N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 marzo 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  17  marzo  2004  (del  Presidente della giunta della
Regione Basilicata)

Ambiente  (tutela dell') - Rifiuti radioattivi - Disposizioni urgenti
  per  la  raccolta,  lo smaltimento e lo stoccaggio in condizioni di
  massima sicurezza - Prevista realizzazione di un Deposito nazionale
  (costituente  opera  di  difesa militare di proprieta' dello Stato)
  per  la  sistemazione  in  sicurezza dei rifiuti di III categoria -
  Prevista  localizzazione  del  Deposito  da parte di un Commissario
  straordinario  previa  intesa  con  la  Conferenza unificata (o, in
  mancanza  di  intesa,  da  parte  del  Presidente del Consiglio dei
  ministri)  previa delibera del Consiglio dei ministri - Affidamento
  alla SOGIN S.p.a. della realizzazione (entro il 31 dicembre 2008) e
  della  gestione  in  concessione  del  Deposito  -  Attribuzione al
  Commissario  straordinario  di  poteri di intervento in deroga alla
  normativa  vigente,  nonche'  di  poteri di approvazione di piani e
  progetti,  anche  in sostituzione dei soggetti competenti - Ricorso
  della  Regione Basilicata - Denunciata mancanza dei presupposti per
  l'esercizio  della  decretazione d'urgenza - Lesione della potesta'
  legislativa  concorrente  spettante  alle  Regioni  in  materia  di
  salute,  protezione civile e governo del territorio - Irreversibile
  vincolo   alle   future   scelte   legislative  regionali,  nonche'
  all'assetto  del  territorio  - Violazione (sia in sede governativa
  che  parlamentare)  dei principi di sussidiarieta', ragionevolezza,
  leale  collaborazione  e  previa  intesa  fra  Stato  e  Regioni  -
  Estromissione della Regione in cui verra' realizzato il Deposito da
  processi   decisionali  e  amministrativi  incidenti  sull'ambiente
  regionale e sui diritti delle popolazioni residenti - Richiamo alla
  sentenza n. 303/2003 della Corte costituzionale.
- Decreto-legge  14 novembre  2003,  n. 314, convertito con modifiche
  nella legge 24 dicembre 2003, n. 368.
- Costituzione,  artt. 9 e 32, 77, comma secondo, 117, comma terzo, e
  118.
Giudizio   di   legittimita'   costituzionale  in  via  principale  -
  Impugnazione  da  parte  della Regione Basilicata delle norme sulla
  realizzazione  di  un  Deposito  nazionale  per  la sistemazione in
  sicurezza   di   rifiuti   radioattivi  -  Prospettato  rischio  di
  pregiudizio  irreparabile  grave  e  irreparabile per i cittadini -
  Richiesta di sospensione dell'efficacia della normativa censurata.
- Decreto-legge  14 novembre  2003,  n. 314, convertito con modifiche
  nella legge 24 dicembre 2003, n. 368.
- Legge  11 marzo  1953,  n. 87, art. 35 [come sostituito dall'art. 9
  della  legge 5 giugno 2003, n. 131] Costituzione, artt. 9 e 32, 77,
  comma secondo, 117, comma terzo, e 118.
(GU n.1001 del 3-6-2004 )
    Ricorso  del  Presidente  della  giunta della Regione Basilicata,
Filippo Bubbico, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del
presente  atto, in virtu' della delibera di giunta n. 443 del 5 marzo
2004,  dagli  avv. Mirella Viggiani, Maria Carmela Santoro e Fernanda
Cariati  domiciliato in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della
Regione Basilicata, alla Via Nizza n. 56;

    Nei  confronti del sig. Presidente del Consiglio dei ministri per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art.
127 della Costituzione:
        del   decreto-legge   14   novembre   2003,   n. 314  recante
«Disposizioni   urgenti   per   la  raccolta,  lo  smaltimento  e  lo
stoccaggio,   in   condizioni   di   massima  sicurezza  dei  rifiuti
radioattivi,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del 18 novembre
2003;
        della,  legge  di  conversione  n. 368  del 24 dicembre 2003,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 2004;
con richiesta di sospensione dell'efficacia della normativa censurata
ex art. 35 legge n. 87/1953.
