N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 dicembre 2005

Ordinanza  emessa  il  31  dicembre  2005 dal tribunale di Genova sul
ricorso proposto da Brahaj Zyla contro Questura di Genova

Straniero  -  Ricongiungimento familiare - Requisiti - Disponibilita'
  di  alloggio  rientrante  nei parametri minimi previsti dalla legge
  regionale  per  gli  alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica -
  Violazione  di  diritto fondamentale della persona - Violazione del
  principio  di  uguaglianza  -  Lesione  dei  principi di tutela del
  matrimonio e della famiglia.
- Decreto  legislativo  25 luglio  1998,  n. 286,  art. 29,  comma 3,
  lett. a).
- Costituzione, artt. 2, 3, 29 e 31.
(GU n.19 del 10-5-2006 )
                            IL TRIBUNALE

    Sentito   il   legale   di   parte   ricorrente  che  ha  chiesto
l'accoglimento   del   ricorso,   e   l'Avvocatura   dello  Stato;  a
scioglimento  della  riserva  di  cui  al  verbale  che  precede;  ha
pronunciato la seguente ordinanza.
    Rilevato  che,  con  il  presente  ricorso,  viene  impugnato  il
provvedimento  in  data  7  aprile  2005  della  Questura  di  Genova
(notificato  in data 24 maggio 2004), con il quale e' stato decretato
il  rigetto  della  richiesta  di  carta  di  soggiorno per motivi di
famiglia  nei confronti della ricorrente, Brahm Zyla, di nazionalita'
kosovara, del proprio marito e dei suoi cinque figli minori;
    Rilevato  che  nel provvedimento impugnato la Questura di Genova,
pur  dando  atto  dell'avere  la  ricorrente  esibito  un  passaporto
ordinario  rilasciato  dalle Autorita' del suo paese evidenziava come
non  fosse possibile «riesaminare positivamente la richiesta di carta
di soggiorno» in quanto, richiamati l'art. 29, terzo comma, lett. a),
del d.lgs. n. 286/1998, e legge regionale per gli alloggi di edilizia
residenziale  pubblica,  poiche' l'alloggio di cui dispone la odierna
ricorrente «risulta essere composto da n. 5 vani e mezzo e che, oltre
la  richiedente,  risultano  dimorarvi  il  marito  e  i cinque figli
minori»,  da  cio'  conseguiva  che  esso  non  era  «rientrante  nei
parametri minimi previsti per ospitare sette persone»;
    Rilevato  che,  sulla  base  di  quanto  esposto  in  ricorso, la
ricorrente si trovava in Italia dal 1995, avendo ottenuto un permesso
di  soggiorno  per  motivi umanitari a seguito delle vicende belliche
che  avevano  colpito  la  sua  terra, ed aveva dapprima locato e poi
acquistato  l'abitazione  di  via  Piombelli n. 10/4, ove attualmente
viveva con i propri familiari;
    Rilevato  che,  con  specifico  riferimento  alla motivazione del
provvedimento  impugnato,  la  ricorrente si doleva del fatto che non
era  stato indicato in modo compiuto quale legge regionale contenesse
i  parametri  che  l'amministrazione  asseriva  essere non rispettati
dall'abitazione  in  questione, e comunque lamentava il fatto che, in
assenza  di una legge regionale specifica, l'amministrazione tendesse
ad  applicarne  una  in  materia di «edilizia residenziale pubblica»,
verosimilmente  la legge regionale 23 aprile 1982, n. 22, dalla quale
venivano  estrapolati  criteri  che nulla avevano a che spartire «con
quelli indicati dal legislatore»;
    Rilevato,  infatti,  che  secondo  la  ricorrente,  l'improprio e
reiterato   richiamo   «utilizzato  dall'amministrazione  per  negare
rilasci   di  permessi  per  motivi  di  soggiorno  o  nulla  osta  a
ricongiungimenti»,  deve considerarsi superato «dalla sussistenza del
requisito  dell'idoneita'  igienico  sanitaria  attestato  dalla  ASL
competente»,  come  chiarito,  in  materia  di  rilascio  di carte di
soggiorno,  dall'art. 16,  comma 4, lettera b) del d.P.R. n. 394/1999
(e  in  materia di visti di ingresso dall'art. 6, comma 1, del d.P.R.
