N. 27 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 2 marzo 2006
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria il 2 marzo 2006 (del Tribunale di Roma) Parlamento - Immunita' parlamentari - Giudizio civile promosso dalla C.G.I.L. e da Sergio Cofferati nei confronti dell'on. Umberto Bossi ed altri per il risarcimento dei danni a seguito delle opinioni espresse dal parlamentare in una intervista - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Roma - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra opinioni espresse ed attivita' parlamentari. - Deliberazione della Camera dei deputati del 30 luglio 2003. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.12 del 22-3-2006 )
Il Tribunale di Roma in persona del giudice unico dott.ssa Anna Maria Pagliari, propone conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata nella seduta del 30 luglio 2003 (doc. IV-quater n. 55), su conforme proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere, con la quale si e' dichiarato che i fatti oggetto del giudizio civile proposto dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro (di seguito C.G.I.L.) e da Sergio Cofferati nei confronti dell'on. Umberto Bossi concernono opinioni espresse dal deputato nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione. Va premesso che: con atto notificato il 15 maggio 2002 la C.G.I.L. e Sergio Cofferati convenivano in giudizio l'on. Umberto Bossi, la societa' Il Messaggero, Mario Conti e Paolo Graldi (gli ultimi tre rispettivamente editrice, giornalista e direttore responsabile del quotidiano «Il Messaggero»), per sentirli condannare in solido, previo accertamento del reato di diffamazione, al riscimento dei danni derivati dalla pubblicazione nell'edizione del 25 marzo 2002 di un articolo-intervista avente ad oggetto il recente omicidio del prof. Marco Biagi ad opera delle Brigate rosse in Bologna; gli attori addebitavano all'on. Bossi, intervistato dal giornalista Conti, le seguenti affermazioni gravemente diffamatorie nei confronti degli istanti: di avere il sindacato attuato una politica delle bugie che l'aveva portato al terrorismo; di essere il Cofferati andato in giro per le fabbriche a raccontare delle balle, come quella che (la politica del governo) licenziava i lavoratori, cosi' portando al terrorismo; che la sinistra prima aveva ammazzato (il Biagi) e poi si era appropriata del morto; che gli assassini non erano «chissa' chi», venivano da quel mondo e l'alibi erano le balle che Cofferati aveva raccontato in fabbrica; che il Cofferati andando in giro a dire che ci saranno licenziamenti, sarebbe diventato anche segretario della sinistra ma, aveva aperto la strada al terrorismo; espressioni dalla chiara finalita' di suggerire ai lettori la sussistenza di un collegamento di causa ed effetto tra l'azione del sindacato a tutela dei diritti dei lavoratori e l'omicidio del prof. Biagi nonche' di individuare nel sindacato il mondo di provenienza dei terroristi, spinti al delitto dall'opera del Cofferati e dell'organizzazione da lui guidata; nella relazione della giunta per le autorizzazioni a procedere si pongono le seguenti argomentazioni a fondamento del giudizio di insindacabilita', tratte dalle motivazioni di analoga vicenda riguardante l'on. Taormina richiamata per relationem: 1) le dichiarazioni rese dal Bossi pur al di fuori delle sedi parlamentari, rese nell'ambito di un piu' ampio contesto facente riferimento a questioni sindacali, alla riforma dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, erano strettamente connesse all'ampio dibattito politico sviluppatosi nei giorni seguenti l'omicidio del prof. Biagi; 2) contemporaneamente si era sviluppato anche un dibattito parlamentare, nel corso del quale molti esponenti dei partiti di maggioranza avevano argomentato sul nesso esistente tra il grave delitto ed il dibattito politico sulla riforma del mercato del lavoro; 3) la funzione di ministro ricoperta dall'on. Bossi rendeva implicito che, intervistato sull'azione politica del Governo in relazione a fatti specifici, egli avesse espresso opinioni in tale veste, nell'esercizio di tale funzione; la proposta della giunta veniva approvata dalla Camera nella seduta del 30 luglio 2003. Tanto premesso il giudizio che si propone avanti alla Corte costituzionale verte sulla tutela delle rispettive sfere di attribuzione tra la Camera dei deputati e la magistratura ed investe la controversia che con questo atto si instaura sull'applicazione dell'art. 68, primo comma della Costituzione, originata dal contrasto tra diverse e confliggenti valutazioni. La Corte e' cosi' chiamata a controllare la correttezza sul piano costituzionale della pronuncia di insindacabilita' del 30 luglio 2003 e verificare se tale prerogativa sussista: in concreto se l'opinione espressa dall'on. Bossi nell'intervista rilasciata al quotidiano «Il Messaggero» sia stata espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari, pur largamente intese ai sensi della recente legge n. 140/2003, che ha reso certamente piu' ampia e flessibile la valutazione delle esternazioni dei politici, estese ad ogni