N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 marzo 2004
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 marzo 2004 (del Presidente della giunta della Regione Basilicata) Ambiente (tutela dell') - Rifiuti radioattivi - Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio in condizioni di massima sicurezza - Prevista realizzazione di un Deposito nazionale (costituente opera di difesa militare di proprieta' dello Stato) per la sistemazione in sicurezza dei rifiuti di III categoria - Prevista localizzazione del Deposito da parte di un Commissario straordinario previa intesa con la Conferenza unificata (o, in mancanza di intesa, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri) previa delibera del Consiglio dei ministri - Affidamento alla SOGIN S.p.a. della realizzazione (entro il 31 dicembre 2008) e della gestione in concessione del Deposito - Attribuzione al Commissario straordinario di poteri di intervento in deroga alla normativa vigente, nonche' di poteri di approvazione di piani e progetti, anche in sostituzione dei soggetti competenti - Ricorso della Regione Basilicata - Denunciata mancanza dei presupposti per l'esercizio della decretazione d'urgenza - Lesione della potesta' legislativa concorrente spettante alle Regioni in materia di salute, protezione civile e governo del territorio - Irreversibile vincolo alle future scelte legislative regionali, nonche' all'assetto del territorio - Violazione (sia in sede governativa che parlamentare) dei principi di sussidiarieta', ragionevolezza, leale collaborazione e previa intesa fra Stato e Regioni - Estromissione della Regione in cui verra' realizzato il Deposito da processi decisionali e amministrativi incidenti sull'ambiente regionale e sui diritti delle popolazioni residenti - Richiamo alla sentenza n. 303/2003 della Corte costituzionale. - Decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito con modifiche nella legge 24 dicembre 2003, n. 368. - Costituzione, artt. 9 e 32, 77, comma secondo, 117, comma terzo, e 118. Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale - Impugnazione da parte della Regione Basilicata delle norme sulla realizzazione di un Deposito nazionale per la sistemazione in sicurezza di rifiuti radioattivi - Prospettato rischio di pregiudizio irreparabile grave e irreparabile per i cittadini - Richiesta di sospensione dell'efficacia della normativa censurata. - Decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito con modifiche nella legge 24 dicembre 2003, n. 368. - Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 35 [come sostituito dall'art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131] Costituzione, artt. 9 e 32, 77, comma secondo, 117, comma terzo, e 118.(GU n.1001 del 3-6-2004 )
Ricorso del Presidente della giunta della Regione Basilicata, Filippo Bubbico, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del presente atto, in virtu' della delibera di giunta n. 443 del 5 marzo 2004, dagli avv. Mirella Viggiani, Maria Carmela Santoro e Fernanda Cariati domiciliato in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della Regione Basilicata, alla Via Nizza n. 56; Nei confronti del sig. Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione: del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314 recante «Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza dei rifiuti radioattivi, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 novembre 2003; della, legge di conversione n. 368 del 24 dicembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 2004; con richiesta di sospensione dell'efficacia della normativa censurata ex art. 35 legge n. 87/1953. Con il decreto-legge n. 314 del 14 novembre 2003, recante disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi, il governa ha emanato un provvedimento contenente disposizioni relative alla realizzazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Il provvedimento, a causa del suo contenuto e delle modalita' della assunzione, ha suscitato grande clamore. Con tale atto normativa il governo si e' appropriato, prima del tempo, del conferimento di una delega a legiferare contenuta nell'art. 30 del d.d.l. c.d. Marzano, dal nome dell'attuale Ministro alle attivita' produttive, che e' diretto al «Riordino del settore energetico», e che contiene la previsione del