n. 394/1999)  con  la  precisazione che tale disposizione, dopo avere
richiesto  la  disponibilita'  di  un  alloggio a norma dell'art. 29,
comma 3, lett. a) del testo unico, precisava che l'interessato doveva
produrre  «l'attestazione  dell'ufficio comunale circa la sussistenza
dei  requisiti di cui al predetto articolo del testo unico, ovvero il
certificato  di  idoneita'  rilasciato  dall'azienda sanitaria locale
competente  per  territorio»,  documentazione  quest'ultima  allegata
all'istanza;
    Rilevato  che,  in  ogni caso, il provvedimento impugnato proprio
per  il  fatto di fare riferimento ai parametri della Legge regionale
per  gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (richiamata, sulla
base  di  quanto  sostenuto  dalla  ricorrente, «dal solo regolamento
fonte  normativa  di  rango  inferiore,  ed  in  alternativa ad altro
requisito nel caso di specie rispettato), appariva violare i precetti
costituzionali  e,  in particolare, l'art. 97 Cost., sotto il profilo
dell'eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza
e di imparzialita' dell'azione amministrativa.
    Rilevato,  inoltre  che,  secondo  la  difesa  del ricorrente, il
provvedimento   impugnato   avrebbe  violato  molte  disposizioni  di
convenzioni   internazionali,   tra   le  quali:  a)  l'art. 8  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali, nonche' del Protocollo addizionale n. 7 della
stessa  Convenzione,  sotto  il  profilo  dell'eccesso  di potere per
difetto   d'istruttoria  ed  erronea  valutazione  dei  fatti  e  dei
presupposti, e della carenza assoluto di motivazione, con particolare
riguardo al diritto al rispetto della vita privata e familiare, posto
che  l'autorita'  pubblica  puo'  interferire  nell'esercizio di tale
diritto  solo  in  forza  di  ingerenze  «qualificate»,  vale  a dire
previste   dalla   legge,  rispondenti  ad  esigenze  collegate  alla
sicurezza pubblica, al benessere economico, alla difesa dell'ordine e
alla  prevenzione  dei  reati,  alla  protezione della salute o della
morale,  alla  protezione  dei  diritti  e  delle  liberta' altrui, e
comunque «necessarie in una societa' democratica»;
    Rilevato,   in   proposito,   che  la  ricorrente  richiamava  la
giurisprudenza  della  Corte europea per i diritti dell'uomo la quale
ha  piu'  volte  affermato  che,  al  fine  di  evitare la violazione
dell'art. 8,  la  misura  di allontanamento puo' essere disposta solo
ove  risponda al seguenti requisiti: a) deve essere necessaria, cioe'
giustificata  da  una  necessita'  di  ordine sociale; b) deve essere
proporzionata  al  fine  legittimo da perseguire, con la precisazione
che  la  stessa  giurisprudenza  della Suprema Corte ha avuto modo di
rilevare come le disposizioni della Dichiarazione europea dei diritti
dell'uomo  godano  di una particolare resistenza, anche nei confronti
della   legislazione   nazionale   posteriore,   che   trova  origine
nell'art. 2  della  Costituzione che sancisce il rispetto dei diritti
inviolabili    dell'uomo,   e   nell'art. 10   della   stessa   Carta
costituzionale  che  prevede  che  la  condizione  dello straniero e'
regolata in conformita' delle norme e dei trattati internazionali;
    Rilevato  altresi' che veniva eccepita la violazione dell'art. 2,
comma  6,  del  d.lgs.  n. 286/1998  e  art. 3,  comma 3,  del d.P.R.
n. 394/1999,  per  il  fatto  del  non  essere stato il provvedimento
impugnato  tradotto in una lingua conosciuta dalla ricorrente, da cui
la asserita radicale nullita' del provvedimento impugnato;
    Rilevato   che,   nel   presente   procedimento,   si  costituiva
ritualmente l'Avvocatura dello Stato la quale chiedeva il rigetto del
ricorso  stante  la  sua  infondatezza, osservando che l'appartamento
nella  disponibilita'  della ricorrente, dotato di soli cinque vani e
mezzo, non rispettava i parametri di cui alla tabella «A» della legge
regionale  n. 22/1982,  ove  si  prevede, nella fattispecie in esame,
«quale  condizione  minima  di idoneita' dell'abitazione un numero di
almeno sette stanze (compresa la cucina se abitabile)».
