N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 agosto 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  12  agosto  2004  (del  Presidente del Consiglio dei
ministri)

Statuto regionale - Regione Toscana - Previsione della promozione del
  diritto  di  voto  agli  immigrati  -  Ricorso  del  Presidente del
  Consiglio  dei  ministri  -  Denunciata violazione del principio di
  riserva  ai  cittadini  dell'elettorato  attivo  - Violazione della
  sfera  di  competenza  statale  in  materia  elettorale  - Indebita
  limitazione  dei  poteri  d'iniziativa  legislativa  del  Consiglio
  regionale.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 3,
  comma 6.
- Costituzione, artt. 48, 117, comma secondo, lett. f) e p), e 121.
Statuto  regionale  -  Regione  Toscana - Famiglia - Previsione della
  tutela e valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio e del
  riconoscimento  delle  altre  forme  di  convivenza  -  Ricorso del
  Presidente  del  Consiglio dei ministri - Denunciata violazione del
  limite dell'«armonia» con la costituzione degli statuti regionali -
  Violazione  dei  principi  fondamentali  - Lesione del principio di
  unita'  -  Violazione  del  principio  di uguaglianza - Lesione del
  principio di tutela della famiglia fondata sul matrimonio.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 4,
  comma 1, lett. h).
- Costituzione, artt. 2, 3, 5, 29 e 123.
Statuto  Regionale  -  Regione  Toscana  - Previsione quali finalita'
  prioritarie   della   Regione,   tra   le   altre,   del   rispetto
  dell'equilibrio   ecologico,   della  tutela  dell'ambiente  e  del
  patrimonio naturale, della conservazione delle biodiversita', della
  formazione  della cultura, del rispetto degli animali, della tutela
  e  valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico
  -  Ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciata
  violazione  della  sfera di competenza statale in materia di tutela
  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei beni culturali - Violazione
  del  principio della spettanza allo Stato della disciplina di forme
  d'intesa e coordinamento in materia di beni culturali.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 4,
  lett. l) e m).
- Costituzione,  artt. 117,  comma  secondo,  lett. s),  e 118, comma
  terzo.
Statuto   regionale   -   Regione  Toscana  -  Previsione  della:  a)
  valorizzazione dello sviluppo economico e di un contesto favorevole
  alla  competitivita'  delle  imprese,  basato sull'innovazione e la
  formazione,  nel  rispetto  dei  principi  di coesione sociale e di
  sostenibilita'  dell'ambiente;  b)  valorizzazione  della  liberta'
  d'iniziativa  economica  pubblica  e  privata,  del  ruolo  e della
  responsabilita'  delle  imprese;  c)  promozione della cooperazione
  come  strumento  di  democrazia  economica  e di sviluppo sociale -
  Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri - Denunciata
  violazione  della  sfera di competenza statale in materia di tutela
  della concorrenza e di ordinamento civile.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio 2004 e in seconda deliberazione il 19 luglio 2004, art. 4,
  comma 1, lett. n), o) e p).
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e), e l).
Statuto  regionale  -  Regione Toscana - Previsione dell'approvazione
  del programma di governo entro dieci giorni dalla sua illustrazione
  -  Ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciata
  irragionevole   e  contraddittoria  previsione,  tra  Presidente  e
  Consiglio  regionale, di un rapporto diverso da quello che consegue
  all'elezione   a   suffragio   universale  e  diretto  del  vertice
  dell'esecutivo.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio  2004  e  in  seconda  deliberazione  il  19 luglio  2004,
  art. 32, comma 2.
- Costituzione, artt. 3 e 122, comma quinto.
Statuto regionale - Regione Toscana - Diritto di accesso ai documenti
  della Regione senza obbligo di motivazione - Ricorso del Presidente
  del Consiglio dei ministri - Denunciata violazione del principio di
  buon andamento della pubblica amministrazione.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio  2004  e  in  seconda  deliberazione  il  19 luglio  2004,
  art. 54, comma 1.
- Costituzione, art. 97.
Statuto  regionale  - Regione Toscana - Atti amministrativi meramente
  esecutivi  -  Obbligo  di  motivazione  -  Esclusione - Ricorso del
  Presidente  del  Consiglio dei ministri - Denunciata violazione del
  principio  di  uguaglianza  per  la  diversa  disciplina,  su  base
  regionale,  di  identiche  situazioni  -  Incidenza  sul diritto di
  difesa e sul principio di tutela giurisdizionale.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio  2004  e  in  seconda  deliberazione  il  19 luglio  2004,
  art. 54, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113.
Statuto regionale - Regione Toscana - Previsione della disciplina con
  legge  regionale  dei  tributi, limitatamente ai profili coperti da
  riserva di legge, salva la potesta' degli enti locali di istituirli
  -  Ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciato
  superamento  dei  limiti  dell'autonomia  tributaria regionale, con
  apparente  esclusione, tra l'altro, dell'autonomia tributaria degli
  enti locali.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio  2004  e  in  seconda  deliberazione  il  19 luglio  2004,
  art. 64, comma 2.
- Costituzione, art. 119.
