N. 24 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 17 novembre 2004

Ricorso  per  conflitto  di attribuzione depositato in cancelleria il
17 novembre 2004 (del Tribunale di Cosenza)

Parlamento  - Immunita' parlamentari - Deliberazione della Camera dei
  deputati  in  data  9 novembre 1999, con la quale si dichiara che i
  fatti per cui si procede penalmente nei confronti dell'on. Vittorio
  Sgarbi  per diffamazione aggravata nei confronti dell'ing. Vincenzo
  Mancino  concernono  opinioni  espresse da un membro del Parlamento
  nell'esercizio  delle  sue funzioni - Conflitto di attribuzione tra
  poteri  dello Stato sollevato dal Tribunale di Cosenza, Sez. G.I.P.
  -  G.U.P., per la ritenuta mancanza di nesso tra i fatti attribuiti
  e l'esercizio delle funzioni parlamentari.
- Deliberazione della Camera dei deputati del 9 novembre 1999.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.47 del 1-12-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Esaminata  la  richiesta  presentata  in  data 22 giugno 2001 dal
pubblico   ministero   affinche'   venga   sollegato   conflitto   di
attribuzione  davanti  alla  Corte costituzionale tra il Tribunale di
Cosenza  e  la  Camera  dei  deputati  in  ordine  alla  competenza a
giudicare  le  espressioni  rese  dall'on. Sgarbi  neel  corso  della
trasmissione   televisiva   «Sgarbi   Quotidiani»,   andata  in  onda
sull'emittente «Canale 5», il 4 dicembre 1992; all'esito dell'udienza
in camera di Consiglio;

                            O s s e r v a

    All'udienza del 18 aprile 2002, poiche' in data 8 giugno 2000 era
stata  esaminata  analoga  richiesta presentata dal p.m., le parti si
riportavano alle conclusioni gia' espresse in quella sede.
    La   difesa  dell'indagato,  in  via  assolutamente  prelimiaare,
sottolineava  l'improcedibilita' del ricorso in esame definitivamente
decaduto   a  seguito  della  mancata  esecuzione  degli  adempimenti
previsti  dall'art. 26%,  legge  n. 20/1962  alorche'  la Corte aveva
dichiarato ammissibile il ricorso formulato a seguito della richiesta
presentata dal p.m. in data 6 aprile 2000.
    Ebbene,  l'eccezione  sollevata dalla difesa dell'indagato appare
infondata.   La   mancata  esecuzione  degli  adempimenti  lamentata,
infatti, riguarda il ricorso innestatosi a seguito della richiesta di
sollevazione  del  conflitto  di  attribuzione  presentata  dal  p.m.
nell'aprile  2000,  ed  e'  tale  ricorso,  di  contenuto  analogo ma
formalmente diverso, a risultare improcedibile.
    Nel caso di specie, la richiesta del p.m., sebbene nella sostanza
di  contenuto assolutamente identico, instaura un nuovo procedimento,
con  nuovo  ricorso  alla  Corte,  in  relazione  al  quale non si e'
verificata alcuna decadenza.
    Per  il  resto,  visto  il  medesimo  contenuto  delle  questioni
trattate,    questo,    giudice   si   riporta   integralmente   alle
argomentazioni gia' espresse nel provvedimento del 15 giugno 2000.
    Il   procedimento  penale  n. 1238/1999  R.G.N.R.  nei  confronti
dell'on. Vittorio  Sgarbi,  in relazione al reato di cui all'allegata
imputazione,   trae   origine   da  una  denuncia  querela  inoltrata
dall'odierna  parte  offesa,  costituita  parte civile, ing. Vincenzo
Mancino,  alla  Procura  della  Repubblica  di  Paola in relazione ad
espressioni  asseritamente  offensive pronunciate dall'on. Sgarbi nel
corso della trasmissione televisiva indicata in epigrafe.
    Indi,  il  23  giugno  1999, Tribunale di Paola emetteva per tali
fatti,  connessi  con  altra  ipotesi delittuosa per la quale pendeva
gia' procedimento penale presso il Tribunale di Cosenza, sentenza con
la   quale   dichiarava   la  propria  incompetenza  e  disponeva  la
trasmissione  degli  atti  alla  Procura della Repubblica di Cosenza.
Successivamente,  nella  seduta  parlamentare del 9 novembre 1999, la
Camera dei deputati deliberava l'insindacabilita' delle dichiarazioni
espresse  dall'on. Sgarbi  nel corso della trasmissione televisiva in
esame,  trattandosi  di opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni  ex  art. 68,  comma primo della
Costituzione.
