusto processo.
- Decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter,
  aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 24, 27 e 111.
(GU n.32 del 13-8-2003 )
                       IL GIUDICE MONOCRATICO

    Letti  gli  atti  del procedimento penale n. 12332/03 a carico di
Lazar Bazar, arrestato 12 marzo 2003 per il reato di cui all'art. 14,
comma  5-ter, perche' come da contestazione del p.m., non ottemperava
all'ordine di lasciare il territorio nazionale emesso dal Questore di
Modena  il  5 dicembre  2002,  e condotto dinanzi a questo giudice in
data  odierna  per  la  convalida  dell'arresto e la celebrazione del
contestuale giudizio con il rito direttissimo;
    Ritenuto  che sussistano profili di incostituzionalita' in ordine
all'indicata  norma, laddove e' prevista l'immediata esplusione dello
straniero  rimesso in liberta' nell'ambito di un procedimento de quo,
per contrasto con gli artt. 3, 10, 24 e 111 della Costituzione;
    Sentito il parere conforme del p.m.;

                            O s s e r v a

    La  fattispecie  di  cui  all'art. 14,  comma  5-ter, del decreto
legislativo  n. 286/1996, cosi come modificato dalla legge n. 189 del
30  luglio  2002,  prevede  che  lo straniero che, senza giustificato
motivo,  si  trattiene  nel  territorio  dello  stato  in  violazione
dell'ordine  impartito  dal  questore  ai  sensi  del comma 5-bis, e'
punito  con  l'arresto  da  sei mesi ad un anno, e che in tal caso si
procede   a  nuova  espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera
mediante forza pubblica.
    Con  la  novella  e' stata, dunque, introdotta la possibilita' di
procedere  a  privazione  della liberta' personale con riferimento ad
ipotesi  contravvenzionali,  ed in particolare e' stata introdotta la
previsione dell'obbligatorieta' della misura dell'arresto a fronte di
una  violazione  di norma contravvenzionale come nel caso in esame di
cui   all'art. 14,   comma  5-ter.  In  detta  ipotesi  l'arresto  e'
obbligatorio,  occorre  verificare  solo se sussistono i gravi indizi
per il titolo, di reato per il quale si procede.
    L'adozione  di  un  anomalo  rito  direttissimo  «obbligatorio» a
parere  del  giudicante  remittente si presenta in contrasto non solo
con  il  principio  di  uguaglianza,  ma  anche  e soprattutto con il
diritto  di difesa; la norma di fatto non consente in concreto da una
parte  l'esercizio della azione penale secondo i canoni ordinamentali
generali  (il  pubblicoministero  ex  art. 449  c.p.p. «se ritiene di
dover  procedere» puo' presentare direttamente l'imputato in stato di
arresto  davanti al giudice dei dibattimento, cosa che potrebbe anche
non  accadere  ove,  acquisite  le necessarie informazioni, sentiti i
soggetti coinvolti, si renda conto che ricorrono circostanze concrete
che  possano  in  effetti  far  ritenere giustificata la presenza sul
territorio   dello   Stato   del  soggetto  arrestato  straniero),  e
dall'altra   un   pieno  esercizio  del  diritto  di  difesa  con  la
conseguente  possibilita'  di svolgere quelle indagini difensive (che
trovano  poi  il  loro referente e fondamento normativo nell'art. 111
della  Costituzione) che potrebbero condurre la autorita' giudiziaria
a riscontrare la presenza di una serie di cause giustificative quanto
alla imputazione contestata.
