N. 159 ORDINANZA 5 - 14 aprile 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Imputato  che  ha  eletto  domicilio  presso  il
  difensore  -  Notificazione  irrituale  ma  senza  pregiudizio  per
  l'effettiva  conoscenza  dell'atto  - Applicazione della disciplina
  delle  nullita'  c.d.  a  regime intermedio anziche' delle nullita'
  relative - Denunciata irragionevolezza e lesione dei principi della
  speditezza,  dell'economia e dell'efficienza del processo - Difetto
  di rilevanza delle questioni - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., artt. 179 e 180.
- Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma.
(GU n.16 del 19-4-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 179 e 180 del
codice  di procedura penale, promosso con ordinanza del 15 marzo 2004
dalla  Corte d'assise d'appello di Venezia, nel procedimento penale a
carico  di  C.  D.,  iscritta al n. 660 del registro ordinanze 2004 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, 1ª serie
speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  dell'8 marzo 2006 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con  l'ordinanza  in  epigrafe  la  Corte d'assise
d'appello di Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111,
secondo    comma,   della   Costituzione   ed   «ai   principi   pure
costituzionalizzati della speditezza, dell'economia e dell'efficienza
del  processo»,  questioni  di legittimita' costituzionale: a) in via
principale,  dell'art. 180  del codice di procedura penale; b) in via
subordinata,   dell'art. 179  del  medesimo  codice;  c)  ed  in  via
ulteriormente  subordinata,  di entrambe le citate norme, nella parte
in  cui  le  stesse  non  prevedono  che, nell'ipotesi di elezione di
domicilio   presso   il   difensore,   le   nullita'  afferenti  alla
notificazione  di  avvisi  o  citazioni all'imputato che ha eletto il
domicilio  debbano  essere  eccepite  nei  tempi e nelle forme di cui
all'art. 181, comma 3, cod. proc. pen;
        che l'ordinanza premette, in punto di fatto, che il difensore
dell'imputato  aveva  eccepito  -  per la prima volta con i motivi di
appello  - la nullita' assoluta dell'udienza preliminare per nullita'
della  notificazione  al  proprio  assistito  del relativo decreto di
fissazione,  e  la nullita' assoluta del processo, per nullita' della
notificazione  all'imputato  medesimo  del  decreto  che  dispone  il
giudizio;
        che,  a  sostegno dell'eccezione, l'appellante aveva rilevato
come, avendo l'imputato eletto domicilio presso il difensore, ambedue
le  anzidette  notifiche  fossero state eseguite mediante consegna al
portiere  dello  stabile  nel quale era ubicato lo studio legale: con
omissione,  tuttavia,  delle  formalita'  previste  dai  commi 3  e 4
dell'art. 157   cod.   proc.  pen.,  e,  in  particolare,  senza  che
l'ufficiale   giudiziario   avesse   dato   notizia  al  destinatario
dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata
con avviso di ricevimento;
        che  tale formalita' doveva ritenersi necessaria a fronte del
fatto  che  il portiere, benche' qualificato nella relata di notifica
come  «addetto  che  cura  la consegna», non apparteneva all'organico
dello  studio  legale:  donde  - ad avviso della difesa - la nullita'
assoluta ed insanabile delle notifiche in questione, rilevabile anche
d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio;
        che, al riguardo, la Corte rimettente osserva come, all'esito
della disposta rinnovazione parziale del dibattimento, non risultasse
in  effetti  provato  in  modo  adeguato  un  collegamento,  sia  pur
saltuario,  della persona che aveva ricevuto le due notificazioni con
lo studio legale del difensore dell'imputato;
        che,  nondimeno,  entrambi  gli  atti  erano  stati  comunque
consegnati  allo  studio, come poteva desumersi sia dalla circostanza
che  il  difensore  - al quale l'avviso della fissazione dell'udienza
preliminare  era  stato  notificato con le medesime modalita' - fosse
comparso  in  detta udienza, senza sollevare eccezioni in ordine alla
notificazione a se' destinata; sia dalle dichiarazioni rese, in veste
di testimone, dal portiere consegnatario;
        che  si  sarebbe,  di  conseguenza,  al  cospetto non gia' di
un'omessa  notifica,  ma di una notifica eseguita in modo irregolare,
integrativa,  come  tale,  di  una  nullita'  di  ordine generale (ex
art. 178,  comma 1,  lettera  c), cod. proc. pen.), diversa da quelle
assolute  -  rilevabili  anche  d'ufficio  in  ogni stato e grado del
procedimento  - di cui all'art. 179 cod. proc. pen.: e cio' in quanto
-  anche  alla  luce  delle  indicazioni  ritraibili  dalla relazione
preliminare   al   codice   di  procedura  penale  -  la  fattispecie
dell'omessa citazione dell'imputato, sanzionata dalla disposizione da
ultimo  citata,  sarebbe  configurabile  nel  solo  caso  in  cui  la
notificazione  non  sia  stata  mai effettuata, e non anche quando la
notificazione  abbia  invece  portato,  come  nella  specie,  ad  una
conoscenza «non legale» dell'atto da parte del destinatario;
        che le nullita' denunciate dalla difesa resterebbero pertanto
disciplinate dall'art. 180 cod. proc. pen.: prospettiva nella quale -
mentre  la  nullita'  concernente  la  notificazione  dell'avviso per
l'udienza  preliminare  risulterebbe  tardivamente  dedotta - sarebbe
tempestiva  l'eccezione  di  nullita' inerente alla notificazione del
decreto   che   dispone   il   giudizio;   sicche',  in  applicazione
dell'art. 604,  comma 4,  cod.  proc.  pen.,  la  sentenza  impugnata
andrebbe annullata, con rinvio degli atti al giudice di primo grado;
        che,  cio'  premesso,  la  Corte rimettente dubita, tuttavia,
della  legittimita'  costituzionale  del  citato  art. 180 cod. proc.