    Con  il  decreto-legge  n. 314  del  14  novembre  2003,  recante
disposizioni  urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio
in  condizioni  di  massima  sicurezza,  dei  rifiuti radioattivi, il
governa  ha emanato un provvedimento contenente disposizioni relative
alla realizzazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
    Il  provvedimento,  a  causa  del suo contenuto e delle modalita'
della assunzione, ha suscitato grande clamore.
    Con  tale  atto normativa il governo si e' appropriato, prima del
tempo,   del  conferimento  di  una  delega  a  legiferare  contenuta
nell'art. 30  del d.d.l. c.d. Marzano, dal nome dell'attuale Ministro
alle  attivita'  produttive,  che e' diretto al «Riordino del settore
energetico», e che contiene la previsione del conferimento di deleghe
al  Governo  in  materia  di  produzione  di  energia  elettrica,  di
stoccaggio  e  vendita  di  g.p.l.  e, per quello che maggiormente in
questa sede interessa, di gestione dei rifiuti radioattivi.
    Si tratta del disegno di legge n. 3297 approvato dalla Camera dei
deputati  il  16 luglio 2003, e con il n. S 2421 attualmente in stato
di relazione al Senato.
    Il  Governo  il  14 novembre 2003 con un atto rivestente la forma
del  decreto legge, ma sostanzialmente avente natura di provvedimento
amministrativo,  come  detto,  si  e'  appropriato  di  una  delega a
legiferare  che il Parlamento, aveva in pectore di conferirgli, ed e'
intervenuto   a   disciplinare  la  raccolta,  lo  smaltimento  e  lo
stoccaggio,   in   condizioni   di  massima  sicurezza,  dei  rifiuti
radioattivi,  con  la  previsione  della realizzazione di un deposito
nazionale per le scorie, che inizialmente si prevedeva di ubicare nel
territorio del comune di Scanzano Jonico della Regione Basilicata, da
completare entro il 31 dicembre 2008.
    Il   decreto-legge   n. 314/2003   e'   stato   convertito,   con
modificazioni,  nella  legge  368  del  24  dicembre  2003  e prevede
attualmente  all'art. 1:  «La  sistemazione  in sicurezza dei rifiuti
radioattivi,   come  definiti  dall'art.  4,  comma  3,  del  decreto
legislativo  17  marzo  1995  n. 230,  degli elementi di combustibile
irraggiati  e  dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli rinvenienti
dalla  disattivazione delle centrali elettronucleari e degli impianti
di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto
delle  condizioni  di  sicurezza e di protezione della salute umana e
dell'ambiente  previste  dal  citato  decreto  legislativo n. 230 del
1995,  e'  effettuata  presso il deposito nazionale riservato ai soli
rifiuti di III categoria, che costituisce opera di difesa militare di
proprieta' dello Stato».
    Dall'originaria  previsione,  proprio a segnito di un emendamento
in   tal   senso   presentato  dallo  stesso  Governo  presso  l'VIII
Commissione  della  Camera,  e'  stata  espunta  l'individuazione del
comune  di  Scanzano  Jonico  come  territorio  deputato ad «ospitare
forzatamente» il deposito nazionale delle scorie radioattive.
    Entro  un  anno dall'entrata in vigore della legge di conversione
e'  previsto  che  debba  essere individuato il sito ove ubicare tale
deposito nazionale.
    Il  sito  dovra'  essere  individuato con un atto del commissario
straordinario,   nominato  per  sovraintendere  all'attuazione  degli
interventi,  il  quale  lo  assumera'  al  termine  di una non meglio
precisata attivita' concertativa che prevede di essere assolta con il
sentire  la  commissione  tecnico-scientifica,  pure  essa  di nomina
governativa,  prevista  dall'art. 2  del  medesimo  decreto, e previa
intesa in sede di Conferenza unificata ex art. 8 D.Lgs 281/1997.
    Laddove   l'intesa  non  fosse  raggiunta  nel  termine  predetto
competerebbe   al   sig. Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri
provvedere,  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri, ad
adottare  d'imperio  un  atto individuando il luogo ove realizzare il
deposito nazionale delle scorie radioattive (art. 1, 1° comma).
    La   medesima  disciplina  affida  alla  societa'  Sogin  S.p.a.,
Societa'  di  gestione impianti nucleari S.p.a., sia la realizzazione
del  deposito,  entro il 31 dicembre 2008, sia la gestione definitiva
in concessione dello stesso.
