N. 591 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 dicembre 2004

Ordinanza   emessa   il   22  dicembre  2004  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  16  dicembre  2005)  dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Genova  nel  procedimento  tributario  vertente  tra
Bugaboo  di Rino Quercioli & C. S.n.c. contro Agenzia delle Entrate -
Ufficio di Genova 2.

Sanzioni  amministrative - Inosservanza di disposizioni in materia di
  lavoro  sommerso  e  previdenza sociale - Sanzione pecuniaria nella
  misura  dal 200 al 400 per cento dell'importo del costo del lavoro,
  relativo  a  ciascun  lavoratore,  calcolato sulla base dei vigenti
  contratti collettivi nazionali per il periodo compreso tra l'inizio
  dell'anno  e la data di constatazione della violazione - Violazione
  del  principio  di uguaglianza per irrazionalita' ed ingiustificato
  eguale trattamento di situazioni diverse - Incidenza sul diritto di
  difesa.
- Decreto  legge 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, comma 3, convertito
  con modificazioni nella legge 23 aprile 2002, n. 73.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.1 del 4-1-2006 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la  seguente  ordinanza,  sul  ricorso  n. 1650/04,
depositato  il  25  maggio  2004, avverso avviso irrogazione sanzioni
n. r4dlso300010  sanz.amministr.  contro  agenzia  entrate  - Ufficio
Genova  2,  proposto  dal  ricorrente  Bugaboo di Rino Quercioli e C.
s.n.c.,  via  Francia  n. 30  -  16011 Arenzano (GE), difeso da Raffa
Angelo, piazza della Vittoria 15/14 - 16121 Genova.
    La Commissione tributaria provinciale di Genova, sezione 6ª,