Statuto regionale - Regione Toscana - Previsione della partecipazione
  del  consiglio  e  del  governo  regionale «nei modi previsti della
  legge»,  alla  formazione ed attuazione degli atti comunitari nelle
  materie  di  competenza  regionale  -  Ricorso  del  Presidente del
  Consiglio  dei  ministri  -  Denunciata  violazione  della sfera di
  competenza   statale   per   l'apparente   riferimento  alla  legge
  regionale,  anziche'  a  quella  statale  per  la  disciplina della
  partecipazione delle Regioni agli atti predetti.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio  2004  e  in  seconda  deliberazione  il  19 luglio  2004,
  art. 70, comma 1.
- Costituzione, art. 127, quinto comma.
Statuto  regionale - Regione Toscana - Referendum abrogativo di legge
  o  regolamento  regionale - Previsione dell'approvazione in caso di
  partecipazione  alla  votazione della maggioranza dei votanti nelle
  ultime  elezioni regionali e di conseguimento della maggioranza dei
  voti  validamente  espressi  - Ricorso del Presidente del Consiglio
  dei  ministri  - Denunciata irragionevolezza per il riferimento, ai
  fini della validita' del referendum, non alla consistenza effettiva
  del  corpo  elettorale,  bensi'  ad  un dato casuale e contingente,
  privo  di  qualsiasi  significativita'  -  Violazione del principio
  costituzionale  che  impone  per  la  validita'  del  referendum la
  maggioranza degli aventi diritto.
- Statuto  Regione  Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il
  6 maggio  2004  e  in  seconda  deliberazione  il  19 luglio  2004,
  art. 75, comma 4.
- Costituzione, art. 75.
(GU n.38 del 29-9-2004 )
    Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma,  via  dei  Portoghesi n. 12, e' domiciliato nei confronti della
Regione Toscana, in persona del presidente della giunta regionale per
la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale degli articoli 3,
comma  6; 4, comma 1 lettere h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54,
comma  1  e  3;  63,  comma 2; 64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4,
dello Statuto della Regione Toscana, approvato in prima deliberazione
il  6  maggio  2004  ed  in  seconda  deliberazione il 19 luglio 2004
pubblicato  nel  B.U.R.  n. 27  del 26 luglio 2004, in relazione agli
articoli  2,  3,  5,  29  48, 24, 75, 97, 113, 114, 123, 117, secondo
comma,  lettere  e),  f),  i), l), p), s), terzo comma e sesto comma,
118, 121, 122, 123, 138 della Costituzione.
    In  data  26  luglio  2004  e'  stato pubblicato lo statuto della
Regione  Toscana approvato in seconda deliberazione in data 19 luglio
2004.
    Tale  statuto,  in  conformita'  della delibera del Consiglio dei
ministri  in  data 3 agosto 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni.
    1.  -  L'art. 3,  comma  6,  dello statuto prevede che la regione
promuova,  nel  rispetto  dei  principi costituzionali, il diritto di
voto agli immigrati.
    La  norma  appare  in  contrasto  con il principio costituzionale
enunciato  nell'art.  48  Cost. - inerente ai rapporti politici - che
riserva  ai  cittadini  l'elettorato attivo, e, finalisticamente, non
rispettosa  delle  attribuzioni  costituzionali  dello Stato, essendo
riservato   al   Parlamento   nazionale   il   potere   di  revisione
costituzionale.  Essa, sotto altro profilo, per quanto specificamente
attiene alla legislazione elettorale concernente gli organi statali e
degli enti locali, contrasta con le previsioni dell'art. 117, secondo
comma,  lettere  f)  e  p),  Cost.  che  attribuiscono  allo Stato la
potesta'   legislativa  esclusiva  nella  relativa  materia.  Infine,
esorbitando  dai  confini  propri  dell'area  normativa affidata alla
fonte   statutaria,  viene  a  costituire  un  limite  ai  poteri  di
iniziativa legislativa del Consiglio, previsti dall'art. 121, secondo
comma,  Cost.  il  cui  esercizio  deve rimanere alla responsabilita'
politica  dell'organo  anzidetto (cfr. art. 11, comma 6, dello stesso
statuto).
    2.   -   Recita  l'art. 4  dello  statuto,  rubricato  «finalita'
principali»:
      «La Regione persegue, tra le finalita' prioritarie...
        g)  la  tutela e la valorizzazione della famiglia fondata sul
matrimonio;
        h) il riconoscimento delle altre forme di convivenza.».
    La diversa formulazione delle due previsioni rende evidente che:
      da   un   lato,   non   v'e'  una  visione  unificante  ed  una
considerazione di equivalenza della famiglia fondata sul matrimonio e
delle altre forme di convivenza;
      dall'altro,  all'istituzione  matrimoniale, di cui e' postulata
una dignita' superiore in coerenza con la protezione diretta che essa
riceve   dall'art. 29   Cost.,   e'   attribuita  una  considerazione
privilegiata   essendo   soltanto   ad   essa   assicurate  tutela  e
valorizzazione;  il  che vale ad impegnare statutariamente la regione
ad agevolare la formazione e l'adempimento dei compiti della famiglia
fondata    sul    matrimonio,    in   quanto   «stabile   istituzione
sovraindividuale»   (sent.  8/1996),  attraverso  appropriate  misure
economiche di sostegno ed altre provvidenze.