    La  societa'  Sogin  e'  onerata,  altresi', di provvedere, con i
prezzi  o  le  tariffe  di  conferimento  dei  rifiuti radioattivi al
deposito  nazionale,  alla  validazione del sito, all'esproprio delle
aree, alla progettazione e costruzione del deposito.
    Per  assicurare  l'attuazione  degli interventi il Presidente del
Consiglio  dei  ministri provvedera', come anticipato, alla nomina di
un  Commissario  straordinario  cui  la  stessa normativa, all'art. 2
comma  1, prevede il conferimento poteri di intervento in deroga alla
la normativa vigente.
    Lo  stesso commissario straordinario e' autorizzato di provvedere
all'approvazione  del  piano  economico  finanziario, all'affidamento
degli   incarichi  di  progettazione  del  deposito  nazionale,  alle
procedure  espropriative,  all'approvazione dei progetti, affidamento
dei lavori.
    Il  comma  2  del  medesimo art. 2 autorizza, altresi', lo stesso
Commissario  straordinario  ad adottare, con le modalita' ed i poteri
ex art. 13 d.l. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997, anche in
sostituzione  dei  soggetti  competenti,  tutti i provvedimenti e gli
atti  di qualsiasi natura necessari alla progettazione, istruttoria e
affidamento  ed  alla realizzazione del Deposito, con eccezione degli
atti  di  competenza  sia  del  Ministero dell'ambiente e territorio,
relativamente alla V.I.A., e sia dell'A.P.A.T.
    Il  decreto,  come convertito, per i restanti articoli disciplina
l'allocazione  dei  rifiuti  radioattivi  - art. 3, determinazione di
misure  compensative  in  favore  degli enti territoriali interessati
direttamente  dall'ubicazione  del  deposito nazionale e delle misure
d'informazione  sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi -
art. 4;   ed  infine  le  disposizioni  di  copertura  finanziaria  e
l'entrata in vigore della normativa - articoli 5, 6.
    Incostituzionalita'  per  violazione  dell'art. 77, secondo comma
Cost.   insussistenza   condizioni   legittimanti   decretazione   di
necessita'  ed  urgenza  e  per violazione dell'art. 117, terzo comma
costituzione.
    Con  riguardo  all'intero testo normativo rinveniente dal decreto
legge  n. 314/2003,  e  convertito,  con  modificazioni,  nella legge
n. 368/2003  si  contesta  innanzitutto  la  violazione dell'art. 77,
secondo  comma Cost. per essere stato il decreto medesimo adottato in
assoluta  assenza  dei  presupposti  di  necessita'  ed  urgenza, che
soltanto giustificano, secondo il citato articolo della Costituzione,
il  ricorso  da  parte  del Governo alla decretazione d'urgenza, e la
coeva  violazione della sfera delle competenze legislative attribuite
alle Regioni ex art. 117, terzo comma Cost.
    La  sussistenza  della  prima delle censure di cui in epigrafe si
rinviene  da una serie di circostanze desumibili: dal preambolo dello
stesso   provvedimento   legislativo   nonche'  dalle  argomentazioni
riportate  nel  disegno  di  legge  di presentazione del decreto alle
Camere  per  l'ottenimento  della  conversione in legge dello stesso;
dalla   mancanza,  al  contrario  di  quanto  asserito  dal  Governo,
dell'osservanza  di  «impellenti»  impegni comunitari; dall'esistenza
dell'adozione  da  parte del Parlamento, organo naturalmente deputato
alla  legiferazione,  di  una  normativa  regolante  la  materia  del
riordino  del  settore  energetico,  contenente proprio le deleghe al
Governo  in  detta  materia  come  pure  in quella della gestione dei
rifiuti  radioattivi  e  dell'individuazione di un deposito nazionale
delle sco-
rie  radioattive;  dall'essere la normativa emanata insuscettibile di
immediata   applicazione   od   efficacia,   dall'avere  il  Governo,
attraverso    l'emanazione   della   normativa   de   qua   vulnerato
l'attribuzione  legislativa  concorrente  delle  Regioni riconosciuta
loro  dal terzo comma dell'art. 117 Costituzione in materia di tutela
della  salute, governo del territorio e protezione civile; da ultimo,
per  la  mancata  indicazione del titolo giustificativo in virtu' del
quale  il  governo si e' appropriato del potere, legislativo in luogo
del  Parlamento  ed in danno delle Regioni, senza che si ncorresse la
giuridica   necessita'   di  sostituirsi  alla  Regione  od  ad  enti
territoriali inerti od omittenti.