    Rilevato  che questo giudice disponeva il conferimento di C.T.U.,
nominando  a  tale  scopo  il  geom.  Ermanno  Benelli,  cui venivano
conferiti una serie di quesiti volti a verificare se, alla luce delle
principali   normative   nazionali   e   regionali  in  materia,  con
particolare  riferimento  alla legge regionale ligure per gli alloggi
di  edilizia  residenziale  pubblica, l'alloggio nella disponibilita'
del  ricorrente  fosse  o  meno  idoneo ad ospitare i familiari per i
quali  egli  aveva  chiesto  il  ricongiungimento (per completezza va
detto  che,  in  caso di risposta negativa al quesito, si invitava il
C.T.U.  a  chiarire  se  l'appartamento  oggetto  di indagine avrebbe
potuto  essere  ritenuto idoneo ad ospitare i familiari in questione,
facendo   esclusiva   applicazione   della   normativa  di  carattere
nazionale,  con  specifico  riferimento  all'art. 2 del d.m. 5 luglio
1975,  nonche'  se  esso potesse considerarsi idoneo sotto il profilo
igienico-sanitario);
    Rilevato  che,  espletati  i  necessari  accertamenti, il C.T.U.,
depositava  relazione  scritta  ove,  innanzi  tutto,  dava atto che,
«sulla base dei parametri minimi di abitabilita' previsti dalla legge
regionale Liguria per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica»,
e  dunque  alla  luce dell'art. 25, comma 6, della legge regionale 23
aprile  1982,  n. 22,  e  della  allegata  tabella  «A» (con la quale
venivano  fissati  i  rapporti  tra  persone e stanze - l'alloggio in
esame),  l'alloggio  in  esame  non  era idoneo ad ospitare un nucleo
familiare di sette persone;
    Rilevato  che,  in  relazione  al  quesito  successivo, il C.T.U.
precisava  che,  fatta  applicazione  della  normativa  di  carattere
nazionale  in  materia  di igiene e di suolo pubblico negli aggregati
urbani  (e,  segnatamente,  dell'art. 2  del  5  luglio  1975, ove si
precisa  che  per ogni abitante deve essere assicurata una superficie
abitabile non inferiore a mq. 14 per i primi 4 abitanti, e mq. 10 per
ciascuno  dei successivi), l'alloggio della ricorrente, costituito da
una  superficie  utile  calpestabile pari a mq. 61,07, e munito di un
numero  di  stanze pari a cinque (un soggiorno, una camera da mq. 14,
tre  camere  da  mq.  9)  non  era  idoneo  ad  ospitare il numero di
familiari precisato in ricorso;
    Rilevato,  peraltro,  che  il  C.T.U.,  per  quanto concerneva il
quesito   relativo   al   profilo  igienico-sanitario,  esaminato  il
Regolamento  di  igiene del suolo e dell'abitato del comune di Genova
(il  quale non richiama «rapporti» da rispettare tra le consistenze e
gli  abitanti  dell'alloggio,  se non quello di mq. 7,00 per persona,
ovvero  mq. 14,00  per  due  persone),  rilevava  sul  punto  che «un
alloggio  per un nucleo familiare di sette persone» abbisognerebbe di
non  meno  di  mq.  49,00 di stanze abitabili, con la conseguenza che
l'appartamento  nella  disponibilita' della ricorrente «con mq. 46,31
di  stanze  abitabili  e  sette abitanti», comporterebbe «si un (...)
affollamento,  ma  con  un modestissimo superamento degli standard in
vigore»,  con  la conseguenza che «l'immobile in parola, anche per la
sua  buona  distribuzione,  pur non in linea con i parametri previsti
per  l'assegnazione  degli alloggi in edilizia residenziale pubblica,
potrebbe idoneamente ospitare il nucleo familiare in parola».
