N. 462 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 dicembre 2003

Ordinanza  emessa  il 31 dicembre 2003 dal giudice di pace di Caserta
nel  procedimento  civile  vertente  tra Monaco Fortunato e comune di
Caserta

Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al  giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni
  di  ammissibilita'  -  Onere per il ricorrente di versare presso la
  cancelleria  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale della
  sanzione   inflitta   dall'organo   accertatore  -  Violazione  del
  principio  di  uguaglianza  -  Irragionevolezza  -  Violazione  del
  diritto di difesa dei cittadini meno abbienti.
- Codice  della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis,
  introdotto  dall'art. 4,  comma 1-septies, del d.l. 27 giugno 2003,
  n. 151,  convertito  con  modifiche  nella  legge  1°  agosto 2003,
  n. 214.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.1001 del 3-6-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 6091/03
del  R.G.  ad  oggetto  opposizione  a  verbale  di  accertamento  di
violazione  al  c.d.s.,  ex  art. 204-bis  del c.d.s. e art. 22 legge
n. 689/1981, proposto da Monaco Fortunato, rappresentato e difeso per
procura  a  margine  del  ricorso dall'avv. Antonella Rendina nel cui
studio in S. Maria C.V., via De Gasperi n. 3 elettivamente domicilia,
ricorrente.
    Contro  il  comune  di  Caserta  in  persona  del  Sindaco  p.t.,
domiciliato  nella  casa  comunale  di  Caserta,  piazza  Vanvitelli,
resistente.

                              F a t t o

    Con  ricorso  depositato  il  9 dicembre  2003  Monaco  Fortunato
proponeva  opposizione  avverso  il  verbale di violazione del c.d.s.
n. 29330H/03/V  del  6 marzo  2003  col  quale la p.m. di Caserta gli
contestava la violazione dell'art. 41, in relazione all'art. 146, del
c.d.s.  perche'  alle  ore  9,45  del  3 giugno 2003 alla Via Douhet,
angolo  via  Fanin,  il  conducente  del veicolo a lui intestato, tg.
AC 718 HH,  aveva superato la linea di arresto e proseguito la marcia
nonostante  il  semaforo  proiettasse  luce rossa e gli ingiungeva di
pagare, entro sessanta giorni, la somma di Euro 82,75, di cui 68,25 a
titolo di sanzione e 14,50 per spese.
    Il   ricorrente  non  versava  il  deposito  cauzionale  disposto
dall'art. 204-bis,  comma  3  del  c.d.s.,  ma,  in  via  preliminare
sollevava  eccezione  di illegittimita' costituzionale della predetta
norma  per  violazione  dei  principi  di  uguaglianza  e lesione del
diritti  di  difesa  (artt. 3  e  24  della Costituzione). Nel merito
chiedeva  la  sospensiva  e  l'annullamento  dell'ingiunzione  per  i
seguenti

                             M o t i v i

    1)   Inefficacia   della  strumentazione  tecnica  adoperata  per
l'accertamento.
    L'art. 385  del regolamento di applicazione del c.d.s. consentiva
l'accertamento con apparecchiature fotografiche solo delle violazioni
dell'eccesso   di  velocita'.  Nulla  di  analogo  prevedeva  per  la
violazioni  del  passaggio dei veicoli al semaforo rosso. In piu' non
risultava che l'apparecchiatura fosse stata testata prima dell'uso.
    2) Violazione dell'art. 3, comma 4 della legge n. 241/1990.
    Il  verbale  notificato, redatto con sistema meccanizzato non era
conforme al modello approvato dal regolamento.
    3)   Violazione   dell'art. 200  del  c.d.s.  e  14  della  legge
n. 689/1981.
    Perche' non vi era stata la notifica immediata.
    4) Violazione dell'art. 201 del c.d.s. ed eccesso di potere.
    La   motivazione   della   mancata  contestazione  immediata  era
assolutamente  insufficiente  e  di  mero  stile.  In  piu', l'organo
accertatore  ammetteva esplicitamente che l'accertamento era avvenuto
con macchina automatica senza la presenza di agenti sul posto.
    5)   Violazione   dell'art. 345,   comma  4  del  regolamento  di
applicazione del c.d.s.
    La  norma  prevede  esplicitamente  che «per l'accertamento delle
violazioni...  le  apparecchiature devono essere gestite direttamente
dagli  organi  di  Polizia...  ed  essere sempre nella disponibilita'
degli  stessi». Nel verbale nulla invece era detto circa l'agente che
impiegava  l'apparecchiatura  ed era evidente che non vi erano agenti
sul posto.
    6) Violazione dell'art. 41, comma 10 del C.d.S.
    La  norma  impone  ai  veicoli  che non riescono ad arrestarsi in
condizioni  di  sicurezza  quando  il  semaforo  segna luce gialla di
sgombrare con sollecitudine l'incrocio. Nel caso di specie, la durata
dell'accensione  della  luce  gialla era stata talmente esigua da non
consentire  l'arresto  del  veicolo,  sicche' al conducente altro non
restava da fare che proseguire per sgombrare l'intersezione.

