N. 158 ORDINANZA 5 - 14 aprile 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero - Divieto di espulsione di stranieri conviventi con parenti
  entro  il  quarto grado o con il coniuge di nazionalita' italiana -
  Mancata estensione del divieto in favore degli stranieri conviventi
  in  Italia  con il coniuge in regola con il permesso di soggiorno -
  Denunciata irragionevolezza, carente tutela dell'unita' familiare -
  Manifesta infondatezza della questione.
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2, lettera c).
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 29 e 30.
(GU n.16 del 19-4-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2,
lettera c),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del
26 maggio  2005  dal  Tribunale  di  Genova,  sul ricorso proposto da
C.M.M.V.  contro  il  Prefetto  di  Genova,  iscritta  al  n. 541 del
registro  ordinanze  2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
    Ritenuto che il Tribunale di Genova, in composizione monocratica,
con   ordinanza  depositata  il  26 maggio  2005,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 2,  3,  10,  29  e  30  della  Costituzione,
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 19,  comma 2,
lettera c),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero), nella parte in cui si
limita   a   prevedere  il  divieto  di  espulsione  degli  stranieri
conviventi  con  parenti  entro  il  quarto grado o con il coniuge di
nazionalita'  italiana  «senza prendere minimamente in considerazione
la  tutela degli stranieri tout court, anch'essi titolari del diritto
all'unita'  familiare,  gia'  conviventi in Italia con il coniuge, in
regola  con  il permesso di soggiorno (ed eventualmente con i figli),
con i quali potrebbero essere ricongiunti ai sensi della stessa legge
in materia di immigrazione»;
        che  il  giudizio a quo ha ad oggetto l'opposizione a decreto
di  espulsione  emesso  dal  Prefetto  di  Genova  nei  confronti  di
C.M.M.V.,   non  risultando  aver  questi  richiesto  alle  autorita'
competenti,  entro  il  termine  previsto  dall'art. 5,  comma 2, del
d.lgs. n. 286 del 1998, il rilascio del permesso di soggiorno;
        che  il  rimettente,  in punto di fatto, rileva che risultano
regolarmente  presenti  sul territorio nazionale la moglie, il figlio
minorenne e tre sorelle del ricorrente;
        che,  a  parere  del  giudice  a  quo, dal riconoscimento dei
diritti  fondamentali  della  persona, operato dall'art. 2 del d.lgs.
n. 286  del  1998 nei confronti dello straniero comunque presente sul
territorio   dello  Stato,  non  puo'  non  discendere  anche  quello
all'unita'  familiare,  che  trova rilievo costituzionale nell'art. 2
della Costituzione;
        che,    il    rimettente,    richiamata   la   giurisprudenza
costituzionale con la quale e' stata affermata la piena equiparazione
tra  stranieri  e cittadini italiani per quanto concerne il godimento
dei  diritti  in  materia  di  famiglia,  evidenzia che i principi di
protezione  dell'unita'  familiare  trovano  riconoscimento  non solo
nella  Costituzione  ma  anche «in svariate disposizioni dei trattati
internazionali ratificati dall'Italia»;
        che,  sempre  secondo  il  giudice  a  quo, pur non potendosi
negare  la  necessita'  di un bilanciamento tra il diritto all'unita'
familiare  e  l'interesse  dello  Stato a regolare l'immigrazione nel
nostro  Paese, la presenza documentata di uno stabile radicamento del
nucleo  familiare  del  ricorrente  nel  territorio  nazionale  rende
«astratta  e,  pertanto,  non  proponibile,  l'ipotesi  che  l'unita'
familiare  possa  essere  realizzata  dalla  ricorrente  (recte:  dal
ricorrente), dalla moglie e dal figlio in un altro Paese anziche' nel
nostro»,   con   la  conseguenza  che  l'eventuale  espulsione  dello
straniero  determinerebbe  la rottura del nucleo familiare formatosi,
in  contrasto  «con  la tutela dell'unita' familiare e con il diritto
del minore alla bi-genitorialita»;
        che, a parere del rimettente, l'art. 19, comma 2, lettera c),
del  d.lgs.  n. 286  del  1998, limitandosi a prevedere il divieto di
espulsione  degli  stranieri conviventi con i parenti entro il quarto
grado  o con il coniuge di nazionalita' italiana, non assicura alcuna
tutela agli stranieri, anch'essi conviventi con loro parenti o con il
coniuge  regolarmente  presenti sul territorio dello Stato, sebbene a
loro volta stranieri, cosi' determinando un'irragionevole lesione del
diritto   all'unita'  familiare  di  cui  dovrebbe  godere  anche  lo
straniero;
        che,  infine, secondo il giudice a quo, per le stesse ragioni
sopra   illustrate   apparirebbe   non   infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 29, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs.