attivita' di critica e denuncia politica connessa alla funzione parlamentare espletata anche fuori delle sedi istituzionali. In alcune decisioni al riguardo la Corte ha avuto modo di precisare che il significato del nesso funzionale tra dichiarazione ed attivita' parlamentare va inteso non come semplice collegamento di argomento o di contesto tra attivita' parlamentare e dichiarazione ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare; ed inoltre che il problema specifico della riproduzione, all'esterno degli organi parlamentari, di dichiarazioni gia' rese nell'esercizio di funzioni parlamentari si puo' risolvere nel senso dell'insindacabilita' solo ove sia riscontrabile una corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche. Alla luce degli indicati principi la delibera in esame della Camera dei deputati dovra' essere censurata dalla Corte per i seguenti rilievi: 1) non risulta che l'on. Bossi abbia effettuato in aula un intervento nell'immediatezza dell'omicidio Biagi o comunque un'attivita' nell'ambito del dibattito politico sulla riforma del lavoro, nel cui contesto abbia affrontato le tematiche dei rapporti tra sindacato e terrorismo e piu' significatamente argomentato nei termini di cui all'intervista del 25 marzo 2002. 2) il richiamo al contemporaneo dibattito politico e parlamentare sulle connessioni tra l'omicidio Biagi e la riforma del mercato del lavoro in via di attuazione da parte della maggioranza di governo e' estremamente generico, mancando non solo di ogni riferimento ad una personale attivita' dell'on. Bossi ma soprattutto del requisito dell'identita' sostanziale di contenuto con la specifica opinione espressa nell'articolo-intervista. Nulla di analogo alle affermazioni contestate all'on. Bossi e' riscontrabile negli interventi dell'on. Cicchitto di Forza Italia e dell'on. Cristaldi di Alleanza Nazionale, effettuati in aula il 20 marzo 2002 e richiamati dalla giunta a conferma della centralita' assunta dall'omicidio Biagi nel dibattito politico-parlamentare dell'epoca. 3) il richiamare l'incarico di governo ricoperto dall'on. Bossi introduce un irrilevante elemento di confusione giacche' nessuna immunita' per le opinioni espresse e' invocabile a tutela della funzione di Ministro della Repubblica. In conclusione la Camera dei deputati ha interpretato in maniera erronea la nozione di esercizio delle funzioni poiche' le dichiarazioni rese dall'on. Bossi nell'intervista al quotidiano «Il Messaggero» non possono ritenersi legate alle sue funzioni parlamentari e quindi non e' invocabile per esse l'immunita' di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione. E' infine rilevante al riguardo quanto ritenuto dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo nella recente sentenza 3 giugno 2004 (divenuta definitiva in data 10 novembre 2004) De Jorio c. Italia circa la riscontrata violazione dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo (Cedu), secondo il quale «Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata ... da un tribunale che decidera' ... delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile», in un'ipotesi in cui la ricorrenza dell'immunita' parlamentare ex art. 68 della Costituzione - in relazione a dichiarazioni pronunciate nell'ambito di un'intervista con un giornalista, quindi al di fuori di una camera legislativa e non legate all'esercizio di funzioni parlamentari stricto sensu - sia stata affermata dalla Camera legislativa e ribadita da un organo giurisdizionale come accertamento di una questione preliminare e senza il controllo ex art. 134 Cost., della Corte costituzionale, cosi' da impedire una «effettiva possibilita' al ricorrente di contestare in concreto l'atto ritenuto lesivo dei suoi diritti.» Cio' in quanto la mancanza di un nesso evidente con un'attivita' parlamentare richiede una stretta interpretazione della nozione di proporzionalita' tra lo scopo mirato dall'immunita' art. 68 Cost. ed i mezzi utilizzati cosi' da rispettare il giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunita' (tutelate dalla prerogativa parlamentare) e quelle di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. Diversamente il diritto di accesso ad un tribunale da parte di cittadini nei confronti di un membro del Parlamento si restringerebbe in modo incompatibile con l'art. 6 C.e.d.u.
P. Q. M. &xd3;Visti gli artt. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 37 norme integrative, solleva conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati e chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, previa delibazione di ammissibilita' del ricorso, annulli deliberazione di insindacabilita', adottata dalla Camera stessa nella seduta del 30 luglio 2003 relativamente all'intervista concessa dall'on. Bossi al quotidiano «Il Messaggero» pubblicata nell'edizione del 25 marzo 2002. Manda alla cancelleria per gli accertamenti di rito. Roma, addi' 10 febbraio 2005 Il giudice: Anna Maria Pagliari Avvertenza: L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 53/2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - 1ª serie speciale - n. 7 del 15 febbraio 2006. 06C0220