    Rilevato  che, in considerazione delle conclusioni del C.t.u., la
difesa  della  ricorrente,  sottolineate  le  difficolta' applicative
della  legge  regionale,  insisteva  per  l'accoglimento  del ricorso
evidenziando  l'abnormita'  di un provvedimento eventualmente volto a
negare  la  carta di soggiorno (e i diritti ad essa riconnessi) sulla
base    di   «una   cosi'   trascurabile   differenza   di   ampiezza
dell'alloggio»,  tanto  piu'  che  tutti  i  figli della coppia erano
minorenni  («circostanza  questa  non  presa  in considerazione dalla
normativa  benche'  non  trascurabile»),  e  che  la  ricorrente  era
proprietaria  dell'alloggio  in  oggetto  (da  cui l'assenta maggiore
difficolta' di provvedere ad un eventuale cambio di alloggio);
    Rilevato  che  la  stessa  Avvocatura,  pur mostrando di ritenere
sufficientemente  «corrette»  le  conclusioni  del C.T.U., dopo avere
evidenziato  la  mancanza  di  coordinamento  «tra legge nazionale in
materia di stranieri e leggi regionali, concludeva con una richiesta,
di   natura  sostanzialmente  istruttoria,  volta  ad  ottenere  «una
certificazione con carattere di attualita' e funzionalmente orientata
a   verificare   la   sussistenza  dei  requisiti  igienico-sanitari»
dell'alloggio rispetto al nucleo familiare oggetto della procedura di
ricongiungimento;
    Ritenuto  che,  avuto  riguardo a quanto si e' fin qui esposto, e
tenuto  conto  dell'orientamento  manifestato  dall'Avvocatura  dello
Stato (favorevole, come sopra si e' anticipato, ad un approfondimento
istruttorio   incentrato  unicamente  sulla  verifica  dell'idoneita'
igienico-sanitaria  dell'alloggio), appare evidente la complessita' e
la  delicatezza  delle  questioni  affidate  alla decisione di questo
giudice;
    Ritenuto,  in  via  preliminare,  che  deve  essere  affermata la
giurisdizione  (e,  quindi, anche la competenza) di questo ufficio in
ordine  alla  materia di cui si tratta poiche', come si e' visto, non
viene  in  rilievo  solo  la  richiesta  di  carta di soggiorno della
ricorrente,  ma  il  diritto  stesso  del  coniuge e dei cinque figli
minori  della  predetta  al ricongiungimento familiare sul territorio
italiano;
    Ritenuto,  che  per  quanto  concerne  la  richiesta  istruttoria
formalizzata  dall'Avvocatura dello Stato, essa non appare meritevole
di  accoglimento,  perche'  la  stessa  relazione  peritale,  che  ha
opportunamente  approfondito  il contenuto  del locale Regolamento di
igiene  comunale,  costituisce  di fatto un'autorevole documentazione
volta  ad  affermare la sostanziale idoneita' dell'alloggio, sotto il
profilo  igienico  sanitario,  ad  accogliere  il nucleo familiare in
questione;
    Ritenuto,  del  resto,  che  tale richiesta, anche ove accolta ed
istruita   con   esito  favorevole  alla  straniera  ricorrente,  non
consentirebbe,  ad  avviso  di  questo giudice, di superare il nucleo
centrale  dei  problemi interpretativi sottesi al presente ricorso, e
cio'  si  afferma  almeno sulla scorta di quella che e' stata fino ad
ora la costante giurisprudenza di questo ufficio;
    Ritenuto,  infatti,  che,  pur  avendo  la  stessa  difesa  della
ricorrente  richiamato  l'art. 6 del d.P.R. n. 394/1999, ove al comma
l,  lettera  c),  in  materia di idoneita' dell'alloggio, si dice che
«l'interessato  deve  produrre  l'attestazione  dell'ufficio comunale
circa  la  sussistenza  dei requisiti di cui al predetto articolo del
testo unico (vale a dire l'art. 29, comma 3, lettera a), il cui testo
e'  ora  riproposto  integralmente  dall'art. 5 del d.P.R. 18 ottobre
2004,  n. 334), ovvero il certificato di idoneita' igienico-sanitaria
rilasciata   dall'Azienda  unita'  sanitaria  locale  competente  per
territorio», tale previsione normativa non appare dirimente;
    Ritenuto,  ancora, che secondo la difesa della straniera istante,
proprio  al  fine  di  «rendere  elastici  i parametri di valutazione