    Come rilevato il Governo ha esercitato illegittimamente il potere
legislativo  con  l'emanazione del decreto-legge n. 314/2003, infatti
nel  caso  di  specie non sussistevano le condizioni di necessita' ed
urgenza  costituzionalmente  richieste  dall'art. 77,  secondo  comma
Cost.  per  legittimare  l'esercizio  del  potere legislativo in capo
all'esecutivo.
    E'  stato  acutamente  osservato  che  tali  condizioni ricorrono
quando   si  e'  di  fronte  all'impossibilita'  di  intervenire  con
efficacia  ed  immediatezza  con  il ricorso al naturale procedimento
legislativo,  ad  esempio  nei  casi  di  intervento per l'aiuto alle
popolazioni colpite da calamita' naturali o per prorogare rapidamente
discipline prossime alla scadenza, escludendo quindi il Governo dalla
legittima  possibilita' di ricorrere alla decretazione di urgenza nei
casi in cui non possano ravvisarsi circostanze aventi peculiarita' di
eccezionalita'.
    Orbene  nel  caso  che  si  sottopone all'ecc.ma Corte adita tali
circostanze, come rilevato, non sussistono.
    E'  lo  stesso  Governo  ad asserire la mancanza delle condizioni
della  decretazione d'urgenza sia nel preambolo del decreto che nella
relazione  del d.d.l. di presentazione del decreto alle Camere per la
conversione.
    Infatti per giustificare la emanazione del decreto che si censura
vengono  richiamate  genericamente circostanze quali la necessita' ed
urgenza  di  dare  immediata  sistemazione  in  sicurezza dei rifiuti
radioattivi, procedendo pero' a prevedere nel secondo comma dell'art.
n. 1  che  il  deposito  delle  scorie  sia  completato  molto  oltre
l'entrata  in  vigore  del decreto - avvenuta il 15 novembre 2003 - e
cioe' entro il 31 dicembre 2008.
    Anche  nella  relazione  del  d.d.l.  presentato  dal  Governo al
Parlamento  per  ottenere la conversione del decreto non si indica la
ricorribilita'  delle menzionate circostanze di necessita' ed urgenza
che  sono richieste indefettibilmente per legittimare l'esercizio del
potere legislativo da parte dell'esecutivo.
    Al   riguardo  nella  pagina  uno  si  opera  un  riferimento  ad
inaccettabili  condizioni  di  pericolosita',  alla  possibilita'  di
eventi  catastrofici ed atti terroristici la cui nocivita' in termini
di evenienza per la sicurezza della popolazione stride clamorosamente
con  il  successivo  enunciato  espresso  con il richiamo ad un testo
normativo  approntato  dalla  Commissione  europea,  consistente  nel
dovere   per   gli  Stati  dell'Unione  di  dotarsi  di  un  deposito
ingegneristico entro il lontano 2013 e di uso geologico entro l'ancor
piu' lontano 2018.
    Cosicche'  non  v'e', a parere di chi scrive, modo di individuare
in  quello  che  precede  la ricorribilita' concreta delle menzionate
circostanze giustificatrici richieste ex art. 77, secondo comma Cost.
per la decretazione d'urgenza.
    Nemmeno  potrebbe giustificare l'esercizio del potere legislativo
da  parte  del  Governo l'asserzione che il Parlamento avrebbe omesso
una  qualche  attivita'  in ordine all'assunzione di una normativa in
materia perche' niente di meno veritiero di tanto e' avvenuto.
    Al  riguardo  si  rimarca che, invece, presso il Parlamento e' in
itinere  l'adozione  di  un  atto  normativo  compiutamente formulato
proprio nella materia di cui in questa sede si discetta.
    Ci   si  riferisce  al  citato  d.d.l.  c.d.  Marzano,  dal  nome
dell'attuale Ministro delle attivita' produttive, il quale propone il
«Riordino  del  settore  energetico,  nonche'  delega  al  Governo in
materia  di  produzione di energia elettrica, di stoccaggio e vendita
di  g.p.l.  e  di gestione dei rifiuti radioattivi», talche' non puo'
proprio  asserirsi  che stante l'inerzia del Parlamento il Governo e'
legittimato a provvedere in merito.
