N. 1127 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 giugno 2003
Ordinanza emessa l'11 giugno 2003 dal G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio nel procedimento penale a carico di Basarab Viorica Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Violazione del principio di ragionevolezza sotto diversi profili. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, in relazione al comma 5-ter del medesimo articolo, come modificato dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, art. 3.(GU n.2 del 14-1-2004 )
IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva assunta all'udienza camerale del 29 maggio 2003 di convalida d'arresto, sulla questione di legittimita' costituzionale sollevata dall'avv. Marco Brunoldi, difensore di ufficio di Basarab Viorica nata a Mosca il 15 febbraio 1982, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Solbiate Arno, via Colombarea n. 28; P r e m e s s o Che l'indagata e' stata tratta in arresto il 22 marzo 2003 dal Carabinieri di Caronno Pertusella in relazione al reato di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, decreto legislativo n. 286/1998 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189: Che il p.m., con decreto di pari data, ha disposto la remissione in liberta' dell'arrestata ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p.; Che il difensore eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, decreto legislativo n. 286/1998 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nella parte in cui, in relazione al comma 5-ter della stessa norma, dispone l'obbligatorieta' dell'arresto a fronte di una fattispecie contravvenzionale che, in alcun caso, consente l'applicazione di misura cautelare; Che, nella prospettazione difensiva, le disposizioni in commento contrastano con l'art. 13 Cost. e con il principio di inviolabilita' della liberta' personale in tale norma consacrato; O s s e r v a La questione dedotta dalla difesa di Baserab Viorica e' rilevante ai fini del decidere dovendosi valutare la convalidabilita' o meno dell'arresto operato a carico della medesima per il reato di cui al vigente art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 in relazione al comma 5-quater della stessa norma (cfr. verbale di arresto 22 marzo 2003). In realta', come correttamente rilevato dalla parte deducente, l'unico reato ascrivibile all'indagata e' quello dettato dal combinato disposto dei comma 5-bis e 5-ter dell'art. 14 cit. e cio' in quanto Baserab Viorica risulta destinataria di un ordine di lasciare il territorio dello Stato nel termine di giorni 5 dalla notifica (cfr. ordine questore Milano 15 ottobre 2003) - provvedimento senz'altro inadempiuto - ma in alcun caso la stessa e' stata accompagnata alla frontiera a mezzo della forza pubblica e percio' materialmente allontanata dal territorio italiano. Tanto puntualizzato in diritto, l'eccezione in esame, per come posta, e' manifestamente infondata. Non si ravvisa contrasto fra l'art. 13 Cost. e l'art. 14, comma 5-ter e quinquies, d.lgs. n. 286/1998 come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 in quanto l'arresto e' espressamente previsto come obbligatorio dal legislatore e la restrizione della liberta' personale e' avvenuta per atto motivato dell'autorita' giudiziaria a cio' abilitata. I presupposti ed i requisiti di legittimita' costituzionale della restrizione da liberta' personale sono, altresi', soddisfatti ove si voglia ricondurre l'arresto, caso eccezionale di restrizione della liberta' personale connotato da necessita' ed urgenza, alla previsione del comma 3 dell'art. 13 Cost.: la misura «provvisoria» e' stata comunque comunicata, nelle 48 ore, al p.m. ed ha perso efficacia per iniziativa della stessa autorita' giudiziaria ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p. Piuttosto che in contrasto con l'habeas corpus, pare al giudice procedente che le norme incriminatrici e procedurali in esame si pongano in palese contraddizione con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza. Salvo errore, non e' rintracciabile nel vigente sistema processuale e penale alcuna norma che facoltizzi o, come nella specie, obblighi la p.g. ad arrestare l'autore del reato e non consenta poi al p.m. di chiedere, ed al giudice di applicare, alcuna misura cautelare. La contravvenzione per cui si procede e' punita con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno: la natura stessa dell'illecito ne impedisce la riconduzione entro i parametri generali dell'art. 280 c.p.p. (e, altresi', dell'art. 287 c.p.p. rispetto alle misure cautelari solo interdittive); ne' ricorrono le ipotesi derogatorie - per l'arresto operato in riferimento ai delitti di cui all'art. 381, secondo comma c.p.p. e per i casi di arresto consentito anche fuori dello stato di flagranza - tipicamente individuate dall'art. 391, quinto comma c.p.p. L'art. 121 disp. att. c.p.p. obbliga il p.m. disporre la liberazione dell'arrestato quando ritenga di non dover richiedere l'applicazione di misure coercitive (ad esempio, per ritenuta insussistenza di esigenze cautelari). A maggior ragione, percio', l'organo inquirente sara' tenuto a restituire