    Non  puo'  peraltro  ritenersi in armonia con la Costituzione - e
sarebbe  comunque  invasiva  della  competenza  esclusiva  statale in
materia  di  ordinamento  civile  -  l'affermazione di riconoscimento
delle   altre   forme   di  convivenza,  di  ambigua  genericita'  ed
indiscriminata  estensione,  in  relazione  alla  quale  non  e' dato
neppure  comprendere  quali  siano  i  contenuti  e  gli  effetti del
«riconoscimento»  e  se  l'oggetto di questo vada oltre la convivenza
more  uxorio,  come  rapporto  di  fatto  tra  uomo e donna, al quale
soltanto,  e  ad  assai  limitati  effetti  1), gia' sono ricollegate
dall'ordinamento generale alcune conseguenze giuridiche.
    Un   siffatto   riconoscimento  in  termini  generali,  ancorche'
generici,  potrebbe  pur  tuttavia  costituire  la base statutaria di
interventi normativi regionali per una disciplina specifica.
    In  particolare, fermo il rilievo che eventuali future previsioni
normative  regionali  inerenti  al  campo  dei  rapporti (personali e
patrimoniali)  tra  conviventi, al loro status ed ad una loro qualche
rilevanza pubblicistica - che non hanno con la regione un particolare
nesso  territoriale  e  per  i  quali  e'  evidente l'imprescindibile
esigenza  di  disciplina  uniforme nell'intero territorio nazionale -
violerebbe  comunque  competenze  esclusive  dello  Stato (in ipotesi
quelle  sancite dall'art. 117, comma 2, lettere i) ed l), e comma 6),
l'attuale  previsione  statutaria  di  cui  all'art. 4 lettera h), in
quanto  intenda  affermare  qualcosa  di diverso dal semplice rilievo
sociale  e dalla conseguente giuridica dignita' - nei limiti previsti
dalle leggi dello Stato - della convivenza tra uomo e donna fuori del
vincolo  matrimoniale  (quale  espressione  di  libera determinazione
degli  interessati  e  della  loro  quotidiana  affectio)  2), ovvero
intenda  affermare  siffatti  valori  con riguardo ad unioni libere e
relazioni   tra   soggetti  del  medesimo  sesso,  risulta  violativa
dell'art. 123  Cost.,  anche  perche'  in  contrasto con i vincolanti
punti di vista di principio assunti dalla Costituzione (sent. 8/1996)
e  quindi  non  in  armonia  con  essa  (e  con  i  principi generali
dell'ordinamento)  in  relazione  a situazioni divergenti dal modello
del  rapporto  coniugale, estranee al contenuto delle garanzie di cui
all'art. 29  (inerenti  ai  contenuti  ed  agli  scopi  etico-sociali
dell'istituzione  matrimoniale)  e  non  suscettibili di riconduzione
nell'area  di  protezione  dell'art. 2  Cost.  E'  appena  il caso di
ricordare,  al riguardo, che (come rimarcato nelle sentenze nn. 304 e
306  del  2002)  il  limite «dell'armonia con la Costituzione» di cui
all'art. 123  Cost.  mira  non  solo  ad  evitare il contrasto con le
singole previsioni della Carta costituzionale ma anche a «scongiurare
il  pericolo  che  lo  statuto,  pur  rispettoso  della lettera della
Costituzione, ne eluda lo spirito». Gli statuti regionali debbono non
solo  «rispettare  puntualmente» ogni disposizione della Costituzione
ma  essere  in  armonia con i precetti ed i principi tutti ricavabili
dalla Costituzione (sentt. 196/2003; 2/2004).
    La  forma plurale usata nella proposizione statutaria, che sembra
voler  considerare  anche  forme  di  convivenza ulteriori rispetto a
quella  more  uxorio,  ed  il  carattere  generale  ed indiscriminato
dell'enunciato,  specie  se  posto in relazione con l'affermazione di
cui  alla  lettera  s)  dello  stesso  articolo  - di rifiuto di ogni
discriminazione   fondata   (non  sul  sesso  ma)  «sull'orientamento
sessuale»   -   lasciano   fondatamente   supporre  che  la  ripetuta
disposizione   postuli   un'incongrua  ed  inammissibile  dilatazione
dell'area  delimitata  dai  valori fondanti dell'art. 2 Cost. e debba
pertanto considerarsi costituzionalmente incompatibile.
    Anche  a monte, del resto, sotto diverso profilo avente carattere
di   priorita'   logica,  deve  dubitarsi  della  legittimita'  della
disposizione  in  esame,  in  quanto  estranea ai contenuti necessari
degli  statuti  regionali  di  cui  al  comma 1  dell'art. 123  Cost.