    In   particolare   si  evidenzia  il  contrasto  con  il  dettato
costituzionale con riferimento agli articoli:
        1)  art. 3  Cost.,  per  disparita'  di  trattamento  perche'
l'arresto e' previsto per ipotesi contravvenzionali di scarso rilievo
penale   essendo   sanzionate   lievemente.   Sul   punto   la  Corte
costituzionale  con  decisione  dell'11  marzo  1970 n. 39 gia' si e'
pronunciata,  dichiarando  l'illegittimita'  dell'art. 220 t.u.l.p.s.
che   prevedeva   l'arresto   obbligatorio   in   flagranza   di  chi
contravveniva  al  divieto di comparire mascherato in luogo pubblico,
affermando  che  il  sistema  penale  prevede l'obbligatorieta' della
misura  restrittiva della liberta' personale solo per reati afferenti
ad obiettive situazioni di singolare gravita';
        2) art. 2 Cost., con il principio di doverosita' solidarieta'
politica ed economica e sociale dettato dalla costituzione;
        3)  art.  27 Cost., e dunque con il principio della finalita'
rieducativa  della  pena:  le norme de quo irrogano sanzioni penali a
soggetti  che  debbono  essere  immediatamente poi espulsi, dunque la
pena non verra' mai eseguita.
    Ed  invero,  la  normativa degli stranieri prevede che, quando lo
straniero e' sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato
di  custodia  cautelare in carcere - art. 13, comma 3 -, il questore,
prima di eseguirne l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorita'
giudiziaria,  che  puo'  negarlo  solo  in presenza di inderogabili e
comma  3-bis  laddove  prevede  che il giudice rilascia il nulla osta
all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia
in  carcere  ai  sensi  dell'art. 391  c.p.p., ovvero che ricorra una
delle  ragioni per le quali il nulla osta puo' essere negato ai sensi
del   comma   3  (esigenze  processuali  valutabili  con  riferimento
all'accertamento  di responsabilita' di concorrenti, o di imputati in
procedimenti connessi, ovvero nell'interesse della persona offesa).
    Se  e'  vero,  dunque,  che il nulla osta, richiesto dal questore
all'autorita'  giudiziaria,  puo'  essere  negato solo in presenza di
inderogabili    esigenze    processuali    valutate    in   relazione
all'accertamento  della  responsabilita' di eventuali concorrenti nel
reato  o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse
della  persona offesa, e, se e' vero che, ex II, comma 3-bis, in caso
di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta
all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia
cautelare  in  carcere ai sensi dell'art. 391, comma 5, del codice di
procedura  penale,  o  che  ricorra una delle ragioni per il quale il
nulla  osta  puo' essere negato ai sensi del comma 3, ne discende, di
fatto  la pressocche' automatica concessione del nulla osta a seguito
di  giudizio  instaurata  per effetto di arresto per i reati cui agli
articoli  in esame, attesa che la possibilita' di cui all'art. 17 del
d.lgs.  n. 286/1998,  (autorizzazione  a  rientrare  in Italia per il
tempo  strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa,
al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i
quali  e'  necessaria  la sua presenza, rilasciata dal questore anche
per  il  tramite  di  una  rappresentanza  diplomatica a consolare su
documentata  richiesta  della  parte  offesa  o  dell'imputato  o del
difensore), come di seguito si analizzera', appare del tutto priva di
contenuto se applicata al caso in esame.
    Appare evidente che tale disciplina contrasta con la possibilita'
e   il  diritto  (costituzionalmente  garantito)  per  l'imputato  di
difendersi,  e  dunque  di  fare  emergere  anche ed eventualmente il
proprio diritto ad essere nel territorio dello Stato italiano;
        4)  art. 10  della  Costituzione,  e dunque in considerazione
della  condizione  giuridica dello straniero (soprattutto ove vengano
in  rilievo,  a seguito della applicazione della normativa censurata,
lesioni  di  diritti  e  liberta' fondamentali democratiche garantite
dalla   nostra  Costituzione,  e  cio'  nel  senso  che  un'immediata
espulsione  potrebbe portare il soggetto straniero a rientrare in uno
Stato  dove appunto per la sua condizione personale tali liberta' non
siano  attribuite  e  garantite),  in  contrasto  inoltre  con i piu'
recenti  indirizzi  legislativi  e  di  dottrina che affermano che lo
Stato  italiano  e' tenuto a parificare la condizione giuridica dello
straniero  a  quella  dei  cittadini  tutte  le  volte  che  cio' non
contrasti   con  i  suoi  preminenti  interessi.  Tale  principio  e'
chiaramente  deducibile  dalla  previsione  di cui all'art. 10, comma
secondo  e comma terzo della Costituzione, che richiama la tutela dei
diritti  inviolabili  dell'uomo  e  il diritto all'asilo, con l'unico
limite   rappresentato  dalla  impossibilita'  per  lo  straniero  di
esercitare  diritti  e  doveri politici, ovvero situazioni giuridiche
strettamente connesse alla qualita' di cittadino.