dell'idoneita'  abitativa  nelle  procedure  di ricongiungimento o di
rilascio  (...)  di  carta di soggiorno», il legislatore, nella norma
regolamentare da ultimo citata, avrebbe previsto «in alternativa alla
rispondenza  ai parametri posti dalla legge regionale per gli alloggi
di edilizia residenziale pubblica», il rilascio «dell'attestazione di
idoneita'  igienico-sanitaria dell'alloggio da parte della competente
ASL (...)»;
    Ritenuto che, anche a prescindere dall'osservare che, nel caso in
esame,  la  certificazione a firma della dirigente dell'U.O., igiene,
versata  in atti, si limita ad attestare non risultare l'esistenza di
una  «dichiarazione  di inidoneita' igienico-sanitaria per l'immobile
sito  in  Genova,  via  Sergio  Piombelli  n. 10/4», e che, anche ove
presente,  l'attestazione  di idoneita' in questione viene rilasciata
sulla  base  di una valutazione di natura oggettiva che prescinde dal
numero degli abitati dell'alloggio, la disposizione richiamata, anche
perche'  di rango inferiore rispetto all'art. 29, comma 3, lettera a)
del d.lgs. n. 286/1998, non puo' prevalere su quest'ultima;
    Ritenuto,  in  altre  parole,  che in materia di ricongiungimento
familiare, in mancanza di una riforma legislativa sul punto, e dunque
alla  stregua della vigente normativa, lo straniero deve considerarsi
tenuto a dimostrare la disponibilita' di un alloggio «che rientri nei
parametri  minimi  previsti  dalla legge regionale per gli alloggi di
edilizia residenziale pubblica»;
    Ritenuto  che,  appunto  in  forza  della  normativa richiamata e
tenuto  conto  delle  conclusioni  del  C.T.U., avuto riguardo ai due
principali  motivi  di  impugnazione  esposti  (asserita nullita' del
provvedimento  impugnato per via della omessa indicazione della legge
regionale  applicata,  e  della  mancata  traduzione  del  decreto di
rigetto  della  richiesta  della  carta  di  soggiorno  nella  lingua
originaria  della  ricorrente),  il  ricorso  in  esame  non potrebbe
trovare accoglimento;
    Ritenuto,  infatti,  che  per quanto concerne il primo dei motivi
sopra  specificati,  in  adesione  all'assunto  dell'Avvocatura dello
Stato,   deve   essere   considerato   sufficiente  il  richiamo  del
provvedimento  opposto  «ai  presupposti  di  fatto e alle ragioni in
diritto che hanno determinato le ragioni dell'amministrazione»;
    Ritenuto  che,  per  quanto  riguarda  il  secondo  motivo  sopra
enunciato,  vale  a  dire la pretesa nullita' dell'atto per via della
mancata traduzione nella lingua d'origine della ricorrente, come piu'
volte  affermato  da  questo  tribunale,  poiche'  la  traduzione  e'
preordinata   ad   assicurare   la   effettiva   conoscibilita'   del
provvedimento  (essendo  essa «presupposto essenziale per l'esercizio
del  diritto  di  difesa») la «mancata traduzione, o la traduzione in
una   lingua  non  conosciuta  dal  destinatario  del  provvedimento»
determina  esclusivamente  la  non  decorrenza del termine perentorio
dell'impugnazione,  laddove  appunto essa non sia stata presentata in
forza  di  un  problema di mancata comprensione, il che si rivela non
pertinente  alla  fattispecie  in  esame,  in  quanto  la ricorrente,
presentando  tempestivo  ricorso  e  difendendosi  nel  merito per il
tramite del suo legale, ha dimostrato di avere avuto piena cognizione
del contenuto del provvedimento;
    Ritenuto,  che,  a questo punto, avuto riguardo al fatto che gia'
in  precedenti  analoghi procedimenti e' stata evidenziata la pretesa
rilevanza   di  questioni  di  costituzionalita'  aventi  ad  oggetto
l'art. 29,  comma  3, lettera a) del T.U. in materia di immigrazione,
per   l'eventuale   contrasto   con   gli  artt. 3,  29  e  31  della
Costituzione,  devono  essere  approfonditi  gli eventuali profili di
incostituzionalita' della normativa in materia di stranieri;
    Ritenuto  che in una precedente fattispecie questo ufficio (si v.
ord.  Trib.  Genova,  17  novembre  2003,  ric.  Siancas  Arias. Est.