(inerenti  alla  configurazione  del  proprio ordinamento interno) ed
eccedente   i   limiti  in  cui  altri  contenuti  possono  ritenersi
ammissibili  (cfr. sent. 2/2004). Essa, infatti, ancorche' ricompresa
in  articolo intestato «finalita' principali», non risulta in realta'
ricognitiva  di  funzioni  e compiti della regione ne' indica aree di
prioritario  intervento  politico  o  legislativo  (al contario della
previsione  della  lett.  g) dell'art. 4 inerente alla valorizzazione
della  famiglia  fondata  sul  matrimonio),  tanto meno in materie di
competenza   regionale.   Non  esprime  un  interesse  proprio  della
comunita'  regionale,  ne'  ha  concreto  contenuto programmatorio ed
estremamente opinabile ne e' la misura dell'efficacia giuridica.
    Lo  statuto,  infatti,  e'  espressione di un'autonomia garantita
dalla Costituzione, nel cui quadro si inserisce costituendone momento
attuativo.   Esso   non   puo'   dunque   validamente  estendersi  ad
affermazioni   di   principi   e   valori  che  non  siano  meramente
riproduttive  di quelle espresse nella parte I della Costituzione (in
particolare,  per quanto qui interessa, nel titolo II «rapporti etico
sociali») connotanti l'intero assetto della comunita' nazionale, alla
quale  non  e'  configurabile  che  possa  contrapporsi una comunita'
regionale diversamente caratterizzata.
    Ne'  e' ammissibile, sotto tale profilo, che le diverse comunita'
regionali  possano  tra  loro  diversificarsi  in  ragione  del  loro
ipotetico riconoscersi in valori diversi e contrastanti, che, oltre a
contraddire   il   principio   fondamentale   di  unita'  canonizzato
dall'art. 5  Cost.  ridonderebbe  in  un'ingiustificata disparita' di
trattamento violativa dell'art. 3 Cost.
    L'interesse  ad  espungere  dallo  statuto  la disposizione della
lettera  h)  dell'art. 4  e'  anche  quello di evitare che, come gia'
accennato,  alla  medesima  possano  raccordarsi  -  per  trarne  una
legittimazione  statutaria - successivi interventi normativi che, sia
pure  in  materie  di  competenza  (esclusiva  o  concorrente)  della
regione,  attribuiscano un qualche positivo rilievo «alle altre forme
di convivenza» - ed in particolare a quelle fra soggetti dello stesso
sesso - sia nel settore pubblico che in quello privato.
    3.  -  Lo  stesso  art. 4  dello  statuto  prevede che la regione
persegua, tra le finalita' prioritarie, anche:
      l)   il   rispetto   dell'equilibrio   ecologico,   la   tutela
dell'ambiente  e  del  patrimonio  naturale,  la  conservazione della
biodiversita',   la  promozione  della  cultura  del  rispetto  degli
animali;
      m)  la  tutela  e  la  valorizzazione  del  patrimonio storico,
artistico e paesaggistico.
    Tali  previsioni  violano  la disposizione dell'art. 117, secondo
comma,  lettera s), terzo comma e sesto comma, Cost. che riserva allo
Stato  la potesta' esclusiva su tutela dell'ambiente, dell'ecosistema
e dei beni culturali.
      3.1.  La  complessa  formulazione della disposizione statutaria
della  lettera  l)  dell'art. 4  puo'  sostanzialmente  sintetizzarsi
nell'espressione «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», utilizzata
nell'art. 117,  secondo comma, lettera s) per definire una competenza
legislativa   (e  regolamentare)  esclusiva  dello  Stato  sia  nella
prospettiva  antropocentrica  (tutela della salubrita' dell'ambiente)
che  nella  prospettiva  ecocentrica (tutela della natura intesa come
valore in se', cioe' protezione e conservazione della natura, nel cui
ambito  e'  certamente  ricompreso l'interesse alla conservazione del
patrimonio faunistico; cfr. sent. n. 536/2002).
    Se,   come   insegnato   dalla   giurisprudenza   costituzionale,
l'ambiente  e'  un  «valore costituzionalmente protetto» in ordine al
quale si manifestano competenze diverse, spettano comunque allo Stato
le  determinazioni che rispondono ad esigenze di disciplina uniforme,
anche    specifica,    sull'intero   territorio   nazionale   (sentt.
n. 407/2002;   n. 259/2004).   In   particolare,  se  interventi  del
legislatore  regionale  che  si attenga alle proprie competenze nella
cura  di  interessi  diversi,  funzionalmente  collegati  con  quelli
specificamente ambientali, possono risultare non incompatibili con la
competenza   esclusiva   dello   Stato   nel   settore  della  tutela
dell'ambiente   su  cui  manifestino  una  qualche  incidenza  (sent.
n. 259/2004)  -  nei  limiti  beninteso  in  cui detti interventi non
pregiudichino    l'equilibrio    ambientale   ed   ecologico   (sent.
n. 536/2002) -, rimane fermo, tuttavia, che gli interessi inerenti in
via   primaria   alla   tutela   dell'ambiente   (bene   unitario  da
salvaguardare  nella  sua  interezza;  cfr. sentt. 67/1992; 536/2002)
sono   affidati   alla   competenza   esclusiva  dello  Stato  (sent.
n. 407/2002).
    Tale  fondamentale  regola  rimane  del  tutto  obliterata  nello
statuto  in  esame,  che  vuole perseguire come finalita' prioritaria
proprio  la  tutela dell'ambiente, assumendo questa (non come settore
di   eventuale   indiretta  incidenza  dell'esercizio  di  competenze
concorrenti proprie della regione, ma) come scopo diretto dell'azione
regionale.
