N. 58 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 maggio 2006

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 maggio 2006 (della Regione Toscana)

Stupefacenti  e  sostanze  psicotrope  - Disposizioni per favorire il
  recupero  dei  tossicodipendenti recidivi e modifiche al T.U. delle
  leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e sostanze
  psicotrope,  prevenzione,  cura e riabilitazione dei relativi stati
  di  tossicodipendenza  - Ricorso della Regione Toscana - Denunciata
  mancata sottoposizione delle disposizioni impugnate alla Conferenza
  Stato-Regioni per l'acquisizione del prescritto parere - Denunciata
  mancanza  della  previa intesa con la Regione in sede di Conferenza
  permanente   in   tema  di  livelli  essenziali  delle  prestazioni
  concernenti  i diritti civili e politici - Violazione del principio
  di  leale collaborazione - Lesione dell'autonomia degli enti locali
  - Lesione della sfera di competenza regionale, in materia di tutela
  della salute e di organizzazione del servizio sanitario.
- D.L.  30 dicembre  2005,  n. 272,  convertito  in legge 21 febbraio
  2006, n. 49, artt. 4-octies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies.
- Costituzione,  artt. 5,  117  e 118, anche in relazione all'art. 2,
  del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Stupefacenti  e  sostanze  psicotrope  - Disposizioni per favorire il
  recupero  dei  tossicodipendenti recidivi e modifiche al T.U. delle
  leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e sostanze
  psicotrope,  prevenzione,  cura e riabilitazione dei relativi stati
  di tossicodipendenza - Previsione dell'esercizio delle attivita' di
  prevenzione e di intervento, secondo uniformi condizioni di parita'
  dei  servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti e delle
  strutture  private  autorizzate  dal  S.S.N.  -  Determinazione dei
  necessari   requisiti  strutturali,  tecnologici,  organizzativi  e
  funzionali  dei  servizi  pubblici per la tossicodipendenza e delle
  strutture  private  che esercitano attivita' di prevenzione, cura e
  riabilitazione   nel   settore   -  Determinazione  delle  funzioni
  spettanti   ai  servizi  pubblici  ed  alle  strutture  autorizzate
  pubbliche   e   private   (analisi   delle   condizioni   cliniche,
  socio-sanitarie e psicologiche dei pazienti; controlli clinici e di
  laboratorio;  individuazione  del  programma  farmacologico o delle
  terapie  di  disintossicazione  e diagnosi delle patologie in atti;
  elaborazione,  attuazione  e verifica di un programma terapeutico e
  socio  riabilitativo;  progettazione ed esecuzione di interventi di
  informazione  e  prevenzione)  -  Ricorso  della  Regione Toscana -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  in
  materia  di  tutela  della  salute e di organizzazione del servizio
  sanitario - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale.
- D.L.  30 dicembre  2005,  n. 272,  convertito  in legge 21 febbraio
  2006, n. 49, art. 4-quaterdecies.
- Costituzione,  artt. 117, 118 e 119, anche in relazione all'art. 6,
  comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
Stupefacenti  e  sostanze  psicotrope  - Disposizioni per favorire il
  recupero  dei  tossicodipendenti recidivi e modifiche al T.U. delle
  leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e sostanze
  psicotrope,  prevenzione,  cura e riabilitazione dei relativi stati
  di  tossicodipendenza  - Previsione dei livelli essenziali relativi
  alla   liberta'  di  scelta  dell'assistito  ed  ai  requisiti  per
  l'autorizzazione  delle  strutture  private - Ricorso della Regione
  Toscana - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale
  in  materia di tutela della salute e di organizzazione del servizio
  sanitario - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale.
- D.L.  30 dicembre  2005,  n. 272,  convertito  in legge 21 febbraio
  2006, n. 49, art. 4-quinquiesdecies.
- Costituzione, artt. 117, comma 2, lett. m), 118 e 119.
Stupefacenti  e  sostanze  psicotrope  - Disposizioni per favorire il
  recupero  dei  tossicodipendenti recidivi e modifiche al T.U. delle
  leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e sostanze
  psicotrope,  prevenzione,  cura e riabilitazione dei relativi stati
  di  tossicodipendenza  - Disciplina dell'istanza per la sospensione
  dell'esecuzione  della pena da parte di soggetto condannato per uno
  dei reati in materia di uso di sostanze stupefacenti o psicotrope -
  Certificazione   attestante   lo  stato  di  tossicodipendenza,  di
  alcoldipendenza, la procedura con la quale e' stato accertato l'uso
  abituale   di   sostanze   stupefacenti   psicotrope  o  alcoliche,
  l'andamento  del  programma  concordato eventualmente in corso e la
  sua idoneita' ai fini del recupero del condannato - Possibilita' di
  rilascio,  oltre  che  da  un  SERT, anche da una struttura privata
  accreditata - Ricorso della Regione Toscana - Denunciata violazione
  della  sfera  di  competenza  regionale  in materia di tutela della
  salute  e  di organizzazione del servizio sanitario - Incidenza sui
  principi   di   imparzialita'   e  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale.
- D.L.  30 dicembre  2005,  n. 272,  convertito  in legge 21 febbraio
  2006, n. 49, artt. 4-octies e 4-undecies.
- Costituzione, artt. 97, 117, 118 e 119.
(GU n.22 del 31-5-2006 )
    Ricorso  della  Regione  Toscana,  in  persona del presidente pro
tempore,  autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 285
del  18  aprile 2006, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente  atto,  dagli  avvocati  Lucia  Bora,  Vanna Console e Fabio
Lorenzoni   e   presso   lo   studio  di  quest'ultimo  elettivamente
domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43;

    Contro  il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli articoli
4-octies,    4-undecies,    4-quaterdecies,   4-quinquiesdecies   del
decreto-legge  30  dicembre  2005,  n. 272,  convertito  con legge 21
febbraio  2006,  n. 49,  recante  «Misure  urgenti  per  garantire la
sicurezza  ed  i  finanziamenti  per le prossime Olimpiadi invernali,
nonche'    la    funzionalita'   dell'Amministrazione   dell'interno.
Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e
modifiche  al  testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti    e    sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
riabilitazione  dei  relativi  stati  di tossicodipendenza, di cui al
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309».
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  30  dicembre  2005,  n. 303, e' stato
pubblicato  il  decreto-legge  n. 272/2005 e nella Gazzetta Ufficiale
del  27  febbraio  2006, n. 48, S.O., e' stata pubblicata la legge 21
febbraio 2006, n. 49, di conversione del decreto suddetto.
    Alcune  disposizioni della legge di conversione del decreto-legge
contrastano  con  le  attribuzioni  costituzionalmente garantite alle
regioni e vengono impugnate per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1)    Illegittimita'    costituzionale    degli   artt. 4-octies,
4-undecies,  4-quaterdecies,  4-quinquiesdecies,  del decretolegge 30
dicembre  2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49,
per  violazione  degli  artt. 5,  117,  118 Cost., anche in relazione
all'art. 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Violazione
del principio della leale collaborazione.
    Le  censurate disposizioni, sono state inserite nel decreto-legge
n. 272/2005 con la legge di conversione (legge n. 49/2006) - che, con
una   norma   di   chiusura,   ha  modificato  anche  il  titolo  del
decreto-legge  (Nel  titolo del decreto-legge sono aggiunte, in fine,
le  seguenti  parole:  «e  modifiche  al  testo  unico delle leggi in
materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze psicotrope,
prevenzione,   cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati  di
tossicodipendenza,  di cui al decreto del Presidente della Repubblica
9  ottobre 1990, n. 309») - e non sono mai state sottoposte all'esame
della  Conferenza  Stato-Regioni  per  l'espressione  del  parere  di
competenza.
    Tale  Conferenza  costituisce  la  sede  della concertazione, del
confronto   politico,   della   valutazione  e  ponderazione  di  una
pluralita'   di   interessi   che  si  imputano  a  soggetti  diversi
dell'ordinamento  e rappresenta pertanto uno strumento essenziale per
la   leale   cooperazione,   che  trova  il  suo  diretto  fondamento
nell'art. 5   Cost.  (sentenza  Corte  cost.  n. 373/1997).  Come  ha
chiarito   la   giurisprudenza   costituzionale   «la   premessa  per
l'intervento  della  Conferenza  e' sempre la presenza di una qualche
implicazione degli indirizzi di politica generale di pertinenza degli
organi  statali nelle materie di competenza regionale e la conferenza
e'  sede  di  raccordo  per  consentire alle Regioni di partecipare a
processi  decisionali  che  resterebbero  altrimenti  nella esclusiva
disponibilita'  dello  Stato»  (Corte cost. sentenza n. 408/1998). In
tale  ottica,  attuando  il criterio del potenziamento delle funzioni
della  Conferenza  di  cui  all'art. 9  della  legge  n. 59/1997,  in
considerazione  delle  piu'  rilevanti attribuzioni riconosciute alle
regioni  dalla  stessa  legge,  l'art. 2,  terzo  comma,  del decreto
legislativo  n. 281/1997 ha stabilito che la Conferenza Stato-Regioni
e'  obbligatoriamente  sentita  in  ordine  agli schemi di disegni di
legge  e  di  decreto  legislativo o di regolamento del Governo nelle
materie di competenza delle regioni o delle province autonome, che si
pronuncia  entro  venti  giorni; decorso tale termine i provvedimenti
recanti  attuazione  di  direttive  comunitarie sono emanati anche in
mancanza  di  detto  parere (cfr. Corte cost. sentenza del 23 gennaio
2006, n. 31).
    In  particolare,  per  quanto  concerne la fissazione dei livelli
essenziali  delle  prestazioni - che l'art. 113 del testo unico, come
modificato dall'art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272/2005,
afferma  di  stabilire -, si rileva che nella materia de qua lo Stato
avrebbe  dovuto  obbligatoriamente acquisire l'intesa con le Regioni.
Come,  infatti,  affermato  dalla Corte costituzionale in una recente
sentenza  (sentenza  n. 88,  13-27  marzo  2003)  «L'inserimento  nel
secondo  comma  dell'art.  117 del nuovo Titolo V della Costituzione,
fra   le   materie  di  legislazione  esclusiva  dello  Stato,  della
"determinazione  dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i  diritti  civili  e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio   nazionale"   attribuisce   al   legislatore  statale  un
fondamentale  strumento per garantire il mantenimento di una adeguata
uniformita' di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti,
pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale
e  locale  decisamente  accresciuto.  La  conseguente forte incidenza
sull'esercizio delle funzioni nelle materie assegnate alle competenze
legislative ed amministrative delle regioni e delle Province autonome
impone  evidentemente  che  queste  scelte,  almeno  nelle loro linee
generali,  siano  operate  dallo  Stato con legge, che dovra' inoltre
determinare  adeguate  procedure e precisi atti formali per procedere
alle   specificazioni  ed  articolazioni  ulteriori  che  si  rendano
necessarie  nei  vari settori. Nel settore sanitario fin dall'art. 53
della  legge  23  dicembre  1978,  n. 833  (Istituzione  del Servizio
sanitario  nazionale)  si  e'  parlato  di "livelli delle prestazioni
sanitarie  che  devono essere comunque garantite a tutti i cittadini"
ma in particolare il secondo comma dell'art. 1 del d.lgs. 30 dicembre
1992.  n. 502  ... quale modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229
...  afferma  che  il  Servizio sanitario nazionale (assicura (...) i
livelli  essenziali  e  uniformi  di  assistenza  definiti  dal piano
sanitario  nel  rispetto  dei  principi  della dignita' della persona
umana,    del   bisogno   di   salute,   dell'equita'   nell'accesso,
dell'assistenza,   della   qualita'   delle   cure   e   della   loro
appropriatezza    riguardo    alle   specifiche   esigenze,   nonche'
dell'economicita' nell'impiego delle risorse"; a loro volta i commi 6