Martinelli),  dopo avere fatto applicazione dei parametri previsti in
generale dal d.m. 5 luglio 1975, aveva concluso per l'irrilevanza «di
ogni  questione  di  illegittimita' costituzionale del riferimento ad
una normativa regionale anziche' nazionale»;
    Ritenuto,   tuttavia,  che,  ad  avviso  di  questo  giudice,  la
questione  merita  di  essere  nuovamente  presa  in  considerazione,
proprio  con specifico riferimento alle concrete risultanze di questa
procedura,   nell'ambito  della  quale  neppure  il  ricorso  ad  una
normativa  nazionale,  di  natura  regolamentare,  ha  consentito  di
considerare meritevoli di accoglimento le doglianze della ricorrente;
    Ritenuto  che,  d'altra  parte,  il  fatto  stesso  che in talune
situazioni,  sulla base di un'interpretazione estensiva, si sia fatta
applicazione  di  una  disposizione regolamentare nazionale, in luogo
della   legge  regionale  che  il  T.U.  in materia  di  immigrazione
esclusivamente  richiama,  suscita  piu' di una perplessita' circa la
ragionevolezza del quadro normativo descritto;
    Ritenuto  che,  a conferma di tale assunto, vi e', da un lato, il
fatto  che,  ai  fini  di  una  piu'  adeguata  interpretazione della
normativa in tema di ricongiungimento familiare, almeno una parte dei
giudici  di  merito  sono  stati  indotti  a  fare  ricorso  a  testi
legislativi non presi in considerazione dal citato art. 29 (ad es. il
citato  d.m.  5  luglio  1975),  e  dall'altra il fatto che lo stesso
legislatore  ha  introdotto  in  sede  regolamentare una (contestata)
equiparazione  tra la sussistenza dei requisiti di idoneita' previsti
dalla  legge  regionale  per  gli  alloggi  di  edilizia residenziale
pubblica, e il certificato di idoneita' igienico-sanitaria rilasciato
dalla  ASL  competenti  (si  richiama  sul punto quanto gia' sopra in
precedenza esposto);
    Ritenuto che, mentre la richiesta di idoneita' igienico-sanitaria
degli   alloggi   nella   disponibilita'   dei   cittadini  stranieri
richiedenti  il  ricongiungimento,  a sommesso avviso del giudicante,
ben   potrebbe   costituire   un   ragionevole   requisito   ai  fini
dell'accoglimento  della domanda, il mero richiamo della normativa ad
una   legge   regionale   in  materia  di  edilizia  pubblica  appare
irrazionale  e,  come  tale,  ingiustificato,  creando  una oggettiva
discriminazione  tra  cittadini italiani e cittadini stranieri, oltre
che  una  potenziale discriminazione tra cittadini stranieri abitanti
in  una Regione piuttosto che un'altra (per quanto questo giudice non
abbia  avuto  la  possibilita' di verificare l'esistenza di normative
regionali divergenti in materia);
    Ritenuto  che,  effettivamente, l'applicazione della citata legge
regionale  solo  astrattamente  sembra  porre  sullo  stesso  piano i
cittadini  italiani e gli stranieri, mentre in realta' essa determina
una  non accettabile discriminazione dei secondi rispetto ai primi, e
cio' proprio nella delicata materia familiare, non comprendendosi per
quale  ragione solo allo straniero dovrebbe richiedersi di rispettare
i  rigidi  parametri  previsti  dalla  legge regionale per l'edilizia
residenziale  pubblica,  allorquando  per  il  cittadino italiano che
faccia  ricorso  al  libero mercato degli alloggi, non e' previsto il
medesimo trattamento (ed infatti il concetto di alloggio «adeguato» o
«inadeguato»   non   presenta   alcuna   valenza   sotto  il  profilo
igienico-sanitario,  ma  soltanto  ai  fini dell'accesso all'edilizia
agevolata);
    Ritenuto,  in  altre  parole,  che  soltanto per gli stranieri la