    Va  preliminarmente  esaminata la richiesta formulata dalla parte
civile  di  disapplicazione  della  deliberazione  parlamentare del 9
novembre  1999  e di prosecuzione del giudizio penale. Tale richiesta
va rigettata in quanto priva di fondamento.
    Invero,  qualora  la  Camera  di  appartenenza  del  parlamentare
sottoposto  ad  indagini  o  a  procedimento  giudiziario deliberi in
merito   alla   sussumibilita'   delle   espressioni   esternate  dal
parlamentare    nell'alveo   della   prerogativa   costituzionalmente
riconosciuta   e   pertanto   stabilisca   l'insindacabilita'   delle
espressioni  medesime,  da  cio' deriva, come correttamente osservato
dal  pubblico  ministero nella richiesta, «un ostacolo ad un giudizio
di merito del giudice penale investito della decisione».
    A  fronte  di  tale  delibera  della  Camera  di  appartenena del
parlamentare,   divenuto  il  giudizio  assolutamente  improcedibile,
rimane  all'autoria' giudiziaria, qualora ritenga che la delibera sia
illegittima   in  quanto  adottata  in  assenza  dei  presupposti  di
applicabilita'  dell'art. 68,  comma 1 Cost., l'unica possibilita' di
sollevare  conflitto  d'attribuzioni avanti alla Corte costituzionale
ai  sensi  dell'art. 37,  legge n. 87/1953. In nessun caso il giudice
puo'  semplicemente  disapplicare  la deliberazione parlamentare che'
ritiene viziata e procedere «tamquam non esset».
    La difesa dell'indagato, opponendosi alla richiesta formulata dal
p.m.,  ha  preliminarmente argomentato in merito all'inutilita' della
rimessione  degli atti al giudizio della Corte costituzionale, atteso
che il reato in contestazione risulterebbe presritto. In particolare,
secondo  l'assunto  difensivo,  sarebbe stata erroneamente contestata
allo   Sgarbi  l'aggravante  di  cui  all'art. 13l  legge  n. 48/1947
dovendosi   al   contrario   ritenere   applicabile   il  trattamento
sanzionatorio  di cui all'art. 595, comma 3, c.p. Cosi' argomentando,
il  reato  de quo sarebbe definitivamente prescritto in data 4 giugno
2000.
    Tali  argomentazioni  non  appaiono  condivisibili. Pare a questo
giudice  che esuli dall'oggetto del proprio giudizio ogni valutazione
riguardante  la  fondatezza  dei  fatti  ascritti allo Sgarbi, sia in
relazione  agli  elementi  costituitivi del reato, sia in ordine alle
aggravanti   contestate,   dovendosi   fare   riferimento  unicamente
all'ipotesi  criminosa  cosi'  come  astrattamente  configurata dalla
pubblica   accusa,   ipotesi   che  allo  stato  non  appare  affatto
prescritta.
    Nel  merito  la  richiesta  formulata dalla pubblica ccusa appare
fondata.
    Invero,  la  Camera dei Deputati ha dichiarato l'insindacabilita'
delle  opinioni  espresse  dall'on. Sgarbi  ritenendo  che  le  frasi
pronunciate  da  quest'ultimo  fossero connesse con lo svolgimento di
«un   procedimento  penale  che,  all'epoca  del  suo  inizio,  aveva
gravemente  leso  la reputazione degli indagati, alcuni ex membri del
Parlamento,  sottoposti  a  lunga custosia cautelare» prima di essere
dichiarati estranei ai fatti criminosi riguardanti l'omicidio Ligato.
Conclude  la  predetta  deliberazione  sostenendo  il  carattere  «di
critica  tutta  politica»  delle  opinioni  espresse  dall'on. Sgarbi
riguardo  alla  conduzione  da  parte  dell'accusa di un procedimento
penale, le cui tesi, risultate alla fine del tutto infondate, avevano
arrecato  gravi danni non solo alla reputazione degli interessati, ma
anche al «rapporto tra opinione pubblica e classe politica».
    Ebbene,  gia' da quanto sostenuto dalla delibera della Camera dei
deputati appare evidente la mancanza di un effettivo collegamento fra
le  espressioni  contestate  all'on. Sgarbi e lo svolgimento da parte
del    deputato    della    propria    attivita'   di   parlamentare.