    Dalla  applicazione  di  tali principi consegue il riconoscimento
del  diritto  dello  straniero a soggiornare nello Stato italiano sia
alle  condizioni  ordinarie  previste  dalla  legge  (per effetto del
rilascio  del  permesso  di  soggiorno)  che  in  considerazione  del
riconoscimento   di   eventuale   diritto  di  asilo  (o  diritto  al
ricongiungimento  familiare  o  altre  ipotesi previste dalla legge).
Tali   principi   interpretativi  risultano,  tra  l'altro,  recepiti
nell'ordinamento  giuridico  italiano  anche  nella previsione di cui
all'art. 2  del  d.lgs.  n. 286/1998,  nonche' dall'art. 10, comma 4,
d.lgs.  n. 286/1998, secondo il quale le norme sul respingimento alle
frontiere e sulla espulsione non si applicano nei casi previsti dalle
disposizioni   vigenti   che   disciplinano   l'asilo   politico,  il
riconoscimento dello status di rifugiato ovvero la adozione di misure
di protezione temporanea per motivi umanitari;
        5)  all'art. 24,  nonche' all'art. 111 della Costituzione: la
rigorosa  applicazione  della  disciplina di legge di cui all'art. 13
del  d.lgs.  n. 286/1998  camporterebbe  una  sostanziale  e concreta
lesione   del   diritto  dell'imputato  in  un  procedimento  penale,
qualunque  sia  la  nazionalita'  dello stesso, attesa l'immediatezza
dell'espulsione,   ad   una   piena  difesa,  non  potendo  di  fatto
partecipare  al  giudizio  con  il  rito direttissimo, attesi i tempi
veloci  di  questi  e,  contra,  quelli  tecnicamente  necessari  per
rientrare  in  Italia  ex art. 17 d.lgs. in esame, (richiesta tramite
ambasciata  e  consolato,  visto della questura, etc.) e ad un giusto
processo (con pieno svolgimento delle funzioni connesse alla difesa).
    Paradossalmente  all'arrestato  straniero  nei  cui  confronti si
procede  il  giudizio  dicessimo  converrebbe  essere sottoposto alla
misura  cautelare,  che  garantirebbe la partecipazione al processo e
quindi  l'esercizio  del  diritto  di  difesa.  Ma vi e' di piu': per
quanto   paradossale   ed   emblematica  tale  interpretazione  possa
apparire,  comunque rimarrebbero fuori da ogni e qualsiasi tutela gli
arrestati per le ipotesi contravvenzionali, come nel caso de quo, per
le  quali, per definizione non e' applicabile alcuna misura, e per le
quali appunto, il cittadino straniero non puo' che essere espulso;
        6)  contrasto con l'art. 111 della Cost.: diritto ad avere un
giusto processo;
        7)  ed  ancora  contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in
relazione  al  disposto  di  cui agli art. 5, comma 4 e 6 della legge
n. 848/1955  (ratifica  della  Convenzione  per  la  salvaguardia dei
diritti   dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali),  che  appunto
prevedono  il diritto per ogni persona privata della propria liberta'
con  un  arresto  a  presentare  un  ricorso  davanti ad un tribunale
affinche'  decida  sulla legittimita' della sua detenzione, ed ancora
il   diritto  a  che  la  sua  causa  sia  esaminata  imparzialmente,
pubblicamente  e  in  un  tempo  ragionevole da parte di un tribunale
indipendente e imparziale costituito dalla legge quanto al fondamento
di  ogni  accusa  penale.  Di  fatto  la  norma  introduce nel nostro
ordinamento  positivo un caso di restrizione della liberta' personale
(sia nell'ipotesi dell'arresto facoltativo che in quella dell'arresto
obbligatorio)  che  non  trova  il  suo  naturale  sbocco  nel vaglio
giurisdizionale  e  nell'esercizio  della  azione  penale,  che viene
invece  sostituita  da  una  pronunzia  di  non  luogo  a  procedere,
conseguente  alla  avvenuta  esecuzione della espulsione che consegue
dal  rilascio,  obbligatorio  e sostanzialmente automatico, del nulla
osta da parte della autorita' giudiziaria.