    Evidente  e' l'alterazione della prospettiva, che sostanzialmente
si  traduce  nell'illegittima affermazione di una competenza primaria
regionale  di  tutela  dell'ambiente  e dell'ecosistema e quindi (ben
piu' che in un'invasione di competenze nell'esercizio di un'attivita'
normativa)  in  un'incompatibilita'  strutturale  dello statuto della
Regione  e  della Costituzione della Repubblica, per l'incontestabile
prevaricazione  a  livello  di  principio  delle  potesta'  statali e
ribaltamento    dell'ordine   delle   competenze   costituzionalmente
stabilito.
    3.2.   Il   quadro   costituzionale  delle  competenze  delineato
dall'attuale  art. 117  tiene conto della peculiarita' del patrimonio
storico-artistico  italiano,  considerato nel suo complesso al di la'
del  valore  del  singolo  bene  isolatamente  considerato, di cui ha
affidato   la   tutela   alla  potesta'  legislativa  esclusiva  (  e
conseguente  potesta'  regolamentare)  allo Stato e la valorizzazione
alla legislazione concorrente di Stato e regione.
    La  distinzione  tra le due competenze risulta ben chiarita nella
sentenza n. 9/2004, sulla scorta della normativa esistente, nel senso
di ricondurre alla tutela le attivita' inerenti al riconoscimento del
bene  culturale  come  tale,  alla  salvaguardia  della sua struttura
fisica  (ad evitarne il degrado) e quindi del suo contenuto culturale
(per l'inscindibilita' tra la struttura materiale ed il valore ideale
che  essa  esprime),  ivi  compresa  la  valorizzazione dei caratteri
storico  artistici  del bene, e di ricondurre alla valorizzazione del
bene  culturale  (la  cui  disciplina  deve  rispettare  pur sempre i
principi   fondamentali  della  legislazione  statale)  le  attivita'
dirette  alla  fruizione di questo, cioe' a migliorarne le condizioni
di  conoscenza, agevolarne ed incrementarne la possibilita' ed i modi
di  godimento e quindi a diffonderne la conoscenza ed a migliorare le
condizioni  di  conservazione  negli spazi espositivi e nei luoghi in
cui ne avviene la fruizione.
    La  disposizione  statutaria  della  lettera  m) dell'art. 4, che
pretende  di introdurre tra le finalita' prioritarie della regione la
tutela  dei  beni  culturali cozza dunque incontestabilmente conto la
netta  separazione  delle  competenze  delineata dalla Costituzione e
vuole  affermare addirittura priorita' di interventi in un ambito che
non    e'    di   spettanza   della   regione;   cosi'   determinando
un'incompatibilita' strutturale analoga a quella sopra evidenziata, a
proposito  dell'ambiente  e  dell'ecosistema. Ne' e' privo di rilievo
sottolineare  che  compete  comunque alla legge statale, ai sensi del
terzo  comma  dell'art. 118  Cost.,  disciplinare  forme  di intesa e
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
    3.3.  Discorso  del tutto analogo a quello gia' sopra svolto e' a
farsi, com'e' ovvio, per quanto concerne il patrimonio paesaggistico,
in relazione agli aspetti di questo inerenti all'ambiente.
    4.  -  Tra  le  finalita'  prioritarie  che  la regione persegue,
l'art. 4 dello statuto indica ancora:
      n)  la  promozione  dello  sviluppo  economico e di un contesto
favorevole     alla     competitivita'    delle    imprese,    basato
sull'innovazione,  la  ricerca  e  la  formazione,  nel  rispetto dei
principi di coesione sociale e di sostenibilita' dell'ambiente;
      o)  la  valorizzazione  della  liberta' di iniziativa economica
pubblica  e  privata, del ruolo e della responsabilita' sociale delle
imprese;
      p)   la   promozione   della  cooperazione  come  strumento  di
democrazia   economica   e   di   sviluppo  sociale,  favorendone  il
potenziamento con i mezzi piu' idonei.
    Tali  enunciazioni, che vogliono fornire base statutaria a futuri
interventi  del  legislatore  regionale,  nell'assolutezza della loro
formulazione  risultano contrastare con l'attribuzione costituzionale
alla   competenza   esclusiva   dello   Stato   della  «tutela  della
concorrenza»  (art. 117,  secondo  comma,  lett. e), Cost.), la quale
costituisce  una delle leve della politica economica statale ed e' da
intendere  non soltanto in senso statico, come garanzia di interventi
di  regolazione  e  ripristino  di  un  equilibrio  perduto, ma anche
nell'accezione   dinamica   e   promozionale  che  giustifica  misure
pubbliche  volte  a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un
sufficiente   sviluppo   del   mercato   e   ad   instaurare  assetti
concorrenziali.  Competenza,  dunque, che presenta i caratteri di una
funzione  esercitabile sui piu' diversi oggetti, per la sua rilevanza
macroeconomica,  e  che  consente l'adozione sia di specifiche misure
sia di regimi di aiuto (ammessi dall'ordinamento comunitario), idonei
ad  incidere  sull'equilibrio economico generale, ivi comprese misure
di  sostegno  alle  imprese  che,  singolarmente  considerate possono
apparire di entita' tale da non trascendere l'ambito regionale ma nel
loro   insieme   suscettibili   di   assumere   rilevanza  sul  piano
macroeconomico,  coerenti  ad  obiettivi  di scala nazionale e mirate
alla  competitivita'  complessiva  del  sistema  (in  tali  sensi  v.
espressamente, sent. n. 14/2004).