L'insindacabilita'   di   cui   al  primo  comma  dell'art. 68  della
Costituzione  infatti, riguarda le opinioni espresse dal membro delle
Camere  all'interno  del Parlamento e tra quelle espresse al di fuori
del Parlamento, solo quelle che risultino strettamente collegate alle
attivita' parlamentari svolte dal deputato.
    In  tal senso, da ultimo la Corte costituzionale si e' piu' volte
pronunciata  affermando  la  necessita',  affinche' si possa ritenere
sussistente la prerogativa costituzionalmente garantita dall'art. 68,
comma  primo, Cost., dell'effettiva ricorrenza di un nesso funzionale
tra  le  opinioni espresse e l'attivita' parlamentare, nesso che puo'
ritenersi   presente   solo   quando   si   appalesa   una  immediata
identificabilita'  della  dichiarazione  stessa  quale espressione di
attivita'  parlamentare, apparendo a1 contrario insufficiente un mera
comunanza  di  tematiche o un semplice collegamento di argomento o di
contesto   fra  attivita'  parlamentare  e  dichiarazioni.  In  buona
sostanza,  non risulta coperta da insindacabilita' quell'opinione che
non   sia   collegata   da   nesso  con  l'esercizio  delle  funzioni
parlamentari,  ancorche'  riguardi  temi  al  centro  di un dibattito
politico (v. sent. C. cost. nn. 10, 11, 56, 58 del 2000).
    Dunque,  solo  quando  ricorra  un evidente collegamento con atti
tipici  del  mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge,
interpellanze,  interrogazioni,  relazioni  e  cosi' via), l'opinione
espressa  puo'  ritenersi  funzionalmente  connessa  con  l'esercizio
dell'attivita'  parlamentare e quindi insindacabile ex art. 68, primo
comma,  Cost.  In  tutte  le  altre  ipotesi,  la  manifestazione  di
pensiero, ancorche' collegata allo svolgimento di attivita' politica,
non risulta coperta dalla prerogativa di insindacabilita'.
    Passando al caso in esame, e' del tutto evidente l'assenza di uno
stretto   collegamento   fra   le   dichiarazioni   contestate   come
diffamatorie  e  l'esercizio  di  funzioni  parlamentari. Invero, gli
apprezzamenti    formulati    dall'on. Sgarbi    in    merito    alla
professionalita'   e  alla  competenza  dell'ing.  Vincenzo  Mancino,
consulente  tecnico  del  pubblico ministero nell'ambito del processo
per  l'omicidio Ligato, non appaiono in alcun modo collegati con atti
tipici  del  mandato  parlamentare.  Pertanto, la deliberazione della
Camera  dei  deputati,  affermando  l'insindacabilita' delle opinioni
espresse   dallo  Sgarbi  nel  corso  della  trasmissione  televisiva
indicata,  ha  sostanzialmente  estenso la prerogativa di cui all'art
68, primo comma Cost. a comportamenti del deputato che, pur potendosi
ritenere  latamente  riconducibili  ad  attivita'  politica, non sono
strettamente     funzionali    all'esercizio    delle    attribuzioni
parlamentari.
    Tale  erronea  applicazione  dell'art. 68,  comma  primo Cost. ha
determinato    una    menomazione   della   sfera   di   attribuzioni
costituzionali dell'autorita' giudiziaria, imponendo la necessita' di
ricorrere  al  rimedio  del  conflitto di attribuzione previsto dalla
legge n. 87 del 1953.
    Sembra,  infatti,  indispensabile  sottoporre alla verifica della
Corte  costituzionale  il legittimo esercizio dei poteri della Camera
dei  deputati  nella vicenda in esame, attraverso la rimessione degli
atti  alla  Corte per la risoluzione del conflitto fra i poteri dello
stato.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. n. 87/1953;
    Solleva  conflitto  di attribuzione in ordine al corretto uso del
potere   di   decidere   sulla   sussistenza   dei   presupposti   di
applicabilita'  dell'art. 682,  comma  primo  Cost.,  come esercitata
dalla  Camera  dei  deputati con delibera adottata in data 9 novembre
1999  relativamente  al  giudizio  penale  pendente  davanti a questo
tribunale nei confronti dell'on. Vittorio Sgarbi.
    Dispone  la  sospensione  del  presente  procedimento  sino  alla
risoluzione del conflitto.
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Manda alla Cancelleria per quanto di competenza.
        Cosenza, addi' 29 aprile 2002
                        Il giudice: Ferrucci
04C1227