pen., nella parte in cui non prevede che, nell'ipotesi di elezione di
domicilio   presso   il   difensore,   le   nullita'  afferenti  alla
notificazione  di  avvisi  o  citazioni all'imputato che ha eletto il
domicilio  debbano  essere  eccepite  nei  tempi e nelle forme di cui
all'art. 181,  comma 3,  cod.  proc.  pen.  (ossia  secondo le regole
valevoli per le nullita' relative);
        che  le  modalita'  delle  notificazioni degli avvisi e delle
citazioni  all'imputato mirano a garantire la conoscenza legale della
chiamata  in giudizio del soggetto nei cui confronti viene esercitata
l'azione  penale, la quale rappresenta uno dei momenti essenziali per
la  costituzione  di un «rituale ed efficace rapporto processuale» e,
quindi,   per   l'esercizio   del   diritto  di  difesa;  sicche'  si
giustificherebbe,   in   linea  di  principio,  la  previsione  della
possibilita'  di  eccepire l'irregolarita' della notifica nei tempi e
nei  modi  di cui al citato art. 180, avendo il legislatore ritenuto,
nell'esercizio  della propria discrezionalita', che nel contrasto tra
l'interesse   all'efficienza,   alla   speditezza   ed   all'economia
processuale,   e   quello  alla  rituale  costituzione  del  rapporto
processuale    -   ritualita'   che,   nella   materia   considerata,
riguarderebbe  peraltro solo l'aspetto della correttezza legale delle
forme  -  debba  essere  privilegiato  il secondo, almeno nei termini
procedimentali posti dallo stesso art. 180;
        che   tale   assetto   normativo   si   rivelerebbe  tuttavia
irrazionale   -   con   conseguente   violazione  dell'art. 3  Cost.,
assistendosi  ad  un trattamento identico di situazioni ben diverse -
allorche'  l'imputato  abbia eletto domicilio presso il difensore, il
quale  e'  destinatario  di  una  propria ed autonoma notifica per il
medesimo incombente;
        che  a  seguito  di  detta  elezione  di  domicilio, difatti,
l'irregolarita'  viene  immediatamente  portata  a  conoscenza  dello
stesso  difensore  tecnico,  e  cioe'  proprio  di colui che e' nelle
condizioni di eccepirla;
        che  il  difensore domiciliatario, d'altra parte, ha sempre -
e,  quindi, anche nel caso di notifica regolare - il preciso obbligo,
«deontologico,  contrattuale  (e)  procedimentale»,  di  avvertire il
proprio  assistito  della  fissazione dell'incombente in relazione al
quale ha ricevuto per suo conto la notifica: ne' potrebbe ipotizzarsi
che  egli  ignori  di  essere  stato  designato  come domiciliatario,
giacche' tale circostanza risulta comunque con chiarezza dallo stesso
decreto di citazione;
        che,   a   fronte   di   cio',  il  fatto  che  il  difensore
domiciliatario  non sia tenuto ad eccepire i vizi della notificazione
ricevuta  per conto dell'imputato nei termini previsti dall'art. 181,
comma 3,   cod.   proc.   pen.   -  il  che  basterebbe  a  garantire
adeguatamente   l'interesse  alla  regolarita'  anche  formale  delle
notificazioni  in  parola  -  ma  possa invece farlo in quelli di cui
all'art. 180  cod.  proc.  pen.,  si  tradurrebbe  in  una  soluzione
normativa priva di valida ragione;
        che  essa  sacrificherebbe gravemente, infatti, i principi di
ragionevole  durata, efficienza, speditezza ed economia del processo,
senza  salvaguardare alcun apprezzabile interesse della parte, se non
quello,   eventuale   e   non   costituzionalmente   protetto,   alla
prescrizione dei reati;
        che  si  consentirebbero,  in  tal  modo,  manovre dilatorie,
analoghe   a   quella  avutasi  nel  giudizio  a  quo;  il  difensore
domiciliatario - il quale abbia ricevuto la contestuale notificazione