    Nel  merito,  anzi ed ulteriormente, si denuncia che il d.d.l. in
parola   e'  stato  gia'  esaminato  dalla  Camera  dei  Deputati  ed
attualmente e' in stato di relazione al Senato, n. S 2421-12 febbraio
2004.  L'art. 30  della normativa in corso di adozione, contenuta nel
d.d.l.  c.d. Marzano, con il quale «si prevede di conferire delega al
Governo  per  la  gestione dei rifiuti radioattivi, si compone di ben
nove commi di cui il terzo articolato in 12 lettere.
    Lo  stesso  non  solo  stabilisce le modalita' di esercizio della
delega  da  parte  del Governo, ma anche, e per quello che piu' oltre
verra'  posto  in evidenza, la necessita' che alle decisioni inerenti
alla  individuazione  del  sito  ove  ubicare  il  deposito nazionale
partecipino  gli  enti  territoriali  interessati,  regioni  e comuni
(comma  3,  lett.  d),  con  il riconoscimento, altresi', che un tale
intervento  comporta  la  creazione  dei  vincoli  per  il territorio
interessato (successiva lett. g).
    Le  piu' volte richiamate condizioni di necessita' ed urgenza non
sono suscettibili di essere rinvenute neanche dalla mera formulazione
degli  enunciati  delle norme impugnate atteso che le stesse non sono
suscettibili di immediata applicazione.
    Infatti  dalle  prospettazioni  degli  artt. 1,  2,  3, di cui si
chiede  di  scrutinare la legittimita' costituzionale, non e' dato di
ravvisare  l'immediata applicazione, considerato che gli stessi, come
pure  il  successivo articolo quattro, stabiliscono un procedimento a
fattispecie  complessa,  con  fasi interdipendenti ove e' prevista la
partecipazione  di  piu' soggetti, anche dotati di eccezionali poteri
derogatori e sostitutivi.
    Pertanto  anche la non immediata applicazione delle norme si pone
come  insormontabile  ostacolo  al «riconoscimento» della sussistenza
delle condizioni giuridiche di legittimita' dell'operato del Governo.
    Quest'ultimo  assumendo  il  d.l. 314/2003 non solo ha violato il
principio  di  legalita'  ma  anche  quello  di  tipicita' degli atti
esercitando  la  funzione  legislativa  al fine di appropriarsi di un
potere  decisionale  che  competeva  al Parlamento, poiche' in quella
sede,  e'  dato  ritenere  che, stante la perdurante attuazione della
c.d.  «Bicameralina», si sarebbe piu' compiutamente, esaustivamente e
«garantisticamente»  svolto  un  dibattito  in  ordine allo stabilire
procedure,  anche  concertative,  per  la corretta individuazione del
sito ove ubicare il deposito nazionale delle scorie radioattive.
    Ulteriormente  si  rimarca che con l'assunzione del decreto-legge
da  parte  dell'organo  esecutivo  statale,  prima, e con la legge di
conversione,  poi,  si  sono  vulnerate  le  attribuzioni legislative
attribuite  dalla  Costituzione  alle  regioni  con l'art. 117, terzo
comma  in materia di tutela della salute, protezione civile e governo
del territorio.
    Si  rileva  che  il  prevedere il procedimento amministrativo per
l'individuazione  del  sito  e  la  movimentazione  dei  rifiuti  sul
territorio  delle  regioni,  e' avvenuto nella consapevolezza che una
decisione  di  tal  fatta, presa d'imperio, per risolvere un problema
presente  dal  1962  (come  risulta  anche  dagli atti parlamentari),
avrebbe prodotto effetti non rimuovibili sia per lo stesso territorio
che per le popolazioni.
    Il  Governo non si e' fatto carico, come invece era doverosamente
tenuto,  di  individuare  principi normativi cui le regioni dovessero
far  capo  nell'emanare,  come  competenti, normative ulteriori nelle
materie  di  cui innanzi e di cui si contesta da parte dell'esecutivo
statale la indebita incidenza.
    Eppure  le  norme  emanate  sono  state  adottate  con  l'intento
dichiarato  di salvare le vite umane, di preservare e quindi tutelare
la  salute  delle  popolazioni  senza  al contempo individuare quegli
standards  minimi  in  materia che sono necessari per consentire alle
regioni di legiferare in via ulteriore.