conferimento di deleghe al Governo in materia di produzione di energia elettrica, di stoccaggio e vendita di g.p.l. e, per quello che maggiormente in questa sede interessa, di gestione dei rifiuti radioattivi. Si tratta del disegno di legge n. 3297 approvato dalla Camera dei deputati il 16 luglio 2003, e con il n. S 2421 attualmente in stato di relazione al Senato. Il Governo il 14 novembre 2003 con un atto rivestente la forma del decreto legge, ma sostanzialmente avente natura di provvedimento amministrativo, come detto, si e' appropriato di una delega a legiferare che il Parlamento, aveva in pectore di conferirgli, ed e' intervenuto a disciplinare la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi, con la previsione della realizzazione di un deposito nazionale per le scorie, che inizialmente si prevedeva di ubicare nel territorio del comune di Scanzano Jonico della Regione Basilicata, da completare entro il 31 dicembre 2008. Il decreto-legge n. 314/2003 e' stato convertito, con modificazioni, nella legge 368 del 24 dicembre 2003 e prevede attualmente all'art. 1: «La sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, come definiti dall'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 230, degli elementi di combustibile irraggiati e dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli rinvenienti dalla disattivazione delle centrali elettronucleari e degli impianti di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto delle condizioni di sicurezza e di protezione della salute umana e dell'ambiente previste dal citato decreto legislativo n. 230 del 1995, e' effettuata presso il deposito nazionale riservato ai soli rifiuti di III categoria, che costituisce opera di difesa militare di proprieta' dello Stato». Dall'originaria previsione, proprio a segnito di un emendamento in tal senso presentato dallo stesso Governo presso l'VIII Commissione della Camera, e' stata espunta l'individuazione del comune di Scanzano Jonico come territorio deputato ad «ospitare forzatamente» il deposito nazionale delle scorie radioattive. Entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione e' previsto che debba essere individuato il sito ove ubicare tale deposito nazionale. Il sito dovra' essere individuato con un atto del commissario straordinario, nominato per sovraintendere all'attuazione degli interventi, il quale lo assumera' al termine di una non meglio precisata attivita' concertativa che prevede di essere assolta con il sentire la commissione tecnico-scientifica, pure essa di nomina governativa, prevista dall'art. 2 del medesimo decreto, e previa intesa in sede di Conferenza unificata ex art. 8 D.Lgs 281/1997. Laddove l'intesa non fosse raggiunta nel termine predetto competerebbe al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri provvedere, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ad adottare d'imperio un atto individuando il luogo ove realizzare il deposito nazionale delle scorie radioattive (art. 1, 1° comma). La medesima disciplina affida alla societa' Sogin S.p.a., Societa' di gestione impianti nucleari S.p.a., sia la realizzazione del deposito, entro il 31 dicembre 2008, sia la gestione definitiva in concessione dello stesso. La societa' Sogin e' onerata, altresi', di provvedere, con i prezzi o le tariffe di conferimento dei rifiuti radioattivi al deposito nazionale, alla validazione del sito, all'esproprio delle aree, alla progettazione e costruzione del deposito. Per assicurare l'attuazione degli interventi il Presidente del Consiglio dei ministri provvedera', come anticipato, alla nomina di un Commissario straordinario cui la stessa normativa, all'art. 2 comma 1, prevede il conferimento poteri di intervento in deroga alla la normativa vigente. Lo stesso commissario straordinario e' autorizzato di provvedere all'approvazione del piano economico finanziario, all'affidamento degli incarichi di progettazione del deposito nazionale, alle procedure espropriative, all'approvazione dei progetti, affidamento dei lavori. Il comma 2 del medesimo art. 2 autorizza, altresi', lo stesso Commissario straordinario ad adottare, con le modalita' ed i poteri ex art. 13 d.l. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997, anche in sostituzione dei soggetti competenti, tutti i provvedimenti e gli atti di qualsiasi natura necessari alla progettazione, istruttoria e affidamento ed alla realizzazione del Deposito, con eccezione degli atti di competenza sia del Ministero dell'ambiente e territorio, relativamente alla V.I.A., e sia dell'A.P.A.T. Il decreto, come convertito, per i restanti articoli disciplina l'allocazione dei rifiuti radioattivi - art. 3, determinazione di misure compensative in favore degli enti territoriali interessati direttamente dall'ubicazione del deposito nazionale e delle misure d'informazione sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi - art. 4; ed infine le disposizioni di copertura finanziaria e l'entrata in vigore della normativa - articoli 5, 6. Incostituzionalita' per violazione dell'art. 77, secondo comma Cost. insussistenza condizioni legittimanti decretazione di necessita' ed urgenza e per violazione dell'art. 117, terzo comma costituzione. Con riguardo all'intero testo normativo rinveniente dal decreto legge n. 314/2003, e convertito, con modificazioni, nella legge n. 368/2003 si contesta innanzitutto la violazione dell'art. 77, secondo comma Cost. per essere stato il decreto medesimo adottato in assoluta assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza, che soltanto giustificano, secondo il citato articolo della Costituzione, il ricorso da parte del Governo alla decretazione d'urgenza, e la coeva violazione della sfera delle competenze legislative attribuite alle Regioni ex art. 117, terzo comma Cost. La sussistenza della prima delle censure di cui in epigrafe si rinviene da una serie di circostanze desumibili: dal preambolo dello stesso provvedimento legislativo nonche' dalle argomentazioni riportate nel disegno di legge di presentazione del decreto alle Camere per l'ottenimento della conversione in legge dello stesso; dalla mancanza, al contrario di quanto asserito dal Governo, dell'osservanza di «impellenti» impegni comunitari; dall'esistenza dell'adozione da parte del Parlamento, organo naturalmente deputato alla legiferazione, di una normativa regolante la materia del riordino del settore energetico, contenente proprio le deleghe al Governo in detta materia come pure in quella della gestione dei rifiuti radioattivi e dell'individuazione di un deposito nazionale delle sco- rie radioattive; dall'essere la normativa emanata insuscettibile di immediata applicazione od efficacia, dall'avere il Governo, attraverso l'emanazione della normativa de qua vulnerato l'attribuzione legislativa concorrente delle Regioni riconosciuta loro dal terzo comma dell'art. 117 Costituzione in materia di tutela della salute, governo del territorio e protezione civile; da ultimo, per la mancata indicazione del titolo giustificativo in virtu' del quale il governo si e' appropriato del potere, legislativo in luogo del Parlamento ed in danno delle Regioni, senza che si ncorresse la giuridica necessita' di sostituirsi alla Regione od ad enti territoriali inerti od omittenti. Come rilevato il Governo ha esercitato illegittimamente il potere legislativo con l'emanazione del decreto-legge n. 314/2003, infatti nel caso di specie non sussistevano le condizioni di necessita' ed urgenza costituzionalmente richieste dall'art. 77, secondo comma Cost. per legittimare l'esercizio del potere legislativo in capo all'esecutivo. E' stato acutamente osservato che tali condizioni ricorrono quando si e' di fronte all'impossibilita' di intervenire con efficacia ed immediatezza con il ricorso al naturale procedimento legislativo, ad esempio nei casi di intervento per l'aiuto alle popolazioni colpite da calamita' naturali o per prorogare rapidamente discipline prossime alla scadenza, escludendo quindi il Governo dalla legittima possibilita' di ricorrere alla decretazione di urgenza nei casi in cui non possano ravvisarsi circostanze aventi peculiarita' di eccezionalita'. Orbene nel caso che si sottopone all'ecc.ma Corte adita tali circostanze, come rilevato, non sussistono. E' lo stesso Governo ad asserire la mancanza delle condizioni della decretazione d'urgenza sia nel preambolo del decreto che nella relazione del d.d.l. di presentazione del decreto alle Camere per la conversione. Infatti per giustificare la emanazione del decreto che si censura vengono richiamate genericamente circostanze quali la necessita' ed urgenza di dare immediata sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, procedendo