N. 356 ORDINANZA 27 novembre - 12 dicembre 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Responsabilita'  civile  - Danno morale soggettivo - Esclusione della
  risarcibilita' in ipotesi di lesioni personali determinate da fatto
  della  circolazione  stradale  -  Prospettata violazione di diritto
  fondamentale  della  personalita' nonche' ingiustificata disparita'
  di  trattamento  -  Questione  identica  ad  altra gia' rigettata -
  Manifesta infondatezza.
- Cod. civ., art. 2059.
- Costituzione, artt. 2 e 3.
(GU n.50 del 17-12-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2059 del codice
civile,  promosso  con ordinanza del 21 gennaio 2003 dal Tribunale di
Genova nel procedimento civile vertente tra Zanchi Emanuele e la Toro
Assicurazioni  S.p.A., iscritta al n. 223 del registro ordinanze 2003
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 18, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 12 novembre 2003 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che il Tribunale di Genova, con ordinanza del 14 gennaio
2003,  depositata  il  21 gennaio  2003, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 2  e  3  della  Costituzione,  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 2059  del codice civile «nella parte in cui
esclude  il  risarcimento del danno morale soggettivo, in presenza di
lesioni  personali  determinate  da fatto della circolazione stradale
con applicazione del disposto del comma 2 dell'art. 2054 cod. civ.»;
        che    il    rimettente,    muovendo   da   una   consolidata
interpretazione  dell'art. 2059 cod. civ., assume che il ricorso alla
presunzione di colpa in pari misura concorrente di cui all'art. 2054,
secondo  comma,  cod.  civ.,  comporta  il  rigetto  di  ogni pretesa
risarcitoria  avanzata  a  titolo  di  danno  morale, ex art. 185 del
codice  penale,  difettando la prova di uno degli elementi essenziali
del reato;
        che l'art. 2059 cod. civ., cosi' interpretato, contrasterebbe
peraltro  -  secondo  il  medesimo  rimettente  - con l'art. 2 Cost.,
precludendo  la  tutela  risarcitoria in riferimento alla lesione del
bene   rappresentato   dalla   tranquillita'   morale,   intesa  come
«proiezione  indefettibile» di un diritto della personalita' quale il
diritto all'incolumita' personale;
        che  il proliferare, in sede legislativa, di nuove ipotesi di
danno  morale  risarcibile,  unitamente  ad alcuni orientamenti della
giurisprudenza   di   merito  intesi  con  evidenza  ad  aggirare  la
limitazione  risarcitoria  prevista dall'art. 2059 cod. civ., avrebbe
inoltre  determinato una ingiustificata disparita' di trattamento tra
situazioni omogenee, tale da porsi in contrasto con l'art. 3 Cost;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  o
infondatezza della questione;
        che   l'ordinanza   di   rimessione   sarebbe   -  ad  avviso
dell'Avvocatura  -  priva  di motivazione in punto di rilevanza della
questione  nel  giudizio a quo, atteso che il rimettente si limita ad
affermare  come  probabile,  ma  non  certa,  l'applicabilita'  nella
fattispecie  della  presunzione  di cui all'art. 2054, secondo comma,
cod. civ;
        che,  nel  merito, la questione sarebbe comunque non fondata,
in  quanto  la  non  risarcibilita' del danno morale in caso di colpa
presunta  troverebbe  giustificazione proprio nella mancanza di prova
riguardo  alla  concreta  misura  della colpa di ciascun conducente e
risponderebbe  dunque  all'esigenza  di non aggravare oltre misura la
posizione del presunto danneggiante (o del suo assicuratore);
        che,  piu'  in  generale, la previsione di risarcibilita' del
danno   morale  nei  soli  casi  previsti  dalla  legge  sarebbe  non
irragionevole, consentendo al legislatore di introdurre nuove ipotesi
di   danno  risarcibile  ogni  qual  volta  particolari  esigenze  lo
richiedano.
    Considerato   che  va  preliminarmente  respinta  l'eccezione  di
inammissibilita'  della  questione,  per difetto di motivazione sulla
rilevanza, sollevata dall'Avvocatura dello Stato;
        che  l'affermazione,  contenuta nell'ordinanza di rimessione,
secondo   la  quale  le  risultanze  processuali  condurrebbero  «con
ragionevole   probabilita»   a  ricorrere  alla  presunzione  di  cui
all'art. 2054, secondo comma, del codice civile, costituisce infatti,
con  evidenza,  un  mero  espediente dialettico, teso a dimostrare la
rilevanza della questione pur evitando una esplicita anticipazione di
giudizio riguardo alla valutazione del materiale probatorio;
        che,  nel  merito, identica questione e' stata dichiarata non
fondata,  nei sensi di cui in motivazione, con la sentenza n. 233 del
2003, in quanto basata su un erroneo presupposto interpretativo;
        che nella motivazione di tale sentenza si afferma infatti che
l'art. 2059  cod.  civ.,  avendo  assunto  -  alla luce dei mutamenti
legislativi e giurisprudenziali in tema di risarcimento del danno non
patrimoniale  - una funzione non piu' sanzionatoria, come sicuramente
era  all'epoca  della  emanazione  del  codice  civile,  ma  soltanto
tipizzante   dei   singoli  casi  di  risarcibilita'  del  danno  non
patrimoniale,  «deve  essere  interpretato nel senso che il danno non
patrimoniale,  in quanto riferito alla astratta fattispecie di reato,
e'  risarcibile  anche  nell'ipotesi in cui, in sede civile, la colpa
dell'autore del fatto risulti da una presunzione di legge»;
        che  la  questione  stessa, in quanto riproposta dall'odierno
rimettente    nei    medesimi   termini,   va   pertanto   dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 2059   del   codice  civile
sollevata,  in  riferimento  agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dal
Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 novembre 2003.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:di paola
    Depositata in cancelleria il 12 dicembre 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C1340