                            D i r i t t o

    1. - Rilevanza della eccezione di illegittimita' costituzionale.
    In  assenza  del  contraddittorio delle parti, data la natura del
giudizio,  il  sottoscritto  fa  propria  l'eccezione preliminare del
ricorrente   e  solleva  d'ufficio  la  questione  di  illegittimita'
costituzionale della norma denunciata. La questione e' rilevante.
    La  norma denunciata e' l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992,
n. 285  (Nuovo  c.d.s.)  introdotto  dall'art. 4, comma 1-septies del
decreto-legge  n. 151/2003  -  convertito  con  legge 1° agosto 2003,
n. 214  -  che, al comma 3 subordina - a pena d'inammissibilita' - la
proposizione  del  ricorso  al  giudice  di pace contro il verbale di
accertamento  delle  violazioni  al c.d.s. al previo versamento di un
deposito  cauzionale,  pari  alla  meta'  del  massimo edittale della
sanzione inflitta dall'organo accertatore.
    La  questione  e'  rilevante  e  pregiudiziale alle decisione del
merito perche':
      a)  se la questione viene ritenuta manifestamente infondata, il
ricorso  va  dichiarato  inammissibile con preclusione dell'esame dei
motivi di merito;
      b)   se,   viceversa,   la   questione   viene   ritenuta   non
manifestamente  infondata,  come  lo  scrivente  la  ritiene, in base
all'art. 23  legge 11 marzo 1953, n. 87, il giudizio va sospeso e gli
atti   rimessi  alla  Corte  costituzionale  perche'  giudichi  sulla
eccezione.
    2. - Non manifesta infondatezza della eccezione.
    La  questione  non  e'  manifestamente  infondata  per i seguenti
motivi:
      2.1.  Violazione  del  principio  di  uguaglianza (art. 3 della
Costituzione).
    Occorre  premettere  che  il  ricorso al giudice di pace previsto
dall'art. 204-bis del c.d.s. - introdotto dall'art. 4 comma 1-septies
del  decreto-legge  n. 151/2003,  convertito,  con la legge 1° agosto
2003,   n. 214,   e'   alternativo   a  quello  a  prefetto  previsto
dall'art. 203  dello  stesso  codice.  Solo  per  il  primo  pero' il
legislatore  ha  previsto  l'onere  - a pena d'inammissibilita' - del
deposito  cauzionale  pari  alla  meta'  del  massimo  della sanzione
applicata dall'organo accertatore.
    Prima  della novella, sebbene non previsto dalla legislazione, il
ricorso  giurisdizionale  contro  il  verbale  di  accertamento  alle
violazioni  del  c.d.s. era stato introdotto nell'ordinamento, con lo
stesso  carattere  di  alternativita' del ricorso al prefetto e negli
stessi  termini  e  senza  cauzione,  dalla  Corte  di cassazione con
sentenze   interpretative   (ex   plurimis  Cass.  13 dicembre  1995,
n. 12777;   22 gennaio   1999,  n. 574)  che  avevano  utilizzato  le
motivazione  della  sentenza «adeguatrice» della Corte costituzionale
23 giugno 1994, n. 255.
    Con   la  novella  dell'art. 204-bis  del  2003  il  legislatore,
dimostrando   evidente  disfavore  alle  soluzioni  individuate  alla
giurisprudenza  di  legittimita',  ha  invece  introdotto  un  vero e
proprio  sbarramento alla tutela giurisdizionale contro il verbale di
contravvenzione  alle  norme  del  c.d.s.; di fatto negando la tutela
preventiva  al  cittadino che non puo' permettersi di sborsare subito
una  quota  pari  alla  meta'  del  massimo  della sanzione applicata
dall'organo  accertatore,  giusta  o  sbagliata  che  sia.  Meta' del
massimo  che,  per la sanzioni disposte dal c.d.s. corrisponde sempre