pero' a prevedere nel secondo comma dell'art. n. 1 che il deposito delle scorie sia completato molto oltre l'entrata in vigore del decreto - avvenuta il 15 novembre 2003 - e cioe' entro il 31 dicembre 2008. Anche nella relazione del d.d.l. presentato dal Governo al Parlamento per ottenere la conversione del decreto non si indica la ricorribilita' delle menzionate circostanze di necessita' ed urgenza che sono richieste indefettibilmente per legittimare l'esercizio del potere legislativo da parte dell'esecutivo. Al riguardo nella pagina uno si opera un riferimento ad inaccettabili condizioni di pericolosita', alla possibilita' di eventi catastrofici ed atti terroristici la cui nocivita' in termini di evenienza per la sicurezza della popolazione stride clamorosamente con il successivo enunciato espresso con il richiamo ad un testo normativo approntato dalla Commissione europea, consistente nel dovere per gli Stati dell'Unione di dotarsi di un deposito ingegneristico entro il lontano 2013 e di uso geologico entro l'ancor piu' lontano 2018. Cosicche' non v'e', a parere di chi scrive, modo di individuare in quello che precede la ricorribilita' concreta delle menzionate circostanze giustificatrici richieste ex art. 77, secondo comma Cost. per la decretazione d'urgenza. Nemmeno potrebbe giustificare l'esercizio del potere legislativo da parte del Governo l'asserzione che il Parlamento avrebbe omesso una qualche attivita' in ordine all'assunzione di una normativa in materia perche' niente di meno veritiero di tanto e' avvenuto. Al riguardo si rimarca che, invece, presso il Parlamento e' in itinere l'adozione di un atto normativo compiutamente formulato proprio nella materia di cui in questa sede si discetta. Ci si riferisce al citato d.d.l. c.d. Marzano, dal nome dell'attuale Ministro delle attivita' produttive, il quale propone il «Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo in materia di produzione di energia elettrica, di stoccaggio e vendita di g.p.l. e di gestione dei rifiuti radioattivi», talche' non puo' proprio asserirsi che stante l'inerzia del Parlamento il Governo e' legittimato a provvedere in merito. Nel merito, anzi ed ulteriormente, si denuncia che il d.d.l. in parola e' stato gia' esaminato dalla Camera dei Deputati ed attualmente e' in stato di relazione al Senato, n. S 2421-12 febbraio 2004. L'art. 30 della normativa in corso di adozione, contenuta nel d.d.l. c.d. Marzano, con il quale «si prevede di conferire delega al Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi, si compone di ben nove commi di cui il terzo articolato in 12 lettere. Lo stesso non solo stabilisce le modalita' di esercizio della delega da parte del Governo, ma anche, e per quello che piu' oltre verra' posto in evidenza, la necessita' che alle decisioni inerenti alla individuazione del sito ove ubicare il deposito nazionale partecipino gli enti territoriali interessati, regioni e comuni (comma 3, lett. d), con il riconoscimento, altresi', che un tale intervento comporta la creazione dei vincoli per il territorio interessato (successiva lett. g). Le piu' volte richiamate condizioni di necessita' ed urgenza non sono suscettibili di essere rinvenute neanche dalla mera formulazione degli enunciati delle norme impugnate atteso che le stesse non sono suscettibili di immediata applicazione. Infatti dalle prospettazioni degli artt. 1, 2, 3, di cui si chiede di scrutinare la legittimita' costituzionale, non e' dato di ravvisare l'immediata applicazione, considerato che gli stessi, come pure il successivo articolo quattro, stabiliscono un procedimento a fattispecie complessa, con fasi interdipendenti ove e' prevista la partecipazione di piu' soggetti, anche dotati di eccezionali poteri derogatori e sostitutivi. Pertanto anche la non immediata applicazione delle norme si pone come insormontabile ostacolo al «riconoscimento» della sussistenza delle condizioni giuridiche di legittimita' dell'operato del Governo. Quest'ultimo assumendo il d.l. 314/2003 non solo ha violato il principio di legalita' ma anche quello di tipicita' degli atti esercitando la funzione legislativa al fine di appropriarsi di un potere decisionale che competeva al Parlamento, poiche' in quella sede, e' dato ritenere che, stante la perdurante attuazione della c.d. «Bicameralina», si