N. 593 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 2004
Ordinanza emessa il 23 settembre 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale il 16 dicembre 2005) dalla Commissione tributaria provinciale di Genova nel procedimento tributario vertente tra Hotel Alba s.n.c. contro Agenzia delle Entrate - Ufficio di Chiavari. Sanzioni amministrative - Inosservanza di disposizioni in materia di lavoro sommerso e previdenza sociale - Sanzione pecuniaria nella misura dal 200 al 400 per cento dell'importo del costo del lavoro, relativo a ciascun lavoratore, calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione - Violazione del principio di uguaglianza per irrazionalita' ed ingiustificato eguale trattamento di situazioni diverse - Incidenza sul diritto di difesa. - Decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, comma 3, convertito con modificazioni nella legge 23 aprile 2002, n. 73. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.1 del 4-1-2006 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 109/04, depositato il 16 gennaio 2004, avverso avviso irrogazione sanzioni n. 859LS0100006 sanzione amministrativa 2003, contro Agenzia Entrate - Ufficio Chiavari, proposto dal ricorrente Hotel Alba s.n.c., legale rappresentante Bonato Meris Pierina, via Matteotti n. 36 - 16033 Lavagna (Genova), difeso da Cuneo Fernando, via XX settembre, 42 - 16100 Genova. La Commissione Tributaria Provinciale di Genova, sezione 6ª, sciogliendo la riserva disposta nell'udienza del 8 luglio 2004, O s s e r v a 1) La signora Bonato Pierina, quale legale rappresentante pro tempore della Societa' Hotel Alba s.n.c., corrente in Lavagna (Genova), ha impugnato davanti a questa Commissione l'atto di irrogazione di sanzione emesso dall'Ufficio di Chiavari della Agenzia delle Entrate in data 3 novembre 2003, con il quale alla Societa' ricorrente e' stata inflitta la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 10.378,20 (pari all'importo minimo applicabile) per aver impiegato una lavoratrice dipendente non risultante nelle scritture o da altra documentazione obbligatoria; detta sanzione e' stata calcolata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, con riferimento al periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione (data che, nel caso, e' il 18 maggio 2003, quanto alla visita ispettiva, ovvero il 23 maggio 2003, quanto alla redazione del verbale di accertamento). Nel ricorso si sostiene che la lavoratrice a cui si riferisce l'accertamento aveva lavorato, sino al giorno 17 maggio 2003, alle dipendenze di un altro datore di lavoro, il quale aveva provveduto a regolarizzarne tempestivamente la posizione; a sostegno di tale affermazione parte ricorrente produce copia del libretto di lavoro, nonche' dichiarazione del precedente datore di lavoro, di cui inoltre chiede l'audizione quale testimone. Conseguentemente la ricorrente chiede la revoca e/o l'annullamento della sanzione, in quanto basta sull'erroneo presupposto che la lavoratrice fosse stata alle dipendenze della Societa' a decorrere dal primo giorno dell'anno. L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Chiavari, si e' costituito in giudizio, opponendosi alla audizione testimoniale richiesta da parte ricorrente ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del d. lgs. 546/1992; per il resto parte resistente, senza contestare in fatto quanto asserito da controparte, afferma che la decorrenza della sanzione amministrativa dal primo giorno dell'anno in cui e' avvenuto l'accertamento, costituisce una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria e legittima l'applicazione della sanzione «indipendentemente dalla durata effettiva del rapporto di lavoro sommerso» in quanto costituisce «un mero sistema di calcolo che prescinde dalla durata del rapporto di lavoro»; e cio' allo scopo di favorire l'emersione del lavoro sommerso attraverso la repressione rigorosa dei casi accertarti. In conseguenza «il fatto che la Signora abbia svolto la propria attivita' come collaboratrice domestica precedentemente alla verifica effettuata dai funzionari dell'INPS non dimostra quindi nulla ai fini dell'applicazione della misura sanzionatoria». 2) La norma applicata dalla Agenzia delle Entrate per infliggere la sanzione amministrativa impugnata e' l'articolo 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, come modificato dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, secondo cui «... l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture ... e' altresi' punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione». Il tenore della disposizione normativa e' tale da non consentire nessuna interpretazione che si discosti da quella letterale: sotto questo profilo e' esatta la tesi della Agenzia delle Entrate, secondo cui la norma, per conseguire lo scopo di una sanzione rigorosa, non prevede la possibilita' di rapportare quest'ultima a parametri temporali diversi, ne' piu' brevi, ne' piu' lunghi. Il risultato e' una sanzione, si potrebbe dire semi rigida, cioe' variabile soltanto in rapporto alla data dell'accertamento, ma non rispetto al dies a quo indipendentemente dalla decorrenza iniziale della condotta vietata; per cui tanto piu' la punizione sara' pesante, quanto piu' l'accertamento avverra' a distanza dall'inizio dell'anno; quest'ultimo, in sostanza svolge la funzione di ambito entro il quale la condotta irregolare accertata viene presuntivamente circoscritta. 