    Si  e'  legiferato,  come appena rilevato, sapendo di intervenire
irrimediabilmente  sul  territorio  senza del pari nulla prevedere in
ordine a come tale previsione normativa avrebbe «vincolato», ed anche
qui,  per  forza  di cose, irreversibilmente il legislatore regionale
nel  successivo  esercizio  del potere in altre materie connesse alla
normativa di cui si censura la illegittimita' costituzionale.
    Prevedere  di  individuare  il  sito  per il deposito nazionale e
prevedere  il procedimento per la sua realizzazione, l'individuazione
del  soggetto  finanziatore,  l'organo  deputato  a  sorvegliarne  la
realizzazione e non prevedere di contro come quella normativa avrebbe
inciso in modo cosi' «devastante» e «vincolante» sui poteri normativi
attribuiti  alle regioni, e' una mancanza che si riverbera in termini
di   incostituzionalita'   delle   norme   e  legittima  l'intervento
impugnatorio della Regione istante.
    Tale  previsione  normativa  vincola  e  quindi vulnera le future
scelte  del  legislatore  regionale non solo come detto in materia di
tutela  della  salute  ma  anche  e vieppiu' in materia di protezione
civile e governo del territorio.
    Quanto   meno   anche   in   tali  casi  il  legislatore  statale
nell'intervenire  nella  materia  de  qua avrebbe dovuto prevedere di
individuare  principi  per  l'istituzione  da  parte  delle  regioni,
interessate   sia   dalla   ubicazione   del   deposito   sia   dalla
movimentazione  dei  rifiuti,  di  presidi della protezione civile da
istituire a garanzia di ogni evenienza, come pure nello stesso ordine
di  prevedibilita'  occorreva  indicare,  seppure  in  via  generale,
istituzione  di  presidi  sanitari  di  aiuto  e sostegno nel caso si
fossero verificati incidenti.
    La  stessa  vulnerazione,  in termini di creazione di vincoli per
l'esercizio  futuro dei poteri legislativi regionali, si manifesta in
materia  di governo del territorio se si pone mente all'irreversibile
modificazione   del   territorio   che  l'intervento  governativo  e'
preordinato a provocare sul sito prescelto.
    Si  rileva  al  riguardo  che  la disciplina di cui si censura la
illegittimita'  costituzionale  ignora  gli  effetti  che  la  stessa
produrra'  in  termini  di  vincolativita'  in ordine alla disciplina
dell'uso   del   territorio   che,   individuato  come  sito  per  il
posizionamento   del   deposito   nazionale   delle   scorie,   viene
irreversibilmente  compromesso  nel  suo  uso  con  la  negazione  di
programmazione libera da parte dell'ente regionale.
    E' mancata nel caso di specie ogni prospettazione sulla incidenza
che  tale  normativa  avrebbe  prodotto,  con effetto a cascata ed in
termini    di    compressione   sul   potere   legislativo   deputato
costituzionalmente  alle  regioni  di disciplinare in via normativa e
gestionale  gli  aspetti  concernenti  la  programmazione  futura, la
pianificazione,  nonche'  la  salvaguardia e la protezione del suolo,
anche, finalisticamente preordinati alla protezione dell'ambiente.
    Si  sottolinea  che la protezione e la salvaguardia dell'ambiente
per il fatto di essere materia attribuita alla legislazione esclusiva
dello Stato non significa escludere ogni intervento attuatore in capo
alle  regioni  nelle  materie  in  cui  queste  ultime hanno potesta'
legislativa.
    Cosicche'  il  difetto dell'esistenza dei requisiti di necessita'
ed urgenza, con le prospettazioni innanzi rilevate, e la vulnerazione
dei  poteri  regionali costituzionalmente in materia legislativa alle
regioni, consentono di chiedere che venga scrutinata positivamente la
richiesta di incostituzionalita' della normativa impugnata.
    Incostituzionalita' per violazione dei principi costituzionali di
sussidiarieta',  ragionevolezza, leale collaborazione e previa intesa
tra stato e regioni.
    Ulteriormente   si   rileva   l'incostituzionalita'  delle  norme
censurate  nell'avere il legislatore statale, sia in sede governativa
che  parlamentare, ognuno per i rispettivi ambiti, e cioe' in sede di
iniziativa  legislativa  il  primo e di mancato controllo il secondo,
violato  i principi costituzionali di sussidiarieta', ragionevolezza,
leale  collaborazione e previa intesa tra Stato e regioni, cosi' come
rimarcati  dalla  giurisprudenza ultima dell'Ecc.ma Corte adita nella
sentenza n. 303/2003.