sarebbe piu' compiutamente, esaustivamente e «garantisticamente» svolto un dibattito in ordine allo stabilire procedure, anche concertative, per la corretta individuazione del sito ove ubicare il deposito nazionale delle scorie radioattive. Ulteriormente si rimarca che con l'assunzione del decreto-legge da parte dell'organo esecutivo statale, prima, e con la legge di conversione, poi, si sono vulnerate le attribuzioni legislative attribuite dalla Costituzione alle regioni con l'art. 117, terzo comma in materia di tutela della salute, protezione civile e governo del territorio. Si rileva che il prevedere il procedimento amministrativo per l'individuazione del sito e la movimentazione dei rifiuti sul territorio delle regioni, e' avvenuto nella consapevolezza che una decisione di tal fatta, presa d'imperio, per risolvere un problema presente dal 1962 (come risulta anche dagli atti parlamentari), avrebbe prodotto effetti non rimuovibili sia per lo stesso territorio che per le popolazioni. Il Governo non si e' fatto carico, come invece era doverosamente tenuto, di individuare principi normativi cui le regioni dovessero far capo nell'emanare, come competenti, normative ulteriori nelle materie di cui innanzi e di cui si contesta da parte dell'esecutivo statale la indebita incidenza. Eppure le norme emanate sono state adottate con l'intento dichiarato di salvare le vite umane, di preservare e quindi tutelare la salute delle popolazioni senza al contempo individuare quegli standards minimi in materia che sono necessari per consentire alle regioni di legiferare in via ulteriore. Si e' legiferato, come appena rilevato, sapendo di intervenire irrimediabilmente sul territorio senza del pari nulla prevedere in ordine a come tale previsione normativa avrebbe «vincolato», ed anche qui, per forza di cose, irreversibilmente il legislatore regionale nel successivo esercizio del potere in altre materie connesse alla normativa di cui si censura la illegittimita' costituzionale. Prevedere di individuare il sito per il deposito nazionale e prevedere il procedimento per la sua realizzazione, l'individuazione del soggetto finanziatore, l'organo deputato a sorvegliarne la realizzazione e non prevedere di contro come quella normativa avrebbe inciso in modo cosi' «devastante» e «vincolante» sui poteri normativi attribuiti alle regioni, e' una mancanza che si riverbera in termini di incostituzionalita' delle norme e legittima l'intervento impugnatorio della Regione istante. Tale previsione normativa vincola e quindi vulnera le future scelte del legislatore regionale non solo come detto in materia di tutela della salute ma anche e vieppiu' in materia di protezione civile e governo del territorio. Quanto meno anche in tali casi il legislatore statale nell'intervenire nella materia de qua avrebbe dovuto prevedere di individuare principi per l'istituzione da parte delle regioni, interessate sia dalla ubicazione del deposito sia dalla movimentazione dei rifiuti, di presidi della protezione civile da istituire a garanzia di ogni evenienza, come pure nello stesso ordine di prevedibilita' occorreva indicare, seppure in via generale, istituzione di presidi sanitari di aiuto e sostegno nel caso si fossero verificati incidenti. La stessa vulnerazione, in termini di creazione di vincoli per l'esercizio futuro dei poteri legislativi regionali, si manifesta in materia di governo del territorio se si pone mente all'irreversibile modificazione del territorio che l'intervento governativo e' preordinato a provocare sul sito prescelto. Si rileva al riguardo che la disciplina di cui si censura la illegittimita' costituzionale ignora gli effetti che la stessa produrra' in termini di vincolativita' in ordine alla disciplina dell'uso del territorio che, individuato come sito per il posizionamento del deposito nazionale delle scorie, viene irreversibilmente compromesso nel suo uso con la negazione di programmazione libera da parte dell'ente regionale. E' mancata nel caso di specie ogni prospettazione sulla incidenza che tale normativa avrebbe prodotto, con effetto a cascata ed in termini di compressione sul potere legislativo deputato costituzionalmente alle regioni di disciplinare in via normativa e gestionale gli aspetti concernenti la programmazione futura, la pianificazione, nonche' la salvaguardia