    L'attivita'  delle  autonomie  nel  settore  considerato incontra
dunque  il  necessario  limite,  che  la  norma  statutaria del tutto
oblitera  e  sembra  voler escludere, della competenza statale per la
politica  di sostegno del mercato e gli indirizzi in campo economico,
ivi  comprese  le  politiche  per  la  promozione e lo sviluppo della
cooperazione   e   mutualita',   3)  da  inquadrare  in  una  cornice
complessivamente  unitaria  anche a garanzia dell'uguaglianza tra gli
operatori.
    Le previsioni in questione, per quanto concerne in particolare il
settore  della  cooperazione, se inteso come disciplina delle diverse
forme  e  tipologie  di  questa, si pongono anche in contrasto con la
competenza  spettante  allo  Stato  in  materia di ordinamento civile
(art. 117, comma secondo, lett. l), Cost).
    5.  -  Secondo l'art. 32, comma 2, dello statuto «il programma di
governo  e' approvato entro dieci giorni dalla sua illustrazione». La
disposizione  non  e' accompagnata dall'indicazione delle conseguenze
della  mancata  approvazione  ed  e'  gia' censurabile per questa sua
ambiguita'.
    Nel sistema delineato dallo statuto, l'approvazione del programma
di  governo  compete  al  Consiglio  (art. 11),  cui  spetta indicare
l'indirizzo  politico  e  programmatico  della regione e controllarne
l'attuazione.   Al   Presidente  della  giunta,  eletto  a  suffragio
universale  e  diretto,  spetta la predisposizione del programma e la
sua attuazione (art. 34).
    La  disposizione  in  esame  (che  non si limita a prescrivere la
tempestiva presentazione del programma di governo ma fissa un termine
per  la sua approvazione) non risulta coerente con l'elezione diretta
del  Presidente  (di  cui  sembra  ridurre i poteri di indirizzo), in
quanto  la  prevista approvazione consiliare del programma di governo
instauri  irragionevolmente  e  contraddittoriamente tra presidente e
consiglio  regionale  un  rapporto  diverso  rispetto  a  quello  che
consegue  all'elezione  a  suffragio universale e diretto del vertice
dell'esecutivo  prevista  dal  comma  quinto  dell'art. 122 Cost., in
relazione alla quale non sussiste il tradizionale rapporto fiduciario
con  il consiglio rappresentativo dell'intero corpo elettorale (sent.
n. 2/2004).
    Essa, pertanto, tenuto anche conto dei canoni fondamentali di cui
all'art. 3 Cost., non puo' ritenersi in armonia con la Costituzione.
    6.  -  L'art. 54  (commi  1  e  3)  dello  statuto, in materia di
procedimento  amministrativo e diritto di accesso, prevede il diritto
di accesso ai documenti della regione senza obbligo di motivazione ed
esclude  l'obbligo di motivazione degli atti amministrativi meramente
esecutivi.
    Tali previsioni da un lato potrebbero consentire un controllo non
filtrato sull'attivita' dell'amministrazione, al di la' dell'esigenza
di  protezione  di  interessi  giuridicamente  rilevanti ed anche per
finalita'  meramente  emulative,  con  possibili  intralci ed inutili
appesantimenti  per  la  medesima,  in contrasto con l'art. 97 Cost.;
dall'altro  (per l'esclusione assoluta e di principio dell'obbligo di
motivazione)  potrebbe  determinare un'oggettiva maggiore difficolta'
nella  tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi
da  parte di controinteressati, in violazione degli articoli 24 e 113
Cost;  si  profila  inoltre  un contrasto con l'art. 3, in quanto una
differenza  di  disciplina nelle varie regioni si rifletterebbe sulle
posizioni   soggettive   dei   singoli,   le   quali   risulterebbero
diversamente configurabili e tutelabili.
    In  definitiva,  malgrado l'apparenza, le previsioni in questione
risultano  non coerenti con i principi costituzionali di efficienza e
trasparenza dell'amministrazione nonche' di effettivita' della tutela
contro  i  suoi  atti  e  non rispettano comunque i confini dell'area
normativa   riconoscibile   allo  statuto  rispetto  ad  altre  fonti
regionali.
    7.   -   L'art.   63,   comma   2,   dello  statuto  prevede  che
l'organizzazione  delle  funzioni  amministrative conferite agli enti
locali,  nei  casi  in  cui  risultino  specifiche esigenze unitarie,
possono  essere  disciplinate  con  legge  regionale  per  assicurare
requisiti essenziali di uniformita'.
    L'art.   117,   sesto   comma,   Cost.   riserva   alla  potesta'
regolamentare  degli  enti locali la disciplina dell'organizzazione e
dello  svolgimento  delle funzioni amministrative ad essi attribuite.
