N. 250 ORDINANZA 8 - 20 luglio 2004

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Insindacabilita' - Processo penale nei confronti di un
  senatore  imputato  del  reato  di  cui  all'art. 340  cod.  pen. -
  Delibera di insindacabilita' della Camera di appartenenza - Ricorso
  per  conflitto  di  attribuzione proposto dalla Corte di appello di
  Venezia,  sezione  II  penale - Inosservanza del termine perentorio
  prescritto  per  il  deposito  del  ricorso  - Improcedibilita' del
  giudizio.
- Deliberazione del Senato della Repubblica 23 giugno 1999.
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87;
  norme  integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale,
  art. 26, terzo comma.
(GU n.29 del 28-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
23 giugno 1999 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68,
primo  comma,  della  Costituzione,  del  comportamento  del senatore
Donato  Manfroi,  promosso  con  ricorso  della  Corte  di appello di
Venezia  - sezione II penale, notificato il 24 marzo 2003 ed iscritto
al n. 15 del registro conflitti 2003.
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  25 maggio  2004  il  giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Udito l'avvocato Stefano Grassi per il Senato della Repubblica.
    Ritenuto  che,  con  ricorso del 26 aprile 2002, depositato nella
cancelleria  della  Corte  il  7 maggio  2002, la Corte di appello di
Venezia  - nel corso del procedimento penale instaurato nei confronti
del  senatore  Donato  Manfroi,  condannato  in  primo  grado perche'
ritenuto  responsabile  del  reato di cui all'art. 340 cod. pen., per
avere,  in qualita' di sindaco del comune di Cencenighe Agordino, nei
giorni 1-2 marzo  1996,  interrotto  i  servizi  comunali,  chiudendo
d'autorita'  l'accesso  al pubblico del palazzo in cui hanno sede gli
uffici  ed  ordinando  di  staccare  l'apparato  fax  -  ha sollevato
conflitto  di  attribuzioni  tra poteri dello Stato nei confronti del
Senato  della  Repubblica,  in  relazione alla deliberazione adottata
dalla  Assemblea  il  23  giugno 1999 (doc. IV-quater, n. 42), con la
quale,  in  difformita'  dalla proposta della Giunta delle elezioni e
delle immunita' parlamentari, e' stato dichiarato che il fatto per il
quale  e'  in  corso l'indicato procedimento penale concerne opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni  e  ricade, pertanto, nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo
comma, della Costituzione;
        che,  secondo  l'autorita'  ricorrente, non emergerebbe alcun
collegamento   tra  il  comportamento  oggetto  della  imputazione  e
l'esercizio   delle  funzioni  parlamentari  -  cosi'  come  peraltro
evidenziato  nella  Relazione  della Giunta, la cui proposta e' stata
disattesa  dall'Assemblea  -  posto che, pur manifestandosi la natura
politica  di  un  «gesto  di  protesta», nella condotta in questione,
posta  in  essere  dal senatore Manfroi nella sua qualita' di sindaco
del comune di Cencenighe Agordino, non sarebbe possibile rintracciare
alcun   nesso  con  atti  tipici  della  funzione  parlamentare,  con
correlativa  inapplicabilita'  della  garanzia prevista dall'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
        che,  pertanto, la Corte di appello di Venezia, non reputando
conforme  all'ordinamento costituzionale la deliberazione assunta dal
Senato  della  Repubblica,  ha sollevato conflitto di attribuzione in
ordine  «al corretto uso del potere di decidere sulla sussistenza dei
presupposti   di  applicabilita'  dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione»,  come  esercitato dal Senato con l'anzidetta delibera,
di cui viene chiesto l'annullamento;
        che  il  conflitto  e' stato dichiarato ammissibile da questa