e  7  compiono  alcune  specificazioni  relativamente  ai  livelli di
assistenza  compresi  od  esclusi  dai  livelli  erogati a carico del
Servizio  sanitario  nazionale.  Dopo  l'entrata  in vigore del nuovo
Titolo   V   della   seconda   parte  della  Costituzione,  a  questa
disposizione  si  e'  riferito l'emendamento apportato all'art. 6 del
d.l.  18  settembre  2001,  n. 347,  dalla  legge  di  conversione 16
novembre  2001,  n. 405,  per  potersi  giungere alla definizione dei
livelli  essenziali  di  assistenza  nel settore sanitario; in questa
occasione,  peraltro,  si  e'  anche  disciplinato il procedimento di
adozione    dei   livelli   essenziali   di   assistenza   attraverso
l'attribuzione  ad  un  apposito decreto del Presidente del Consiglio
dei   ministri   del  compito  di  definirli,  e  la  previsione  del
coinvolgimento delle regioni e province autonome attraverso la previa
intesa con il Governo, da conseguire in sede di Conferenza permanente
per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento  e  di  Bolzano.  Ed  in  realta',  dopo  un  apposito accordo
conseguito  in  sede di Conferenza permanente il 22 novembre 2001 fra
Governo  e regioni e province autonome, e' intervenuto il d.P.C.m. 29
novembre  2001,  che  ne  ha recepito i contenuti, definendo "i nuovi
livelli  essenziali  di  assistenza",  entro  i quali rientrano anche
quelli  relativi  (per  quanto  rileva  nella  presente  causa)  alla
"attivita'   sanitaria   e   socio-sanitaria   rivolta  alle  persone
dipendenti da sostanze stupefacenti e psicotrope e da alcool" ... "Al
di  la'  di ogni valutazione di merito sul procedimento configurato e
sulla   stessa   adeguatezza  dei  livelli  essenziali  in  tal  modo
individuati,  resta indubbio che in tutto il settore sanitario esiste
attualmente una precisa procedura, individuata con fonte legislativa,
per  la  determinazione  di  quanto  previsto  nell'art. 117, secondo
comma,  lettera  m) della Costituzione e che questa determinazione e'
intervenuta appunto con il d.P.C.m 29 novembre 2001"».
    Quest'Amministrazione  contesta - come meglio sara' esplicitato -
che   le   norme   in  esame  determinino  livelli  essenziali  delle
prestazioni.   Cio'   nonostante   l'acquisizione  del  parere  della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province  autonome  di  Trento  e di Bolzano sarebbe stata ugualmente
obbligatoria  perche' le disposizioni in questione interferiscono con
materie  regionali e, segnatamente, con la materia della tutela della
salute e con l'organizzazione del servizio sanitario regionale.
    Ma  se  si dovesse ritenere - e non e' cosi' - che effettivamente
le  norme  in  esame  costituiscano l'asserita fissazione dei LEA, le
stesse  norme  sarebbero  a  maggior  ragione  e  sotto altro aspetto
illegittime  perche'  assunte  in difetto dell'intesa che, come sopra
detto,  e'  necessaria  tutte le volte che vengano approvate norme di
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie.
    Da  qui  la violazione delle disposizioni rubricate per contrasto
con gli artt. 5, 117 e 118 Cost., anche in riferimento all'art. 2 del
decreto  legislativo  n. 281/1997, sotto il profilo della lesione del
principio di leale collaborazione tra Stato e regioni.
    2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4-quaterdecies  del
d.l.  n. 272/2005 di modifica dell'art. 113 del testo unico di cui al
decreto  del  Presidente  della Repubblica n. 309 del 1990, rubricato
«Competenze  delle  regioni e delle province autonome», per contrasto
con  gli  artt. 117,  118,  119  Cost. anche in relazione all'art. 6,
comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
    L'art. 113 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  n. 309  del 1990, come modificato dall'art. 4-quaterdcies
del  d.l.  n. 272/2005,  ribadita  la  competenza  legislativa  delle
regioni  e  province  autonome  in  materia  di  prevenzione,  cura e
riabilitazione  delle  tossicodipendenze,  dopo  aver  individuato al
comma  1,  lett. a)  e  b),  alcuni  principi  -  parita' fra servizi
pubblici  per  l'assistenza  ai tossicodipendenti e strutture private
autorizzate  dal Servizio sanitario nazionale che abbiano i requisiti
di  cui  all'art. 116  dello  stesso decreto; garanzia da parte della
disciplina dell'accreditamento della parita' di accesso ai servizi ed
alle  prestazioni  erogate  dai  servizi  pubblici  e dalle strutture
private  accreditate  -  individua  alla lett. d) dello stesso comma,
sempre  nell'ambito dei principi della materia, le funzioni spettanti
ai  servizi  pubblici  ed  alle  struttura  private autorizzate. Tali
funzioni sono le seguenti: «... 1) analisi delle condizioni cliniche,
socio-sanitarie   e  psicologiche  del  tossicodipendente  anche  nei
rapporti  con  la  famiglia;  2)  controlli  clinici e di laboratorio
necessari  per  accertare lo stato di tossicodipendenza effettuati da
strutture  pubbliche  accreditate per tali tipologie di accertamento;
3)  individuazione  del  programma  farmacologico  o delle terapie di
disintossicazione e diagnosi delle patologie in atto, con particolare
riferimento  alla  individuazione  precoce  di  quelle correlate allo
stato di tossicodipendenza; 4) elaborazione, attuazione e verifica di
un  programma  terapeutico  e  socio riabilitativo nel rispetto della
liberta'  di  scelta del luogo di trattamento di ogni singolo utente;
5)  progettazione  ed  esecuzione  in  forma  diretta  o indiretta di
interventi di informazione e prevenzione».
    Tale  norma,  nel  disporre  un  regime  di parita' fra strutture
pubbliche  e  private,  affida alle strutture private tutti i compiti
che,   in   base  alle  previgenti  disposizioni  in  materia  erano,
viceversa, riservate alle strutture del servizio pubblico.
    Fra  tali compiti sono annoverati la individuazione del programma
farmacologico o delle terapie di disintossicazione, l'elaborazione di
un  programma terapeutico nonche' l'attuazione e la verifica di detto
programma.
    Fino  all'emanazione  di  tale  legge,  in base alla legislazione
nazionale vigente ad ai successivi atti d'attuazione regionali, (L.R.