Ne  discende  che eventuali esigenze di esercizio unitario potrebbero
solo  giustificare,  secondo il principio di sussidiarieta' (art. 118
Cost.),  il  mantenimento  di  determinate  funzioni  legislative  al
livello  di  governo  regionale, ma non un loro conferimento all'ente
locale con contemporanea espropriazione dei poteri a questo spettanti
per   regolamentarne   l'organizzazione   ed   il  funzionamento.  La
disposizione  in  esame  contrasta  dunque  con  le  richiamate norme
costituzionali,   oltre  che  con  l'art.  114  e  con  il  principio
fondamentale  della  leale  collaborazione  nell'esercizio di compiti
amministrativi interessanti piu' enti fra quelli considerati, in modo
equiordinato, nella stessa norma ultima citata.
    8.   -   Secondo   l'art. 64,  comma  2,  «la  legge  disciplina,
limitatamente  ai  profili  coperti  da  riserva  di legge, i tributi
propri   degli   enti   locali,  salva  la  potesta'  degli  enti  di
istituirli».
    Va  preliminarmente  osservato che la Corte (sent. n. 37/2004) ha
puntualmente   affermato   che   «non   e'  ammissibile,  in  materia
tributaria,  una piena esplicazione di potesta' regionali autonome in
carenza  della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal
Parlamento  nazionale»  e che la materia del sistema tributario degli
enti  locali  non  rientra  nell'ambito  della  potesta'  legislativa
«residuale» delle regioni.
    Cio'  premesso,  deve  rilevarsi  che  la  norma in esame postula
margini   di  autonomia  regionale  piu'  ampi  di  quelli  stabiliti
dall'art. 119 Cost., i cui limiti non vengono richiamati.
    La   norma   statutaria,   in   particolare,  relativamente  alla
disciplina  dei  tributi  degli  enti  locali,  vuole direttamente ed
immediatamente   prefigurare   un   determinato  rapporto  tra  fonti
normative (legge regionale, per la parte coperta da riserva di legge,
e  normativa  locale,  per  quanto concerne l'istituzione e gli altri
aspetti  non  coperti  da riserva di legge) che e' invece solo uno di
quelli possibili, costituzionalmente rimessi alle valutazioni ed alle
scelte  del legislatore nazionale nel momento in cui dara' attuazione
all'art. 119 Cost.
    La  Corte  ha  infatti  precisato,  nella citata sentenza, che e'
possibile  ipotizzare  «situazioni  di disciplina normativa sia a tre
livelli  (legislativa statale, legislativa regionale, e regolamentare
locale), sia a due soli livelli (statale e locale, ovvero regionale e
locale)».  La  norma  statutaria  in  esame,  invece, non solo sembra
escludere  a priori la possibilita' della soluzione a tre livelli, ma
postula  che,  nell'ambito  di  quella  a  due  livelli,  la potesta'
legislativa  competente  debba  essere  quella  regionale,  cosi' non
rispettando le attribuzioni costituzionali del legislatore nazionale,
al quale soltanto, come detto, competono le scelte in materia.
    Per tale verso, fermo il rilevato contrasto con l'art. 119 Cost.,
e'  anche  da evidenziare il modo di per se' censurabile con il quale
nella  disposizione  in  esame  viene utilizzato due volte il termine
«legge» senza alcuna aggettivazione.
    E'  pacifico,  nella  logica  funzionale  dello  statuto,  che il
richiamo  iniziale  alla  legge  e'  da intendere riferito alla legge
regionale,  la  quale,  nella  prospettiva  seguita,  dovrebbe essere
l'unica  a  disciplinare  i tributi degli enti locali. Se ne dovrebbe
dedurre,  in  assenza  di  altra  indicazione  ed  in coerenza con la
prospettazione   statutaria,  l'analoga  valenza  del  termine  legge
successivamente  usato  e,  dunque, che la riserva di legge di cui e'
fatta  menzione sia esclusivamente una riserva di legge regionale. Il
che,   per   quanto   gia'  considerato,  contraddice  le  previsioni
costituzionali  in  base  alle  quali la riserva di legge in subiecta
materia e' primariamente riserva di legge statale.
    9.  -  L'art. 70, comma 1 dello statuto prevede che gli organi di
governo  ed  il consiglio partecipano, nei modi previsti dalla legge,
alla  formazione  e attuazione degli atti comunitari nelle materie di
competenza   regionale.   Il  riferimento,  malgrado  la  genericita'
dell'espressione, sembra essere alla legge regionale.
    La  disposizione  contrasta  quindi con l'art. 117, quinto comma,
Cost.,  che  prevede  che  la  partecipazione  delle  regioni avvenga
secondo  le  norme  di procedura stabilite da legge dello Stato (cfr.
art. 6 della legge n. 131/2003).
    10.  -  L'art. 75,  comma  4,  dello  statuto,  a  proposito  del
referendum  abrogativo  di  una  legge o di un regolamento regionale,
prevede  che  la  proposta  referendaria  di  abrogazione  si intende
approvata se partecipa alla votazione la maggioranza dei votanti alle
ultime  elezioni  regionali e se essa ottiene la maggioranza dei voti
validamente espressi.