n. 286  del  1998,  nella  parte  in  cui,  riconoscendo  il  diritto
all'unita'  familiare,  consente  il ricongiungimento dello straniero
soltanto  qualora  questi si trovi all'estero, negandolo, invece, nel
caso in cui si trovi gia' in Italia;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  infondatezza  della
questione;
        che,  ad  avviso  della  parte  pubblica,  la  disciplina del
ricongiungimento   deve  tener  conto  di  altri  valori,  ugualmente
meritevoli  di  tutela,  quali  l'inviolabilita'  del territorio e la
protezione  dell'ordine  pubblico che impongono la subordinazione del
ricongiungimento   familiare   «al   possesso   dei   requisiti   che
garantiscono la protezione della Repubblica e dei suoi cittadini»;
        che, infine, la lamentata impossibilita' del ricongiungimento
rappresentata  dal  rimettente trova giustificazione nel fatto che il
ricorrente e' entrato nel territorio italiano irregolarmente.
    Considerato   che   il   Tribunale  di  Genova,  in  composizione
monocratica,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e
30  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 19,  comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nella  parte  in cui si limita a prevedere il divieto di
espulsione  degli  stranieri  conviventi  con parenti entro il quarto
grado  o  con  il  coniuge  di  nazionalita' italiana «senza prendere
minimamente  in  considerazione la tutela degli stranieri tout court,
anch'essi  titolari del diritto all'unita' familiare, gia' conviventi
in  Italia con il coniuge, in regola con il permesso di soggiorno (ed
eventualmente con i figli), con i quali potrebbero essere ricongiunti
ai sensi della stessa legge in materia di immigrazione»;
        che,  preliminarmente,  deve  osservarsi  che la questione di
costituzionalita'  ha  ad oggetto soltanto l'art 19 del d.lgs. n. 286
del  1998,  posto che il riferimento fatto dal rimettente all'art. 29
comma 1,  lettere a)  e  b), del medesimo d.lgs., ha all'evidenza una
finalita' esclusivamente argomentativa;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  disciplina impugnata
sarebbe  irragionevole  in quanto, limitando il divieto di espulsione
ai  soli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con
il  coniuge di nazionalita' italiana, non prende in considerazione la
posizione  degli  stranieri,  anch'essi conviventi con loro parenti o
con  il  coniuge  regolarmente  presenti  sul territorio dello Stato,
sebbene   a   loro   volta   stranieri,   cosicche'  tali  situazioni
risulterebbero sfornite di una adeguata tutela dell'unita' familiare;
        che,  quanto  alla ritenuta violazione degli artt. 2, 29 e 30
della  Costituzione,  va  osservato  che  il  d.lgs.  n. 286 del 1998
appresta,  agli artt. 28 e seguenti, una specifica tutela del diritto
dello  straniero,  regolarmente  soggiornante  nel  territorio  dello
Stato,  a  mantenere l'unita' del suo nucleo familiare, prevedendo la
possibilita'  del ricongiungimento, allorche' ricorrano le condizioni
di cui all'art. 29, a favore del coniuge e dei figli minori a carico;
        che   questa   Corte   ha   costantemente  affermato  che  il
legislatore  puo'  legittimamente  porre dei limiti all'accesso degli
stranieri   nel   territorio   nazionale   effettuando  un  «corretto
bilanciamento  dei  valori  in  gioco», esistendo in materia un'ampia
discrezionalita'  legislativa,  limitata  soltanto dal vincolo che le
scelte  non  risultino  manifestamente irragionevoli (sentenza n. 353
del 1997);
        che,  quindi,  la questione sollevata dal giudice rimettente,
ove  accolta,  andrebbe a vanificare i fini sottesi alla legge per il
ricongiungimento  familiare,  dal  momento  che sarebbe consentito in
ogni  caso  allo straniero coniugato e convivente con altro straniero
di aggirare le norme in materia di ingresso e soggiorno, con evidente
sacrificio  degli  altri valori costituzionali considerati dal d.lgs.
n. 286 del 1998;
        che,   quanto  alla  ritenuta  violazione  dell'art. 3  della
Costituzione, non puo' effettuarsi alcun giudizio di comparazione tra
la situazione dello straniero coniugato con altro straniero - sia pur
munito  di permesso di soggiorno - e quella dello straniero coniugato
con  un  cittadino  italiano,  trattandosi  di  situazioni  fra  loro
eterogenee (ordinanza n. 232 del 2001);
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata sotto
ogni profilo;
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 19,  comma 2, lettera c), del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero),  sollevata, in riferimento agli
artt. 2,  3, 10, 29 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova,
in composizione monocratica, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2006.
                        Il Presidente: Marini
                        Il redattore: Saulle
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 aprile 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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