    Nel caso di specie il legislatore nazionale nell'emanare le norme
e  nel  giustificarne  l'adozione  richiama  l'esigenza  di  tutelare
l'ambiente,  talche'  si  verte  nell'ambito  di  quella che e' stata
definita  una  materia  trasversale,  un valore costituzionale che in
quanto  tale,  per  l'essere al di sopra di altre materie con oggetto
predeterminato,  difetta  dell'individuazione  immediata  di funzioni
amministrative   che   garantiscano   il   raggiungimento   dei  fini
prestabiliti dal legislatore.
    Vale   a   dire   che   se  e'  pur  vero  per  espresso  dettato
costituzionale  che il legislatore statale abbia titolo esclusivo per
esercitare  il  relativo  potere  in materia di tutela ambientale, lo
stesso  a  cagione  di tale «esclusivita» non e' anche titolare delle
funzioni  amministrative  a quelle sottesa, considerato che e' venuto
meno  il  principio del parallelismo delle funzioni amministrative, e
che  comunque  non  puo' ravvivarsi una qualche forma di parallelismo
nelle  materie  di  legislazione  esclusiva  che  siano  al  contempo
«trasversali» essendo queste ultime ad oggetto indeterminato.
    E' infatti ragionevole ritenere, con il conforto delle previsioni
e  delle finalita' della riforma del titolo V della Costituzione, che
le   funzioni   amministrative   debbano  essere  svolte  dagli  enti
territoriali  dei  vari  livelli  in  cui  si  articola  il «governo»
amministrativo  non  solo  nei  casi  in  cui  si  tratti di funzioni
amministrative  proprie o fondamentali, ma, con una competenza che si
potrebbe  definire  di  carattere  generale, ogni volta in cui l'ente
stesso  fosse coinvolto da iniziative riguardanti il suo territorio o
la sua popolazione.
    In  tale  ottica,  come  detto, l'ente territoriale ha titolo per
esercitare le finzioni amministrative teleologicamente finalizzate al
perseguimento  degli  interessi  che  siano  suoi  propri, ma anche e
vieppiu'  quelli  che  non sono «istituzionalmente» dell'ente, ma che
ugualmente  debbono  essere  esercitate  dallo stesso, perche' l'ente
stesso  e'  l'istituzione  che  nel  modo migliore puo' assicurare il
raggiungimento  dello  scopo  individuato  dalla  norma attraverso il
contemperamento degli interessi della collettivita' e del territorio,
che  lo  stesso  ente non solo rappresenta, ma assicura, garantisce e
presidia vigilmente.
    Cosicche'   anche   nel   caso   di  perseguimento  di  finalita'
individuate   dal   legislatore   statale   in  una  materia  che  la
Costituzione gli ha affidato in via esclusiva le correlative funzioni
amministrative  non  sono  e  non  possono  riconoscersi in capo allo
Stato,  ma al contrario appartengono in primo luogo, come detto, agli
altri enti territoriali; comuni, province e regioni.
    Quindi  nel  caso  di  specie  anche  trattandosi  di un'opera di
interesse nazionale di un'opera riconosciuta quanto all'ubicazione ed
all'esecuzione   indifferibile   ed   urgente,   tutte   le  funzioni
amministrative  relative  sottese alla sua realizzazione appartengono
naturaliter  agli enti territoriali che sono «investiti, interessati,
vincolati da quell'opera», e non in primis allo Stato.
    Quest'ultimo   per   appropriarsi  ed  assumere  quelle  funzioni
amministrative    dovrebbe   preliminarmente   consumare   una   fase
interlocutoria   di  previa  intesa  con  gli  enti  territoriali  da
articolarsi   diversamente   a   seconda  della  fase  di  attuazione
dell'iniziativa in cui si verte.
    Una  prima  fase  coinvolgente  tutte  le  regioni  per procedere
all'individuazione  del  territorio ove ubicarne il deposito ed una o
piu'  fasi  successive  intercorrenti  con  l'ente  regione,  il  cui
territorio  fosse  stato  individuato come area utile per posizionare
l'opera di che trattasi.