alla liberta' l'arrestato se la richiesta di applicazione di misure cautelari coercitive gli sia preclusa in diritto. L'irrazionalita' delle regole congegnate dal novellato art. 14, d.lgs. n. 286/1998 emerge anche sotto differente profilo: per i reati previsti dal comma 5-ter, oltre all'arresto obbligatorio, e' previsto quale rito esclusivo il «direttissimo». Tuttavia detta previsione appare inconciliabile con la citata norma delle disposizioni di attuazione che fa obbligo al p.m., non potendo chiedere l'applicazione di alcuna misura cautelare, di liberare l'arrestato. Anche ad ipotizzare un'interpretazione alternativa - che, al di fuori dei casi stabiliti in via generale dagli artt. 449 e 450 c.p.p., legittimasse il p.m. a procedere con giudizio direttissimo nonostante l'intervenuta remissione in liberta' dell'indagato - l'illogicita' del sistema non verrebbe meno: saremmo pur sempre di fronte ad un arresto obbligatorio non legittimante l'applicazione di alcuna misura cautelare. Ed ancora, nulla muterebbe quanto alle conclusioni seppure - con ulteriore esegesi, peraltro difficilmente sostenibile sul piano letterale e sistematico - dovesse leggersi il comma 5-quinquies dell'art. 14 in oggetto quale ipotesi derogatoria alla regola generale dell'art. 121 disp. alt. c.p.p. Il giudizio direttissimo verrebbe comunque instaurato sulla base di un arresto al quale mai potrebbe seguire l'applicazione di una qualsiasi misura cautelare coercitiva. Conferma indiretta della fondatezza della censura di incostituzionalita' che qui si muove viene dal rilievo che il legislatore, in altro ambito sostanziale, ha di recente tenuto conto della irragionevolezza di una regola che rendesse operabile l'arresto in flagranza di reato per poi escludere la percorribilita' della via cautelare: la legge 9 aprile 2003, n. 72, recante modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 in materia di «omissione di soccorso», con l'art. 2, comma b) sanziona con la reclusione da 3 mesi a 3 anni il fatto di chi, in caso di incidente stradale con danno alle persone comunque ricollegabile al proprio comportamento, omette di fermarsi. Nell'introdurre per tale ipotesi l'arresto facoltativo, anche fuori dei casi di flagranza, la norma incriminatrice ha curato di preservare l'efficacia della restrizione iniziale selezionando le misure cautelari applicabili (solo quelle di cui agli artt. 281, 282, 283 e 284 c.p.p. ) e disponendone espressamente l'operativita' anche al di fuori dei limiti previsti dall'art. 280 c.p.p. Da ultimo, costituisce convincimento di chi scrive che la previsione, dell'arresto obbligatorio in flagranza in relazione al reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 sia altresi' irragionevole per la sproporzione apprezzabile fra la massima restrizione della liberta' personale e il contenuto disvalore del fatto, comprovato dalla natura contravvenzionale dell'illecito. Invero - anche a prescindere dalla inintellegibilita' di un sistema che obbliga la p.g. ad arresti «fini a se' stessi» - vi e' da considerare che in casi quale quello presente la norma penale sanziona il mero inadempimento di un provvedimento amministrativo ovvero l'illegittimo protrarsi in capo al soggetto extracomunitario dell'accertato status di clandestinita'. E' ben vero che la selezione delle condotte meritevoli di sanzione penale - strumento repressivo che si configura quale extrema ratio - appartiene in via esclusiva al legislatore: nondimeno si traduce in un meccanismo censurabile come irragionevole, quindi contrastante con l'art. 3 Cost., quello che, prima, consente l'arresto - ed anzi lo rende obbligatorio - in relazione ad un fatto criminoso contravvenzionale, poi impone al p.m., e comunque al giudice, di rimettere in liberta' l'arrestato, quindi punisce il reato con la contenuta sanzione dell'arresto da 6 mesi a un'anno. A parere del giudice scrivente la contraddittorieta' del vigente sistema, che tradisce la difficolta' di conciliare due differenti esigenze - quali il contrasto efficace del fenomeno migratorio clandestino ed il dovuto rispetto dei principi di materialita' e di offensivita' del fatto criminoso, portato diretto dell'art. 25, secondo comma Cost. - puo' trovare soluzione non gia' in via interpretativa ma soltanto attraverso la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 14 comma 5-quinquies nella parte in cui dispone l'arresto obbligatorio nella situazione di flagranza del reato di cui al precedente comma 5-ter, pronuncia per la quale si insta.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953 dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' dell'art. 14, comma 5-quinquies, in relazione al comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dall'art. 13 della legge n. 189/2002, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nei sensi di cui alla parte motiva della presente ordinanza. Sospende per l'effetto il giudizio in corso. Dispone che la cancelleria notifichi la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunichi ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Busto Arsizio, addi' 11 giugno 2003 Il giudice per le indagini preliminari: Di Censo 04C0012