    La  disposizione  contrasta  con  il  principio  fondamentale  di
ragionevolezza   in   quanto  ancora  la  disciplina  del  principale
strumento di democrazia diretta e la valutazione dell'esito della sua
attivazione  non  in riferimento alla consistenza effettiva del corpo
elettorale, secondo un corretto principio di democrazia partecipativa
correlato  a  quello  del suffragio universale, ma con riguardo ad un
dato   del   tutto   casuale   e   contingente,  privo  di  qualsiasi
significativita'.
    Evidente  e'  l'incoerenza  e l'irragionevolezza della norma, che
non   tiene   conto,  tra  l'altro,  della  differente  natura  della
consultazione  referendaria  rispetto  alle  elezioni regionali e del
diverso interesse che le due consultazioni popolari possono rivestire
per il cittadino sia in relazione al loro diverso oggetto - di scelta
dei   rappresentanti  negli  organi  legislativi  ovvero  di  diretta
decisione  politica  su  problemi  e  discipline  specifiche - sia in
relazione alle diverse modalita' di espressione e di computo del voto
nell'una   e   nell'altra   consultazione,   in  connessione  con  la
suddivisione   degli   elettori   in  collegi  e,  di  converso,  con
l'essenziale   e   peculiare   unitarieta'   del  corpo  referendario
deliberante, elementi tutti che escludono qualsiasi fondamento logico
alla  prevista parametrazione del quorum di partecipazione necessario
per la validita' del referendum.
    Le  precedenti  considerazioni  traggono  conforto  dal  rilievo,
tutt'altro che astratto ma fondato sulla concreta esperienza pratica,
della  linea di tendenza di ultimo periodo, che mostra un progressivo
aumento dell'astensionismo elettorale; circostanza che, coniugata con
quella  (evidentemente  trascurata)  della  significativita' che puo'
assumere  un  comportamento  omissivo  in  occasione di un referendum
abrogativo,  potrebbe  portare,  sulla  base  della censurata regola,
all'inaccettabile  ed antidemocratica conseguenza dell'abrogazione di
un  atto  normativo  in base al voto di un'esigua minoranza del corpo
elettorale.
    Deve  comunque  ritenersi che l'ancoramento della validita' della
consultazione   referendaria   alla   partecipazione  ad  essa  della
maggioranza  degli  aventi  diritto,  stabilito dall'art. 75 Cost., a
proposito delle leggi statali, costituisca positiva espressione di un
principio  costituzionale  fondamentale, qualificante la forma stessa
dello Stato democratico.
          1)   Come   rimarcato  dalla  Corte  (sent.  352/2000),  il
          legislatore penale, a ftonte di un auspicio espresso con le
          sentenze  n. 6/1977 e n. 237/1986 per una valutazione della
          tutela  da accordare agli interessi connessi al rapporto di
          convivenza,  rispetto  all'alternativa  di  incidere  sulla
          definizione  generale della nozione di «prossimi congiunti»
          offerta  dall'art.  307,  comma  quarto  c.p., includendovi
          anche  il convivente, ha preferito limitare l'assimilazione
          a singole situazioni ben individuate, anziche' procedere ad
          un  «allineamento»  generale ed indiscriminato del rapporto
          di convivenza a quello di coniugio.
          2)  Nel  prendere  in considerazione la convivenza di fatto
          tra  uomo  e  donna  (pur  in  situazioni  di  «consolidato
          rapporto»)   la   Corte   Costituzionale  ha  costantemente
          affermato  la fondamentale diversita' tra famiglia di fatto
          e   famiglia   fondata  sul  vincolo  matrimoniale  (questa
          soltanto  con  -  notata  dai  caratteri della stabilita' e
          certezza   e  della  reciprocita'  e  corrispettivita'  dei
          diritti e dei doveri che fanno capo ai suoi componenti), in
          ragione  della  quale  la Costituzione stessa ha dato delle
          due situazioni una valutazione differenziatrice che esclude
          in   radice  l'anunissibilita'  -  da  un  punto  di  vista
          giuridico  costituzionale  - di affermazioni omologanti. Il
          che  non esclude la comparabilita' di specifiche discipline
          riguardanti aspetti particolari della convivenza di fatto e
          del rapporto di coniugio che possano presentare analogie ai
          fini del controllo della ragionevolezza a norma dell'art. 3
          Cost.,  (da  ultimo  ord. 121/2004; per interventi additivi
          fondati su tali premesse v. sentt. 404/1988; 559/1989).
          3)  V.  la  ridefinizione  dei  compiti del Ministero delle
          atiivita'  produttive  di  cui al d.lgs. n. 34/2004, che ha
          sostituito l'art. 27 ssgg. del d.lgs. n. 300/1999.
                              P. Q. M.
    Si  conclude  pertanto  perche'  sia  dichiarata l'illegittimita'
costituzionale  dello statuto della Regione Toscana negli articoli 3,
comma 6; 4, comma 1, lettere h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54,
commi  1 e 3; 63, comma 2; 64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4, per
le ragioni e come sopra precisato.
        Roma, addi' 5 agosto 2004
                Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato
04C0999