al  doppio  della  somma che il presunto trasgressore potrebbe pagare
entro sessanta giorni per liberarsi definitivamente della sanzione.
    In  sostanza ed in altre parole, per poter fare subito il ricorso
al  giudice  di  pace, colui che viene accusato di avere commesso una
infrazione  alle  norme  del c.d.s. deve versare a titolo di cauzione
una  somma  che  e'  pari  al  doppio  di  quanto dovrebbe pagare per
liberarsi definitivamente dell'obbligazione pecuniaria.
    L'introduzione  di  una  cauzione  nel giudizio di opposizione ai
soli  verbali di accertamento delle violazioni delle norme del c.d.s.
non  ha  riscontro  nel  nostro  ordinamento  in istituti consimili e
rappresenta un vero e proprio ostacolo al diritto di difesa contro la
pretesa  sanzionatoria della p.a. dal momento che essa non puo' dirsi
posta  a  tutela  di  un  interesse pubblico che, francamente, non si
ravvisa.
    La cauzione, invece, mortifica il diritto dell'individuo tutelato
dall'art. 3 della Costituzione. In piu', e' irragionevole.
    L'art. 3  della  Costituzione  tutela  il  sacrosanto  diritto di
uguaglianza  dei cittadini davanti alla legge. Il comma 2 della norma
obbliga  il  legislatore ordinario a rimuovere gli ostacoli di ordine
economico  che limitano di fatto l'uguaglianza e ne limitano il pieno
sviluppo della personalita'.
    Nel  caso  di  specie, introducendo un deposito cauzionale per la
tutela  di  un  diritto  contro la pretesa punitiva della p.a. sembra
invece  che  il  legislatore si sia mosso in direzione diametralmente
opposta a quella indicata dal Costituente.
    Irragionevolezza del provvedimento.
    In   base   all'art. 203   del   c.d.s.,  contro  il  verbale  di
contravvenzione,  colui  che non puo', o non e' disposto a versare il
deposito  cauzionale  di  cui  si  discute,  puo' proporre ricorso al
prefetto  e,  in  base  al  successivo  art. 205,  contro l'ordinanza
prefettizia,  che  eventualmente  rigetti  l'opposizione, puo' ancora
proporre ulteriore opposizione davanti alla A.G., che, nel caso delle
violazioni  al  c.d.s.  e'  sempre  il  giudice di pace, senza pagare
alcuna cauzione.
    In   prima   approssimazione,   potrebbe   dirsi  che  la  tutela
giurisdizionale  non  e'  negata  a  colui  che  non  puo'  pagare la
cauzione.  Ma  proprio  questo  ragionamento porta a concludere sulla
irragionevolezza  del  provvedimento  che assolve solo la funzione di
rendere  piu' difficoltoso il diritto di difesa del cittadino che non
puo' pagare la cauzione.
    La   vera   conclusione   e'  che  se  la  norma  viene  lasciata
sopravvivere  contro i verbali di contravvenzione si avra' una tutela
giurisdizionale  a doppia velocita': rapida per i cittadini abbienti,
lenta e tortuosa per i non abbienti.
    2.2.   Violazione   del   diritto   di   difesa   (art. 24  della
Costituzione).
    Quanto  abbiamo  detto  finora  rende  ancora  piu'  evidente  il
contrasto  tra  la  norma denunciata e il diritto di difesa garantito
dall'art. 24 della Costituzione.
    Quest'ultima  norma  prevede,  ai  primi  due  commi,  che «tutti
possono  agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei  propri diritti ed
interessi»;  «la  difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado
del  procedimento»  e, al comma 3, impegna il legislatore ordinario a
predisporre appositi istituti per assicurare «ai non abbienti i mezzi
per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». Ora, mentre in