realizzazione   (o   il  mantenimento)  dell'unita'  familiare  viene
subordinata  al  rispetto delle citate disposizioni regionali, pur in
presenza,  come  nel  caso  di  specie,  di  un immobile che risponde
pienamente   ai   fondamentali   requisiti   igienico-sanitari  (come
ricavabile  dalla  C.T.U.  Benelli  le  cui conclusioni sono state in
precedenza  esposte),  con  la  sottolineatura  che  la ricorrente ha
addirittura  acquistato  l'alloggio  di  cui  si tratta, manifestando
cosi' un radicamento sul territorio che non sempre e' facile rilevare
in procedimenti analoghi;
    Ritenuto  conseguentemente che, nel caso in esame, il rigetto del
ricorso  determinerebbe una lesione del diritto soggettivo all'unita'
familiare  del  cittadino  straniero,  regolarmente  soggiornante  in
Italia,  diritto di rango sia costituzionale che comunitario il quale
verrebbe  ad  essere compresso non in forza di preminenti esigenze di
ordine  pubblico,  o  di  sicurezza  dello Stato, ma sulla base di un
rinvio  legislativo  ad  una norma regionale i cui limiti applicativi
sono stati sopra evidenziati;
    Ritenuto  che,  tutto cio' precisato, e considerato che, in forza
dell'art. 2 del d.lgs. n. 286/1998, allo straniero «comunque presente
sul territorio dello Stato» sono riconosciuti «i diritti fondamentali
della  persona  umana  previsti dalle norme di diritto interno, dalle
convenzioni  internazionali  in  vigore,  e  dai  principi di diritto
internazionale  generalmente  riconosciuti»,  e che lo stesso giudice
delle  leggi  ha avuto modo di affermare la piena equiparazione degli
stranieri  ai cittadini italiani per quanto concerne il godimento dei
diritti  in materia di famiglia (si v. ad es. le sentenze n. 28/1995,
n. 203/1997),  non  appare  manifestamente infondato il dubbio che la
norma  in  esame  sia  in  contrasto  con l'art. 2 Cost., poiche' «il
diritto  all'unita'  familiare» rientra a pieno titolo tra i «diritti
inviolabili  dell'uomo», con l'art. 3, primo comma, Cost. per la gia'
sottolineata  violazione  del  diritto  di  uguaglianza tra cittadini
italiani  e  stranieri,  con  l'art. 29,  primo  comma,  Cost. per la
lesione  che  la  norma  ordinaria  determina  ai diritti dei singoli
familiari  e,  in  particolare,  ai  diritti  dei figli minori, e con
l'art. 31   Cost.,  potendo  considerarsi  nella  specie  violato  il
precetto   costituzionale   che   tutela  l'adempimento  dei  compiti
familiari relativi alle famiglie numerose;
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1  della  legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1 e 23 della legge li marzo 1953, n. 7;
    Dichiara  la  rilevanza  e  la  non  manifesta infondatezza della
questione  di costituzionalita' dell'art. 29, comma 3, lettera a) del
n. 286/1998,  nella parte in cui, nel disciplinare i requisiti la cui
esistenza  deve  essere  dimostrata  per ottenere il ricongiungimento
familiare,   prevede   che   l'alloggio  nella  disponibilita'  dello
straniero  debba  rientrare nei parametri minimi previsti dalla legge
regionale  per  gli  alloggi  di  edilizia residenziale pubblica, per
contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 31 della Costituzione.
    Dispone  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale e
sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa,  al  Presidente del Consiglio dei
ministri,  nonche'  comunicata  ai  Presidenti  delle  due Camere del
Parlamento.
    Si comunichi alle parti nelle forme di legge.
        Genova, addi' 28 dicembre 2005
                      Il giudice: Mazza Galanti
06C0389