24  febbraio  2005,  n. 40,  artt. 74 e ss.), l'ingresso in strutture
private per il recupero di soggetti tossicodipendenti veniva disposta
dai   SERT,   previa  approvazione  di  uno  specifico  programma  di
riabilitazione e di reinserimento sociale.
    Con  la  norma  in  esame  si  sancisce  l'ingresso diretto nelle
strutture  private,  non  solo  autorizzate  ma anche accreditate (v.
oltre  al  punto 3), che, senza alcun filtro di medici o di strutture
del  Servizio  sanitario  nazionale,  vengono abilitate a fare sia la
diagnosi  sia  la  programmazione  riabilitativa sia l'esecuzione dei
programmi  dei  soggetti che ad esse si rivolgano. Manca, quindi, una
verifica  da  parte  della  ASL  sia sulle necessita' dell'intervento
(diagnosi),   sia   sulla  validita'  del  tipo  di  risposta  scelta
(programma  di  cura riabilitazione e di reinserimento sociale). Tale
iniziativa   del   legislatore,   anche   alla  luce  del  successivo
art. 4-quinquiesdecies,  sembra  essere  giustificata  a  tutela  del
principio  di  libera  scelta,  da parte dell'utente, della struttura
preposta   a   fornire   la   prestazione   di  prevenzione,  cura  e
riabilitazione dello stato di tossicodipendenza.
    Ma  come  affermato  dalla  Corte  costituzionale  nella sentenza
n. 416 del 1995 «La liberta' di scegliere da parte dell'assistito chi
chiamare  a  fornire  le prestazioni sanitarie non comporta, affatto,
una  liberta'  sull'an  e  sull'esigenza delle prestazioni, in quanto
permane  (cosi' come disciplinato in precedenza dall'art. 8, comma 5,
del  d.lgs.  30 dicembre  1992, n. 502, che gia' contemplava, sia nel
testo originario, sia in quello risultante dalle modifiche introdotte
dall'art.  9  del  d.lgs.  7  dicembre 1993, n. 517, la previsione di
"appositi  rapporti  fondati sulla corresponsione di un corrispettivo
predeterminato  a fronte della prestazione", ritenuti compatibili con
il   sistema   di  libera  scelta  dell'assistito,  confermato  anche
dall'art.  15  del d.lgs. n. 517 del 1993, modificativo dell'art. 14,
comma  6,  del  d.lgs.  n. 502  del 1992) il principio essenziale che
l'erogazione   delle   prestazioni,   soggette  a  scelta  (da  parte
dell'utente-assistito) della struttura o dei professionisti eroganti,
e'  "subordinata  all'apposita  prescrizione,  proposta  o  richiesta
compilata su modulario del Servizio sanitario nazionale dal medico di
fiducia  dell'interessato"  (v. ora  art.  6, comma 5, della legge 23
dicembre  1994,  n. 724).  Permangono  pertanto  tutti  i  poteri  di
controllo,   indirizzo  e  verifica  delle  regioni  e  delle  Unita'
sanitarie locali (sentenze n. 126 del 1994 e n. 283 del 1991)».
    La  recente  scelta  legislativa,  che  ha dato luogo al presente
ricorso,  travolgendo  i  principi  di  cui alla normativa in materia
sanitaria  richiamata  nella  sentenza riportata, comporta una palese
violazione  dell'autonomia  di  spesa  delle  regioni.  Queste ultime
vedono,  infatti, compressa la funzione normativa e di programmazione
delle   attivita'   di   prevenzione   cura  e  riabilitazione  delle
tossicodipendenze,  in  quanto  una  volta  che  l'utente  si rivolge
autonomamente  alla  struttura privata, senza la necessita' di alcuna
«prescrizione»  del Servizio sanitario nazionale, e cioe' senza alcun
filtro  da  parte  dell'azienda sanitaria, resta ad esse accollata la
spesa  per  le  prestazioni che vengono decise dalle stesse strutture
private  che  riceveranno  poi  il  corrispettivo  per le prestazioni
erogate.
    La  sentenza  sopra  richiamata  (sent.  n. 416/1995),  dopo aver
riaffermato   il  principio  della  necessita'  di  prescrizione  del
Servizio  sanitario  nazionale affinche' l'utente possa avere accesso
alle  prestazioni,  prosegue  affermando: «In presenza di limitatezza
delle   risorse   e   riduzione   delle   disponibilita'  finanziarie
accompagnata  da esigenze di risanamento del bilancio nazionale, "non
e' pensabile di poter spendere senza limite, avendo riguardo soltanto
ai  bisogni  quale  ne  sia  la gravita' e l'urgenza; e' viceversa la
spesa  a  dover  essere  commisurata  alle  effettive  disponibilita'
finanziarie,  le  quali condizionano la quantita' ed il livello delle
prestazioni  sanitarie,  da  determinarsi  previa  valutazione  delle
priorita'   e   compatibilita'   e   tenuto  ovviamente  conto  delle
fondamentali  esigenze  connesse  alla tutela del diritto alla salute
...".
    Inoltre  si  puo'  aggiungere  l'ulteriore  considerazione che la
disponibilita'  finanziaria  costituisce  limite  alla autonomia, con
duplice  funzione  di protezione dei vari soggetti e con carattere di
reciprocita',  cioe'  nel  senso  che  gli  enti di autonomia debbono
provvedere   con  risorse  proprie  in  presenza  di  maggiori  spese
dipendenti  da  proprie  scelte,  giustificabili  da esigenze locali.
Cosi' lo Stato, una volta trasferiti o determinati i mezzi finanziari
di  cui  vi  e'  disponibilita',  puo'  rifiutare  di  addossarsi gli
ulteriori   disavanzi  per  spese  estranee  alle  proprie  scelte  o
dipendenti   da  determinazioni  degli  enti  gestori,  ma  non  puo'
addossare  al  bilancio regionale oneri relativi alla spesa sanitaria
che   derivano  da  decisioni  non  imputabili  alle  regioni  stesse
(sentenza n. 452 del 1989)».
    I suddetti principi sono tutti palesemente violati dall'impugnata
norma, con conseguente illegittimita' costituzionale della stessa.
