N. 237 SENTENZA 8 - 19 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione  Campania  -  Comuni e Province - Denominazione del Comune di
  Ascea  - Cambiamento in Comune di Ascea-Velia - Ricorso del Governo
  -  Mancata consultazione referendaria della popolazione interessata
  Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Campania 7 luglio 2003, n. 14, articolo unico.
- Costituzione,  art. 133,  secondo  comma; statuto Regione Campania,
  art. 60, primo comma.
(GU n.29 del 28-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1  (recte:
articolo  unico)  della  legge  della Regione Campania 7 luglio 2003,
n. 14,  recante  «Cambio  di  denominazione  del "comune di Ascea" in
"comune  di  Ascea-Velia"»,  promosso  con ricorso del Presidente del
Consiglio  dei  ministri, notificato il 10 settembre 2003, depositato
in  cancelleria  il  19  successivo ed iscritto al n. 69 del registro
ricorsi 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 2004 il giudice relatore
Valerio Onida;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Maria  d'Elia per la Regione
Campania.

                          Ritenuto in fatto

    Con  ricorso  notificato  il  10 settembre  2003  e depositato il
19 settembre  2003  (reg.  ric.  n. 69  del  2003)  il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  sollevato in via principale questione di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo 1 (recte: articolo unico)
della  legge  della  Regione Campania 7 luglio 2003, n. 14 (Cambio di
denominazione  del  «comune di Ascea» in «comune di Ascea-Velia»), in
relazione  all'articolo 133,  secondo  comma,  della  Costituzione  e
all'articolo 60  dello  statuto della Regione Campania, approvato con
legge  22 maggio  1971, n. 348 (Approvazione, ai sensi dell'art. 123,
comma  secondo,  della  Costituzione,  dello  Statuto  della  Regione
Campania).
    La  legge impugnata consiste di un solo articolo, con il quale la
denominazione  del  comune campano di Ascea viene mutata in quella di
«Ascea-Velia».
    Lo  Stato,  premesso che la legge non e' stata preceduta da alcun
referendum  consultivo  presso  la popolazione interessata, ne deduce
per  tale  ragione  la  illegittimita' costituzionale, giacche' detto
referendum  sarebbe  richiesto  sia dall'articolo 133, secondo comma,
della  Costituzione,  sia  dall'articolo 60  dello statuto regionale,
secondo  le  modalita'  previste e disciplinate dalla legge regionale
30 aprile 1975, n. 25 (Referendum popolare).
    Si  e'  costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo che
il ricorso sia rigettato.
    La  Regione  osserva  che  la  legge impugnata e' stata preceduta
dall'approvazione, con delibera del Consiglio comunale di Ascea n. 23
del  23 marzo  2000, del nuovo statuto comunale, con il quale sarebbe
stata  «ravvisata  la necessita' di prevedere l'aggiunta, al nome del
comune   di   Ascea,   del   toponimo  Velia,  attesa  la  notorieta'
internazionale  di tale nome, traino e richiamo per la valorizzazione
turistica,   sociale  ed  economica  del  comune».  Cio',  alla  luce
dell'articolo 7  della  legge della Regione Campania 29 ottobre 1974,
n. 54  (Norme sulla istituzione di nuovi comuni e sul mutamento delle
circoscrizioni  territoriali  dei comuni della Regione), per il quale
«le  denominazioni  comunali  possono  essere  variate  ove ricorrano
esigenze toponomastiche, storiche, culturali o turistiche».
    In  seguito  il  comune avrebbe invitato la Regione ad avviare il
conseguente iter legislativo.
    La legge impugnata sfuggirebbe, pertanto, alle censure oggetto di
ricorso:  in  primo  luogo,  essa  avrebbe  non  gia'  modificato, ma
meramente   «integrato»   la   denominazione   del   comune,  tramite
l'«esplicitazione»  del  toponimo  Velia  «in  armonia  con l'origine
(greca) della citta' di Ascea».
    In  secondo luogo, la delibera del Consiglio comunale, quale ente
esponenziale degli interessi della collettivita', varrebbe a superare
l'obbligo  di  sentire  le  popolazioni interessate, poiche', «quando
l'iniziativa  della  eventuale  variazione  sia  assunta  dal  comune
interessato  (...)  non  vi  e' alcuna possibilita' di compressione o
lesione  delle  prerogative  e  dell'autonomia dell'ente territoriale
minore»,   a  tutela  delle  quali  sarebbe  previsto  il  referendum
consultivo.
    D'altro  canto,  la  legge della Regione Campania n. 54 del 1974,
che  prevede  espressamente l'obbligo di procedere a referendum, dopo
aver  acquisito  i  pareri  dei  Consigli  comunali interessati e del
Consiglio  provinciale  in ordine ai disegni e alle proposte di legge
regionale,  atterrebbe «alla sola ipotesi di iniziativa assunta dalla
Regione».