e la protezione del suolo, anche, finalisticamente preordinati alla protezione dell'ambiente. Si sottolinea che la protezione e la salvaguardia dell'ambiente per il fatto di essere materia attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato non significa escludere ogni intervento attuatore in capo alle regioni nelle materie in cui queste ultime hanno potesta' legislativa. Cosicche' il difetto dell'esistenza dei requisiti di necessita' ed urgenza, con le prospettazioni innanzi rilevate, e la vulnerazione dei poteri regionali costituzionalmente in materia legislativa alle regioni, consentono di chiedere che venga scrutinata positivamente la richiesta di incostituzionalita' della normativa impugnata. Incostituzionalita' per violazione dei principi costituzionali di sussidiarieta', ragionevolezza, leale collaborazione e previa intesa tra stato e regioni. Ulteriormente si rileva l'incostituzionalita' delle norme censurate nell'avere il legislatore statale, sia in sede governativa che parlamentare, ognuno per i rispettivi ambiti, e cioe' in sede di iniziativa legislativa il primo e di mancato controllo il secondo, violato i principi costituzionali di sussidiarieta', ragionevolezza, leale collaborazione e previa intesa tra Stato e regioni, cosi' come rimarcati dalla giurisprudenza ultima dell'Ecc.ma Corte adita nella sentenza n. 303/2003. Nel caso di specie il legislatore nazionale nell'emanare le norme e nel giustificarne l'adozione richiama l'esigenza di tutelare l'ambiente, talche' si verte nell'ambito di quella che e' stata definita una materia trasversale, un valore costituzionale che in quanto tale, per l'essere al di sopra di altre materie con oggetto predeterminato, difetta dell'individuazione immediata di funzioni amministrative che garantiscano il raggiungimento dei fini prestabiliti dal legislatore. Vale a dire che se e' pur vero per espresso dettato costituzionale che il legislatore statale abbia titolo esclusivo per esercitare il relativo potere in materia di tutela ambientale, lo stesso a cagione di tale «esclusivita» non e' anche titolare delle funzioni amministrative a quelle sottesa, considerato che e' venuto meno il principio del parallelismo delle funzioni amministrative, e che comunque non puo' ravvivarsi una qualche forma di parallelismo nelle materie di legislazione esclusiva che siano al contempo «trasversali» essendo queste ultime ad oggetto indeterminato. E' infatti ragionevole ritenere, con il conforto delle previsioni e delle finalita' della riforma del titolo V della Costituzione, che le funzioni amministrative debbano essere svolte dagli enti territoriali dei vari livelli in cui si articola il «governo» amministrativo non solo nei casi in cui si tratti di funzioni amministrative proprie o fondamentali, ma, con una competenza che si potrebbe definire di carattere generale, ogni volta in cui l'ente stesso fosse coinvolto da iniziative riguardanti il suo territorio o la sua popolazione. In tale ottica, come detto, l'ente territoriale ha titolo per esercitare le finzioni amministrative teleologicamente finalizzate al perseguimento degli interessi che siano suoi propri, ma anche e vieppiu' quelli che non sono «istituzionalmente» dell'ente, ma che ugualmente debbono essere esercitate dallo stesso, perche' l'ente stesso e' l'istituzione che nel modo migliore puo' assicurare il raggiungimento dello scopo individuato dalla norma attraverso il contemperamento degli interessi della collettivita' e del territorio, che lo stesso ente non solo rappresenta, ma assicura, garantisce e presidia vigilmente. Cosicche' anche nel caso di perseguimento di finalita' individuate dal legislatore statale in una materia che la Costituzione gli ha affidato in via esclusiva le correlative funzioni amministrative non sono e non possono riconoscersi in capo allo Stato, ma al contrario appartengono in primo luogo, come detto, agli altri enti territoriali; comuni, province e regioni. Quindi nel caso di specie anche trattandosi di un'opera di interesse nazionale di un'opera riconosciuta quanto all'ubicazione ed all'esecuzione indifferibile ed urgente, tutte le funzioni amministrative relative sottese alla sua realizzazione appartengono naturaliter agli enti territoriali che sono «investiti, interessati, vincolati da quell'opera», e non in primis allo