                            O s s e r v a

    1)  La  societa' «Boogaboo di Rino Quercioli s.n.c.» ha impugnato
davanti a questa Commissione l'atto di irrogazione di sanzione emesso
dall'Ufficio  Entrate  di  Genova  2  in data 4 febbraio 2004, con il
quale   alla  Societa'  ricorrente  e'  stata  inflitta  la  sanzione
amministrativa  pecuniaria  di  euro  41.268,  ridotto  a ÷, per aver
impiegato due lavoratrici dipendenti non risultanti nelle scritture o
da   altra  documentazione  obbligatoria;  detta  sanzione  e'  stata
calcolata  ai  sensi  dell'articolo  3, comma 3, del d.l. 22 febbraio
2002,  n. 12,  con  riferimento  al  periodo  compreso  tra  l'inizio
dell'anno  e la data di constatazione della violazione (data che, nel
caso,  e' l'8 agosto 2002, quanto alla visita ispettiva, ovvero il 23
maggio 2003, quanto alla redazione del verbale di accertamento).
    Nel  ricorso  si  sostiene  che le lavoratrici a cui si riferisce
l'accertamento  avevano  lavorato,  sino  al  giorno 25 febbraio e 20
febbraio,  alle  dipendenze  dello  stesso datore di lavoro, il quale
aveva  provveduto  a  regolarizzarne  tempestivamente la posizione; a
sostegno  di  tale  affermazione  parte  ricorrente produce copia del
libretto di lavoro, nonche' di altra esauriente documentazione.
    Conseguentemente    la    ricorrente   chiede   la   revoca   e/o
l'annullamento   della   sanzione,   in   quanto  basta  sull'erroneo
presupposto  che  le  lavoratrici fossero state alle dipendenze della
Societa' a decorrere dal primo giorno dell'anno.
    L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Genova 2, si e' costituito in
giudizio,   e,   senza   contestare   in  fatto  quanto  asserito  da
controparte,  afferma che la decorrenza della sanzione amministrativa
dal   primo  giorno  dell'anno  in  cui  e  avvenuto  l'accertamento,
costituisce una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria
e  legittima  l'applicazione  della sanzione «indipendentemente dalla
durata   effettiva  del  rapporto  di  lavoro  sommerso»,  in  quanto
costituisce  «un  mero  sistema di calcolo che prescinde dalla durata
del  rapporto  di  lavoro»; e cio' allo scopo di favorire l'emersione
del  lavoro  sommerso  attraverso  la  repressione  rigorosa dei casi
accertarti.  In  conseguenza  «il  fatto  che  le lavoratrici abbiano
svolto  la  propria  attivita'  alle  dipendenze  della  stessa ditta
precedentemente alla verifica effettuata dai Funzionari dell'INPS non
rileva   quindi   nulla   ai   fini  dell'applicazione  della  misura
sanzionatorio».
    2)  La norma applicata dalla Agenzia delle Entrate per infliggere
la  sanzione  amministrativa  impugnata  e'  l'articolo 3 del d.l. 22
febbraio  2002,  n. 12,  come  modificato dalla legge 23 aprile 2002,
n. 73,  secondo  cui  «...  l'impiego  di  lavoratori  dipendenti non
risultanti  dalle  scritture  ....  e' altresi punito con la sanzione
amministrativa  dal  200  al  400 per cento dell'importo, per ciascun
lavoratore  irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei
vigenti  contratti  collettivi nazionali, per il periodo compreso tra
l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione».
    Il  tenore della disposizione normativa e' tale da non consentire
nessuna  interpretazione  che  si discosti da quella letterale: sotto
questo profilo e' esatta la tesi della Agenzia delle Entrate, secondo
cui  la  norma, per conseguire lo scopo di una sanzione rigorosa, non
prevede  la  possibilita'  di  rapportare  quest'ultima  a  parametri
temporali diversi, ne' piu' brevi, ne' piu' lunghi.
    Il risultato e' una sanzione, si potrebbe dire semi rigida, cioe'
variabile  soltanto  in  rapporto alla data dell'accertamento, ma non
rispetto  al  dies a quo, indipendentemente dalla decorrenza iniziale
della  condotta  vietata;  per  cui  tanto  piu'  la  punizione sara'
pesante,  quanto  piu' l'accertamento avverra' a distanza dall'inizio
dell'anno;  quest'ultimo,  in  sostanza  svolge la funzione di ambito
entro il quale la condotta irregolare accertata viene presuntivamente
circoscritta.
    3)  Occorre  pero' valutare se la norma di legge in questione sia
legittima  sotto  il  profilo  costituzionale,  cosa su cui sono gia'
stati   sollevati   dubbi   ad  opera  della  Commissione  tributaria
provinciale  di  Perugia,  con  ordinanza  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  - Serie Speciale - n.  23 del 16 giugno 2004. Secondo tale
ordinanza  l'articolo  3  del  d.l.  22  febbraio 2002, n. 12 sarebbe
viziato  da  irragionevolezza  perche' punirebbe con sanzioni diverse
comportamenti  identici  e comporterebbe una inaccettabile violazione
del  diritto  di  difesa. Va premesso che non compete al controllo di
legittimita'  costituzionale  della norma la valutazione delle scelte
politiche  compiute dal Legislatore, sia in materia di determinazione
degli  illeciti sanzionatori, sia per quanto riguarda l'entita' delle
sanzioni:  infatti  il  giudizio  di legittimita' costituzionale puo'
soltanto  fare  riferimento alla eventuale violazione, da parte della
norma  ordinaria,  dei  principi  stabiliti  dalla  Costituzione. Tra
questi  principi,  peraltro,  rientra  anche  quello  di  parita' del
trattamento   dei   cittadini,   ai   sensi   dell'articolo  3  della
Costituzione,  anche  con  riferimento  alla  assenza  di elementi di
irragionevolezza  che  rendano  aleatorie,  e  quindi  non  eque,  le
conseguenze sanzionatorie di una condotta vietata.
    Non  e'  quindi sindacabile, in linea di principio, la scelta del
Legislatore  di stabilire una sanzione variabile a seconda del mutare
di  taluni  fattori richiamati dalla norma stessa (nel caso in esame,
il  tempo  durante  il  quale  si  e' protratta la condotta). Occorre
tuttavia  che  la scelta sia ispirata a criteri tali da garantire una
proporzionalita'  della  sanzione.  Viceversa  nel  caso  in esame il
sistema  adottato  dal Legislatore non fa riferimento ne' alla durata
complessiva  della  condotta,  ne' ad alcun altro criterio razionale,
limitandosi   a  stabilire  un  termine  finale  pari  alla  data  di
accertamento)  valido  per  tutti,  collegato  peraltro ad un termine
iniziale  fissato  in  maniera  del  tutto  arbitraria,  prescindendo
completamente  dalla  data di inizio effettivo della condotta. Non si
ha  quindi  ne' una sanzione proporzionale alla durata dell'illecito,
ne'   una  sanzione  fossa  per  tutti  i  casi,  ma,  nella  singola
fattispecie,   una  sanzione  rapportata  ad  una  periodo  di  tempi
inferiore  o  superiore,  in  maniera del tutto casuale rispetto alla
durata  reale  di  commissione dell'illecito. Si ha quindi un sistema
sanzionatorio  arbitrario  ed irrazionale, privo cioe' di riferimenti
logici alla situazione reale che si vuole reprimere.
    4)  La  gia'  rilevata  inderogabilita'  del  dies a quo comporta
altresi'  per  entrambe  le  parti  l'impossibilita'  di  far valere,
nell'esercizio  del  proprio  diritto  di  difesa, la esistenza di un
diverso  dies  a  quo  reale.  Per  entrambe le parti, perche' mentre
l'autore dell'illecito non puo' dimostrare che la decorrenza iniziale
e'  posteriore all'inizio dell'anno, anche l'Amministrazione non puo'
far  valere una decorrenza anteriore eventualmente emersa. Tutto cio'
comporta   una   esclusione   ingiustificata  della  possibilita'  di
dimostrare  in giudizio, nell'esercizio del diritto di difesa, che la
realta' e' diversa da quella fittizia imposta dalla legge.
    Viceversa  la  mancata  contestazione,  in  punto di fatto, delle
prove  documentali  fornite da parte ricorrente sull'effettivo inizio
del  rapporto  di  lavoro  irregolare rende irrilevante l'esame della
diversa  questione, in linea teorica sollevabile, relativo al divieto
di prova testimoniale nel processo tributario.
    5) Per i motivi sopra esposti gli atti vanno trasmessi alla Corte
Costituzionale sospendendosi nel frattempo il giudizio in corso.
                              P. Q. M.
     Visto l'articolo 23 della legge n. 87/1953;
    Ordina   la   immediata   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
costituzionale   perche'   esamini   la   questione   relativa   alla
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  3,  comma 3, del d.l. 22
febbraio  2002, n. 12, convertito in legge 22 aprile 2002, n. 73, per
possibile  violazione  degli articoli 3 e 24 della Costituzione nella
parte  in cui stabilisce che la sanzione amministrativa sia calcolata
con  decorrenza  dal  primo  giorno  dell'anno  in  cui  e'  avvenuto
l'accertamento;
    Sospende il giudizio in corso:
    Manda  alla  segreteria  di notificare la presente ordinanza alle
parti  ed  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri e di darne
comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Genova, addi' 28 ottobre 2004
                     Il Presidente: Sciacchitano
Il relatore: Bergamaschi 05C1237