della   propria   citazione   e   sia   altresi'   consapevole  delle
irregolarita' che inficiano entrambe le notifiche ricevute - potrebbe
infatti  comparire  (con  l'effetto tra l'altro di sanare la nullita'
che  lo  riguarda, ai sensi dell'art. 184, comma 1, cod. proc. pen.),
senza  pero' dedurre quella concernente il proprio assistito: facendo
cosi'  celebrare l'intero giudizio di primo grado, salvo poi proporre
la questione con i motivi di appello;
        che,  in  via  subordinata  -  nell'ipotesi  in  cui  dovesse
ritenersi  che la nullita' della notificazione equivalga ad omissione
della stessa, dando cosi' luogo ad una nullita' assoluta disciplinata
dall'art. 179  cod.  proc.  pen.  -  il  giudice  a  quo  sottopone a
scrutinio  di  costituzionalita' quest'ultima disposizione, rilevando
come  le  argomentazioni  svolte  a dimostrazione della non manifesta
infondatezza  della  questione  sollevata in via principale valgano a
fortiori  qualora le irregolarita' di cui si discute integrassero una
nullita'  ancora  piu'  grave,  rilevabile  in ogni stato e grado del
processo;
        che,  da ultimo, ed in via ulteriormente subordinata - ove si
reputasse   che   la   sussunzione   della   fattispecie  considerata
nell'ambito   dell'una  o  dell'altra  categoria  di  nullita'  resti
affidata   al  giudice  ordinario  -  la  Corte  rimettente  denuncia
l'illegittimita' costituzionale di entrambe le norme;
        che  le  questioni,  gradatamente  poste  nei  termini dianzi
indicati,  sarebbero  altresi' rilevanti nel giudizio a quo, giacche'
il  loro  accoglimento  consentirebbe di evitare l'annullamento della
sentenza impugnata e, dunque, di decidere l'appello nel merito;
        che  nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale ha chiesto che le
questioni  siano dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza e,
comunque, manifestamente infondate.
    Considerato  che  la  Corte  d'assise d'appello di Venezia dubita
della  legittimita'  costituzionale  dell'art. 180  codice  procedura
penale,  nella  parte in cui sottopone alla disciplina delle nullita'
c.d.  a regime intermedio - anziche' a quella prevista dall'art. 181,
comma 3,  cod.  proc. pen. in rapporto alle nullita' relative - anche
le  nullita'  concernenti  le notificazioni o gli avvisi all'imputato
che ha eletto domicilio presso il difensore;
        che,  in  via  subordinata  -  e  per  l'ipotesi  in  cui  la
fattispecie  oggetto  del  giudizio  a quo (attinente a citazione non
omessa,  ma  notificata  in  modo  irregolare,  senza pregiudizio per
l'effettiva  conoscenza  dell'atto) fosse ritenuta integrativa di una
nullita'  assoluta, ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen. - la Corte
rimettente  sottopone  a  scrutinio di costituzionalita', in omologhi
termini,   quest'ultima   disposizione;   salvo   a   denunciare  poi
cumulativamente,   in   via   di  ulteriore  subordine,  entrambe  le
disposizioni,  qualora  la  collocazione  dell'anzidetta  fattispecie
nell'una  o  nell'altra  categoria  di  nullita'  fosse  reputata  di
competenza del giudice ordinario;
        che  la  premessa  ermeneutica  posta  a base della questione
sollevata  in  via principale - relativa all'esigenza di distinguere,
ai   fini   considerati,   la   citazione   omessa   dalla  citazione
irregolarmente   notificata  -  risulta  plausibile,  avendo  trovato
l'avallo  delle  Sezioni Unite della Corte di cassazione (v. sentenza
7 gennaio   2005,   n. 119)  e  della  successiva  giurisprudenza  di
legittimita';
        che  alla  stregua di tale indirizzo interpretativo, difatti,
la  nullita' assoluta ed insanabile prevista dall'art. 179 cod. proc.