Corte, in via di prima delibazione, con ordinanza n. 59 del 2003;
        che  il  ricorso  e'  stato regolarmente notificato al Senato
della Repubblica ed e' pervenuto alla cancelleria di questa Corte, ai
fini  del  successivo  deposito,  il  15 aprile  2003,  essendo stato
spedito, a mezzo del servizio postale, il 9 aprile 2003;
        che  si  e' costituito il Senato della Repubblica, chiedendo,
in  via principale, che il conflitto sia dichiarato inammissibile, in
quanto  sollevato  per  motivi  costituenti  «mero richiamo di quanto
contenuto  nel  parere  della  Giunta  delle  elezioni» e risultando,
pertanto,  carente  di  motivazione;  in  via  subordinata,  che  sia
dichiarato   infondato,   avendo  l'autorita'  ricorrente  omesso  di
considerare  la natura «simbolica» della condotta del senatore Donato
Manfroi, il quale - dopo numerosi atti ed interrogazioni parlamentari
in  merito  alle  vicende  poi sfociate nel comportamento oggetto del
procedimento  penale  -  aveva  adottato,  quale  forma  di  protesta
estrema,  il  gesto  della  restituzione  delle  chiavi del comune al
Prefetto,  al  solo  scopo  «di  dare  idonea forma di pubblicita' al
contenuto  critico  delle interrogazioni presentate nei confronti del
Governo»;
        che,  nella  memoria  presentata  in  vista  dell'udienza, la
difesa  del  Senato,  oltre  a ribadire le eccezioni e le conclusioni
gia'  formulate, ha eccepito la tardivita' dell'atto introduttivo del
giudizio,  pervenuto  alla  cancelleria  di  questa  Corte  oltre  la
scadenza  del  termine  di  venti  giorni  dalla  notifica,  previsto
dall'art. 26,  terzo  comma,  delle  norme  integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
    Considerato,  in  via  preliminare, che il ricorso, notificato al
Senato   della   Repubblica,   unitamente  all'ordinanza  che  lo  ha
dichiarato ammissibile, il 24 marzo 2003, e' pervenuto alla Corte, ai
fini  del  deposito prescritto dall'art. 26, terzo comma, delle norme
integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte costituzionale, il
15 aprile  2003,  vale  a dire oltre la scadenza del termine di venti
giorni dalla notifica, previsto dal medesimo art. 26, terzo comma;
        che,  in  conformita'  alla costante giurisprudenza di questa
Corte  (cfr.,  da ultimo, le sentenze n. 106 e n. 111 del 2003), tale
deposito   deve   considerarsi  tardivo,  essendo  detto  termine  da
ritenersi perentorio;
        che, in contrario, non puo' essere addotta la circostanza che
l'atto  sia  stato spedito, a mezzo del servizio postale, il 9 aprile
2003,  vale  a  dire  in  data  antecedente  a quella di scadenza del
termine in questione;
        che,  infatti,  alla  data  di  spedizione dell'atto in tanto
potrebbe attribuirsi rilievo, ai fini dell'osservanza del termine per
il  deposito, in quanto fosse normativamente prevista la possibilita'
di avvalersi, a tali fini, del servizio postale (cfr. sentenze n. 449
del  1997,  n. 253  del 2001, n. 51 del 2002): mentre, invece, ne' la
legge  11 marzo  1953, n. 87, ne' l'art. 26 delle norme integrative -
nel  testo  vigente all'epoca del deposito in questione - prevedevano
tale  possibilita',  limitandosi  detto art. 26 a stabilire, al terzo
comma,  che  «il ricorso, con la prova delle notificazioni eseguite a
norma dell'art. 37, comma quarto, di detta legge, e' depositato nella
cancelleria    della    Corte    entro   venti   giorni   dall'ultima
notificazione»;
        che,   pertanto,   il   giudizio   deve   essere   dichiarato
improcedibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  improcedibile il giudizio per conflitto di attribuzioni
tra poteri dello Stato proposto dalla Corte di Appello di Venezia con
l'atto indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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