                       Considerato in diritto

    1.  -  E'  impugnato  dal  Governo l'articolo unico (erroneamente
indicato  nel  ricorso  come  articolo 1) della legge regionale della
Campania 7 luglio 2003, n. 14 (Cambio di denominazione del «comune di
Ascea»  in  «comune  di Ascea-Velia»), che dispone il mutamento della
denominazione del comune di Ascea, in provincia di Salerno, in quella
di Ascea-Velia.
    Secondo  il  ricorrente  la  legge  sarebbe  stata  deliberata in
violazione   dell'art. 133,  secondo  comma,  della  Costituzione,  e
dell'art. 60, primo comma, dello statuto della Regione, in quanto non
e' stata preceduta dalla consultazione referendaria della popolazione
interessata.
    2. - La questione e' fondata.
    Nella  giurisprudenza di questa Corte e' consolidato il principio
secondo  cui  l'art. 133,  secondo  comma,  della  Costituzione,  che
nell'attribuire  alla Regione il potere, con legge, di «istituire nel
proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e
denominazioni»,  prescrive  di  sentire «le popolazioni interessate»,
comporta,  per le Regioni a statuto ordinario, l'obbligo di procedere
a tal fine mediante referendum (cfr. sentenze n. 204 del 1981; n. 107
del 1983; n. 279 del 1994).
    Tale   principio   non  e'  mai  stato  oggetto  di  applicazione
giurisprudenziale  in  tema  di  mutamento  della denominazione di un
comune:  ma  il  tenore  testuale dell'art. 133, secondo comma, della
Costituzione  non  consente  di  escludere  questa ipotesi da quelle,
unitariamente  contemplate  dalla  norma  costituzionale,  in  cui e'
obbligatorio  il  ricorso  al  referendum.  Ipotesi  nella  quale  la
volonta'  della  popolazione  ha  motivo di esprimersi riguardo ad un
elemento  non  secondario dell'identita' dell'ente esponenziale della
collettivita' locale.
    Del  resto, anche lo statuto della Regione Campania non fa alcuna
distinzione,  stabilendo che «e' ammesso il referendum consultivo per
l'istituzione  di nuovi comuni, la modificazione delle circoscrizioni
e  delle  denominazioni  dei comuni». La legge generale della Regione
che  detta  «norme  sulla istituzione di nuovi comuni e sul mutamento
delle  circoscrizioni  territoriali dei comuni della Regione», vale a
dire  la  legge  regionale 29 ottobre 1974, n. 54, dopo aver disposto
all'art. 1,  primo comma, che alla istituzione di nuovi comuni e alla
modifica  delle  circoscrizioni  dei comuni esistenti si provvede con
legge  regionale, aggiunge al secondo comma dello stesso articolo che
«con  legge  regionale  sono  altresi'  disposte  le variazioni delle
denominazioni   comunali»;  all'art. 8  disciplina  unitariamente  la
presentazione   dei  disegni  e  delle  proposte  di  legge  «per  la
istituzione  di  nuovi  comuni, per il mutamento delle circoscrizioni
territoriali   di   quelli   esistenti  e  per  la  variazione  delle
denominazioni comunali» e l'acquisizione dei pareri obbligatori su di
essi;  e  all'art. 9,  disciplinando  il  seguito  del  procedimento,
stabilisce  che  «qualora  il  progetto  sia ritenuto proponibile, il
Consiglio  regionale delibera, a norma dell'art. 60 dello statuto, la
indizione   del   referendum  consultivo  di  cui  al  secondo  comma
dell'art. 133 della Costituzione».
    A  sua  volta  la  legge regionale della Campania 30 aprile 1975,
n. 25  (Referendum  popolare),  prevede  all'art. 1 che il referendum
consultivo, di cui all'art. 60 dello statuto, e' regolato dalle norme
di  detta  legge ed e' proponibile, per quanto qui interessa, «per la
istituzione  di nuovi comuni, la modificazione delle circoscrizioni e
delle denominazioni dei comuni».
    3.  - Nemmeno puo' condividersi la tesi della Regione resistente,
secondo cui nella specie il referendum non sarebbe stato obbligatorio
trattandosi di una «mera integrazione» della denominazione originaria
del comune, richiesta dal Consiglio comunale.
    Anche  la integrazione della denominazione ne costituisce infatti
una  modifica,  come  tale  soggetta  alla previa consultazione della
popolazione  interessata ai sensi dell'art. 133, secondo comma, della
Costituzione e della corrispondente norma dello statuto.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  dell'articolo unico
della  legge regionale della Campania 7 luglio 2003, n. 14 (Cambio di
denominazione del «comune di Ascea» in «comune di Ascea-Velia»).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
                  Il Presidente e redattore: Onida
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 luglio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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