Stato. Quest'ultimo per appropriarsi ed assumere quelle funzioni amministrative dovrebbe preliminarmente consumare una fase interlocutoria di previa intesa con gli enti territoriali da articolarsi diversamente a seconda della fase di attuazione dell'iniziativa in cui si verte. Una prima fase coinvolgente tutte le regioni per procedere all'individuazione del territorio ove ubicarne il deposito ed una o piu' fasi successive intercorrenti con l'ente regione, il cui territorio fosse stato individuato come area utile per posizionare l'opera di che trattasi. Al riguardo non potrebbe sostenersi che il principio costituzionale della previa intesa possa ritenersi soddisfatto dalla previsione contenute nel primo comma dell'art. 1, atteso che la stessa peraltro e' deficitaria anche sui tempi e sulle modalita' di assunzione del suo raggiungimento. Solo l'infruttuoso svolgimento di tali fasi consentirebbe allo Stato di avocare a se', con atto d'imperio, le funzioni amministrative relative, come detto, all'individuazione del sito e realizzazione dell'intervento, perche' e' lecito sostenere che la mancata intesa sulla individuazione del sito non puo' consentire allo Stato di avocare conseguenzialmente le funzioni amministrative relative alla realizzazione dell'opera. E' principio generale che la sostituzione di un ente ad un altro e' legittimamente consentita solo nel caso in cui il titolare della funzione sia rimasto inerte ed abbia omesso di compiere l'attivita' cui e' preposto anche laddove sia stato inutilmente diffidato. Orbene comparando quanto appena esposto e' di tutta evidenza che i termini del rapporto sono stati stravolti e lo Stato ha avocato a se' illegittimamente ogni funzione. Con la normativa censurata il governo ha violato anche il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, inteso anche quale applicazione del principio che la legge non puo' vincolare il legislatore successivo se non nei limiti di quanto normativamente previsto. Nel caso di specie esiste un vincolo di natura concreta rappresentato dalla realizzazione del deposito che di fatto si presenta sin da oggi come ingiustificata limitazione di natura giuridica su ogni attivita' di programmazione, pianificazione e tutela del territorio da parte della regione interessata, la cui azione diretta al perseguimento di interessi territoriali, paesistici, di tutela dei propri abitanti viene minata in modo assolutamente indeterminato ed in via irreversibile. La normativa impugnata contrasta anche con il principio della ragionevolezza perche' non v'e' modo di ravvisare nella stessa le priorita' e le ragioni giustificatrici della posizione di un superiore interesse pubblico nazionale cui subordinare e sacrificare, nei rappresentati termini di insufficiente o mancata partecipazione ai processi decisionali ed alle fasi amministrative, i diritti costituzionalmente protetti dagli artt. 9 e 32 della Costituzione delle popolazioni del territorio su cui verra' ubicato il deposito, ed in primis non vi e' ragione giustificatrice che possa escludere o limitare da quei processi decisionali e amministrativi gli enti regionali i quali hanno poteri di programmazione e pianificazione del proprio territorio, a meno che gli stessi non abbiano deciso di abdicare a quella fase partecipativa. Tale rinuncia pero' per essere produttiva di effetti giuridici deve essere espressa in modo compiuto. Orbene nella normativa impugnata non solo non vi e' traccia della previsione della consumazione di tale fase interlocutoria ma oltremodo manca anche ogni altra previsione inerente e alla necessita' per l'organo esecutivo statale di intervenire solo successivamente ad un espresso atto di diniego proveniente dall'ente regionale interessato.
P. Q. M. Il presidente della giunta della Regione Basilicata preliminarmente insta a che la Corte valuti l'ipotesi ex art. 35 legge n. 87/1953 di sospendere l'efficacia della normativa impugnata ricorrendo i requisiti di legge ivi richiesti ed in special modo di un pregiudizio grave ed irreparabile per i cittadini e conclude chiedendo che la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale della normativa contenuta nel decreto-legge e della legge conversione indicati in epigrafe. Potenza-Roma, addi' 5 marzo 2004 Avv. Mirella Viggiani - Avv. Maria Carmela Santoro - Avv. Fernanda Cariati 04C0393