pen.  ricorre  soltanto  nel  caso  in  cui  la  notificazione  della
citazione  dell'imputato sia stata radicalmente omessa, ovvero quando
- essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte - essa
risulti  astrattamente  o  concretamente  inidonea  a  determinare la
conoscenza  effettiva  dell'atto  da  parte  del destinatario; con la
conseguenza  che  la  notificazione  irrituale,  ma  comunque  atta a
garantire  l'anzidetta  conoscenza,  ricade nel novero delle nullita'
c.d. a regime intermedio, di cui all'art. 180 cod. proc. pen;
        che, nella specie, il giudice a quo ha ampiamente argomentato
riguardo   al   fatto   che  -  ad  onta  dell'omissione  dell'avviso
dell'avvenuta  notifica  mediante  lettera  raccomandata,  prescritto
dall'art. 157,  comma 3,  cod.  proc. pen. - la consegna dell'atto al
portiere   aveva  comunque  assicurato  al  difensore  domiciliatario
dell'imputato una effettiva e piena conoscenza dell'atto ricevuto per
conto del suo assistito;
        che  in  questa  prospettiva,  tuttavia, l'affermazione della
Corte  rimettente  circa  la rilevanza della questione nel giudizio a
quo  -  avuto  riguardo  all'eccezione  di  nullita'  del decreto che
dispone il giudizio, dedotta dal difensore dell'imputato per la prima
volta  con  i motivi di appello - appare basata su un presupposto del
tutto indimostrato;
        che,  a  mente  dell'art. 180  cod.  proc.  pen., infatti, le
nullita'  c.d.  a  regime  intermedio non possono essere piu' dedotte
«dopo  la  deliberazione  della sentenza di primo grado»: mentre solo
per  quelle  che  si sono verificate «nel giudizio» la preclusione si
sposta   al  momento  di  «deliberazione  della  sentenza  del  grado
successivo»;
        che,  nell'assumere  che  l'anzidetta  eccezione  di nullita'
della  difesa  sarebbe  tempestiva  ai  sensi  della disposizione ora
citata, la Corte rimettente da', dunque, per scontato che la nullita'
della  notificazione  del  decreto  che  dispone il giudizio si debba
considerare  verificata  «nel  giudizio»: il che, invece, e' tutto da
dimostrare,  dato  che  tale  notificazione rappresenta un incombente
anteriore e prodromico all'instaurazione di detta fase processuale;
        che,  al  riguardo,  basti  considerare  -  sul  piano  della
sistematica  legislativa - che l'obbligo di notificazione del decreto
in  parola e' previsto dall'art. 429, comma 4, cod. proc. pen., ossia
da  una  disposizione  collocata  non gia' nel Libro VII (dedicato al
«giudizio»),  ma  nel  Libro  V  (intitolato  «indagini preliminari e
udienza preliminare»);
        che, inoltre, l'art. 181 cod. proc. pen. - nel disciplinare i
termini   per  la  deduzione  delle  nullita'  relative  -  distingue
chiaramente  «le  nullita'  concernenti  il  decreto  che  dispone il
giudizio»   (cui   e'   riferimento   nel   comma 3)  dalle  nullita'
verificatesi «nel giudizio» (comma 4);
        che,  d'altro  canto,  le stesse Sezioni Unite della Corte di
cassazione,  nella  sentenza dianzi citata - concernente una nullita'
analoga  a  quella  che  al presente interessa, in quanto riguardante
anch'essa   la  notifica  del  decreto  che  dispone  il  giudizio  e
qualificabile   come   nullita'   a   regime   intermedio   -   hanno
specificamente  affermato  che tale nullita' deve essere eccepita nel
giudizio  di  primo grado: e cio' tenuto conto anche dell'esigenza di
evitare  la lesione dei parametri costituzionali evocati dall'odierno
rimettente  -  sotto  il profilo dell'irragionevole prolungamento del
processo e della possibile strumentalizzazione del vizio dell'atto da
parte  dell'imputato  -  cui  darebbe  luogo una soluzione di diverso
segno;
        che,  pertanto,  il  risultato  concreto che il giudice a quo
vorrebbe  conseguire  sostituendo, in parte qua, la disciplina di cui
all'art. 180 cod. proc. pen. con quella di cui all'art. 181, comma 3,
dello  stesso codice - ossia la declaratoria di inammissibilita', per
tardivita',   dell'eccezione   della   difesa,   cosi'   da   evitare
l'annullamento  della  sentenza  di primo grado - appare, in realta',
gia'  assicurato  dal  citato  art. 180: ne', d'altra parte, la Corte
rimettente allega alcun argomento che osti ad una simile conclusione,
in rapporto a quanto appena sopra evidenziato;
        che,  di conseguenza, le questioni sollevate vanno dichiarate
manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 179  e  180  del codice di
procedura  penale,  sollevate,  in  riferimento  agli  artt. 3 e 111,
secondo  comma, della Costituzione, dalla Corte d'assise d'appello di
Venezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2006.
                        Il Presidente: Marini
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 aprile 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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