    3)  Illegittimita' costituzionale dell'art. 4-quinquiesdecies del
decreto-legge  30  dicembre  2005,  n. 272,  convertito  con legge 21
febbraio  2006,  n. 49,  recante  la modifica dell'art. 116 del testo
unico  di  cui  al  decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990,  n. 309,  rubricato  «Livelli  essenziali  relativi alla libera
scelta   dell'utente   e  ai  requisiti  per  l'autorizzazione  delle
strutture  private»  per  violazione degli artt. 117, con particolare
riferimento al comma 2, lett. m), 118, 119 Cost.
    L'art. 116 del testo unico di cui al decreto del Presidente delle
Repubblica     9    ottobre    1990,    n. 309,    come    modificato
dall'art. 4-quinquiesdecies   del  decreto-legge  30  dicembre  2005,
n. 272,  convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, prevede che le
Regioni  e  le Province autonome di Trento e Bolzano assicurino quale
livello  essenziale delle prestazioni ai sensi dell'art. 117, secondo
comma,  lett.  m),  della Costituzione, la liberta' di scelta di ogni
singolo  utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione
della tossicodipendenze». Prosegue affermando che la realizzazione di
strutture  e  l'esercizio di attivita' sanitaria a favore di soggetti
tossicodipendenti    e'   soggetta   ad   autorizzazione   ai   sensi
dell'art. 8-ter  del  d.lgs.  n. 502/1992.  Al  secondo comma fissa i
presupposti  per  il rilascio dell'autorizzazione, individuando, come
requisiti  del  soggetto da autorizzare: la personalita' giuridica di
diritto pubblico o privato o la natura di associazione riconosciuta o
riconoscibile  ai  sensi degli artt. 12 e seguenti del codice civile;
la  disponibilita' di locali ed attrezzature adeguate; la presenza di
personale  dotato  di comprovata esperienza; la presenza di un equipe
multidisciplinare    composta    da    medici   ed   infermieri   con
specializzazioni    attinenti    alle    patologie   correlate   alle
tossicodipendenze;  la  presenza  di  educatori  professionali  e  di
comunita'  supportati  dalle  figure professionali del medico e dello
psicologo. Al terzo comma si afferma: «Il diniego dell'autorizzazione
deve  essere motivato con espresso riferimento alle normative vigenti
o  al  possesso dei requisiti minimi di cui al comma 2». Ed ancora il
comma  4  dispone che le Regioni e le Province autonome «stabiliscono
le  modalita' di accertamento e certificazione dei requisiti indicati
al  comma 2 e le cause che danno luogo alla sospensione o alla revoca
dell'autorizzazione».
    Tale  autorizzazione  e',  fra l'altro, condizione indispensabile
perche'  la  struttura  possa  essere accreditata, cioe' abilitata ad
operare  in  regime di accreditamento e quindi con oneri a carico del
Servizio sanitario regionale (v. art. 116, comma 6).
    L'autorizzazione  e',  infine  condizione  sufficiente per «a) lo
svolgimento  dei  compiti  di cui all'art. 114 - compiti d'assistenza
degli   enti   locali   in  materia  di  prevenzione  e  recupero  di
tossicodipendenti - (v. ancora art. 116, comma 6).
    Tale autorizzazione consente, quindi, senza l'accreditamento - in
ordine  al  quale  alle  regioni  sono  lasciati  maggiori  spazi  di
autonomia legislativa ed amministrativa - lo svolgimento di una serie
di  compiti  --  alcuni  dei quali attengono fra l'altro alla materia
dell'assistenza sociale e cioe' ad una materia in cui le regioni sono
dotate  di  competenza  legislativa  esclusiva  - tutti rientranti in
materie di competenza regionale.
    La  norma  comprime,  quindi,  la  potesta'  legislativa  nonche'
l'attivita'  di  programmazione  regionale in materia di prevenzione,
cura  e  riabilitazione degli stati di tossicodipendenza in quanto il
legislatore  nazionale,  dopo  aver  deciso  quali  siano  i soggetti
pubblici  e  privati  diversi  dagli organismi del Servizio sanitario
nazionale abilitati ad operare nel settore delle tossicodipendenze, e
quali, amplissimi, compiti siano dagli stessi svolti (v. lett. d) del
comma  1, dell'art. 113, del testo unico, c.m. dal d.l. n. 272/2005),
fissa  in  modo dettagliato i requisiti, soggettivi ed oggettivi, che
tali soggetti devono possedere - [art. 116, comma 2, lett. a) b), c),
d),  e)].  Al  terzo  comma  determina,  poi,  in  modo  tassativo le
condizioni  che  possono  giustificare  il  diniego d'autorizzazione.
Rinvia,  infine, alla disciplina regionale (v. comma 4 dell'art. 116)
esclusivamente  «le  modalita'  di  accertamento e certificazione dei
requisiti  indicati  al  comma  2  e  le  cause  che danno luogo alla
sospensione   o   alla  revoca  dell'autorizzazione».  La  competenza
legislativa  delle  regioni e' relegata a ruolo di mera esecuzione di
una normativa compiutamente definita a livello statale.
    L'intervento    legislativo   statale   e'   giustificato,   come
espressamente  affermato  dalla  stessa  norma,  dalla  necessita' di
imporre   alle   regioni   l'obbligo  di  assicurare  «quale  livello
essenziale  delle  prestazioni ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera  m),  della  Costituzione»,  «la  liberta' di scelta» di ogni
singolo  utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione
delle tossicodipendenze.
    La  norma  e' estremamente confusa ed il legislatore, forse nella
consapevolezza  del superamento dei limiti ad esso imposti, trova fin
troppe  giustificazioni  al  proprio  operare, nessuna delle quali in
grado di rendere la norma conforme al dettato costituzionale.