    Il  decreto  di  espulsione  e'  invero immediatamente esecutivo,
anche se sottoposto a gravame o impugnativa. L'espulsione e' eseguita
dal  questore  che,  se  lo  straniero  e'  sottoposto a procedimento
penale,  chiede  il  nulla  osta  all'autorita' giudiziaria, che puo'
negarlo   solo  in  presenza  di  inderogabili  esigenze  processuali
valutate  solo in relazione all'accertamento della responsabilita' di
eventuali  concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati
connessi,  e  nell'interesse  della  persona  offesa (comma 3). Ed il
nulla  osta  si  intende concesso qualora l'autorita' giudiziaria non
provvede  nel  termine  di  gg.  15  dalla  data di ricevimento della
richiesta. Nel caso di arresto in flagranza il nulla osta e' concesso
all'atto  della  convalida, salvo che si applichi la misura cautelare
della  custodia  cautelare in carcere ai sensi dell'art. 391, comma 5
c.p.p.,  e  che  ricorra una delle ragioni per cui il nulla osta puo'
essere negato ex comma 3.
    L'evidente  incostituzionalita' della norma, con riferimento alle
ipotesi  di  giudizio con il rito direttissimo instaurato per effetto
della violazione dell'art. 14, comma 5-bis e ter, e' stata gia' messa
in  evidenza:  il  nulla  osta, di fatto obbligatorio per l'autorita'
giudiziaria,  va  dato  all'atto  della  convalida che, dunque, sara'
privato  del  diritto  di presenziare al dibattimento celebrato con i
rito  direttissimo, posto che l'espulsione deve essere immediatamente
eseguita,  e che, per rientrare in Italia ed esercitare il diritto di
difesa  garantito  (formalmente  dall'art. 17  del d.lgs.), necessita
l'adempimento di formalita' burocratiche.
    Ne consegue che per quanto sopra motivato, apparendo le questioni
proposte  rilevanti ai fini del decidere, con particolare riferimento
alla  possibilita'  di garantire all'imputato l'esercizio del diritto
di   difesa  presenziando  al  dibattimento  celebrato  con  il  rito
direttissimo,   e   apparendo   tali   questioni  non  manifestamente
infondate,  ritiene  questo  giudice di dover rimettere gli atti alla
Corte costituzionale per le valutazioni di competenza.
                              P. Q. M.
    Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuto   che   ai  fini  del  presente  giudizio  non  appaiono
manifestamente  infondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 14,   comma   5-ter  del  d.lgs.  n. 286/1998,  cosi'  come
modificato  dalla  legge  n. 189/2002, con riferimento agli artt. 13,
comma  13,  e 17 stessa legge, in relazione agli artt. 3, 10, 24, 111
della Costituzione;
    Ritenuto che le stesse siano rilevanti ai fini del decidere;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
Costituzionale.
    Ordina,  altresi  che  la  presente  ordinanza,  notificata  oggi
mediante  lettura alle parti processuali presenti, difesa e p.m., sia
notificata  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, e che la
stessa sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Napoli, addi' 13 marzo 2003
                    Il giudice monocratico: Miele
03C0757