3) Occorre pero' valutare se la norma di legge in questione sia legittima sotto il profilo costituzionale, cosa su cui sono gia' stati sollevati dubbi ad opera della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, con ordinanza pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie speciale, n. 23 del 16 giugno 2004. Secondo tale ordinanza l'articolo 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12 sarebbe viziato da irragionevolezza perche' punirebbe con sanzioni diverse comportamenti identici e comporterebbe una inaccettabile violazione del diritto di difesa. Occorre premettere che non compete al controllo di legittimita' costituzionale della norma la valutazione delle scelte politiche compiute dal Legislatore, sia in materia di determinazione degli illeciti sanzionatori, sia per quanto riguarda l'entita' delle sanzioni: infatti il giudizio di legittimita' costituzionale puo' soltanto fare riferimento alla eventuale violazione, da parte della norma ordinaria, dei principi stabiliti dalla Costituzione. Tra questi principi, peraltro, rientra anche quello di parita' del trattamento dei cittadini, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, anche con riferimento alla assenza di elementi di irragionevolezza che rendano aleatorie, e quindi non eque, le conseguenze sanzionatorie di una condotta vietata. Non e' quindi sindacabile, in linea di principio, al scelta del Legislatore di stabilire una sanzione variabile a seconda del mutare di taluni fattori richiamati dalla norma stessa (nel caso in esame, il tempo durante il quale si e' protratta la condotta). Occorre tuttavia che la scelta sia ispirata a criteri tali da garantire una proporzionalita' della sanzione. Viceversa nel caso in esame il sistema adottato dal Legislatore non fa riferimento ne' alla durata complessiva della condotta, ne' ad alcun altro criterio razionale, limitandosi a stabilire un termine finale pari alla data di accertamento) valido per tutti, collegato peraltro ad un termine iniziale fissato in maniera del tutto arbitraria, prescindendo completamente dalla data di inizio effettivo della condotta. Non si ha quindi ne' una sanzione proporzionale alla durata dell'illecito, ne' una sanzione fissa per tutti i casi, ma, nella singola fattispecie, una sanzione rapportata ad una periodo di tempi inferiore o superiore, in maniera del tutto casuale rispetto alla durata reale di commissione dell'illecito. Si ha quindi un sistema sanzionatorio arbitrario ed irrazionale, privo cioe' di riferimenti logici alla situazione reale che si vuole reprimere. 4) La gia' rilevata inderogabilita' del dies a quo comporta altresi' per entrambe le parti l'impossibilita' di far valere, nell'esercizio del proprio diritto di difesa, la esistenza di un diverso dies a quo reale. Per entrambe le parti, perche' mentre l'autore dell'illecito non puo' dimostrare che la decorrenza iniziale e' posteriore all'inizio dell'anno, anche l'Amministrazione non puo' far valere una decorrenza anteriore eventualmente emersa. Tutto cio' comporta una esclusione ingiustificata della possibilita' di dimostrare in giudizio, nell'esercizio del diritto di difesa, che la realta' e' diversa da quella fittizia imposta dalla legge. Viceversa la mancata contestazione, in punto di fatto, delle prove documentali fornite da parte ricorrente sull'effettivo inizio del rapporto di lavoro irregolare rende irrilevante l'esame della diversa questione, in linea teorica sollevabile, relativo al divieto di prova testimoniale nel processo tributario. 5) Per i motivi sopra esposti gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale sospendendosi nel frattempo il giudizio in corso.
P. Q. M. Visto l'articolo 23 della legge n. 87/1953; Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' esamini la questione relativa alla legittimita' costituzionale dell'articolo 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito in legge 22 aprile 2002, n. 73, per possibile violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui stabilisce che la sanzione amministrativa sia calcolata con decorrenza dal primo giorno dell'anno in cui e' avvenuto l'accertamento; Sospende il giudizio in corso: Manda alla segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri e di darne comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Genova, addi' 23 settembre 2004 Il presidente estensore: Sciacchitano 05C1239