    3.1)  Si  richiama  innanzi tutto quanto affermato al punto 1 del
presente  ricorso,  ribadendo che la norma in esame e' stata adottata
in  violazione  del  principio  di  leale collaborazione, non essendo
stato   acquisita   ne'  l'intesa  ne'  il  parere  della  Conferenza
Stato-Regioni. Si rileva comunque che la «libera scelta», costituendo
un  principio  della  legislazione  in  materia  sanitaria,  non puo'
assolutamente costituire un «livello essenziale della prestazioni». A
tale  proposito,  dall'esame  del d.P.C.m. 29 novembre 2001, allegato
1B,  voce «assistenza territoriale ambulatoriale e domiciliare», puo'
prendersi   in  che  cosa  consistano  i  «livelli  essenziali  delle
prestazioni» in materia sanitaria ed in particolare nel settore delle
tossicodipendenze.   All'interno  di  tale  allegato,  infatti,  sono
descritti  i  livelli essenziali dell'attivita' sanitaria a favore di
soggetti  dipendenti  da  sostanze  stupefacenti  o  psicotrope  e da
alcool.  Si  richiama  l'attenzione anche sull'allegato 4 al decreto,
«Linee guida relative al ruolo delle regioni in materia di LEA», dove
si elencano le norme che definiscono il ruolo delle regioni in questa
materia  (art. 13  del  d.lgs.  n. 502/1992,  art. 85, comma 9, della
legge  n. 388  del  2000  ed  artt. 4, comma 3, e 6, commi 1 e 2, del
decreto-legge   n. 347   del  2001).  Si  rileva,  nell'allegato,  la
necessita'  di disporre di una metodologia omogenea nell'applicazione
della  normativa  che  solleciti le regioni a realizzare l'equilibrio
fra risorse disponibili e l'articolazione delle prestazioni e servizi
socio  sanitari  da  garantire attraverso i LEA. «In particolare - si
afferma  nel documento - appare indispensabile garantire che adeguati
interventi  sul tema dell'appropriatezza da parte delle regioni siano
in   grado   di   prevenire   e  controllare  fenomeni  di  improprio
assorbimento  di  risorse  da  parte  di un livello assistenziale con
conseguente  scopertura di altri livelli assistenziali, disattendendo
in tale modo ai diritti da garantire a tutti i cittadini».
    L'esame  in  concreto  dei  LEA  fa comprendere come non si possa
intervenire   su  tale  materia  in  modo  disorganico  per  un'unica
tipologia  di prestazione, in quanto la fissazione di ciascun livello
di  prestazione  non  puo'  prescindere  dall'esame comparativo con i
livelli  delle  restanti prestazioni garantite dal Servizio sanitario
nazionale.
    Pertanto,  al  di la' di quanto affermato nell'articolo in esame,
la  norma  non ha sostanzialmente il contenuto di disposizione con la
quale si determinino i livelli essenziali delle prestazioni di cui al
piu' volte citato art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione.
    Conferma  di  quanto  sostenuto  si trova in una recente sentenza
della   Corte   costituzionale  (sentenza  n. 120  del 2005)  che  si
pronuncia   sulla  legittimita'  di  norme  in  materia  di  standard
strutturali  e  qualitativi di asili nido, escludendo che con esse si
siano  determinati  i  livelli  essenziali  delle  prestazioni di cui
all'art. 117,  comma  2, lett. m). Afferma la Corte: «La tesi che gli
standard  strutturali  e  qualitativi  di cui alla norma impugnata si
identificherebbero  con  i  livelli  essenziali  delle prestazioni e,
quindi,  rientrerebbero  nella  competenza  trasversale  ed esclusiva
dello  Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione,  non puo' essere condivisa in quanto la norma censurata
non  determina  alcun livello di prestazione, limitandosi ad incidere
sull'assetto  organizzativo  e gestorio degli asili nido che, come si
e' detto, risulta demandato alla potesta' legislativa delle regioni».
    Ne   consegue   la   illegittimita'  della  norma  rubricata  per
violazione  della  disposizione  costituzionale  di cui all'art. 117,
Cost.  in  quanto  -  in virtu' dell'assenta natura di norma volta ad
assicurare  «quale livello essenziale delle prestazioni ... la libera
scelta  di  ogni  singolo  utente ...» ed in ragione della competenza
esclusiva  che  ne deriverebbe al legislatore statale la norma stessa
detta  l'intera  disciplina  della materia, esautorando totalmente il
legislatore regionale.
    Cio' e' tanto piu' grave se si considerano le facolta' di operare
e   di  beneficiare  di  agevolazioni  e  contributi  che  conseguono
direttamente dal rilascio dell'autorizzazione (v. art. 116, comma 6).
    La  totale compressione dell'autonomia normativa regionale non e'
giustificabile  neppure  alla luce dell'invocato principio «di libera
scelta» di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e
riabilitazione.
    Richiamando  quanto  sopra  sostenuto al punto 1 sulla portata di
tale  principio,  si  deve  qui affermare che nelle materie in cui le
regioni   hanno   potesta'  legislativa  concorrente  lo  Stato  puo'
provvedere  alla  esclusiva  emanazione  di  norme di principio e non
anche di norme di estremo dettaglio come quelle in esame.
    3.2)  Risulta  inoltre  violato l'art. 118 della Costituzione. Le
norme  in  esame  non attengono, infatti, ai livelli essenziali delle
prestazioni    ma   delineano   un   nuovo   modello   organizzativo,
completamente   diverso   da   quello   delineato   dalla  previgente
disciplina.  Alla luce delle norme di principio di cui al testo unico
del  1990  e  dei successivi atti d'Intesa Stato-Regioni adottati (v.
per  esempio  Atto d'Intesa 5 agosto 1999), la regione e' intervenuta
con   propri   atti   legislativi,  di  normazione  secondaria  e  di
programmazione.
    In   attuazione  del  quadro  normativo  e  del  principio  della
programmazione  dei  servizi,  la Regione Toscana si e' dotata di uno
specifico  modello  organizzativo  del  S.S.R.  caratterizzato  dalla
programmazione  a  rete  e  dalla regolazione dell'offerta pubblica e
privata delle prestazioni e dei servizi come previsto agli artt. 75 e
ss.  della  l.r. 24 febbraio  2005,  n. 40  (Disciplina  del servizio
sanitario  regionale).  L'applicazione  delle  disposizioni del nuovo
art. 116  del  T.U. incide inevitabilmente sull'assetto organizzativo
sanitario regionale.