altri  settori  dell'ordinamento  da tempo il legislatore si e' mosso
nella  direzione  indicata  dal Costituente, per andare agli istituti
piu'   recenti  basta  ricordare  la  legge  30 luglio  1990,  n. 217
(Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) e
l'art. 13  del  d.lgs.  31 dicembre  1992, n. 546 (Assistenza tecnica
gratuita)  nel  giudizio  davanti alle commissioni tributarie, con la
norma  denunciata  invece  e' andato decisamente contro tendenza, non
solo  non agevolando, ma addirittura ostacolando il diritto di difesa
del cittadino meno abbiente.
    La  soluzione e' tanto piu' irragionevole ove si consideri che la
norma  e' inserita in un giudizio che ha caratteristiche «in piccolo»
non dissimili da quello penale e nel quale, in base all'art. 23 della
legge  n. 689/1981: - i mezzi di prova sono disposti d'ufficio (comma
6);  -  alle  notificazioni  e  comunicazioni  si  provvede d'ufficio
(comma 9);  -  tutti gli atti del processo e la decisione sono esenti
da ogni tassa e imposta (comma 10).
    In sostanza e' del tutto evidente che, mentre con le disposizioni
pregresse  il  legislatore  ha  garantito  il  diritto  di difesa del
cittadino  meno  abbiente,  anche  nelle  situazioni  in cui lo Stato
esercita  il  diritto  punitivo  o la p.a. la pretesa fiscale, con la
disposizione   denunciata,  di  fatto  la  p.a.  e'  stata  messa  in
condizioni  di  supremazia nei confronti del cittadino meno abbiente,
in  contrasto  con tutta le giurisprudenza della Corte costituzionale
in materia di diritto di difesa.
    La  cauzione  non  ha altra funzione che quella di garanzia della
soccombenza,  difatti  va attribuita, in tutto o in parte, all'organo
accertatore  in  caso  di  rigetto  dell'opposizione  e restituita al
ricorrente  in  caso  di accoglimento. La sua natura, in sostanza, e'
del  tutto  simile all'istituto del solve et repete che fu dichiarato
incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 21/1961.
    E'  stato  messo  in evidenza che il deposito cauzionale persegue
l'obiettivo  (non  dichiarato ma intuibile) di deflazionare i giudizi
di  opposizione  alle  sanzioni  amministrative davanti al giudice di
pace  che  talvolta  costano  all'erario piu' di quanto le pp.aa. non
introitino  con le sanzioni. Ma e' facile obiettare che se questo era
l'obiettivo  il legislatore doveva agire su altri istituti da lui ben
governabili,  ma  non  realizzare l'economia a discapito dei soggetti
economicamente piu' deboli.
                              P. Q. M.
      a) ritiene rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione
di   illegittimita'   costituzionale   dell'art. 204-bis  del  d.lgs.
30 aprile  1992,  n. 285,  cosi'  come introdotto dall'art. 4 - comma
1-septies  del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 - convertito, con
modificazione,  nella  legge  1° agosto  2003, n. 214, per violazione
degli artt. 3 e 24 della Costituzione nei termini e le ragioni di cui
in motivazione.
    Per  quanto  sopra,  letto  l'art. 23  della legge 11 marzo 1953,
n. 87,
      b) sospende il giudizio e;
      c)  manda  alla cancelleria, di trasmettere gli atti alla Corte
costituzionale  e notificare la presente ordinanza: al ricorrente, al
comune di Caserta in persona del sindaco p.t.; al sig. Presidente del
Consiglio dei ministri e ai sigg. Presidenti delle Camere.
        Caserta, addi' 31 dicembre 2003
                     Il giudice di pace: Tumino
04C0625