    Al   riguardo   non   potrebbe   sostenersi   che   il  principio
costituzionale  della previa intesa possa ritenersi soddisfatto dalla
previsione  contenute  nel  primo  comma  dell'art. 1,  atteso che la
stessa  peraltro  e' deficitaria anche sui tempi e sulle modalita' di
assunzione del suo raggiungimento.
    Solo  l'infruttuoso  svolgimento  di tali fasi consentirebbe allo
Stato   di   avocare   a   se',   con  atto  d'imperio,  le  funzioni
amministrative  relative,  come  detto, all'individuazione del sito e
realizzazione  dell'intervento,  perche'  e'  lecito sostenere che la
mancata intesa sulla individuazione del sito non puo' consentire allo
Stato   di  avocare  conseguenzialmente  le  funzioni  amministrative
relative alla realizzazione dell'opera.
    E'  principio generale che la sostituzione di un ente ad un altro
e'  legittimamente  consentita solo nel caso in cui il titolare della
funzione  sia  rimasto inerte ed abbia omesso di compiere l'attivita'
cui e' preposto anche laddove sia stato inutilmente diffidato.
    Orbene  comparando quanto appena esposto e' di tutta evidenza che
i  termini  del rapporto sono stati stravolti e lo Stato ha avocato a
se' illegittimamente ogni funzione.
    Con  la  normativa  censurata  il  governo  ha  violato  anche il
principio  di  leale collaborazione tra Stato e regioni, inteso anche
quale  applicazione  del principio che la legge non puo' vincolare il
legislatore  successivo  se  non  nei limiti di quanto normativamente
previsto.
    Nel   caso  di  specie  esiste  un  vincolo  di  natura  concreta
rappresentato  dalla  realizzazione  del  deposito  che  di  fatto si
presenta  sin  da  oggi  come  ingiustificata  limitazione  di natura
giuridica  su  ogni  attivita'  di  programmazione,  pianificazione e
tutela  del  territorio  da  parte  della regione interessata, la cui
azione   diretta   al   perseguimento   di   interessi  territoriali,
paesistici,  di  tutela  dei  propri  abitanti  viene  minata in modo
assolutamente indeterminato ed in via irreversibile.
    La  normativa  impugnata  contrasta  anche con il principio della
ragionevolezza  perche'  non  v'e'  modo di ravvisare nella stessa le
priorita'   e  le  ragioni  giustificatrici  della  posizione  di  un
superiore interesse pubblico nazionale cui subordinare e sacrificare,
nei  rappresentati  termini di insufficiente o mancata partecipazione
ai  processi  decisionali  ed  alle  fasi  amministrative,  i diritti
costituzionalmente  protetti  dagli  artt. 9  e 32 della Costituzione
delle  popolazioni  del territorio su cui verra' ubicato il deposito,
ed  in primis non vi e' ragione giustificatrice che possa escludere o
limitare  da  quei  processi  decisionali  e  amministrativi gli enti
regionali i quali hanno poteri di programmazione e pianificazione del
proprio  territorio,  a  meno  che  gli  stessi non abbiano deciso di
abdicare a quella fase partecipativa.
    Tale  rinuncia  pero'  per essere produttiva di effetti giuridici
deve essere espressa in modo compiuto.
    Orbene nella normativa impugnata non solo non vi e' traccia della
previsione   della   consumazione  di  tale  fase  interlocutoria  ma
oltremodo   manca   anche  ogni  altra  previsione  inerente  e  alla
necessita'   per  l'organo  esecutivo  statale  di  intervenire  solo
successivamente  ad un espresso atto di diniego proveniente dall'ente
regionale interessato.
                              P. Q. M.
    Il    presidente    della   giunta   della   Regione   Basilicata
preliminarmente  insta  a  che  la  Corte valuti l'ipotesi ex art. 35
legge  n. 87/1953 di sospendere l'efficacia della normativa impugnata
ricorrendo  i  requisiti di legge ivi richiesti ed in special modo di
un  pregiudizio  grave  ed  irreparabile  per  i cittadini e conclude
chiedendo  che  la  Corte  dichiari  la illegittimita' costituzionale
della normativa contenuta nel decreto-legge e della legge conversione
indicati in epigrafe.
      Potenza-Roma, addi' 5 marzo 2004
Avv.  Mirella  Viggiani  - Avv. Maria Carmela Santoro - Avv. Fernanda
Cariati 04C0393