    L'ingresso nel settore delle tossicodipendenze di soggetti che, a
prescindere  dall'accreditamento  e  da  accordi  con  le  USL,  sono
abilitati  a  svolgere  le  prestazioni tradizionalmente riservate al
servizio  pubblico  -  si  pensi  in  particolare  alla analisi delle
condizioni    cliniche,    socio   sanitarie   e   psicologiche   del
tossicodipendente, ai controlli clinici e di laboratorio necessari ad
accertare    lo    stato   di   tossicodipendenza   e,   soprattutto,
all'individuazione  del  programma  farmacologico  o delle terapie di
disintossicazione  e  diagnosi  delle  patologie  in  atto - comporta
rilevantissime   ripercussioni  sull'organizzazione.  Fino  ad  oggi,
infatti,  nella  programmazione  delle strutture pubbliche competenti
all'erogazioni  di  tali  prestazioni  da istituire nelle singole USL
(SERT),   si   sono   utilizzati   parametri   che   tenevano   conto
dell'estensione  del  fenomeno della tossicodipendenza sul territorio
di  ciascuna  azienda  nonche' delle funzioni da svolgere da parte di
tali  servizi  in  base  alla  disciplina  del testo unico che, prima
dell'attuale  riforma, riservava, appunto, al servizio pubblico tutte
le competenze sopra richiamate.
    L'accesso  diretto  alle  strutture  private  (come  sopra detto,
infatti,  non  e'  previsto  alcun  filtro  da parte di organismi del
servizio  sanitario  regionale)  comportera'  inevitabili esigenze di
revisione  della  rete  di  servizi  regionale  - costituita oggi dai
servizi   pubblici,  quanto  alla  diagnosi  e  programmazione  degli
interventi,  e  dalle  strutture  private  convenzionate,  per quanto
attiene  all'esecuzione dei programmi elaborati dal servizio pubblico
(v.  art. 113, nella versione in vigore prima della legge in esame) -
con  evidente  violazione dell'autonomia organizzativa dei servizi di
competenza  regionale  nonche'  della  potesta' di programmazione nel
settore sanitario.
    3.3)   La   norma   in   esame  comporta  inoltre  la  violazione
dell'art. 119   Cost.   L'evoluzione   della  legislazione  sanitaria
evidenzia  come,  subito  dopo  l'enunciazione  del  principio  della
parificazione e concorrenzialita' tra strutture pubbliche e strutture
private,  con  la  conseguente  facolta'  di  libera  scelta da parte
dell'assistito,  si  sia  pure  progressivamente imposto il principio
della  programmazione  allo scopo di realizzare un contenimento della
spesa  pubblica  ed  una razionalizzazione del sistema sanitario, con
cio' temperando il predetto regime concorrenziale attraverso i poteri
di  programmazione  propri  delle  regioni  e  la stipula di appositi
«accordi   contrattuali»   tra  le  USL  competenti  e  le  strutture
interessate  per  la  definizione  di  obiettivi,  volume  massimo  e
corrispettivo delle prestazioni erogabili.
      La lesione della potesta' di programmazione degli interventi di
cui  precedente  punto  comportera'  conseguenze  anche  sulla  spesa
sanitaria nel settore delle tossicodipendenze. Cio' sara' conseguenza
delle   diseconomie   che   si  verificheranno  con  l'ingresso,  non
programmato,  di  strutture  private  nel  settore,  in  quanto  tale
ingresso  comportera' una ridotta utilizzazione della rete di servizi
ad oggi esistente che non potra' comunque essere congruamente ridotta
in  tempi  brevi.  Inoltre,  in  base  al nuovo sistema delineato dal
legislatore   statale,   quando   le   strutture   private  risultino
accreditate,  in  considerazione  dell'accesso  ad  essa  senza alcun
filtro  da  parte  di  organismi  pubblici  (quali i SERT) o da altri
medici  del  servizio  pubblico  (v.  sopra  punto  2),  la spesa per
l'erogazioni  delle  prestazioni  dalla  stessa  erogate,  restera' a
carico del bilancio della ASL, con ricaduta sui poteri di spesa della
regioni,  pur senza che l'intervento sia stato richiesto dal Servizio
sanitario regionale.
    4)   Illegittimita'   costituzionale   degli   artt. 4-octies   e
4-undecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con
legge  21  febbraio  2006, n. 49, recanti rispettivamente la modifica
degli  art. 91  e 94 del testo unico di cui al decreto del Presidente
delle  Repubblica  9  ottobre  1990,  n. 309,  per  violazione  degli
artt. 97, 117, 118 e 119 Cost.
    L'art. 91  del testo unico di cui al decreto del Presidente delle
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'art. 4-octies
del  decreto-legge  30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21
febbraio  2006,  n. 49,  disciplina la presentazione dell'istanza, da
parte  del soggetto condannato per uno dei reati in materia di uso di
sostanze    stupefacenti    o    psicotrope,   per   la   sospensione
dell'esecuzione  di  sanzioni penali. Tale norma, al comma 2, prevede
che   «All'istanza  di  sospensione  dell'esecuzione  della  pena  e'
allegata, a pena di inammissibilita', certificazione rilasciata da un
servizio pubblico per le tossicodipendenze o da una struttura privata
accreditata per l'attivita' di diagnosi prevista dal comma 2, lettera
d),  dell'art.  116  attestante, ai sensi dell'art. 123, la procedura
con   la   quale  e'  stato  accertato  l'uso  abituale  di  sostanze
stupefacenti  o  psicotrope,  il  tipo  di  programma  terapeutico  e
socio-riabilitativo  scelto,  l'indicazione  della  struttura  ove il
programma  e'  stato  eseguito,  le  modalita'  di realizzazione ed i
risultati conseguiti a seguito del programma stesso».
    La   suddetta   disposizione,   nella   formulazione   originaria
antecedente  alla  recente  modifica,  stabiliva  che «all'istanza e'
allegata  certificazione  rilasciata  da  un servizio pubblico per le
tossicodipendenze  attestante  il  tipo  di  programma  terapeutico e
soci-riabilitativo  prescelto,  l'indicazione  della struttura, anche
privata,  ove  il  programma  e'  stato  eseguito  o  e' in corso, le
modalita'   di   realizzazione   e   l'eventuale   completamento  del
programma».
    Da  un  primo  confronto  tra  le due versioni, emerge che, nella
formulazione  originaria  della  norma,  la  richiesta di sospensione
dell'esecuzione della pena doveva essere necessariamente accompagnata
dalla presentazione della certificazione che poteva essere rilasciata
esclusivamente  da  un  servizio  pubblico  per  le tossicodipendenze
(cosiddetto SERT).
    Al contrario, in seguito alla recente modifica, l'art. 91 prevede
che  la suddetta certificazione possa essere rilasciata, oltre che da
un SERT, anche da una struttura privata accreditata.
    L'art. 94  del testo unico di cui al decreto del Presidente delle
Repubblica     9    ottobre    1990,    n. 309,    come    modificato
dall'art. 4-undecies  del  decreto-legge  30  dicembre  2005, n. 272,
convertito  con  legge 21 febbraio 2006, n. 49, prevede che, nel caso
debba essere eseguita una pena detentiva nei confronti di un soggetto
tossicodipendente  o alcooldipendente, quest'ultimo possa chiedere di
essere  affidato  in  prova  al  servizio  sociale  per  proseguire o
intraprendere l'attivita' terapeutica. A tal fine, la norma, al primo
comma,   stabilisce   che   «Alla  domanda  e'  allegata  a  pena  di
inammissibilita',   certificazione   rilasciata   da   una  struttura
sanitaria  pubblica  o  da  una  struttura  privata  accreditata  per
l'attivita'  di  diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'art.
116  attestante  lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza,
la  procedura  con  la  quale  e'  stato  accertato l'uso abituale di
sostanze   stupefacenti,  psicotrope  o  alcoliche,  l'andamento  del
programma  concordato  eventualmente  in corso e la sua idoneita', ai
fini  del  recupero  del  condannato.  Affinche'  il  trattamento sia
eseguito  a  carico  del  Servizio  sanitario nazionale, la struttura
interessata deve essere in possesso dell'accreditamento istituzionale
di  cui  all'art.  8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502,  e  successive  modificazioni,  ed aver stipulato gli accordi
contrattuali  di  cui  all'articolo  8-quinquies  del  citato decreto
legislativo».
    Il  testo originario dell'art. 94, primo comma, del d.P.R. n. 309
del  1990  stabiliva  che  alla  domanda  di  affidamento in prova al
servizio  sociale  «deve essere allegata certificazione rilasciata da
una   struttura   sanitaria   pubblica   attestante   lo   stato   di
tossicodipendenza  o  di alcooldipendenza e la idoneita', ai fini del
recupero del condannato, del programma concordato».
    Nella  formulazione  originaria, quindi, la norma prescriveva, al
soggetto  interessato,  di  allegare  alla  domanda di affidamento in
prova  al  servizio  sociale  la  certificazione  che  poteva  essere
rilasciata   esclusivamente  da  una  struttura  sanitaria  pubblica.
Viceversa,   in  conseguenza  della  recente  modifica,  la  suddetta
certificazione  puo' essere rilasciata anche da una struttura privata
accreditata.  Le  due  norme  sopra  esaminate  intendono in sostanza
equiparare,   ai   fini  certificatori  delle  tossicodipendenze,  le
strutture sanitarie pubbliche a quelle private accreditate.
    Pertanto,  il  dubbio  di  legittimita'  delle due norme si fonda
principalmente  sul  riconoscimento,  in  capo  a  strutture  private
autorizzate  o  accreditate (solo in quest'ultimo caso il trattamento
e'  eseguito  a  carico  del  Servizio  sanitario  nazionale),  della
legittimazione   al  rilascio  delle  certificazioni  necessarie  per
ottenere   la   sospensione  dell'esecuzione  della  pena  (nel  caso
dell'art. 91)  o  per  poter  beneficiare  della  misura  alternativa
dell'affidamento   in   prova   al   servizio   sociale   (nel   caso
dell'art. 94).   In   virtu'   della   pubblicita'   della   funzione
certificatoria, soprattutto in un caso in cui tale attribuzione possa
comportare  decisioni  in  ordine  all'esecuzione  o meno di sanzioni
penali,  la  suddetta legittimazione avrebbe dovuto restare riservata
alle  strutture  del servizio pubblico. Cio' a maggior ragione ove si
consideri  che, nel caso di cui all'art. 94, la certificazione non si
limita   all'attestazione  di  dati  oggettivi  (quali  lo  stato  di
tossicodipendenza,  la  procedura seguita per l'accertamento dell'uso
abituale   di   sostanze   stupefacenti,  psicotrope  o  alcoliche  e
l'andamento   del   programma   concordato),   ma   si   spinge  fino
all'effettuazione  di  valutazioni  circa  l'idoneita'  del programma
terapeutico concordato ai fini del recupero del condannato.
    Cio'   comporta   una   diretta   violazione  dell'art. 97  della
Costituzione  - il quale afferma, tra l'altro, il principio del «buon
andamento»   della   pubblica   amministrazione  -  anche  alla  luce
dell'art. 119 Cost.
    Infatti,  anche  in tal caso vale quanto sopra detto al punto 3.3
della  presente  memoria  e  cioe'  che, quando una struttura risulti
accreditata,  anche  l'inserimento  in essa, acconsentito dal giudice
nelle ipotesi contemplate dalla norma in esame, restera' a carico del
Servizio sanitario, senza alcun filtro da parte di organismi pubblici
(quali i SERT) o da altri medici del servizio pubblico.
    E'  evidente  anche in questo caso la ricaduta sul bilancio delle
regioni e, quindi, sull'autonomia spesa delle stesse.
                              P. Q. M.
    Si  chiede  che l'ecc.ma Corte costituzionale accolga il presente
ricorso   per   gli   indicati  motivi  e,  per  l'effetto,  dichiari
l'illegittimita'  costituzionale degli articoli 4-octies, 4-undecies,
4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005,
n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49.
    Si  deposita  la  delibera  della  giunta regionale n. 285 del 18
aprile 2006.
        Firenze-Roma, addi' 20 aprile 2006
     Avv. Lucia Bora - Avv. Vanna Console - Avv. Fabio Lorenzoni
06C0406